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Autore: Ryley    08/09/2013    0 recensioni
Inverno 2003
Una banda di ragazzi cammina per le strade distratte di Bristol. Tutti sono inconsapevoli.
Birre in mano, facce da folli e un segreto.
Quei cinque ragazzi inglesi non sono come tutti quegli inconsapevoli. Loro sanno.
Droghe, vita di strada, piacere.
Imparano cose nuove; vivere veloci, tutto è insignificante per loro.
Per i soldi, per il potere, per la fama, loro uccidono.
Le case sono allarmate da strani episodi, nessuno sa niente.
Loro sanno fin troppo bene però, loro sono i carnefici.
Vogliono divertirsi in modi differenti dai loro coetanei.
Ma tutto viene a galla prima o poi? Sono ancora tutti inconsapevoli.
Cambiano strada, i familiari preoccupati. Nessuno sa dove sono.
Ma le luci si abbassano, loro vogliono correre, festeggiare, invecchiare insieme.
Loro hanno il potere, l'Inghilterra allarmata, lo faranno ancora?
Morte per libertà. Sono stanchi di vivere nell'ombra
Che cosa hanno in comune la figlia di un biologo, un giocatore di poker, una cocainomane, uno studente modello ed un adulatore con un passato nascosto?
(Il nome di ogni capitolo è una canzone con il proprio artista - I hope you like it)
Genere: Avventura, Generale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 2:
Message in a bottle - The Police


Il pullman aveva già lasciato il piazzale provocando un fastidioso odore di carburante bruciato, Harriet si era trattenuta troppo in aula a finire il suo saggio di trecento parole. Era la migliore del corso, anche se non lo ammetteva. 
«Signorina Skawbojik deve consegnare il compito» 
Insisteva il professore. Lei si limitava a sorridere e porgere il foglio ancora profumato di inchiostro fresco.
Riprese la sua borsa ed il suo cappotto, sgattaiolando via per i corridoi del suo liceo che in un certo senso adorava.
«Oh merda!» 
Il mezzo sul quale sarebbe tornata a casa era già andato via. Ormai tutti se ne erano andati, anche i pivelli del primo anno. Prese la via del parco, nessuno la aspettava a casa. Passo dopo passo sul l'asfalto bagnato camminava senza pensieri in testa.
All'entrata del parco attendevano parecchi agenti della polizia, bisbigliavano preoccupati e orgogliosi allo stesso tempo.
«A quando risale?»
«Sembra un proiettile dei primi del novecento»
Harriet era incuriosita ma fece un salto di nuovo nei suoi candidi pensieri. Scuola, casa, fratelli, un padre assente. 
Si sedette su una panchina davanti ad un laghetto, contava gli aironi su una piattaforma geologica nel mezzo delle acque. Tiravano le folate di vento gelido, le foglie cadevano come gracili corpi nelle ceneri di una fine misteriosa. Chiudeva gli occhi, visitava mondi mistici, dove anche il colore del grano diventava nero. Era sul punto di addormentarsi profondamente.
Una figura mascolina, coperta con una giacca blu notte con il cappuccio adagiato sui capelli scuri, si avvicinava alla sua panchina. Era indirizzato verso di lei. Ma niente sembrava distrarre Harriet da quella forma scompatta di acque azzurrine.
«Ti avevo detto di non cercarmi più» 
La figura misteriosa era già al suo fianco, riconoscente. Harriet lo provocò.
«Colpevole!» Disse Jay nascosto da un cappuccio umido
«Allora, cosa vuoi»  
Dalle corde ironiche, delle sottili risate disegnavano la scena resa piatta dalle acque vicine. Riusciva ad aprire gli occhi, a fissare il color nocciola di quelli del ragazzo, vedeva i mari di una vecchia fotografia. Chi era? 
Lei non lo sapeva.
«Proporti una cosa...»
«Vai avanti» 
Incuriosendosi, sotto ad uno strano sottofondo. Jay non era sobrio.
«Sembri una in gamba Har. Io, tu, Nick e la strada, zero problemi. Che ne dici baby?»
Un attimo di pausa. Per Harriet erano tutte fantasie, anche se sfidare quell'ignoto le piaceva, più di giocare con il Diavolo.
«Allettante. Avanti Jay di cosa sei fatto?»
«Sono serio. Sul serio vuoi rimanere qui per tutta la tua vita? E' già un miracolo che non dormi sotto i ponti. Di cosa hai paura»
«Tu non mi conosci. Io non ti conosco. E non conosco le tue, o meglio, le vostre intenzioni»
Jay rise. Come se per lui quelle fossero solo piccolezze.
«Allora conosciamoci, su. Che vuoi sapere?»
«Credi che sia così facile? Racconti due stronzate ad una persona e aspetti che quella vada chissà dove con te e con il tuo braccio destro?»
«Non è cosi?»
«No»
Era un comportamento ragionevole, per lei. Gli "occhi nocciola" non sembravano seccati per la sua difficile insistenza. Voleva scoprire tutto di quella ragazza misteriosa.
Jay si fece avanti.
«Una sera ti basta?»
«Per cosa?»
«Per conoscerci meglio...»
«Che hai in mente?»
«Una bottiglia e un po' di roba. Letteralmente»
«Dobbiamo ubriacarci per conoscerci. Ci sto...»
«Davvero?»
«Sì»
Aggiunse un tono ammiccante con quell'ultima affermazione Harriet, seguita da una risata dei due. Poteva farlo davvero, dimenticare tutto e partire per le giungle asfaltate.
 Era rientrata a casa, quasi obbligata dal rimorso.
«Dove sei stata?» 
