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Autore: frency70    03/09/2013    21 recensioni
Christian è fuori di sè, Anastasia è scappata e lui è costretto a rapirla pur di riprendersela.
ma che cosa accadrà ai nostri personaggi se altre persone dovessero mettersi in mezzo nel loro cammino? riusciranno a ritrovare un equilibrio stabile?
dalla storia: < Signora va tutto bene? Vuole che chiami la polizia? > l’uomo si era rivolto alla giovane donna, ma lo sguardo continuava ad andare da lei, all’uomo che aveva di fronte ed alla corda che li teneva legati.
(le introduzini non sono il mio forte, ma spero d'avervi incuriosite un pò! ) ciao! frency70
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anastasia Steele, Christian Grey, Jason Taylor, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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destini incrociati

DESTINI INCROCIATI

 

Cap. 1

< CHRISTIAN, RIPORTAMI IMMEDIATAMENTE IN UFFICIO! >

< Non urlare con  me, Ana! >

< E allora tu smettila di fare il prepotente! >

< Ho visto come ti guarda! Quel ragazzo vuole entrarti nelle mutandine! >

< Ma non è vero! Per lui sono solo la donna che può decidere del suo futuro e poi, se anche fosse, la cosa non mi interessa! Come devo dirtelo? >

< So benissimo che tu non ci andresti a letto, ma non mi piace che tu debba avere a che fare con gente come lui >

< Quindi cosa proponi? Che la Grey Publishing abbia nel suo carnet solo libri di donne etero e uomini gay, così la mogliettina del capo non verrà molestata da imprudenti aspiranti scrittori? Sei assurdo! >

La giornata per Christian ed Anastasia non era cominciata proprio nel migliore dei modi.

Lui si era inalberato nel vedere come uno degli autori, promosso dalla Grey Publishing, si fosse avvicinato troppo a sua moglie, mentre lei era seccata della gelosia che suo marito dimostrava a sproposito.

In cuor suo le faceva piacere sapere che lui tenesse così tanto al loro rapporto, era lo stesso anche per lei, ma non poteva portarla via da una riunione con tutto lo staff solo perché un esuberante autore l’aveva abbracciata con trasporto e gratitudine per aver sostenuto il suo romanzo!

< Ti ho detto di riportarmi indietro. >

< Non ne ho la minima intenzione. >

Anastasia trattenne un moto di rabbia, passandosi le mani tra i capelli, gesto che aveva imparato da su marito e che, effettivamente, l’aiutava a mantenere un certo contegno.

< Christian, o mi riporti in ufficio oppure scendo qui e prendo un taxi! >

< Siamo fermi ad un semaforo e non ci sono taxi nei paraggi. Non hai alternative! >

Christian sorrise sarcastico, felice del suo inattaccabile piano di “salvataggio”, ma non aveva fatto i conti con l’inventiva di sua moglie.

Anastasia attese che il semaforo diventasse verde. La coda di auto sarebbe ripartita nel giro di pochi secondi e per lei furono sufficienti per sganciare la cintura di sicurezza, aprire la portiera e saltare fuori dall’auto. Gli attimi successivi glieli avrebbe garantiti suo marito stesso, colto di sorpresa da quell’azione fulminea.

Lui, infatti, non riuscì a trattenere la sua disobbediente moglie e la vide saltare sul retro di un vecchio pick-up che, ingranata la prima marcia, proseguì per la sua direzione, ignorando la presenza di un clandestino nel suo vano posteriore.

Christian sentì il sangue ribollirgli nelle vene e se fosse stato il personaggio di un cartone animato, probabilmente, i disegnatori avrebbero dovuto fargli uscire il fumo dalle orecchie, per sottolineare quanto fosse furioso.

Ignorando i clacson delle auto dietro la sua, si allungò sul sedile per chiudere la portiera lasciata aperta da sua moglie, quindi si mise all’inseguimento del decrepito furgoncino, colpevole solo d’essere stato testimone di una delle tante liti tra lui e sua moglie.

Anastasia, intanto, si tirò su, per vedere la reazione di Christian. Di certo non sarebbe rimasto fermo a far nulla e lei aveva già deciso che, non appena il pick-up si fosse fermato, sarebbe saltata giù per far disperdere le sue tracce. Aveva bisogno di mettere della distanza tra lei e suo marito, per non continuare a litigare per una ragione tanto sciocca.

Ma, come si suol dire, mai fare i conti senza l’oste!

Anastasia sapeva che lui l’avrebbe seguita, ma di certo non aveva previsto che avrebbe rischiato un incidente pur di fermarla.

Nel giro di pochi minuti, Christian raggiunse e sorpassò il veicolo su cui era salita lei e subito dopo tagliò la strada all’incredulo autista che, per evitare l’impatto con la lucida auto sportiva, fu costretto a sterzare di lato e fermarsi con uno stridio di gomme, mancando per un soffio il muro dello stabile che dava sulla strada.

L’uomo, ancora stordito per quell’inspiegabile manovra, rimase seduto al suo posto e solo dopo alcuni istanti si fece coraggio per affrontare il pirata della strada che, nel frattempo , era sceso come una furia dalla sua fiammante R8.

Pensava ce l’avesse con lui, anche se non ne capiva il motivo, per cui rimase ancora più sorpreso quando lo vide aggirare il suo furgone, cominciare ad armeggiare con il gancio posteriore e ribaltare il portello.

Lo sconcerto fu maggiore quando, dal retro, lo vide tirare giù una donna, visibilmente seccata per quella sosta non prevista.

< COSA DIAVOLO CREDEVI DI FARE? >

< Non azzardarti ad inveire contro di me! Tu sei completamente pazzo! Potevi ammazzarti con quella stupida manovra! >

< Io ho fatto una stupidaggine? E tu come ti giustifichi? Sei salita sul furgone di un perfetto estraneo! Poteva portarti ovunque e violentarti! >

< Ma se non sapeva nemmeno che fossi qui! Sarei salta giù al prossimo semaforo! >

< Mettendo di nuovo in pericolo al tua vita! >

< Sempre meglio che sentire continuamente il tuo fiato sul collo! >

Quell’ultima frase, detta per rabbia, fu come uno schiaffo per Christian, che fece un passo indietro, colpito in pieno. Anastasia vide il dolore sul volto del marito e si pentì subito di quel colpo basso.

< Christian… >

La donna si avvicinò all’uomo, in piedi davanti a lei, e gli mise le braccia al collo.

< Scusami. Non volevo dire una cosa così. >

< Però lo pensi. >

Christian chiuse gli occhi, nel tentativo di assorbire il colpo.

< Vuoi sapere cosa penso davvero? Penso che tu sia esagerato, penso che tu ti faccia prendere troppo dalla tua possessività, penso che dovresti fidarti più di me, ma se c’è una cosa che adoro è sentire il tuo fiato sul mio collo, specie se siamo da soli, in camera nostra… >

Christian apprezzò il tentativo di sua moglie per stemperare la tensione che si era creata tra di loro, ma la rabbia scorreva ancora nelle sue vene.

< Adesso andiamo a casa. >

< No, Christian. Io adesso torno in ufficio e non importa se dovrò andarci a piedi, in taxi o farmi dare un passaggio da questo signore! >

< Tu credi davvero che ti lascerò andare via così? >

< Non lo credo, lo pretendo! >

< Non ho mai promesso di obbedirti > disse lui sibillino, con uno lampo negli occhi grigi come un temporale estivo.

Con una mossa rapida, allungò il braccio alle spalle di Anastasia, recuperò un lungo pezzo di rafia, abbandonato sul cassone del pick-up, e con gesti veloci e familiari lo annodò sul polso sinistro di sua moglie.

Prima che lei si rendesse conto di quello che lui stava facendo, Christian annodò l’altro capo di quell’improvvisato paio di “manette” al proprio polso destro.

< Cosa credi di fare? >

< Io vado a casa e qualcosa mi dice che dove andrò io verrai anche tu! > rispose lui, sollevando il braccio destro che, inevitabilmente, si tirò dietro quello sinistro di lei, come una marionetta, a sottolineare l’ovvietà della sua logica.

Anastasia stava per ribattere quando intervenne l’autista del furgoncino, che nel frattempo era sceso dal veicolo nel vano tentativo di capire cosa stesse succedendo.

< Signora va tutto bene? Vuole che chiami la polizia? > l’uomo si era rivolto alla giovane donna, ma lo sguardo continuava ad andare da lei, all’uomo che aveva di fronte ed alla corda che li teneva legati.

Christian sorrise, tirò fuori il suo BlackBerry, compose il 911, senza premere il tasto della chiamata, e lo consegnò a sua moglie.

< Decidi tu. Puoi venire a casa con me oppure denunciarmi alla polizia. Sono pronto ad andare in galera, pur di impedirti di tornare in ufficio oggi! >

Anastasia alzò gli occhi al cielo.

Perché Christian era sempre così categorico? Dov’erano finite le cinquanta sfumature che avrebbero dovuto aiutarlo a vedere la vita sotto altri punti di vista?

Cancellò il numero dal display e riconsegnò il telefono a suo marito.

< Ora puoi slegarmi. Prometto di non scappare. >

< Non ci penso minimamente! Lo farò a casa… forse. >

Rispose lui, piccato, quindi cominciò ad avviarsi verso la sua auto, trascinandosi dietro una moglie sempre più scontrosa.

Passando accanto al proprietario del furgone Christian si fermò giusto il tempo per lasciargli il suo biglietto da visita.

< Mi scusi per la brusca manovra che ho fatto. La prego di contattarmi al più presto per quantificarmi gli eventuali danni al veicolo ed il disturbo di oggi. >

L’uomo, ancora basito, rimase a fissare la coppia che si allontanava a passo deciso.

Una volta giunti accanto alla R8, Anastasia si impuntò.

< Se vuoi che salga devi slegarmi il polso! >

In realtà avrebbe potuto benissimo sciogliere il nodo da sola, in fondo l’altra mano era libera da vincoli, ma ormai era diventata una questione di principio.

< Ana, sto davvero per perdere la pazienza come mi hai visto fare poche volte, per cui smettila di fare la mocciosa e sali su questa dannata macchina! >

Ma la donna non aveva intenzione di fare un passo.

Esasperato, Christian non sprecò nemmeno più il fiato. Girò attorno al veicolo, andando dal lato del guidatore, quindi la spinse con fermezza, prima all’interno dell’auto quindi sul sedile del passeggero, sempre stando attento a non farle prendere colpi contro il telaio dell’auto, infine entrò lui, sedendosi a sua volta al posto di guida.

