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Autore: _M e l_    05/09/2013    2 recensioni
Ha gli occhi luminosi, il Black, sereni, come quando erano ad Hogwarts e la guerra era ancora solo un racconto drammatico e loro ancora solo dei lettori – e non protagonisti (in)consapevoli. Remus si rilassa sempre quando scorge quei gesti conosciuti, quelle abitudini sempre uguali, perché il cambiamento lo spaventa – con lui non è mai stato molto gentile. Sirius, d'altro canto, non ha alcuna voglia di cambiare se stesso, troppo occupato a cercare di cambiare il mondo. Quindi guarda Remus sempre con gli stessi occhi, lo bacia con la stessa foga, lo ama con lo stesso amore, e ogni cinque settembre si fa trovare nella sua cucina.
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Dedicata a Finn_the_Raccoon.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: I Malandrini, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Siccome una certa persona doveva nascere proprio il 5 settembre, mi è toccato spostare di qualche giorno l'inizio della scuola, che sarà il 10 settembre e non più il primo.
Avvisati i lettori, non mi resta che dedicarti questa cosa spropositatamente lunga, oh mia moglie forsennata <3
Buon compleanno :3



 
Protagonisti (in)consapevoli 
momenti di una storia d'amore.

[4686 parole.]



Alla fine del loro terzo anno scolastico Remus e Sirius avevano avuto una convergenza di labbra – come il primo si era ripetuto per tutta l'estate. Era stato appiccicoso e neanche un po' romantico – di quel tipo di romanticismo da soap opera che alla madre piaceva tanto vedere – e Sirius era anche riuscito, non è dato sapere come, a mordersi da solo il labbro, mischiando alla loro saliva il suo purissimo sangue – a cui, comunque, non era molto affezionato. Alla parte sentimentale di Remus – quella stessa parte che non riesce a credere di essersi abbandonata a degli insulsi istinti animali – piace pensare ad una dichiarazione d'amore nascosta dietro quel bacio-non-bacio, ma la verità è che erano stati spinti l'uno verso l'altro da represse pulsioni sessuali che solo con il tempo avevano iniziato a prendere la forma prima di sano sesso e poi d'amore. Certo era che per tutta l'estate tra i due non c'era più stato alcun tipo di contatto – né fisico né cartaceo – e Remus, dopo una lunga e accurata riflessione, si era quasi convinto a seguire la più plausibile tra le due scelte che si era dato, ovvero quella di fuggire in un altro continente e chiedere alla scuola di Beauxbatons il permesso di frequentare lì le lezioni, dato che aveva tutte le intenzioni di concludere la sua carriera di alunno – l'altra opzione contemplava il dover ritornare ad Hogwarts, rivedere Sirius, a cui sicuramente non importava un accidenti di quello che non era successo tra loro, e il morire lentamente di vergogna tra arrossamenti di gote e imbarazzo totale; il che era, ovviamente, inaccettabile –, finché il cinque settembre, scendendo le scale per andare a gustarsi la deliziosa colazione cucinata dalla madre, deciso a riferirle la sua decisione di un imminente trasloco, aveva trovato la causa del suo turbamento interiore bellamente accomodata sul piano cottura, intenta a discorrere allegramente con i suoi genitori riguardo futili questioni circa il tempo, le vacanze ormai finite e Remus che una volta, da bambino, incurante della sua nudità, era uscito in giardino rincorrendo una farfalla, per poi schiantarsi contro la vicina con cui giocava sempre e di cui pareva avere una cotta. Remus si ricordava bene quel giorno (la mamma l'aveva appena avvolto nel morbido accappatoio quando il telefono aveva iniziato a squillare, e lei, con il piccolo Remus alle calcagna, era scesa di sotto per rispondere. Era in quel momento che una piccola farfalla era entrata nella loro cucina, che dava, appunto, sul giardino, e Remus aveva iniziato a saltellare tentando di afferrarla e facendo scivolare l'accappatoio ai suoi piedi; quando poi era uscita nuovamente, il bambino non ci aveva pensato due volte prima di andare a rincorrerla) e ricordava bene specialmente le chiazze rosse sulla faccia di Renée, la sua amica del cuore, e le sue risate e le prese in giro che da quel momento erano seguite. Era successo quando ancora Remus poteva pensare che la cosa peggiore che gli fosse capitata nella vita era stata la rottura con la sua amichetta, quando ancora a Remus era concesso di avere amichetti e alla sua famiglia di avere una vita normale e una casa in un bel quartierino, circondata da vicini affettuosi e amici; prima, quindi, del piccolo problema peloso. Remus se lo ricordava bene, come si ricordava accuratamente ogni momento vissuto prima della tragedia.