Il padre era pronto a rimproverarla, spaventato e preoccupato. La figura del genitore non era la sua preferita secondo Harriet.
«Ero in giro papà» 
«In giro... Esci tutte le sere, non so neanche se torni a casa. Non mangi più a casa con la tua famiglia. Non ti vedo più scorrazzare per casa con i calzini di lana»
«Per forza non mi vedi mai. Non sei mai a casa con noi!»
Il litigio si fece acceso, il padre provava compassione per quella ragazzina bionda come il sole.
«Sediamoci avanti...»
La invitava in salotto, sedendosi sul divano chiaccherando come facevano anni prima.
«Mi dispiace papà» 
Sorrise, scusandosi.
«E' tutto okay» 
Abbracciò sua figlia, come quando la teneva in braccio, da neonata. Le fotografie si facevano sempre più vive sulle mensole, i libri ammassati per ogni angolo della casa. Il sapere della famiglia pesava in quelle mura.
«Lo so, non sono un padre molto presente... »
«No, papà è colpa mia non avrei mai dovuto dire una cosa del genere»
«E' da tanto che non facciamo quattro chiacchere»
«Già!»
«Se stai frequentando qualcuno e preferisci passare le serate in compagnia, lo capisco tranquilla»
«No, no. Hai frainteso tutto»
«Scusa, ma è difficile accettare la realtà. Sei grande ormai»
«Che ne dici. Stasera cibo cinese sul divano per ricordare i vecchi tempi?»
«Perfetto!»
Televisore acceso, pasta bianca dentro a contenitori unti. Coperte in lana ed un padre pigro.
«Dai scegli Stephan!»
«Harriet, se parli al televisore, non aspettarti una sua risposta»
«Sei simpatico oggi, come mai?»
Disse il più grande dei due tirandole uno spaghetto sul naso con le bacchette.
«Ma i ragazzi dove sono?»
«Pigiama party da veri duri. Oh, sì. Così mi ha detto»
«Oh!»
Risero all'unisono.
«Devi uscire anche questa sera?»
«Sì. Scusa papà, mi vedo con degli amici»
«Tieni»
«50 sterline, perché?»
«Ormai sei grande, fanne quello che vuoi»
Si abbracciarono stretti in uno, manovrava le lancette dell'orologio, era già in ritardo.
«Harriet, bambola sei qui» Jay accolse Harriet nel garage di una grande villa.
«E lei che ci fa qui?» Aggiunse Nick
«Felice di rivederti, aspetta, come ti chiami?»
«Nick»
«Ah...»
Un tono acido quasi maligno rimbombava tra i poster appesi sulle pareti congelate.
«Bellezza, ti presento Lyonel» 
Jay era già completamente fuori di se. Vagava in corpi surreali, innaturali, malvagi o semplicemente deceduti.
«Piacere» 
Davanti a lei apparse un ragazzo molto alto, capelli rossi come le piume di qualche maestoso volatile, occhi piccoli ed un sorriso inesistente. 
«E' la generazione delle reginette di bellezza, no?» Riprese Nick il discorso cominciato minuti prima, al fumo della prima sigaretta di Harriet.
«Io non credo proprio...» 
Lyonel continuò.
«Stiamo parlando della tua ragazza Ly, non ti scomodare»
«Tua ragazza? Ma chi?» Domandò Harriet.
«Christy Annox»
«Non la trovo familiare»
«Già... Reginetta della castità Annox. Una figa»
Jay concluse per bene, seguito da una sbuffa del ragazzo rosso. 
«Hey, Harriet sei qui da più di un'ora e non ci hai ancora fatto vedere cosa c'è sotto il cappotto» 
«Oooh»
Dissero in coro i tre ragazzi dopo l'affermazione ardita di Nick, il ragazzo che stava più a cuore ad Harriet. Ed invece no.
Rispose a dovere.
«Ah si? E immagino che tutte le ragazzette quindicenni che incontrate si spogliano davanti a voi come se dovessero fare un controllo medico?»
Si alzò in piedi, il ticchettio dei suoi tacchi sui vecchi giornali per terra era nulla in confronto alla pioggia cadente fuori le mura. Passò davanti ad una poltroncina vuota a fianco al provocatore, saltò sul divanetto di uno dei due.
«Avanti che volete fare?» Aggiunse la bionda
«Busta» 
«Ti prego, lo facevo quando avevo undici anni con i vicini di casa di mia nonna»
«Allora modifichiamolo un po'. Qualcosa da grandi. Una confessione assurda ogni giro»
Come vecchi bambini ci eravamo spostati in un angolo della stanza fredda, in cerchio.
«Vai Jay»
Si appoggiò al suolo, tenendosi la testa pensando.
«Ho fatto perdere la verginità a tutte le tipe del primo anno»
«Ah»
«Prego Nick»
«Kevin Rompipalle mi ha baciato in terza media»
Un boato di disapprovazione si fece largo tra le bocche aperte dei presenti. Lui non ci fece caso.
«Passo la palla a te Rosso»
«No, aspetta, aspetta... Quindi tu sei, insomma, sei...»
«No Biondina! No! E' stato lui a ...»
«Mi spiace concludere questa piacevolissima serata, ma.. Ragazzi a domani, io vi lascio»
Ed era così che Lyonel lasciò i due svergognati e la ragazzina da soli coperti dalla pioggia. Mentre si sistemava il cappuccio della felpa blu fissava incuriosito la leggera scollatura di Harriet.
«Ora passiamo ai fatti» disse Jay.
«Che fatti?»
«Il viaggio, lo sballo.. ne avevamo parlato»
«E quindi Harriet? Che ne pensi?»
Ci pensò un attimo, fissando il pavimento.
«Va bene»

  
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