La fissò torvo, invitandola a trovare il coraggio di dirgli qualcosa. Lei, saggiamente, non disse nulla, ma si limitò a voltare lo sguardo verso il finestrino. Provò anche ad incrociare le braccia sul grembo, ma la necessità di Christian di scalare le marce col cambio manuale la costrinse ad assecondare i movimenti fluidi del braccio di suo marito che, in un rigurgito di gentilezza, ne approfittò per prenderla per mano.

Arrivarono a casa nel più totale silenzio, interrotto solo dalle chiamate a cui Christian aveva dovuto rispondere.

Parcheggiata l’auto nel box restarono fermi alcuni secondi, poi lui prese la parola.

< Pensi di scendere da sola o ti devo tirare fuori io? >

< Fallo tu, visto che, a quanto pare, io non sono in grado di fare nulla, secondo te! >

< Questo non l’ho mai detto! Ho la più grande stima delle tue capacità! >

< E allora perché non ti fidi di me e del mio giudizio? >

Lui si passò la mano libera fra i capelli, quindi scosse la testa e sospirò.

< Andiamo dentro. >

Anastasia non si mosse per cui lui, dopo l’ennesimo sbuffo trattenuto, scivolò sul sedile accanto, sollevandola sulle sue ginocchia, per poi poter uscire dall’abitacolo portandosela dietro.

Quel movimento, unito alla rabbia ed alla tensione dell’ultima ora, lo portarono a desiderare un contatto maggiore e ben più intimo.

Ogni volta che litigavano dopo aveva bisogno di sapere che le cose si sarebbero sistemate, che era comunque lui l’uomo che lei desiderava.

Una volta in piedi, la spinse contro l’auto, aprendole le gambe con un ginocchio, e premendo la sua erezione contro il fianco di lei.

Sentirla trattenere il fiato era la risposta che voleva da lei e questa arrivò subito, insieme ad un piccolo gemito di piacere.

< Christian, dobbiamo parlare… > riuscì a dire Anastasia, col poco fiato che le era rimasto dopo quell’attacco seducente.

< Dopo >

< Adesso >

< Ho detto dopo! > e per sottolineare la perentorietà di quell’ordine, dettato dalla sua esigenza di sentirsi rassicurato, chiuse ogni vertenza bloccandole il volto con entrambe le mani e premendo le sue labbra contro quelle di lei, dando vita ad un bacio lungo ed appassionato.

Solo dopo diverso tempo si staccarono, consapevoli di dipendere fortemente l’uno dall’altro.

Senza proferir verbo salirono fino all’ingresso della Big House, tenendosi per mano, poi, una volta dentro, Christian prese in braccio Anastasia, facendole incrociare il suo braccio sinistro sul busto, in modo da permettere a lui di poterla afferrare con una presa salda, e la condusse al piano superiore, nella loro camera da letto.

< Hai intenzione di slegarmi? > chiese lei sottovoce.

< Vuoi che lo faccia? >

< No >

< Allora non lo farò. >

Si sorrisero con complicità, abbandonandosi ad un lungo amplesso che lasciò entrambi senza forze.

Scaricata la tensione, rimasero sdraiati a letto, mezzi svestiti e mezzi intrappolati, col fiato corto ed il cuore più leggero per la ritrovata armonia.

< Ho bisogno del bagno. > disse lei, alzando simbolicamente il braccio per fargli capire quale fosse il problema.

Christian sorrise, poi sciolse il nodo che circondava il polso di sua moglie.

< Perché non ti sei liberata di me prima, quando eravamo in strada? Avresti potuto farlo in qualsiasi momento. >

< Primo perché non ero sicura che tu me l’avresti permesso e poi perché volevo che fossi tu a farlo. Devi fidarti di me. >

< Io mi fido ciecamente di te. È degli altri che non mi fido! >

< Ma non puoi tenermi sotto una campana di vetro per paura che qualcuno mi tocchi, Christian! >

< Ma… >

Anastasia appoggiò la mano sinistra sulle labbra di lui, per farlo desistere.

< Non puoi tenermi fuori dal mondo per paura che qualcuno mi tocchi. So difendermi e so che posso sempre contare su di te, ma tu devi darmi spazio per prendere le mie decisioni, senza interferire. >

< L’ho fatto  di nuovo, vero? > disse lui, sinceramente mortificato per aver reagito in modo così eccessivo per una sua paura.

< Sì, l’hai rifatto, ma sei migliorato. >

< Davvero? >

< Certo! Anni fa mi avresti portata nella stanza rossa e mi avresti punita con una sonora sculacciata. Oggi sono stata travolta dalla tua passione. Stiamo facendo progressi! > rispose lei, ridendo.

< Non provocarmi. Vorrei ancora sculacciarti per essere salta dentro a quel pick-up! M’è venuto un colpo quando sei scomparsa! >

< Se smetterai di darmi il tormento, ti permetterò di sculacciarmi, una di queste sere! > disse lei maliziosamente.

< E da quando mi serve il tuo permesso per farlo? Se non ricordo male alcuni giorni fa ho avuto il piacere di un incontro ravvicinato col tuo bel fondoschiena! > rispose lui scherzosamente, passando delicatamente una mano sulla parte anatomica incriminata, ma fu ricambiato dallo sguardo sconvolto di sua moglie.

< Ana? Che succede? Ho detto qualcosa che ti ha offesa? >

< Christian! Il mio braccialetto! >

< Cosa? Di che parli? >

Ma Anastasia si era già alzata e stava guardandosi intorno alla ricerca del suo prezioso monile.

< Il braccialetto che mi hai regalato in viaggio di nozze! Lo porto sempre ed ora non c’è più! >

< Non preoccuparti, sarà qui in giro. Salterà fuori quando meno te l’aspetti. >

< No! Aveva l’allacciatura difettosa, perché Teddy, senza volere, l’aveva tirato, qualche giorno fa. Volevo portarlo in oreficeria, ma me ne sono dimenticata. Oh, no, l’ho perso! >

Anastasia era avvilita e Christian si alzò subito per prenderla fra le braccia e darle conforto.

< Te ne prendo un altro. Non è un problema! >

< Ma io non ne voglio uno nuovo. Voglio il mio! Quello che mi hai preso a Nizza, quello che s’è impigliato nella tua maglietta quando sei partito per New York il mese scorso, come se non volesse separarsi da te, quello che mi fa pensare a te quando tu non sei con me! >

Una lacrima triste scivolò lungo il volto di Anastasia e Christian la baciò via con dolcezza.

< Ti porterò di nuovo a Nizza e te ne prenderò un altro. Costruiremo nuovi ricordi e diventerà un nuovo simbolo per noi. Te lo prometto! >

Anastasia si lasciò cullare dalle braccia calde e forti di suo marito, quindi sospirò.

Se davvero l’aveva perso in casa sarebbe saltato fuori, ma il dubbio d’averlo smarrito in strada, durante la lite di quel mattino, impedì alla speranza di farsi strada nel suo cuore.

 

Cap. 2

* Quella stessa sera, dall’altra parte della città *

< Zac? Sei in casa? >

< mmm… >

< Avanti Zac, alzati da quel divano e vieni ad aiutarmi. C’è da scaricare il furgone e sai che da solo faccio fatica! >

< Ok, ok, arrivo! Basta che la smetti di lamentarti! Che palle! >

Zachary, sedicenne senza scopo nella vita, si alzò a fatica dal divano, dove aveva poltrito per quasi tutto il giorno, per andare ad aiutare suo nonno.

Mentre lavoravano, l’uomo più adulto cercò di intavolare una conversazione, per distogliere il nipote dall’apatia che l’aveva colpito dopo la morte improvvisa dei genitori.

< Non crederai a cosa mi è successo oggi! >

< … >

< Ero fermo ad un semaforo ed una tizia è salita dietro al furgone per scappare da un uomo. Lui però mi ha inseguito e mi ha quasi speronato pur di fermarmi. Poi l’ha tirata giù dal pick-up e se l’è portata via, legandosela al polso! >

< Ma che cazzate vai dicendo? >

< Giuro che è tutto vero! Lui mi ha anche dato il suo biglietto da visita, perché pensava d’avermi segnato il furgone, ma in realtà non è successo niente. Spero solo che la donna stia bene. Non mi è sembrato che lui volesse farle del male e lei non ha nemmeno voluto sporgere denuncia. >

Il tentativo di instaurare un dialogo, seppure inconsistente, cadde nel vuoto, finché il giovane non fece un fischio acuto da dietro il furgone.

< Cazzarola! E questo da dove viene? >

< Di che cosa stai parlando? >

< Guarda nonno! Guarda cos’ho trovato! >

Il ragazzo saltò agilmente dal retro del pick-up sul selciato, poi mostrò il suo bottino.

Fra le  mani stringeva un braccialetto di indubbio valore, tempestato di diamanti e di una bellezza incredibile.

< Questo sì che cambia la giornata! Deve valere una fortuna! >

< Fammi vedere > disse l’uomo, facendosi consegnare il gioiello.

Gli bastarono pochi istanti per capire che era davvero un oggetto prezioso.

< Deve averlo perso la donna che s’è intrufolata sul furgone. Dobbiamo restituirglielo. >

< Cosa? Sei pazzo? Con quello ci sistemiamo per almeno un anno! Varrà ventimila dollari, se non di più! >

< Non è nostro. Non possiamo tenerlo! >

< Ma se non sai nemmeno il suo nome! Di sicuro è una di quelle annoiate mogli trofeo di ricconi sfondati. Scommetto che lui era un vecchio bavoso, pelato e con la pancia, mentre lei una figa bionda da paura con le tette rifatte ed un canotto al posto della bocca! >

< Prima di tutto non è onesto tenerlo, indipendentemente da quello che pensi tu, perché non è nostro. Secondo, lui era un bel giovanotto e lei era una donna graziosa e minuta, non una di quelle bambole tutte silicone. Terzo, non conosco lei, ma posso trovare lui, perché ho il suo biglietto da visita. >

< Uffa! Che rompicoglioni che sei! >

< E quarto, smettila d’essere sempre così sboccato! Non lo sopporto e lo sai bene! Sai quanto tua madre ci teneva alla tua educazione! >

< Non parlarmi di lei. Lasciala dov’è! >

Il ragazzo prese il suo skate, infilò gli auricolari del suo mp3 nelle orecchie, quindi andò via, lasciando suo nonno a sbrigare le ultime cose.

Billy Colby scosse la testa, poi rientrò in casa.

Mr Colby, di poco più di sessant’anni, aveva molti acciacchi, dovuti al lavoro che svolgeva da più di quarant’anni, ma la testa era lucida.

