stella
d’inverno
La
sedia su cui si è accomodata è abbastanza scomoda,
nonostante la seduta foderata da un
soffice cuscino imbottito. Le pareti sono colorate di un tenue pesca
che ad
Esther ricorda tanto la sua minuscola
cella ad East Van, teatro di numerosi pomeriggi in solitaria preghiera.
Gli
stessi pomeriggi che passava con Dietrich a camminare per la
città, sorridendo
alla gente come a dire ‘questa è la mia
vita’. A volte quel pensiero la fa
irritare. Ha sempre pensato che come minimo la tranquillità
le fosse dovuta,
dopo essere stata abbandonata fin da piccola in un convento ungherese
come un
pacco rovinato, privo di interesse. Ora però è diverso.
Ora è la ‘Lady
Saint’ che il mondo guarda con occhi stupiti – come
un bambino che scarta i
regali di Natale per la prima volta.
«Miss
Esther?»
Cain la guarda con la stessa aria meravigliata e ridacchia leggermente.
Anche i
suoi occhi ridono ed Esther vi scorge un lampo di intenerimento che la
fa
avvampare.
«Sì?»
chiosa con
un filo di voce.
«Le
ho appena
chiesto» si schiarisce la voce «che cosa ha
intenzione di ordinare. Le piace la
carne? Il pesce? Io personalmente preferisco i dolci.»
Esther
giocherella
svogliatamente con la pagina plastificata del menù. Sta per
dirgli che non ha
fame, che padre Abel è preoccupato per la sua scomparsa, che
dovrebbe andare.
Ma qualcosa nel suo sguardo la trattiene. Dietro a quel sorriso, sempre
uno
scienziato che guarda con disgusto una cavia da laboratorio appena
vivisezionata.
«Allora
vada per i
dolci.» Esther sorride, un sorriso lievemente tirato ma
sincero quanto basta da
non farlo insospettire. Dietro al vetrina i passanti si muovono rapidi
sotto i
lampioni, i tacchi delle loro scarpe rimbombano sul porfido del
marciapiede
intonso.
«Cielo
♥»
Cain si fa aria col tovagliolo con un’espressione ingenua
che le ricorda tanto padre Abel «Non sapevo che anche a lei
piacessero i dolci.
Viene ad Albion spesso?»
«In
realtà sono
nata qui.» Esther sorride di nuovo, questa volta
più genuinamente. Sembra
diverso dall’idiota che era prima – dal tizio con
una mappa del mondo che le ha
chiesto dove si trovasse il suo albergo.
«E
lei, Mister
Cain?» Cain alza un sopracciglio con aria dubbiosa. Qualcosa
in
quell’espressione la inquieta. Nonostante sia un tipo strano
– e avvenente –
Esther non riesce a liberarsi da quella sensazione di intorpidimento
che la fa
fremere. E lei, Mister Cain?
«In
realtà non mi
muovo molto da casa mia – abito in Germania.»
rimane sul vago, gesticolando un
po’ «Gestisco l’attività da
lì, sa, i problemi di salute…»
«Oh,
mi dispiace.»
Esther esita, vedendo un sorriso lieve increspargli le labbra.
Chissà perché le
ricorda il diavolo tentatore in un affresco di East Van «Che
lavoro fa, Mister
Cain?»
«Mh,
io… diciamo
che gestisco un’azienda
nell’ambito delle relazioni sociali.»
«Oh…
diplomazia?»
«Possiamo
dire di
sì. In privato, ovviamente.» Cain si aggiusta un
ciuffo biondo e le scocca uno
sguardo intenso «Miss, sembra soprappensiero.
C’è qualcosa che non va?»
«Oh.»
Esther
guarda nervosamente fuori dalla vetrina della piccola locanda, ma non
vede da
nessuna parte la familiare coda argentea frustata dal vento
«Stavo solo pensando.»
«Mh,
pensando. È
un bel verbo.»
Infatti, Esther
lancia un’occhiata al rolex di Cain, spero solo che
non si preoccupino
troppo. Padre Abel…
Il cuore le
si
stringe lievemente e Cain le sorride – di nuovo. Questa volta
è un sorriso di
circostanza, allegro in un certo senso.
«Non
si preoccupi,
Misse Esther.» Cain posa una mano sulla sua, più
piccola e sottile, e le fa
l’occhiolino «Lui non si
preoccuperà troppo. Abbiamo tutto il tempo che
vogliamo.»
Esther apre
la
bocca per ribattere ma poi la richiude. Sbaglio o mi ha
appena letto nel
pensiero?
«Allora,
Miss
Esther.» Cain riprende a sfogliare il menù con
aria apatica. I suoi occhi
azzurri e cordiali restano però fissi su di lei, calorosi ma
quasi soffocanti
«Cosa ne dice di ordinare qualcosa?»
◊◊◊◊◊
«Miss
Esther?»
«Sì?»
«Le
spiace se ci diamo del tu?»
«Affatto,
Cain. Affatto.»
◊◊◊◊◊
angolo: allora,
dopo anni(?) di osservazione assidua, eccomi qui a provare a postare
qualcosa
su questo fandom dimenticato – se penso che quello di
fanfiction.net ha mille e
cento storie mi viene da piangere---//spupazza cain. beh, non
è stata proprio
una scelta mia scrivere sulla cain/esther – che comunque
è una mia otp. capite?
mi disegnano così! mi è venuta fuori di
botto, anche se volevo scrivere una
shahra/esther perché shahra nessuno se la caga, poretta(?).
cioè ci sono
piccoli accenni di dietrich/esther e abel/esther, ma nulla di
più. mi sento
pronta a scippare la cain/esther, zì. comunque, è
tutto in chiave un po’
ironica – sappiamo tutti che cain non si occupa di diplomazia
e che la
rosenkreuz non è un’azienda, sic. ma è ovvio
che cain abbia il rolex, su(?). oh, me ne vado dicendo che
è una what if? e
che è ambientata intorno al capitolo cinquantaquattro
– credo? – quando esther cade
dall’elicottero e si trova nel fienile, etc.
magari
parlo da
sola e nessuno recensirà. oh, beh, vabbeh.
rie
p.s. spero
che
presto pubblichino il numero successivo del manga. il sessantadue
è stato
epico---//esther sclerata che spara a cain ed izaaakcol bazooka(?)