Entrando nella piccola cucina, Remus si era schiarito la voce, frenando la risata canina in cui Sirius si era liberato. Lui era saltato in piedi con un agile balzo e, ancora ridacchiando sommessamente, gli si era avvicinato. Poi, con una faccia tutta da prendere a schiaffi, se n'era uscito con un “Perché quella faccia?” come se fosse stata una cosa normalissima ritrovarsi nella propria cucina il proprio migliore amico verso cui si provano probabilmente desideri non propriamente adeguati, dopo aver passato l'estate ad evitarsi a vicenda con il suddetto e senza neanche il minimo preavviso – che, nel caso ci fosse stato, l'avrebbe spinto a fare le valige e andare il più lontano possibile. Glieli avrebbe anche dati, Remus, quegli schiaffi, se solo la sua vicinanza non l'avesse immobilizzato sul posto. E non era tanto per il fatto che gli bastasse allungare una mano per toccarlo o che sentiva il suo respiro formicolargli sulla pelle, quanto più perché riusciva a percepire distintamente il suo odore di cane bagnato e quasi uomo e dolore che, essendo Remus un bravo lupo mannaro, lo attirava più della consueta vicinanza corporea. Sirius sembrò accorgersi che l'altro non aveva alcuna intenzione di fare qualcosa, così, girandosi verso i genitori e allargando le bracca teatralmente, si era rivolto direttamente a loro con un gran sorriso stampato sul volto.
«Signori Lupin, è stato un piacere parlare con voi, ma ora devo proprio portarvi via Remus per un po'. Vi dispiace?»
La Signora Lupin aveva ridacchiato al tono formale di Sirius e, facendo svolazzare una mano davanti al viso, aveva risposto con un: ”Ma figurati, andate pure, andate!” per poi aggiungere un: ”Pranzi con noi, Sirius?” che aveva fatto illuminare gli occhi di quest'ultimo, il quale aveva subito accettato, elogiando le doti culinarie della donna. L'unico pensiero che Remus aveva avuto il tempo di avere, prima che Sirius lo spingesse fuori dalla cucina afferrandolo per la manica del pigiama, era stato un disgustato “ruffiano”.
Comunque, non erano andati molto lontani; Remus era stato portato sulle scale scricchiolanti della casetta e poi condotto nella sua stessa stanza, dove regnava l'ordine eccetto che per le lenzuola attorcigliate del letto, su cui per tutta la notte non aveva fatto altro che girarsi e rigirarsi, preda dei pensieri. Sirius si era accomodato proprio lì, sul letto disfatto – anche se dire “accomodato” è più una gentilezza, in quanto vi ci si era più precisamente steso di largo, facendo penzolare la testa da un lato. Remus, in piedi contro la porta chiusa, era riuscito solo a tossicchiare nuovamente, dando ottimo sfoggio delle sue capacità intellettive.
«Hai intenzione di continuare a tossire oppure prima o poi riuscirai a ritrovare l'uso della parola?» gli aveva chiesto quindi Sirius, alzando leggermente la testa e guardandolo di sottecchi. Remus aveva lasciato scivolare la schiena contro la porta, per ritrovarsi seduto a gambe aperte sul freddo pavimento.