Una volta raggiunta la cucina, appoggiò il biglietto da visita di tale “Christian Grey amministratore delegato Grey Enterprises Holdings Inc.” sul piano di lavoro, quindi cominciò a preparare la cena.

La tentazione di tenere quel monile di diamanti era forte, vista anche la sua precaria situazione economica, ma la sua coscienza non gliel’avrebbe permesso.

L’indomani avrebbe chiamato per sapere il nome della donna e poterle restituire il braccialetto. Chissà, forse sarebbe stata così gentile da riconoscergli un piccolo controvalore in denaro.

Dopo un’ora Zac fece ritorno a casa e, come sempre, si limitò a sedersi a tavola ed a consumare il suo pasto, senza una preghiera di ringraziamento verso suo nonno e senza proferir parola.

Solo verso la fine del pasto gli cascò l’occhio sul biglietto da visita, sobrio ed elegante, appoggiato sul ripiano. Trasudava potere e ricchezza solo a guardarlo ed a tenerlo in mano, stampato con una grafia elegante, su carta fine ma non pretenziosa.

< Christian Grey? L’uomo che hai incrociato oggi era Christian Grey in persona? >   

< Lo conosci? >

< Cazzo, nonno! È uno degli uomini più ricchi di Seattle! Ma che dico? Di tutta America! >

< Davvero? >

< Che macchina guidava? >

< Un’Audi sportiva, bassa, nera. Non ho visto il modello >

< Di sicuro una R8! Sai cosa vuol dire questo? >

< Cosa? >

< Che il braccialetto ce lo possiamo tenere senza farci troppe paranoie! Lui può comprarsi una miniera di diamanti! >

< No, non lo terremo. Domani lo chiamo e glielo restituisco. >

< Che palle! Sei un vecchio rompicoglioni! Credo sia sposato…Magari la donna era la sua amante e lui  negherà che sia suo pur di non farsi compromettere. >

Zac si alzò da tavola, senza aggiungere altro, poi si sdraiò sul modesto divano per consultare qualche sito internet col suo portatile, mentre suo nonno si mise a sparecchiare ed a lavare i piatti sporchi.

< Era questa la donna? >

Il giovane era andato a curiosare su un sito di gossip le immagini relative a Mr e Mrs Grey. Si alzò per far vedere a suo nonno alcune fotografie che ritraevano Christian ed Anastasia, belli ed eleganti come sempre.

< Sì! Era proprio lei! >

< Si chiama Anastasia, è sua moglie e, guarda un po’, lavora alla Grey Publishing, di cui è il direttore. Sarà un’oca senza cervello che il marito tiene lì solo perché gli scalda il letto! >

< Non importa. Domani mattina andrò direttamente alla Grey Publishing e le renderò il braccialetto. Se vuoi venire con me forse è la volta buona che ti alzi prima di mezzogiorno e vedi come gira il mondo >

< Col cazzo! Domattina me ne resterò a letto! > rispose maleducatamente il giovane.

 

Cap. 3

< Ana? >

< Dimmi, Hannah. >

< C’è un certo Mr Colby che chiede di poter parlare con te. >

< Non conosco nessun Mr Colby... è un nuovo autore? >

< No. Gli ho chiesto il motivo della visita ma lui dice che è una questione personale ed insiste nel voler parlare solo ed esclusivamente con Mrs Grey. Sawyer ha già verificato i documenti ed ha confermato la sua identità. >

< Ok, fallo entrare. Fra poco arriverà Christian, dobbiamo andare fuori a pranzo, mi fai uno squillo quando arriva? >

< Certamente, Ana. >

Dopo pochi secondi un uomo, non vecchi,o ma col volto segnato dalla fatica e dal dolore, bussò alla porta dell’ufficio di Anastasia.

< Avanti. >

< Permesso? >

< Buongiorno Mr Colby, come posso aiutarla? >

Anastasia gli si avvicinò, allungando una mano che lui strinse con cortesia.

< Ecco, signora, io ho trovato  una cosa che credo le appartenga. > e da una tasca della modesta giacca da lavoro tirò fuori il braccialetto, avvolto in un fazzoletto di stoffa profumato di lavanda.

< Oddio! Non ci credo! Il mio braccialetto! >

Anastasia si commosse all’istante, prendendo fra le mani il suo tesoro e guardandolo con affetto.

< Ero disperata per averlo perso! Me l’ha regalato mio marito, in viaggio di nozze, ma ha il gancio difettoso… Oddio! Non posso crederci! L’ha trovato! Ma come ha capito che era mio? E come ha fatto a trovarmi? >

< Io non ho fatto niente di che. Sono contento che sia tornato al suo legittimo proprietario e sono felice di vedere che l’uomo che era con lei ieri non l’ha maltrattata… >

Solo in quel momento Anastasia si rese conto di chi fosse il suo interlocutore.

< Ma lei è il signore del pick-up! >

< Sì, sono io. >

< Mi scusi ancora per la sceneggiata a cui ha dovuto assistere. Mio marito tende a farsi prendere un po’ dal momento, ma è una bravissima persona, mi creda! >

< Non lo metto in dubbio, specialmente ora che la vedo in buona salute, qui davanti a me, ma devo ammettere che ieri ho avuto qualche remora a lasciarla andare via con lui… >

< Credeva che l’avrei picchiata? > chiese una profonda voce maschile, molto sensuale e divertita.

La porta dell’ufficio di Anastasia era rimasta aperta e Christian aveva avuto modo di sentire le ultime battute scambiate da sua moglie con il proprietario del pick-up, parcheggiato davanti alla Grey Publishing, che lui aveva riconosciuto.

< Oh, buongiorno Mr Grey! >

< Buongiorno a lei, Mr…? >

< Colby. Billy Colby. >

< Mi scuso ancora per il mio comportamento inqualificabile di ieri, Mr Colby, ma mia moglie tende a tirare fuori il mio lato peggiore… >

Il rimprovero di Christian fu stemperato dal sorriso che fece ad Anastasia, che si avvicinò a lui, allungando il braccio sinistro.

< Guarda! Mi ha riportato il braccialetto! L’avevo perso nel furgone. >

< Amore! Sono lieto che tu l’abbia ritrovato. Però a Nizza ci torniamo lo stesso! > rispose Christian con dolcezza, sinceramente felice del ritrovamento, nel vedere il sollievo sul volto di sua moglie.

Poi si rivolse di nuovo all’uomo che si stava guardando intorno, pur di non invadere la loro privacy.

< Mr Colby, come posso sdebitarmi? >

< Oh, bhè… non fa niente. È stato un piacere. >

< La prego, mi sembra doveroso! E poi non mi ha ancora quantificato i danni di ieri. La mia assicurazione pagherà ogni intervento necessario al suo furgone, senza protestare. Li chiamerò io stesso per assicurarmene. >

< No, davvero. Non ho subito danni. Non mi deve nulla. >

< Ma… >

< Davvero Mr Grey. Sono felice che stiate bene e che la pace sia tornata fra di voi. Non ho bisogno di altro. >

Christian sorrise, sinceramente colpito dalla modestia e dalla dignità che contraddistingueva quell’uomo. Seguendo lo sguardo di Billy, lo vide fissare la fotografia che incorniciava i suoi due bambini, ritratti in uno dei tanti momenti di gioco nel prato di casa Grey.

< Sono i vostri figli? >

< Sì. Hanno cinque e tre anni. Io e mia moglie litighiamo quasi tutti i giorni, ma a quanto pare ogni tanto andiamo anche d’accordo! > disse scherzosamente Christian, abbracciando sua moglie.

< Siete una bella famiglia. >

< Facciamo del nostro meglio. Non è facile, perché hanno quell’età che, se non hai occhi ovunque, ti scappano dappertutto, ma sono meravigliosi! > aggiunse Anastasia, sorridendo.

< Non me ne parli! Ho un nipote di sedici anni che mi fa dannare l’anima! >

< I nonni hanno la fortuna che i nipoti, a fine giornata, se ne tornano a casa loro… o almeno questo è quello che sostiene mia suocera! >

< Era così fino a qualche tempo fa, poi però i genitori di Zac sono morti ed ora lui vive con me. >

< Mi dispiace. Scusi se sono stata insensibile. > disse Anastasia, mortificata.

< Lei non poteva saperlo e non deve scusarsi. Non è stata colpa di nessuno. Una fuga di gas... Per fortuna Zac era fuori con i suoi amici, sennò sarebbe morto anche lui… >

L’uomo sospirò piano, poi alzò di nuovo lo sguardo sui suoi interlocutori.

< Ora è bene che vada, devo fare alcune commissioni ed ho parcheggiato in sosta vietata. >

Christian ed Anastasia uscirono insieme all’uomo, diretti verso un locale dove erano soliti consumare il loro pasto, durante la pausa pranzo, ed assistettero allo sconforto che prese l’uomo quando vide la multa sul parabrezza del pick-up e le ganasce alle ruote.

< Oh no! Questa non mi ci voleva proprio! >

< È colpa mia, l’ho trattenuta con le mie chiacchiere. > disse Anastasia, con tono colpevole e pentito.

< No, signora, sono io che ho parcheggiato dove non dovevo. >

Christian, rimasto in silenzio fino a quel momento, si allontanò di qualche passo, poi prese in mano il suo immancabile Blackberry e fece una chiamata. Subito dopo si avvicinò a sua moglie e disse a Mr Colby:

< Sta venendo qui un mio collaboratore insieme ad un agente che toglierà le ganasce al più presto. Nel frattempo perché non si unisce a noi? Stavamo andando a pranzo. >

< Com’è possibile? Non possono avermi tolto la multa, me la meritavo! >

< Ho parlato con una persona che conosco. Ha ragione, la multa non la possiamo togliere, ma ho già dato disposizioni per il pagamento. Era il minimo che potessi fare dopo la sua gentile visita di oggi. >

< Ma Mr Grey io… >

< La prego, Mr Colby. Per me è stato un piacere poter ricambiare almeno in parte la sua generosità di cuore. Ora non accetto un no al mio invito a pranzo. Ha visto cosa sono capace di fare, se una persona non fa quello che dico. Non dovrò legare anche lei al mio braccio e trascinarla al ristorante, vero? > disse Christian sorridendo, facendo chiaramente riferimento all’episodio del giorno prima.

L’uomo, visibilmente sollevato, acconsentì ed i tre adulti si allontanarono per recarsi al locale prescelto. Durante tutto il pranzo parlarono delle rispettive famiglie, del lavoro, dei casi della vita.

Fu così che Christian ed Anastasia scoprirono che Mr Colby era un idraulico, che era rimasto vedovo da alcuni anni e che suo figlio e sua nuora erano morti nel sonno, a causa di una fuga di gas nella loro casa.

Il nipote, Zachary, di sedici anni, era rimasto molto ferito da quel lutto e la rabbia la stava riversando su suo nonno, colpevole d’essere il suo unico parente in vita e di essere sopravvissuto a suo figlio.

< Non vuole più andare a scuola. Esce con dei ragazzi poco raccomandabili, torna a casa ubriaco o pieno di lividi per le botte. Sono così preoccupato per lui! Io non vivrò in eterno. Cosa farà quel ragazzo se nessuno riesce a dargli una dritta? E d’altro canto, chi mai vorrebbe assumere uno scapestrato alle sue dipendenze? Io ho provato ad insegnargli il mio mestiere ma, a quanto pare, non fa per lui. >

< Che passioni ha? C’è qualcosa che gli possa interessare? > chiese Anastasia.

< Fosse per lui passerebbe il tempo a dormire ed al computer. I pochi soldi che racimola li spende in diavolerie elettroniche. Temo anche che alcune delle cose che ha le abbia rubate o estorte con la violenza a qualche malcapitato… >

L’uomo si passò la mani sugli occhi, stropicciandoli, sperando, inutilmente, con quel gesto, di togliere qualche pensiero di troppo.

< Credo di sapere che cosa passa per la testa del suo ragazzo. Io ero esattamente come lui, da giovane. Perché non lo manda da me? Forse so cosa ci vuole, per raddrizzarlo. > disse di punto in bianco Christian.

Anastasia sputò l’acqua che stava bevendo, tossendo a più riprese.

< Christian! Che cosa credi di fare? Non vorrai mica chiedere a Mrs Robinson… >

Gli occhi allarmati di Anastasia si fissarono su quelli strabuzzati per la sorpresa di Christian, che sbuffò sonoramente.

< Ma per chi mi hai preso? Certo che no, Ana! Ho in mente un’altra cosa, adatta ad uno della sua età. > disse Christian, esasperato dall’insinuazione di sua moglie.

< Scusa. > rispose lei, mortificata, per aver preso anche solo in considerazione una cosa del genere.

Christian si rivolse nuovamente a Mr Colby, cercando di spiegare quali progetti avesse in mente per suo nipote.

< Domani mattina, alle nove, gli dica di presentarsi alla Grey Enterprises e di chiedere di me. Lo accompagnerò personalmente nell’ufficio del mio responsabile informatico. C’è sempre bisogno di giovani svelti con quelle che lei chiama diavolerie elettroniche. Gli farò fare uno stage e, se dimostrerà la giusta inclinazione, posso pagargli un corso avanzato. Sono sicuro che troveremo il modo di impiegarlo e tenerlo fuori dai guai. >

< Io non so davvero cosa dire… >

< Dica solo che è d’accordo. >

Terminato il pasto i tre tornarono davanti alla sede della Grey Publishing, dove Mr Colby poté riprendere possesso del suo vecchio pick-up, dove Anastasia poté continuare il suo lavoro e dove Christian poté recuperare la sua auto per tornare in ufficio, ma non prima d’essersi fermato dall’orefice per lasciare il braccialetto di sua moglie in riparazione.

Quella sera Anastasia dovette sorbirsi una qualche sculacciata da parte di suo marito, per aver anche solo pensato che lui volesse proporre a Zachary una sessione di sesso sadomaso con Elena. La cosa però fu più piacevole del previsto e presto le sculacciate diventarono calde carezze, piene d’amore e di venerazione.

 

Cap. 4

Il giorno dopo Christian attese fino alle undici, prima che Zachary Colby si degnasse di farsi vedere presso il suo ufficio.

< Buongiorno e ben arrivato, Zachary. Lieto di conoscerti. > disse Christian, con un finto sorriso sulle labbra ben scolpite ed allungando una mano per stringere quella del giovane.

< Posso chiederti a che ora ti era stato detto di presentarti qui? > proseguì mellifluo.

< Non me lo ricordo > rispose il giovane, con sguardo strafottente.

< Davvero? E non hai pensato di chiamare per informarti? >

Zachary non rispose e continuò ad osservare con malcelata supponenza l’arredamento dell’ufficio di Christian.

< Me l’immaginavo più pomposo. Tu sei uno degli uomini più ricchi d’America, potresti avere un una scrivania d’oro! Il panorama però è bello. > disse, guardando la skyline al di là del vetro.

Christian contò fino a dieci, cercando di non raccogliere la provocazione sfrontata del giovane, e per un momento si chiese se sua moglie non ci avesse visto giusto. Una strigliata di Mrs Robinson non gli avrebbe di certo fatto male!

Scacciò subito quel pensiero, prima che prendesse troppa forma nella sua mente, che, però, gli fece venire in mente un’altra idea.

< La classe non si compra, Mr Colby, così come la buona educazione e la dignità. Tuo nonno ha riposto molte speranze in te. Non credi sia giunto il momento di darsi da fare? >

< Non sono cazzi tuoi. >

< Questo è tutto da vedere. Vieni con me. >

Christian si avviò verso l’ascensore in fondo al corridoio e Zachary lo seguì, curioso di capire perché Mr Grey non lo avesse già scacciato in malo modo, per il suo ritardo assurdo, e scoprire che cosa quell’uomo ricco sfondato avesse in serbo per lui.

Scesero fino al piano terra. Christian non si preoccupò di verificare se Zac fosse dietro di lui o meno, ma dentro di se sapeva che il giovane lo avrebbe seguito.

Arrivati in un corridoio ben illuminato, il ricco imprenditore aprì una porta, attese che anche Zachary entrasse, quindi cominciò a spogliarsi.

Zac rimase di stucco ed innalzò immediatamente una barriera difensiva.

< Lo sapevo! Sei un succhiacazzi! Vaffanculo! Io non mi faccio inculare da te, chiaro? Nemmeno per tutti i tuoi fottutissimi soldi! >

Christian non rispose, continuando a togliersi con metodo il suo bel completo firmato ed appoggiandolo, ben ripiegato, sopra una panca bianca, addossata ad  una delle pareti.

Rimasto solo in boxer, prese una sacca da uno degli armadietti che si trovavano alle sue spalle ed indossò un paio di pantaloni da tuta.

< Ad occhio, tu devi avere una taglia in meno della mia, per cui ti saranno un po’ larghi, ma sono puliti. Tieni. >

E così dicendo allungò a Zac un secondo paio di pantaloni ed una maglietta.

< Che cazzo dovrei farci? Io non sono un frocio come te! >

< Fa un po’ quel cazzo che ti pare. >

Rispose Christian e, senza scomporsi, uscì dallo spogliatoio.

Zachary buttò gli indumenti sopra una panca accanto a lui; rimase lì, in attesa di capire cosa fosse meglio fare. Doveva restare? Poteva andarsene? Alla fine decise di guardarsi intorno. Uscì dallo spogliatoio e raggiunse un’ambiente da dove si sentivano provenire delle grida e dei versi strani.

Aprì una porta e si ritrovò in una delle palestre più moderne ed attrezzate che avesse mai visto.

C’erano alcune persone intente a fare pesi e ginnastica con degli attrezzi, tappetini per fare yoga, aree per il corpo libero e poi, in fondo, vide un ring, su cui Christian Grey stava facendo riscaldamento con un atletico uomo che, immaginò, fosse il suo istruttore.

Si avvicinò al quadrato e rimase a guardare per un po’ i due che lottavano con foga, nel rispetto delle regole.

A metà di un incontro, l’istruttore si fermò e guardò Zachary.

< Sali quassù e fammi vedere di che pasta sei fatto. >

< Tuo nonno dice che sei bravo a menar le mani. Vediamo se riesci a colpirmi almeno una volta! > rincarò Christian, lanciandogli una sfida che non poteva rifiutare.

Zac salì sul ring, con l’arroganza di chi crede che i pugni dati in strada siano più efficaci di quelli insegnati da un damerino in tuta firmata.

Convinto che la miglior difesa fosse l’attacco, partì a testa bassa, colpendo…il nulla!

Mr Grey era veloce, aggraziato e molto ben allenato. Sembrava un felino nell’arena e Zac si rese conto subito d’essere il povero cristiano mandato a morire.

Assestò un paio di pugni, solo per gentile concessione di Mr Grey, ma per il resto le prese di santa ragione.

Nei momenti di pausa, in cui poteva riprendere fiato, il personal trainer, che aveva scoperto chiamarsi Claude, gli diede diverse indicazioni, su come mantenere la postura, la difesa alta piuttosto che bassa, gli affondi fatti in un certo modo, lo sguardo dritto e fiero ma, soprattutto, il rispetto delle regole e la disciplina.

Alla fine dell’allenamento Christian andò a fare una doccia ed a rivestirsi, mentre lui rimase qualche tempo ancora sul ring insieme a Bastienne.

Quando i due si recarono nello spogliatoio, Claude non poté che apostrofare il giovane talento. 

< La prossima volta vedi di indossare una tenuta più adatta. I jeans non sono certo l’ideale per fare un allenamento come si deve. >

Zachary incassò il colpo e, per la prima volta da diverso tempo, accettò di buon grado il rimprovero, essendo più che meritato.

Una volta tornati al ventesimo piano, Christian, fresco di doccia ed impeccabile nel suo completo di alta sartoria, riprese il suo lavoro, mentre Zac, costretto ad indossare la tuta pulita che Mr Grey gli aveva offerto in precedenza, dopo aver fatto a sua volta una doccia, rimase nella reception antistante, aspettando istruzioni.

< Vai a pranzo, poi torna qui fra un’ora…e vedi d’essere puntuale, questa volta. Dovrai sederti su quel divano ed aspettare mie indicazioni. Chiaro? >

Lo sguardo di Christian non accettava repliche, per cui Zac si limitò ad annuire.

Un’ora dopo di Zachary non c’era nemmeno l’ombra. Christian alzò gli occhi al cielo, ma non ne fu davvero sorpreso.

Il ragazzo si presentò con quaranta minuti di ritardo, adducendo come scusa d’aver incontrato dei suoi amici ed aver perso il senso del tempo.

Christian non si scompose. Si limitò ad indicargli il divano.

< Resta lì ed aspetta mie istruzioni. >

Zachary si sedette.

Dopo una mezz’ora si alzò per andare a prendere un bicchiere d’acqua.

Quaranti minuti più tardi fece il giro del corridoio.

Dopo altri cinquanta minuti gli sembrava di friggere. Si annoiava a morte.