«Che diavolo ci fai a casa mia?» aveva sfiatato, e la sua voce gli era parsa così roca che per schiarirsela aveva tossito di nuovo. Sirius aveva alzato un sopracciglio, irritato – non si sa se per le parole che gli aveva detto o per i colpi di tosse; probabilmente per entrambi –, e aveva commentato sarcasticamente (Tutti sognano di ricevere questo tipo di accoglienza da parte del proprio migliore amico), poi, come se si fosse stancato tutto di un colpo, si era portato a sedere di scatto sul bordo del letto, passandosi una mano sul viso.
Aveva esordito con un seccato “Senti”, ma poi ci aveva ripensato e aveva iniziato a fissarlo attentamente. Remus si era mosso a disagio sotto quello sguardo e gli aveva chiesto se si sentisse bene, ma, al posto di rispondergli, Sirius si era alzato e lentamente gli si era avvicinato. Prima che Remus potesse capire le sue intenzioni, Sirius aveva fatto scontrare la bocca contro la sua. Come il primo, anche questo bacio-non-bacio era stato appiccicoso e per nulla romantico – per fortuna senza alcuna traccia di sangue –, ma, a confronto, era stato più lento, come se Sirius avesse voluto studiarlo – il che era una cosa che ci si aspettava da Remus, sempre pronto a rimuginare su tutto; questi, però, si era semplicemente accorto di avere solo voglia di baciarlo. Si era staccato e aveva mormorato un “Okay”, prima di aprirsi in un sorriso sereno e riaccomodarsi sul letto, evidentemente soddisfatto del proprio esperimento.
«Scusa, dovevo accertarmi di una cosa» gli aveva detto, sollevando le spalle e stendendosi sul materasso. Remus l'aveva guardato sconcertato – come poteva essere così indifferente? Così insensibile? – e gli aveva risposto con un incredulo e rabbioso: «Sirius, ma vaffanculo».
L'interessato aveva ridacchiato leggermente, poi, incurante dell'accenno di rabbia che aveva percepito nella voce dell'amico, aveva continuato: «Sebbene devo ammettere che non mi piaccia affatto come opzione, posso proporti di far finta di niente e continuare con le nostre amichevolmente amichevoli vite. Oppure,» e qui Remus aveva colto un fremito e, confusamente, si era chiesto di che – paura? Aspettativa? Ansia? «e questa è l'opzione che trovo più opportuna, posso proporti di non far finta di niente e vedere come va a finire questa nostra– vita. Non devi rispondere adesso, ovviamente». Ovviamente.
Remus avrebbe voluto rispondere sarcasticamente o quanto meno intelligentemente, ma era solo riuscito a gracchiare un “Cosa?” mentre sentiva la voce morirgli in gola. Sirius, comunque, era andato avanti, come se non fosse mai stato interrotto.
«Se permetti, però, vorrei esporti i vantaggi della seconda offerta: prima di tutto, non dovrai più trasferiti e, di conseguenza, non sarai costretto ad andare a Durmstrang» si era fermato, poi, corrucciando un po' la fronte e portandosi un dito sotto il mento, aveva aggiunto, come se ci avesse pensato solo in quel momento: «Oh, e poi avresti me tutto per te».
«Dur– Durmstrang?» aveva balbettato Remus, ancora preda della confusione. Stava forse sognando? Doveva essere un incubo.
«Non avevi mica intenzione di andare a Beauxbatons, vero?» gli aveva chiesto Sirius, alzandosi e fissandolo con cipiglio derisorio.
«Io– ma tu come sai dei miei piani di fuga?» aveva domandato, sviando il discorso. In effetti aveva del tutto dimenticato l'esistenza dell'altra scuola, ma non gli avrebbe dato un'altra soddisfazione. Sirius gli si era avvicinato, aprendo la porta – Remus sarebbe cascato all'indietro se il suo corpo non fosse stato rigido come una statua. Poi, fissandolo con uno sguardo di chi la sa lunga, gli aveva spazzolato i capelli con una mano.
«Oh, Remmy-Remmy. Io ti conosco» e, detto questo, era uscito dalla stanza.