Cominciò a sbuffare quindi si rialzò ed andò ad appoggiarsi coi gomiti sulla scrivania di Andrea, l’assistente personale di Mr Grey, cercando di flirtare un po’ con lei, anche se era decisamente troppo grande per lui.

La bionda non si lasciò lusingare e lo invitò a riaccomodarsi sul divano.

Verso le cinque di sera Christian uscì dal suo ufficio e lo chiamò a rapporto.

< Sei rimasto lì tutto il tempo, come ti avevo detto? >

< Sì, certo! >

< Non ti sei mai alzato? Non sei andato in bagno? Non hai fatto nemmeno due passi lungo il corridoio? >

Incalzò Mr Grey, conoscendo già le risposte a queste sue domande.

< Certo che mi sono sgranchito le gambe e, se ci tieni a saperlo, sono andato anche a bere un bicchiere d’acqua. Ma ero qui fuori, come mi hai detto tu. >

< No, Zac. Io ti avevo detto di restare seduto sul divano e tu saresti dovuto restare lì, come da istruzioni. Se non sai seguire un’indicazione così facile, come posso affidarti un lavoro più impegnativo? >

< Ma Mr Grey… >

< Ora puoi andare a casa. Ci vediamo domani mattina. Alle nove. Se pensi di presentarti più tardi non prenderti il disturbo di venire. Non tollererò ulteriori ritardi da parte tua. >

Christian tornò nel suo ufficio e Zac rimase qualche minuto lì fuori, in attesa di capire cosa fosse successo.

Quella mattina aveva sperato di farsi sbattere fuori subito, in modo da poter tornare al suo dolce far niente. Dopo l’allenamento aveva intravisto la possibilità di una novità gradita, ma il pomeriggio era stato allucinante.

Che cosa ci si aspettava da lui?

L’indomani decise di dare una seconda possibilità a quell’eccentrico miliardario.  In fondo, e questo bisognava dargliene atto, Mr Grey era riuscito a costruire un impero stratosferico…forse quell’uomo poteva insegnargli qualcosa di interessante.

 

Una volta giunto a casa, Christian si lasciò abbracciare forte dai suoi due figli, ma fu ancora più felice qualche ora dopo, quando a stringerlo furono le braccia e le gambe di sua moglie.

< Oddio, Ana… sei meravigliosa! >

< Christian, non parlare e baciami! >

< Sei esigente, questa sera… >

< Sì, e se tu non la smetti di stuzzicarmi, mi rivesto! >

< E come faresti? Le fascette stringi-cavo sono troppo strette, non puoi liberarti, senza il mio aiuto… >

< Oh, sei diabolico! Adesso smettila e datti da fare! Ho bisogno di sentirti dentro di me. >

< Come sei prepotente, moglie mia. >

Disse l’uomo, sorridendole con amore.

< Perché ti amo ed ho bisogno di te, Mr Grey! >

< Anche io ti amo ed ho bisogno di te, Mrs Grey… >

Tacitando ogni ulteriore polemica, Christian sigillò la bocca di sua moglie con la sua, quindi cominciò a muovere il bacino, affondando in lei, perdendosi nel suo paradiso femminile, gustando ogni singolo gemito, ogni più piccola e dolce espressione del suo viso.

Quando entrambi furono appagati, restarono sdraiati a lungo, abbracciati, accarezzandosi con l’indolenza dell’estasi.

< Non  mi hai raccontato com’è andata con il nipote di Mr Colby. >

< Zac? È un bel soggettino. S’è presentato con un ritardo mostruoso, poi ha sclerato un po’. L’unica cosa che sono riuscito a fargli fare e che pare l’abbia interessato è stato un allenamento con Claude. >

< Per il resto della giornata cos’ha fatto? >

< Ho cercato di insegnargli  un po’ di disciplina. >

< Non l’avrai mica sculacciato?! >

< Ana! Ma per chi mi hai preso? Certo che no! >

< Scherzavo! >

Anastasia si morse la lingua, fingendo rammarico, e Christian alzò gli occhi al cielo.

< Sei tremenda, Mrs Grey! >

< Ho imparato da te! >

Andarono avanti ancora per un pò, raccontandosi le rispettive giornate e stuzzicandosi a vicenda, finché Christian non decise che il tempo per parlare fosse scaduto. A quel punto l’unico rumore che si diffuse nella loro camera furono i respiri accelerati e la testata del letto che colpiva la parete.

 

Cap. 5

Pochi minuti prima delle nove Christian ebbe la soddisfazione di vedere Zachary varcare la soglia dell’ascensore del ventesimo piano.

< Sono qui. >

< Lo vedo. Non credi sia il caso di salutare con educazione? >

I due si guardarono con aria di sfida, ma il primo ad abbassare gli occhi fu Zac.

< Buongiorno, Mr Grey. >

< Buongiorno Zachary. Vai a sederti sul divano e resta lì, fino a mio ordine. Se necessiti di qualcosa chiedi ad Andrea. >

Per tutta la mattina Zachary fu tentato di disobbedire ed alzarsi, invece, alla fine, restò fermo al suo posto, ascoltando le chiacchiere di corridoio e facendosi un’idea dei diversi ruoli.

Verso mezzogiorno, Christian uscì dall’ufficio. Non gli chiese se fosse stato al suo posto, perché ne era sicuro. Gli fece cenno di seguirlo e fecero una sessione di kick-boxing, esattamente come il giorno precedente. Questa volta Zac s’era portato da casa la sua sacca della palestra ed indossò un abbigliamento consono, e Christian ne fu soddisfatto. Il ragazzo cominciava a capire l’ordine delle cose.

Il pomeriggio proseguì esattamente come la mattina.

I nervi di Zac furono messi a dura prova, ma il giovane resistette e non si fece mai trovare in difetto.

Alle cinque del pomeriggio Mr Grey lo chiamò nel suo ufficio.

< Com’è andata la giornata? >

< Mi sono annoiato a morte. Se domani non mi metti a fare qualcosa, credo che me ne andrò per i fatti miei e nessuno potrebbe farmene una colpa. Mi sento un coglione, là fuori a far niente! >

< Mi stai dicendo che non hai imparato niente? >

< Niente di utile. Solo chiacchiere di comari. >

< Ed allora perché non ti sei alzato per andare a fare un giro? >

< Ma ci sei o ci fai? Non mi sono mosso perché tu mi avevi detto di stare qui! >

< Appunto. >

Christian sorrise sornione ed in quel momento Zachary ebbe chiaramente idea del machiavellico piano di Mr Grey per insegnargli un po’ di disciplina.

Storse la bocca, suo malgrado, riconoscendogli il merito.

< Touché. >

Il ragazzo era sveglio ed imparava in fretta. Aveva molte possibilità di fare qualcosa di buono, una volta tolto lo strato di risentimento che lo ricopriva già da troppo tempo.

< Domani ti metto in affiancamento al mio responsabile informatico. Tuo nonno mi ha detto che ti piace tutto ciò che riguarda i computer. >

Gli occhi di Zachary si illuminarono di entusiasmo.

< Sarebbe stupendo! >

< Bene. Ora aggiornami un po’ sulle chiacchiere di comari che hai sentito in corridoio. >

< Una tipa dell’ufficio amministrativo, credo si chiami Corinne, ha comprato delle scarpe da ottocento dollari ed ha detto a suo marito d’averli persi, per non ammettere la spesa folle. Brandy, la stagista che affianca Andrea, ha deciso di farsi mora. Dice che tu non potrai resisterle, una volta che si sarà fatta scura di capelli, e che mollerai tua moglie per sposare lei. Ha anche intenzione di farsi mettere incinta al più presto da te, tanto per essere sicura. Il ragazzo delle consegne soffre di flatulenze, mentre Andrea ha litigato col fidanzato ed è preoccupata. Te ne sei accorto anche tu, perché ieri ha fatto un po’ di casini, con le chiamate, ma, a sua discolpa, ti confermo che ha la testa altrove. A quanto pare ha un ritardo di otto giorni e sta andando nel panico. >

< Caspita! Forse dovrei affidarti il monitoraggio del piano. Sei sveglio e fai molta attenzione ai dettagli. >

< A scuola mi bastava stare attento in classe per riuscire a passare le interrogazioni senza nemmeno aprire i libri. >

< Ottimo. Credo che ti troverai bene qui…a parte per le flatulenze del fattorino! >

Christian e Zachary si misero a ridere.

< Posso chiederti una cosa? > domandò il giovane.

< Certo. >

< Cosa farai con Brandy, Andrea e le altre persone? >

< Niente. >

< Perché? >

< Andrea è una donna adulta ed intelligente e prenderà la decisione giusta per lei. Brandy finirà il suo stage e poi verrà sostituita e, giusto per cronaca, non ho mai incoraggiato alcun tipo di rapporto che non fosse professionale con nessuno dei miei dipendenti. Corinne se la vedrà con suo marito, mentre il fattorino non posso riprenderlo, visto che non è un mio dipendente. Al massimo chiederò ad Andrea di chiamare il corriere e di farci fare le consegne da un’altra persona. >

< Sembra facile, a sentirlo dire da te, ma non credo che il tuo ruolo lo sia davvero. >

< Lo è se sai dare importanza alle cose ed alle persone nella giusta misura. Ed ora, a proposito di persone importanti, sarà bene che io vada a prendere mia moglie, sennò stanotte mi fa dormire sul divano! >

< Davvero? >

Christian guardò il giovane, alzando un sopracciglio.

< Le volte che non ho dormito con mia moglie si contano sulle dita di una mano e solo perché ero via per lavoro. Odio dormire senza di lei. >

< A quanto pare hai preso una bella sbandata per la tua donna, eh, Mr Grey? >

Lo canzonò Zac, approfittando di quell’atmosfera tranquilla di fine giornata.

Christian sorrise suo malgrado. Non era mai stato una persona che si confida con qualcuno, ma Zachary gli ricordava la sua giovinezza e ci teneva a fargli capire che le cose non sono mai brutte come sembrano e che, comunque, con impegno e volontà, possono cambiare.

< Puoi dirlo forte, ragazzo! >

< E tua moglie lo sa? >

< Ne è consapevole. Perché? >

< Di solito le donne non amano gli uomini troppo accondiscendenti. Si stancano presto. >

< Sono innamorato perso di lei, ma sono tutt’altro che accondiscendente. Credimi! Non sono il suo zerbino. Abbiamo un rapporto alla pari anche perché, a quanto pare, anche lei ha preso una bella sbandata per me! >  

L’uomo sorrise, al pensiero delle litigate che faceva con sua moglie ed al loro modo speciale di fare pace. Erano entrambi follemente innamorati l’uno dell’altra ed entrambi si stavano impegnando per non perdere quel qualcosa che rendeva il loro rapporto così unico e speciale.

< Ed ora fuori di qui! Non voglio vederti fino a domani mattina! >

Christian e Zachary uscirono dall’imponente sede della Grey Enterprises Holding Inc., per proseguire la serata in compagnia delle persone a loro care.

 

Cap. 6

Il giorno successivo a Zachary fu assegnata una scrivania nell’ufficio informatico e cominciò il suo tirocinio, affiancato ad uno dei colleghi più esperti.  Assorbiva ogni dettaglio come una spugna ed imparava in fretta.

Christian lo teneva d’occhio solo parzialmente. Si fidava ciecamente della persona che lo stava istruendo ed il giovane non aveva certo bisogno di una baby-sitter, cosa che, invece, a dar credito alle voci di corridoio, fra nove mesi sarebbe servita ad Andrea.

< Miss Parker, puoi venire nel mio ufficio, per cortesia? >

< Certo Mr Grey. >

La bionda e perfetta segretaria personale di Christian si presentò nell’ufficio del suo capo, con tanto di penna e blocco per gli appunti, pronta a prendere nota delle sue disposizioni.

< Prego, accomodati.  > le disse Christian, indicandole una delle poltrone bianche.

La donna prese posto di fronte alla grande scrivania di Mr Grey, sostenendo il suo sguardo senza incertezze.

< Andrea, non sono il tuo padre confessore, per cui non ti chiederò che cosa ti succede, anche se le voci girano. Ho notato che in questi giorni sei piuttosto disattenta, cosa che non è da te, mentre io ho bisogno che tu ti rimetta in riga, sulla mia lunghezza d’onda. >

Andrea abbassò gli occhi per alcuni istanti, cercando di mantenere i nervi saldi.

< Mr Grey, mi dispiace molto. In effetti non è un buon periodo, per me, ma prometto di non lasciare che i miei problemi personali interferiscano col mio lavoro. La prego, ho bisogno di questo impiego… ora più che mai! >

La voce, salda fino ad un istante prima, si ruppe impercettibilmente sull’ultima frase ed a Christian questo dettaglio non sfuggì.

< Andrea, permettimi di tranquillizzarti in merito. Il tuo lavoro alla Grey Enterprises non è in discussione. Piuttosto, posso fare qualcosa per aiutarti? Non te lo chiedo per pietà, ma solo per puro tornaconto personale. Mi servi qui e mi servi efficiente come sei sempre stata. >

La donna alzò lo sguardo per la prima volta.

< No, Mr Grey, grazie. È un problema solo mio e lo risolverò. >

<  Devo assumere qualcuno che ti possa affiancare per sollevare i tuoi incarichi? Hai bisogno di ferie? Puoi prenderti tutto il tempo che ritieni utile. >

< Mr Grey, lei è un capo molto generoso e molto attento, ma in questo caso non posso chiedere aiuto a nessuno. >

< Ok. Come vuoi tu. >

< Grazie Mr Grey. Posso andare adesso? >

< Sì, certo. >

Andrea si alzò ed arrivò fino alla porta. L’aprì, con l’intento di raggiungere la sua scrivania, ma qualcosa la trattenne. Forse la lealtà verso il suo capo, forse la schiettezza con cui lui le aveva parlato.

Si girò di nuovo verso Christian.

< Mr Grey? >

< Sì? >

< Io… sono incinta. >

Christian la guardò per un istante, poi le fece cenno di rientrare e chiudere la porta.

< Mi era giunta voce, ma di solito non do molto credito a questo tipo di informazioni. >

< Questa volta è vera. Sono incinta di sei settimane ed il mio compagno non l’ha presa molto bene. Ecco perché sono poco concentrata. Non sto cercando giustificazioni, ma mi voglio scusare con lei per il mio comportamento  inqualificabile. >

Christian guardò fuori dalla finestra per un attimo, poi tornò a posare lo sguardo sulla sua assistente personale, senza lasciar trapelare alcuna emozione.

< Posso chiederti che intenzioni hai? >

< Lo terrò, se è a questo che si riferisce la sua domanda > disse lei, accarezzandosi la pancia ancora troppo piatta per svelare il suo stato interessante. < Ma non ci sarà alcun matrimonio riparatore. >

< Capisco. >

< Dal punto di vista lavorativo, starò a casa solo quando arriverò a termine e non prenderò l’astensione facoltativa. Se tutto va bene, starò assente solo tre mesi. >

< Non sono preoccupato per il lavoro. Anzi, domani mattina contatta il responsabile delle risorse umane e cominciate a ricercare una persona che possa aiutarti e sostituirti quando hai bisogno di assentarti. Prima del parto dovrai fare molte visite e controlli medici. Non devi sentirti in difficoltà. >

< Grazie Mr Grey. >

< Un’ultima cosa, Andrea. >

< Dica. >

< A costo di sembrare privo di tatto, se hai bisogno di un aiuto economico per le visite mediche o per la sistemazione del bambino, che sia l’asilo nido piuttosto che una baby-sitter, non farti scrupoli a venire da me. Ribadisco, non lo faccio per galanteria, ma per mio interesse personale. Mi servi qui e mi servi lucida ed efficiente. >

< Spero di non averne bisogno, ma grazie per l’offerta. >

Andrea, visibilmente emozionata, tornò verso l’uscita quando Mr Grey aggiunse, quasi parlando soprappensiero:

< Certi uomini hanno bisogno di più tempo per accettarlo, ma poi alla fine ne sono felici. Se non mi credi, chiedilo a mia moglie… >

Andrea chiuse la porta alle sue spalle, tirando un sospiro di sollievo.

Il suo posto di lavoro era salvo, il suo capo era stato comprensivo e le aveva anche offerto un concreto aiuto economico. Forse le cose non erano poi così brutte.

Paul non era stato contento della notizia, ma lei ce l’avrebbe fatta lo stesso, con o senza di lui. Per la prima volta, da settimane, sentì il cuore gonfiarsi di speranza. Lei ed il suo bambino sarebbero stati bene. Sorrise fra se, prima di correre in bagno per rimettere la colazione, a causa della tensione e delle nausee mattutine.   

 

Cap. 7

Dopo alcune settimane a Zachary fu assegnato un suo ufficio, un suo computer, un suo telefono aziendale, un suo numero interno, un suo armadietto.

Aveva finalmente trovato il suo posto nel mondo e si sentiva in pace con tutti.

Il ragazzo guardò fuori dalla finestra del suo nuovo ufficio e, per la prima da quando i suoi genitori erano morti, sorrise con riconoscenza per quello che la vita gli aveva comunque riservato.

Preso dal momento decise di ringraziare la persona che aveva reso possibile tutto quello.

Afferrò la cornetta e chiamò Andrea.

< Miss Parker? Sono Zac, potrebbe passarmi Mr Grey? >

< Un attimo solo, ti metto in attesa. >

Dopo pochi istanti la voce di Andrea risuonò nella cornetta.

< Mr Grey ha chiesto se puoi andare direttamente da lui. C’è una persona nel suo ufficio che vorrebbe salutarti. >

< Oh….ok, vado subito. Grazie. >

Zachary si apprestò a raggiungere l’ufficio di Christian. Bussò piano quindi entrò, senza aspettare una vera risposta, visto che tanto era atteso.

Sorprese Mr Grey in atteggiamento molto affettuoso con una donna. Erano entrambi in piedi, rivolti verso la finestra, per cui lui poteva vedere solo le braccia del suo capo che avvolgevano come una spirale il corpo minuto di una figura femminile.

Rimase interdetto. Che cosa doveva fare?

< Perché hai bussato alla porta se poi sei entrato senza aspettare una mia risposta? > chiese Christian, senza scomporsi ma senza voltarsi.

< Ecco, io… mi avevi detto di venire qui… pensavo fosse già implicito il tuo permesso… >    

< Non farlo mai più. Il mio ufficio è off-limits. Nessuno può entrare qui senza il mio permesso! >

Christian si voltò appena, solo per guardarlo dritto negli occhi.

Zachary si scusò, ma rimase sulla porta, indeciso su come comportarsi.

< Pensi di uscire o vuoi restare a guardare mentre scopo con mia moglie? > chiese Christian, alzando un sopracciglio in modo esplicativo.

< Tua moglie? C’è Ana lì con te? >

Christian si voltò di scatto, improvvisamente infuriato, permettendo così a Zachary di vedere il volto di Mrs Grey, rosso per l’imbarazzo.

< Ma per chi mi hai preso? Certo che è Anastasia! >

< Scusa! È che non sapevo che lei fosse qui… >

Christian alzò gli occhi al cielo.

< Chi credi che volesse salutarti? Sarai anche un bel tipo ma non sei ancora così popolare d’avere la fila davanti all’ufficio per vederti! >

Mr Grey sciolse l’abbraccio e permise ad Anastasia di riprendere un certo contegno, dopo le stuzzicanti attenzioni che lui le aveva dedicato.

La donna sorrise poi si assentò per andare a rinfrescarsi il volto nella toilette privata di Christian.

Zachary seguì con lo sguardo l’allontanarsi di Anastasia, lasciandosi sfuggire un piccolissimo sospiro, cosa che a Christian non sfuggì.

L’uomo, per l’ennesima volta, alzò gli occhi al cielo, prima di sbottare.

< Fossi in te ci penserei bene prima di provarci con mia moglie. >

< Perché? Hai paura che mi preferisca a te? >

< Ma figurati! Lo dico solo per il tuo bene. L’ultimo che ci ha provato è finito in ospedale. Vedi tu… >

< Non ci credo! L’hai picchiato? >

< No. Gli ho sparato! > disse Anastasia, tornata nell’ufficio in quel momento ed abbracciando suo marito, che rise di gusto guardando il volto sconvolto di Zac.

< Cosa? No! Mi stai prendendo in giro! >

< Te lo giuro! Cerca in internet. È successo sei anni fa. È tutto documentato. >

In quel momento la stima di Zachary nei confronti della bella signora Grey salì alle stelle.

< Sei una donna piena di sorprese. Se non fosse che sei già impegnata, ti chiederei di sposarmi! >

Christian sbuffò sonoramente e strinse ancora più forte Anastasia al suo fianco.

< Non hai niente di meglio da fare che sbavare dietro a mia moglie? >

< Mr Grey, come hai fatto a farti sposare da una donna così in gamba? Sarai anche ricco e pure belloccio, ma hai un carattere di merda! >

< L’ho messa incinta dopo tre mesi che stavamo insieme! >

< Non è vero! Non è andata così! > disse Anastasia, difendendo il suo amore.