«Sirius, ma vaffanculo» gli aveva risposto e aveva sentito la sua risata canina provenire dalle scale, mentre un sorriso incerto si affacciava anche sul suo viso.
Ovviamente Sirius non lo conosceva così bene, venendo infatti a conoscenza dei suoi piano solo grazie alla mania di Remus di lasciare tutto per iscritto, in modo da mettere in ordine anche i suoi stessi pensieri attraverso schemi e didascalie, cosa che l'aveva portato a lasciare un post-it spiegazzato sulla testata del letto con su scritto: “Bacio-non-bacio; scelta: far finta di niente; conseguenze: a) trasferimento in altro stato e in altra scuola b) tornare a Hogwarts e lentamente morire”, con tanto di crocetta sulla lettera a. Remus non se n'era accorto fino alla sera, quando era ritornato a letto per la notte – e quando l'aveva notato aveva imprecato con un “che gran figlio di Black!”, per poi finire col ridere e addormentarsi così, con il sorriso ancora sulle labbra. Ma non era l'unica cosa che gli era sfuggita quel giorno. Se non fosse stato così shoccato, avrebbe certamente notato il tremore delle mani di Sirius e il suo sorriso forzato, inconfondibili segni di apprensione, o il timbro teso della voce e l'imbarazzo in quelle pause che a Remus erano parse così calcolate. Non se n'era accorto, e forse era stato meglio così, perché solo quando lo stesso Sirius, anni dopo, lo aveva messo a parte delle sensazioni che aveva provato, si era davvero reso conto di quanto si fidasse di lui, tanto da voler essere se stesso, aiutandolo a riconoscere le sue parti nascoste anche negli avvenimenti passati; e fu allora che si accorse di quanto potenti fossero le sue emozioni, e fu allora che queste si fecero ancora più violente e lui le sentì risalirgli in gola, e graffiare e azzannare, finché non si arrese, perché era inutile contrastarle, e aprì la bocca per farle uscire fuori in un ti amo che non aveva nulla di banale o popolare, ma che sentiva maledettamente suo e gelosamente loro.
Remus quindi decise di accettare la seconda proposta di Sirius – “Tanto se le cose vanno male, ho sempre il piano B” si era detto – e gli aveva dato la sua risposta il secondo giorno di scuola, trascinandolo nel bagno di Mirtilla Malcontenta (Sirius era in ritardo per l'allenamento di Quidditch e probabilmente non era proprio il momento adatto, ma, quando l'aveva visto passare frettolosamente per quel corridoio deserto, Remus non ci aveva pensato due volte prima di tirarlo nel bagno, arpionandolo per la divisa, e baciarlo di un bacio che non era un dannatissimo bacio-non-bacio. Sirius aveva ridacchiato sorpreso, poi, rendendosi conto del posto in cui si trovavano, aveva commentato sarcastico: «Sei proprio una donna»). Da quel giorno avevano preso a vedersi di nascosto, all'inizio impacciati e poi via via sempre più sereni, aiutati in questo dalla Mappa del Malandrino, funzionane dalla fine del loro quinto anno. Infatti, quando erano insieme la consultavano sempre – Remus la consultava sempre, e questo irritava parecchio Sirius –, e fu così che, al loro settimo anno, scoprirono della tresca segreta tra James e Lily (Remus era irrequieto quel giorno; avrebbe voluto abbandonarsi alle carezze e ai baci del compagno, ma la sensazione che stesse per accadere qualcosa di importante non glielo permetteva e lo costringeva a gettare occhiate sbilenche alla pergamena posata sul comodino al fianco del letto alla ricerca dei puntini indicanti le posizioni di James Potter e Peter Minus. Sirius si era staccato da lui seccato. Quello era l'ultimo anno, di certo il più pesante ad Hogwarts, e la tensione dei M.A.G.O. iniziava a farsi sentire anche per lui; quindi non c'era da stupirsi che avesse voglia, tanta voglia, di fare del sano sesso, ma Remus sembrava non essersene reso conto, così, con il suo solito pungente sarcasmo – che usciva fuori ogni qualvolta qualcosa lo contrariasse – si convinse a farglielo presente: «Remus, amore, starei cercando di scoparti». «Sei sempre così romantico» ribatté lui, con la stessa dose d'ironia, ma, allo sguardo ammonitore di Sirius, alzò le mani in segno di resa, e i due cercarono di riprendere da dove si erano fermati. «Remus» era solo un sussurro, esalato sulle sue labbra, ma il diretto interessato nel tono rimproverante riuscì a cogliervi tutto il fastidio di Sirius, che si era accorto dell'ennesima occhiata che aveva lanciato alla Mappa. «Va bene, va bene, la smetto» disse, decidendo di soffocare l'istinto e concentrarsi solo sulle labbra del ragazzo; ma, quando finalmente era riuscito a lasciarsi andare, Sirius lo bloccò di nuovo. «Remus–» «Non l'ho guardata, lo giuro!» «–perché il puntino della Evans è sopra quello di Prongs in uno stanzino del terzo piano?»).