< Di certo ti ho forzato la mano. > disse l’uomo, ammiccando verso sua moglie.

Poi Christian si rivolse a Zachary, sorridendo al ricordo.

< In tre mesi ci siamo: incontrati, messi insieme, lasciati, ripresi, fidanzati, sposati e l’ho anche messa incinta. Non male, eh? >

< Non si può dire che voi due facciate le cose con calma! > disse il giovane, con lo stupore dipinto sul viso.

< Con Anastasia no di certo! Non potevo permettermi di farla uscire dalla mia vita senza provarle tutte! > confermò Christian, baciando la tempia di sua moglie.

I tre rimasero alcuni istanti in silenzio, lasciando che i ricordi del passato tornassero nel cassetto della memoria.

Poi Christian riprese la parola.

< Prima avevi chiesto di parlarmi. Che cosa c’è?  >

< Oh! Quasi dimenticavo! Volevo chiederti se oggi posso uscire un po’ prima, per la pausa pranzo. Recupererò questa sera il tempo perso. >

< Per me non c’è problema, basta che il tuo lavoro non ne risenta. >

< Non succederà. Grazie! >

< Se non sono indiscreta posso chiederti dove devi andare? > chiese Anastasia, con la tipica curiosità femminile.

< Voglio portare fuori a pranzo una persona molto importante per me. >

< Una ragazza? > chiese lei, sorridendo.

< Se tu sei libera per pranzo, sì! > rispose Zac, impertinente.

< Scordatelo! > disse subito Christian.

< Allora passo al piano B… e porto fuori a pranzo mio nonno. Glielo devo, dopo averlo fatto tribolare così tanto negli ultimi due anni. >

< Il piano B mi piace molto. Ci vediamo direttamente domani mattina. >  aggiunse Mr Grey.

< Perché domani? Oggi pomeriggio non ci sei? >

< Tu va avanti col tuo piano B, che io vado avanti col mio piano A, ovvero portare mia moglie da qualche parte e fare l’amore con lei per tutto il pomeriggio! > rispose Christian, guardando soddisfatto lo sgomento e l’imbarazzo comparire sul volto di Zachary.

< Bello fare il capo, eh? > disse il giovane, dopo essersi ripreso dallo choc.

< Non immagini quanto! Ed ora vattene, così posso continuare i preliminari che tu hai interrotto! >

I due uomini sorrisero, mentre Anastasia alzò gli occhi al cielo.

In realtà, quel pomeriggio, lei e Christian dovevano andare ad una recita di Teddy, alla scuola materna, ma perché rovinare quell’atmosfera goliardica piena di testosterone facendo la puntigliosa?

Zachary uscì dall’ufficio, con ancora il sorriso sulle labbra, lasciando Mr e Mrs Grey alla loro privacy.

 

Cap. 8

Tre settimane dopo, la tranquillità del ventesimo piano della Grey Enterprises Holding Inc. fu interrotta dall’arrivo di un “fattorino-canterino”.

Il nuovo arrivato, vestito come un moderno Cupido, con tanto di arco e frecce, si posizionò davanti alla scrivania di Andrea, depositò un enorme mazzo di rose rosse, quindi, sulle note di “I will always love you” di Whitney Huston, cominciò a cantare.

Christian, dopo aver sentito la prima strofa, uscì dal suo ufficio visibilmente alterato, con l’intenzione di riportare l’ordine. Quando vide i fiori, l’uomo in costume pressoché adamitico, il viso rosso di Andrea, le colleghe che sorridevano sognanti e Zachary che rideva a crepapelle, capì la situazione. Alzò gli occhi al cielo e lasciò che Mr Cupido terminasse la sua missione.

Finita la serenata, mise subito mano al portafoglio per dargli una lauta mancia che lo convincesse ad andarsene subito, cosa che il fattorino fece volentieri, dopo aver lasciato un biglietto alla destinataria del messaggio canoro.

< Ok, tornate tutti al vostro posto. Non voglio più sentire volare una mosca. Andrea? Nel mio ufficio. Subito! >

Andrea mise il biglietto appena ricevuto nella sua borsetta, quindi andò al cospetto del suo capo.

< Mr Grey, sono così mortificata! Non avevo idea che Paul potesse arrivare a fare una cosa del genere! >

Christian si passò entrambe le mani fra i capelli. Non sopportava queste sceneggiate pubbliche in generale ed ancor meno le tollerava nel suo impeccabile ufficio.

Ritrovate la calma ed il controllo si girò verso la sua assistente personale.

< Presumo che questo sia stato il suo modo per fare pace con te. >

< Di solito è una persona molto riservata, proprio come me, ma questa volta ha deciso di esagerare, evidentemente. >

< Ha funzionato? Lo perdonerai? >

< Credo di sì. >

< Bene. Sono contento per te e per il bambino che verrà, ma che non si ripeta più! >

< Sì, Mr Grey. >

Andrea dovette trattenere un sorriso, per non far trapelare la gioia che l’aveva invasa, da quando aveva visto il fattorino comparire al ventesimo piano con quel bellissimo mazzo di fiori.

Christian si girò verso lo skyline.

< Per oggi penso di potermela cavare senza di te. Va da Paul, così non dovremo sorbire altri attentati alla nostra tranquillità. >

Era il suo modo per scusarsi d’essere stato così brusco con lei. In fondo Andrea non aveva alcuna colpa se quell’idiota del suo fidanzato aveva affidato il suo messaggio ad un modello mezzo nudo, e poi le donne incinta sono sempre di umore vulnerabile. Non avrebbe potuto sopportare anche una crisi di pianto, quel giorno.

< Davvero? Grazie Mr Grey! >

Andrea scappò via come un fulmine e Christian si ritrovò a sorridere, suo malgrado.

Certo che gli uomini facevano davvero le cose più strane per amore delle loro donne.

Lui aveva volato per cinquemila chilometri solo per vedere Anastasia per poche ore, si era spogliato di tutte le sue armature e si era arreso a lei, esposto e vulnerabile come non era stato mai, pur d’essere degno dell’amore di sua moglie. Sorrise al ricordo di quanta strada avevano fatto insieme.

Si voltò di nuovo verso la scrivania e cominciò a scrivere una mail.

 

Da: Christian Grey

A: Anastasia Grey

Oggetto: riflessioni

 

Cara Mrs Grey,

stavo ripensando a come si è evoluto il nostro rapporto, da quel giorno di maggio che sei inciampata ai miei piedi, proprio qui, nel mio ufficio.

Ne abbiamo passate davvero tante, ma se potessi tornare indietro rifarei tutto.

Bhè… forse eviterei di farti un paio di scenate e farei in modo che nessuno ti facesse del male, ma non ho alcun ripensamento su di noi.

Sono un uomo estremamente fortunato e benedico ogni giorno il cielo che ti ha portata a me.

Ti amo sempre di più.

Volevo solo che tu lo sapessi.

 

Christian Grey

Amministratore delegato e marito innamorato cotto Grey Enterprises Hoding Inc.

 

Da: Anastasia Grey

A: Christian Grey

Oggetto: conclusioni

 

Caro Mr Grey,

ricevere una tua mail è sempre un piacere, se poi mi scrivi che mi ami e che non rimpiangi d’avermi sposata, mi commuovi!

Mi sei entrato nel cuore prepotentemente e ti ho amato dal primo istante.

Da allora non ho più smesso.

Ti amo più della mia vita!

 

Anastasia Grey direttore e moglie perdutamente innamorata Grey Publishing

 

 

Christian sorrise, leggendo la risposta di sua moglie.

Chi l’avrebbe mai detto che anche per uno come lui ci sarebbe stato un arcobaleno dopo la tempesta?

Anastasia era il suo sole ed i loro figli erano il giusto coronamento del loro amore.

Scosse la testa, cercando di riprendere il filo logico del suo lavoro ma, chissà perché, sul suo viso rimase stampato un bel sorriso soddisfatto per tutto il giorno. A quanto pareva anche l’umore dei megadirettori poteva essere influenzato da un semplice messaggio d’amore.

 

Cap. 9

Dopo tre anni di lavoro ed impegno, Zachary era riuscito a conquistare il suo posto al sole e, da qualche mese, anche il cuore di una ragazza molto speciale.

Sorridendo fra se ripensò a quando l’aveva conosciuta.

Si erano visti la prima volta alla festa di Natale della Grey Enterprises Holding Inc., poi di nuovo in un altro paio di occasioni fortuite.

All’inizio l’aveva giudicata una mocciosa “figlia di papà”, ma col tempo aveva scoperto che in realtà era una ragazza con la testa sulle spalle, molto motivata e molto tenace, oltre che molto bella, cosa che non guastava di certo!

I suoi pensieri vennero interrotti dallo squillo del cellulare. Era lei.

< Ciao piccola! >

< Ciao Zac >

< Tutto bene? >

< Sì e tu? >

< Ora che ti sto parlando va molto meglio! >

Ok, l’amore l’aveva rincitrullito! Mai e poi mai avrebbe pensato di diventare così sdolcinato per una ragazza, ma lei era davvero… speciale.

< Ci vediamo questa sera? Mamma è dalla nonna, per assisterla, perché si è ammalata, ed io sono a casa di mio padre >

< Pensi di riuscire a sgattaiolare via senza farti vedere? >

< Non lo so. Ultimamente mi sta molto addosso. Credo che cominci a sospettare qualcosa… >

< Fammici pensare e ti richiamo. Vedrai che troveremo il modo per incontrarci >

< Ci speravo… mi manchi! >

< Anche tu, piccola. Non immagini quanto! >

La telefonata si chiuse con quel sapore agrodolce che accompagna sempre la fine di un bel momento.

Zachary riprese il suo lavoro, lasciando vagare la mente alla ricerca di un possibile escamotage per incontrare la sua fidanzata, in barba al padre iper-protettivo.

 

Quella stessa sera, alla Big House, Anastasia e Christian si stavano godendo il fresco delle prime serate primaverili, in riva al mare.

Il fruscio dell’erba del prato era attenuato dall’infrangersi delle onde e dai baci, soffocati dall’impazienza, dei due innamorati.

In quel momento solo tre cose avrebbero potuto interromperli: il richiamo di uno dei loro figli, un incendio della loro casa o l’ingresso di un intruso nella loro proprietà.

Purtroppo per loro fu proprio questa terza opzione a concretizzarsi, che li fece sussultare all’improvviso.

Grida, ombre che si rincorrevano, un pianto lontano.