«Remus, so che la carne ti piace al sangue e, credimi, piace così anche a me, ma non ti sembra di aver un tantino esagerato? Cioè, la sento ancora correre per le praterie!» il commento di Sirius lo distoglie dai suoi pensieri, riportandolo al presente e al piatto di carne effettivamente cruda che stanno condividendo.
«Era una mucca, e dubito che le mucche corrino per le praterie» puntualizza, e quasi se l'aspetta la ripicca di Sirius, ritrovandosi a sorridere alle sue parole vittoriose: «Ma sono nelle praterie! Remus: zero, Sirius: uno».
Ha gli occhi luminosi, il Black, sereni, come quando erano ad Hogwarts e la guerra era ancora solo un racconto drammatico e loro ancora solo dei lettori – e non protagonisti (in)consapevoli. Remus si rilassa sempre quando scorge quei gesti conosciuti, quelle abitudini sempre uguali, perché il cambiamento lo spaventa – con lui non è mai stato molto gentile. Sirius, d'altro canto, non ha alcuna voglia di cambiare se stesso, troppo occupato a cercare di cambiare il mondo. Quindi guarda Remus sempre con gli stessi occhi, lo bacia con la stessa foga, lo ama con lo stesso amore, e ogni cinque settembre si fa trovare nella sua cucina. Remus non ha idea del perché di quella ricorrenza, sa solo che dal terzo anno, ogni volta che ricorre quella data, si sveglia sapendo che c'è qualcuno che lo attende, seduto sul piano cottura, e prova uno strano calore, proprio lì, al centro del petto, e sente una gran voglia di alzarsi, che lo butta giù dal letto la mattina presto anche se il giorno prima c'è stata la luna piena. “Come è successo oggi”, pensa.
Sirius si rende conto di averlo perso di nuovo grazie a quella ruga tra le sopracciglia che gli si forma  quando si abbandona ai pensieri e a quella dolce malinconia che si cela nel suo sguardo quando rimugina sui ricordi, ma non si arrabbia, provando, anzi, solo una pura curiosità.
«Pensi sempre al passato» non è una domanda o un'esclamazione, è una semplice constatazione che gli è sfuggita dalle labbra senza che neanche se ne accorgesse, e si sente anche un po' stupido per questo.
Remus fa uno di quei sorrisi che a Sirius piacciono tanto: uno di quelli che di solito precedono le spiegazioni, ma anche i racconti di ricordi lontani, e che racchiude in sé un senso di saggezza, mai presuntuosa, e leggera amarezza per i tempi andati. Sirius di solito si sporge per baciarlo, quel sorriso che gli piace tanto, soffocando le spiegazioni e i racconti – e gli dice che oltre ad essere una donna, è anche un vecchio saccente –, ma adesso c'è un tavolo a dividerli e una curiosità che lo spinge ad ascoltarne la risposta.
«Quello che hai detto è passato» e Sirius quasi si strozza con la saliva che gli è andata di traverso quando ha iniziato a ridere convulsamente.
«Ok– okay, okay. Sia– siamo pari» dice, tra un colpo di tosse e l'altro. Tornato serio, però, riprende a fissarlo, e Remus sente i suoi occhi seguire i suoi movimenti mentre taglia un pezzo di carne e lo porta alla bocca. Si aspetta una risposta, e il problema è che Remus non c'è l'ha. Forse è perché è davvero un vecchio e quindi per indole è portato a rimuginare sugli eventi, forse è perché pensare al passato gli permette di sopportare meglio il peso del presente o forse perché semplicemente è già tutto passato e pensare a una cosa vale l'altra, ma Remus non ne sa la ragione, mentre sa a cosa stava pensando e cosa vorrebbe conoscere.
«Perché il cinque settembre?» chiede, di punto in bianco, e dallo sguardo confuso che gli lancia capisce di averlo preso in contropiede. Sirius si limita a scrollare le spalle, poi, dice: «Gli altri hanno la loro canzone».
«E noi il nostro giorno? Il ragionamento non fa una piega» lo rimbecca, ironico. Effettivamente, il ragionamento è giusto, solo che ancora non capisce perché proprio quel giorno. Poteva scegliere quello in cui si erano messi insieme – l'undici settembre – o quello della loro prima volta – il venticinque marzo – o quello in cui si erano detti che si amavano – il diciotto febbraio. Ma lui aveva scelto il cinque settembre, e Remus davvero non ne capisce il motivo.
«Sì, lo so, penso sempre in grande» aveva commentato nel frattempo Sirius, dandosi delle finte arie, ma lui non si era lasciato scoraggiare, scuotendo lievemente la testa e domandando: «Sì, ma perché il cinque settembre?».
Sirius si mordicchia il labbro inferiore, sapendo che non può scampare a quella richiesta e dandosi dell'idiota per non aver insistito di più sul discorso delle mucche e delle praterie. Poi, dopo aver preso un bel respiro, prende a parlare: «Beh, quando al terzo anno venni da te, pensavo di stare facendo l'ennesimo sfregio alla mia famiglia,» tentenna un attimo sulla parola, e Remus ne percepisce tutto il suo turbamento «sai, figlio grifondoro, babbanofilo e, per di più, omosessuale. Walburga sarebbe impazzita se l'avesse scoperto, e io ne andavo fiero anche se lei non lo sapeva, perché era un'altra cosa mia sulla quale lei non aveva giurisdizione.» si blocca e lo fissa, come per scrutarne la reazione. Solo allora Remus nota che le sue guance si sono lievemente arrossate, come succede sempre quando sta per mettere a nudo una parte di se stesso – nel senso metaforico e non –, e si apre in un sorriso sincero, per incoraggiarlo ad andare avanti e fargli capire che non è turbato – anche se, per un secondo, ha sentito un lieve pizzicore di fastidio alla base dello stomaco e ha dovuto muoversi un po' sulla sedia per far andare via quella sensazione scomoda. Sirius, quindi, un po' più rincuorato, continua: «Però, ecco, quando– quando poi sono arrivato da te e ti ho visto e ti ho baciato, beh, è stato allora che ho compreso che non era un semplice sfregio che stavo facendo ai Black. Non era già amore, eh,» porta subito avanti le mani, come a volersi difendersi da attacchi immaginari «ma era qualcosa di più di quello– di quello che pensavo che fosse, ecco. E mi è sembrata una cosa importante, che valesse la pena di ricordare. Tutto– tutto qui».
Remus registra distrattamente il fatto che Sirius ancora faccia fatica a dire i Black al posto di famiglia, ponendo frettolosamente l'informazione in una parte del cervello e ripromettendosi di riprendere il discorso in seguito, poi si alza, tira per il colletto della camicia Sirius verso di sé e lo bacia – perché, ancora una volta, si è aperto a lui, perché l'impaccio con cui ha parlato e il rimorso evidente che provava per quei pensieri passati gli hanno stretto il cuore in una morsa dolorosa e perché, beh, perché è Sirius e lui lo ama esageratamente troppo.