Christian si alzò di scatto, portando contemporaneamente sua moglie sotto il riparo della loro veranda.

< Resta qui. >

< Christian, ti prego, non andare! >

Ma la sua richiesta cadde invano nel vento, visto che suo marito era già all’inseguimento delle ombre.

< BASTARDO! FERMATI! VOGLIO AMMAZZARTI! > urlò una voce alle sue spalle.

< Taylor, che succede? >

< Grey! Ho sorpreso quel bastardo in casa mia! Se lo prendo non ci rimane niente! >

< Aggiriamolo. Tu va da quella parte, io lo sorprendo dall’altra. >

L’adrenalina aiutò i due alleati a correre abbastanza velocemente per poter aggirare il giovane, che correva davvero come un razzo, e, con una perfetta manovra di accerchiamento, Christian riuscì ad atterrare il ragazzo sul prato di casa sua, mentre quest’ultimo cercava di sfuggire all’ira di Taylor.

< Sei fottuto, piccolo bastardo! > sputò fuori dai denti Jason, quando fu a portata di mano.

Christian si sollevò da terra, permettendo al topo d’appartamento di riprendere la posizione verticale, ma senza lasciargli andare i polsi, e fu con non poca sorpresa che si trovò di fronte uno dei suoi dipendenti.

< Zac? Ma che cazzo… Che cosa credevi di fare? > il tono di voce, da stupito, divenne improvvisamente ferito.

Come aveva fatto a sbagliare così tanto con lui? Anni prima lo aveva giudicato un bravo ragazzo, solo molto arrabbiato, ed invece adesso era lì, sporco di erba e terra, intento a scappare dopo aver tentato un furto in casa ti Taylor.

< Niente. Non ho fatto niente di male! >

< Volevi rubare in casa mia? >

< NO! >

< E allora che cosa ci fai qui a quest’ora? >

< Passavo di qua per caso… > rispose il giovane, con fare arrogante.

< Non farlo, Zac. Non mentirmi! > disse Christian, esasperato.

< Non sono affari vostri. Non vi devo una spiegazione! >

< Sei nella mia proprietà, certo che è affare mio e sì, mi devi una spiegazione! Se non lo farai sarò costretto a denunciarti. >

< Ed allora denunciatemi. > disse con fermezza.

Christian guardò Taylor, in cerca di una conferma di quanto, anche se a malincuore, avrebbero dovuto fare ma, prima che l’uomo prendesse in mano il telefono per chiamare la polizia, i tre vennero interrotti da Anastasia, che teneva abbracciata una tremante Sophie.

< Che ne dite di entrare in casa e parlare un po’? >

< Sophie, cosa ci fai qui fuori? Stai bene? Questo bastardo ti ha aggredita? > la voce di Taylor si fece man mano sempre più bassa e minacciosa.

< No papà, Zac non mi ha fatto niente. >

Per un momento i tre adulti ed i due giovani rimasero in silenzio, finché Christian e Jason arrivarono alla conclusione che Anastasia aveva intuito già da un po’.

< Oh mio Dio! Tu e Zac? >

Taylor era sempre più scosso. Zachary era un bravo ragazzo, in fondo, ma Sophie era solo una bambina!

< Una tazza di tea? > chiese Anastasia

Facendole un cenno d’intesa, accompagnò Sophie all’interno della Big House, confidando che i tre uomini alle loro spalle le seguissero, se non altro per buona  educazione.

< Da quanto tempo va avanti questa storia? > chiese Taylor, restando in piedi davanti alla porta-veranda, troppo nervoso per trovare pace in uno dei comodi divani di casa Grey.

Sophie guardò prima Zac e poi suo padre, quindi rispose.

< Alcuni mesi. >

< Come ha fatto ad entrare in casa nostra senza far scattare il sistema d’allarme? >

< Gli ho aperto io. >

< Era già venuto altre volte? >

< Un paio di volte. > rispose la ragazza, abbassando lo sguardo, rossa per l’imbarazzo.

Taylor sospirò. Cosa doveva fare? Zachary era un dipendente di Mr Grey, proprio come lui, ma la responsabilità per Sophie era solo ed unicamente sua.

< Papà, prima che tu dica altro, vorrei aggiungere una cosa, se me lo permetti. >

La buona educazione e la presenza di testimoni, costrinse Taylor ad assecondare la richiesta di sua figlia.

< Ho proposto io a Zac di venire qui, perché non sappiamo dove altro andare. Tu non mi permetti di uscire la sera e di giorno lui lavora. Non abbiamo mai fatto niente di male. Parliamo, guardiamo la tv, ascoltiamo un po’ di musica. Tutto qui. >

< Avresti dovuto dirmelo >

< E tu gli avresti permesso di venire? >

< Hai solo sedici anni, non… ovvio che… io… >

< Sii sincero, papà. >

Taylor era stato messo alla corda. Distolse lo sguardo da sua figlia, per non tradirsi, ma incrociò quello di Christian, che sorrideva sotto i baffi.

< Mr Grey, non rida! Fra qualche anno capiterà anche a sua figlia ed allora voglio proprio vedere che cosa farà lei al posto mio! > disse l’uomo, visibilmente  frustrato.

Christian rise apertamente, stemperando di parecchio l’atmosfera, prima di rispondere a tono.

< Ah, non c’è alcun pericolo, Jason! Phoebe non uscirà di casa fino al compimento dei trent’anni, se non in presenza del sottoscritto! >

< Che ipocrita che sei, Christian! > disse Anastasia, alzando gli occhi al cielo.

< Ora, voi due ragazzi fatevi una passeggiata qui davanti, mentre io cerco di spiegare alcune cose a questi due uomini. > aggiunse la donna, spingendo Zac e Sophie oltre la soglia di casa.

< Ma restate nelle vicinanze. Voglio vedervi. Soprattutto voglio vedere le mani di Zac! > aggiunse Taylor.

I due ragazzi uscirono, sollevati e felici d’averla scampata, mentre i tre adulti rimasero in casa, guardandoli con benevolenza.

< Mrs Grey, se quel teppistello che si atteggia a bravo ragazzo la fa soffrire io lo ammazzo senza anestesia! Chiaro? >

< Sono certa che Zac si comporterà in modo esemplare, anche perché sa che d’ora in poi tu e Christian gli starete addosso come due avvoltoi. Non poteva andargli peggio, povero ragazzo! Dev’essere davvero innamorato, se ha accettato il rischio di farsi sorprendere da voi due! > rispose la donna, sicura di sé.

< Di certo dovrà fare molta attenzione. Sapete come si dice, no? “ Fa del male alla  mia azienda ed io ti ammazzerò. Fa del male alla mia bambina e sarai tu a chiedermi d’ammazzarti! “ > disse Christian, ancora sorpreso dalla tanta audacia dimostrata da Zac. Poi scosse la testa.

Lui aveva fatto ben di peggio, quando da ragazzo raccontava ai suoi genitori che andava a dormire da qualche ipotetico compagno di università ed invece si intrufolava nel seminterrato di Elena.

Scacciò quel pensiero molesto prima che i ricordi fastidiosi gli si appiccicassero addosso.

Passato quel primo momento di impasse, i tre adulti rimasero in silenzio per un po’, riflettendo su quanto questo giovane amore potesse ripercuotersi sulle loro vite.

Fu Taylor ad interrompere i pensieri di tutti.

< E adesso che cosa dico a sua madre? >

< Ti verrà in mente qualcosa…sei o non sei un ex militare? Hai affrontato ben di peggio! > disse Christian, ritrovando il buon umore ed ancora divertito per l’equivoco.

Taylor alzò gli occhi la cielo, quindi scosse la testa.

In quel momento vennero raggiunti da Mrs Taylor.

< Tutto bene, Jason? Signori Grey, è tutto a posto? >

< Sì, Gail, tutto sotto controllo. Vieni, andiamo a fare due passi sulla spiaggia, che ti aggiorno sulle ultime novità. >

Taylor prese per mano sua moglie, quindi si congedò dai coniugi Grey con un cenno della testa.

Christian ed Anastasia sorrisero a loro volta, abbracciandosi ed accoccolandosi sul divano di casa.

< Dov’eravamo rimasti? > chiese l’uomo, impossessandosi della labbra di sua moglie.

< Christian! Non vorrai farlo qui! Ci sono i ragazzi fuori ed anche Taylor e Gail… >

< E allora? Siamo in casa nostra, sul nostro divano. Non ho bisogno del loro permesso per fare l’amore con mia moglie! >

< Ma potrebbero vederci! >

< I ragazzi sono troppo intenti a guardarsi le spalle a vicenda e Taylor ha occhi solo per loro. Li sta controllando come un falco. Non corriamo nessun pericolo d’essere scoperti. >

< Ma… >

< Ora sta zitta… > disse Christian, facendola sdraiare sul divano e bloccandola col suo corpo.

Con un movimento fluido l’uomo prese i polsi della donna e li portò in alto, poi cominciò a strofinare in modo seducente la sua erezione sopra l’inguine di lei ed ogni rimostranza di Anastasia fu prontamente tacitata da un bacio mozzafiato, che mise così fine ad ogni dubbio.

Quando entrambi raggiunsero il culmine del piacere si lasciarono andare, per poter riprendere fiato.

Dopo un po’ di tempo decisero di trasferirsi nella loro camera da letto e mentre Anastasia si preoccupò di sparecchiare il tavolino del salotto dalle tazze di tea, usate poco tempo prima, Christian si avvicinò alla porta finestra che dava sul prato per chiuderla ed in quel momento vide un biglietto per terra.

 

Grazie per non avermi licenziato… o meglio linciato!

Sto andando a casa mia e volevo augurarvi la buonanotte di persona,

 ma in questo momento, da quel che posso vedere da qui, siete piuttosto impegnati.

Ho ritenuto più opportuno non interrompervi! ;)

Ci vediamo domani in ufficio!

Zac

 

Christian sorrise, piegò il biglietto un paio di volte e se lo mie in tasca.

Si era sempre vantato di non avere segreti con sua moglie ed anche questa volta avrebbe mantenuto il suo proposito, facendole leggere il biglietto di Zac.

L’indomani a colazione, però!

 

* * * * * * *

 

Non sono brava nelle long, perché tendo a perdermi lungo la strada. Spero di non aver ingarbugliato troppo la storia e che sia stato piacevole leggerla.

Se vi va di farmi sapere la vostra opinione mi farebbe davvero molto piacere.

Un bacio a tutti! :)

Ps.

Dedico questa fanfic a gelato che mi ha scritto un dolcissimo messaggio d’incoraggiamento. Spero che ti piaccia! Con affetto

frency70

   
 
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