Nella foga del momento la sedia su cui era seduto è caracollata per terra, ma è l'ultimo dei suoi pensieri adesso che Sirius è salito agilmente sul tavolo e, passandogli le mani sotto la maglietta e spingendogliele contro la schiena, lo invita a fare altrettanto. Non dovrebbero iniziare questa cosa – i vestiti per terra, i baci passionali, il corpo di uno in quello dell'altro – proprio ora; dovrebbero staccarsi, finire di cenare e prepararsi per l'appuntamento con James e Peter. Ma, ecco, la maglia di Remus è già a terra e la camicia di Sirius sbottonata gli mette in mostra il petto e quella linea di peluria che porta dall'ombelico fino all'attaccatura delle mutande, rivolgendo inviti allusivi e promesse indicibili, e la mano di Remus è già lì a seguirne il profilo e la bocca di Sirius è già sulla sua per un bacio passionale. E a quel punto non possono fare altro che sbottonarsi i pantaloni e tentare di toglierseli senza cadere, stando in precario equilibrio sulle ginocchia doloranti, mentre le mani continuano a vagare sulla pelle, bisognose di quel contatto – ma cadranno, uno sull'altro, e rideranno, baciandosi le parti lese l'uno per l'altro, finché le risate non saranno soffocate dal desiderio impellente e allora inizieranno tutto daccapo, con i vestiti a terra e i baci passionali e i corpi uniti.


Remus si sta infilando i pantaloni e Sirius si sta sistemando la camicia, preparandosi per l'uscita con Prongs e Wormtail, quando il primo sgancia la bomba.
«Non pensi che– che sia arrivato il momento di dirlo agli altri?» dice, fingendo noncuranza, proprio come se l'avesse detto così per dire, come se ciò che ha detto non avesse alcuna importanza. Ma in realtà Remus ci sta pensando da giorni – se non mesi –, soppesando con cautela i pro e i contro e decidendo all'ultimo di non essere in grado di farlo da solo e di doverla fare con Sirius, quella divisione tra si e no. Sa che il ragazzo odia mentire a James, suo fratello a tutti gli effetti, e che al tempo stesso vuole mentirgli, anche se, si accorge Remus, non hanno mai parlato veramente di voler tenere segreta la loro relazione – era stato semplicemente istintivo per loro seguire quella via, nascondersi da tutto e da tutti, inizialmente perché incerti sulla riuscita di qualsiasi cosa ci fosse tra loro e dei loro stessi sentimenti, in seguito per timore delle reazioni degli amici. E sa anche che Sirius è da un pezzo che sembra voler tirare in ballo quell'argomento e non l'ha fatto solo perché lui, Remus il licantropo, Remus che è sempre stato fissato con ostilità e paura, Remus che è sempre stato scacciato e schiacciato dal mondo, invece non era affatto pronto.
Con la coda dell'occhio vede le spalle di Sirius irrigidirsi e immagina i suoi occhi sgranati. Non si aspettava di certo che dopo anni di silenzi e taciti accordi quello che tra i due sembrava più riluttante a fare quel passo buttasse in mezzo il discorso in maniera così diretta – si aspettava lunghi preamboli e grandi giri di parole, si aspettava di dover ricavare il vero significato delle sue frasi scavando tra metafore e similitudini, si aspettava, quindi, una discussione impegnativa, ma Remus l'ha stupito con una schiettezza così poco da lui ma che Sirius riconosce così tanto come propria. E si rende conto che questo è l'amore (prendere tutto l'uno dell'altro e farlo proprio, non per dire che è tuo, ma solo per sentirsi completi) e si rilassa, sentendosi improvvisamente felice. Si volta verso Remus, che ha appena finito di allacciarsi le scarpe e lo fissa serio e un po' pauroso, e gli rivolge il suo sorriso migliore.
«Penso che siamo in ritardo e dovremmo sbrigarci» gli risponde, per poi smaterializzare se stesso e uno sconvolto Remus nel luogo dell'appuntamento.
I due si incontreranno con i loro più cari amici, ascolteranno le lamentele di Peter per il suo nuovo lavoro, rideranno dei momenti buffi della neonata convivenza tra James e Lily, si intristiranno nel parlare della guerra, e Remus si dimenticherà per un po' della domanda posta solo poche ora prima e della sbalorditiva risposta di Sirius. Se ne ricorderà solo quando lo vedrà osservare silenzioso e pensieroso le schiene di Prongs e Wormtail, che nella passeggiata saranno finiti davanti a loro, e si accorgerà di una strana luce nei suoi occhi – quella che preannuncia i suoi colpi di testa, reputati da lui idee geniali. Non la riconoscerà subito, la luce, e così non riuscirà a fermarlo in tempo quando chiamerà i compagni costringendoli a fermarsi.
«James, Peter, io e Remus siamo gay e stiamo insieme».
Remus lo fisserà con la bocca spalancata e con ancora più sorpresa si accorgerà della mano di Sirius che, decisa, si stringerà alla sua, tirandolo leggermente per incitarlo a continuare a camminare, come se niente fosse successo.
James, dopo aver allargato gli occhi preso alla sprovvista, si limiterà a guardarli sorridendo – lo sapeva già, lui; d'altronde è il fratello mancato di Padfoot e non poteva non accorgersene – e scoppierà in una grassa risata quando sentirà Remus gridare a Sirius con sconcerto, a qualche passo di distanza da lui e Peter – ancora troppo sconvolto per riprendere a fare qualsiasi cosa –: «E ti sembra questo il modo di dire una cosa del genere?».
Vedrà Sirius stringersi nelle spalle, come a dire “Perché, come avrei dovuto fare?”, e il luccichio assassino nello sguardo di Remus, e inizierà a camminare verso di loro, sempre ridendo.
Vedendolo avanzare, la stretta di Sirius alla mano di Remus si allenterà leggermente e il suo viso si distenderà in una finta espressione di scuse, che solo in parte riuscirà a celare il suo sollievo. Remus non riuscirà a prendersela seriamente per quella falsa costernazione perché noterà la leggera tensione del suo viso venire spazzata via dall'allegria, e si ritroverà a sbuffare un “Sei sempre il solito idiota” con un sorriso sulle labbra.
«Sì, ti amo anch'io» si sentirà rispondere, e poi avvertirà il peso del braccio di Prongs sulla spalla che con l'altro cingerà il collo di Sirius, la testa posta al centro tra i due amanti.
«E bravi i miei piccioncini» dirà, scompigliandogli i capelli con le mani. Poi, ammiccando prima all'uno e poi all'altro, continuerà con un “Beh, allora finalmente posso dire: buon cinque settembre a entrambi” e li supererà lasciandoli a fissarsi stupiti. Sirius scoppierà nella sua solita risata canina e Remus si chiederà cos'ha fatto per meritarsi tutto quello e s'incamminerà dietro James scuotendo la testa, rassegnato al fatto di avere una propensione ad amare forsennati e a voler bene a diciannovenni con il cervello di undicenni.
«Ehi, Petey, che fai ancora lì impalato?»









 
«Perché il cinque settembre?»
Ovviamente perché è nata Finn_the_raccoon, che domande! Vedi, cara, anche i nostri dolci amori ti amano e pensano sempre a te :3

Anyway, ho sparso all'interno della Shot vari riferimenti ad altre cose che ci legano, vedi se riesci a trovarli tutti u.u - probabilmente non ci riuscirei nemmeno io, LOL. Ti intrattengo anche con giochini, amami forevaH!
Come sempre spero che tutto si capisca perfettamente e che vi (ti) sia piaciuto :)



Ringrazio chi metterà la storia tra le seguite/preferite/ricordate, chi recensirà e chi leggerà solamente :)
Vostra,
     _M e l_
   
 
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