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Autore: Francine    09/09/2013    3 recensioni
Che ci faceva lì?
Ma, dov’era
?
Forse al Santuario? Ma da quando in qua ad Atene c’è necessità di coprirsi tanto?, pensò sgranando gli occhi di colpo, E poi quando mai Mask mi ha portata con sé?
Fece per alzarsi di scatto, quando un lancinante dolore al fianco le mozzò il respiro nei polmoni e la costrinse ad accasciarsi sul pavimento, un braccio posato sul letto.
Si toccò istintivamente la parte, notando la punta delle dita sporca di sangue.

Che cosa?, si chiese allibita, mentre la stanza attorno a lei cominciò a girarle vorticosamente intorno e a scurirsi.
Il narciso, bianco nel nero puro della stanza, si allontanava piano piano, svanendo all’orizzonte.
Rimase qualche secondo a fissare l'oscurità; sbatté le palpebre, per sincerarsi di avere gli occhi aperti.
Era nel buio più profondo e silenzioso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Un, deux, trois'
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Panico!

Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
Di gente in gente, me vedrai seduto
Sulla tua pietra, o fratel mio, gemendo
Il fior de' tuoi gentili anni caduto.
( Ugo Foscolo, "In morte del fratello Giovanni", 1803)


Guardava a bocca spalancata quel ragazzo dai lunghi capelli che le sorrideva di là dal vetro.

Com'era possibile?

Eppure, quel tipo con i Ray-Ban a goccia calati sul naso, a mostrare un paio di penetranti occhi blu era proprio il Gold Saint dell'Ottava Casa.

Lo stupore lasciò ben presto il posto alla paura.

Se uno come Milo si era scomodato ad andare a cercarla personalmente per tutta la Sicilia, non c'era da aspettarsi niente di particolarmente positivo. 

Tutt'altro.

Oddio..., pensò la ragazza cercando di restare lucida. Non sarà venuto per...

Milo aveva un ampio sorriso stampato sul volto abbronzato; un sorriso imbarazzato, di circostanza, che la mise ancor più in allarme.

Deglutì e cercò di apparire disinvolta, almeno agli occhi dei suoi colleghi; sicuramente, Milo aveva fiutato la paura che percorreva la ragazza da capo a piedi e pensare di ingannarlo era una mera illusione.

«Che gusti desidera, signore?», chiese recitando la parte della brava gelataia.

Milo inarcò un sopracciglio, perplesso da quell'accoglienza: certo, non si aspettava che Françoise gli avrebbe gettato le braccia al collo, ma sperava almeno che l'avrebbe salutato come Gold Saint. O come due persone  che si conoscono. Voleva staccarti la testa, ricordi?, s’intromise la voce della sua coscienza. Staccartela ed issarla sulla picca più lunga a disposizione.

Deciso a stare al gioco, sorrise divertito e si sistemò gli occhiali.
«Caffè e cioccolato fondente, per favore...», rispose indicando le vaschette.

Lei raccolse la paletta, riempì una coppetta con i gusti richiesti e vi aggiunse un cucchiaino in plastica rossa. «Vuole anche la panna?»

«No, grazie...» rispose lui protendendo la mano verso il gelato che lei teneva in punta di dita, come se scottasse. O fosse avvelenato. 

Non appena Milo prese la sua coppetta, lei fece per sparire nel retrobottega: avrebbe tentato di usare l'uscita sul retro come via di fuga, pregando di avvantaggiarsi, seppur di poco. Sempre meglio che niente, ma la voce di Milo la congelò sul posto.

«Françoise...»

Si voltò a guardarlo, con un brivido di paura ad incresparle la schiena. S’impose di sorridere. «I...io mi chiamo Rosalia, signore... Credo che mi abbia scambiato per qualcun altro...», balbettò, tentando di dargliela a bere.

Milo portò una prima cucchiaiata in bocca ed assaggiò il gelato. Era buono.

«Davvero? Eppure, signorina, lei somiglia alla mia amica in modo impressionante...», aggiunse Milo, per nulla convinto dalla panzana sparata. «Si è anche girata quando l’ho chiamata col suo nome…»

«Eppure le assicuro che », continuò Françoise non sapendo più che scuse inventarsi per seminarlo.

In quel mentre, vide Carmela rientrare in negozio, con due sedie impilate l'una sull'altra tra le braccia. Oh no. E adesso?

«NO!NON CI POSSO CREDERE!», urlò a pieni polmoni Carmela come vide Milo davanti al banco-frigo. «JOEY! JOEY TEMPEST!» concluse lasciando cadere le sedie e portandosi le mani sulle guance.

Milo si voltò di colpo a quell'urlo, pronto ad estrarre il suo aculeo avvelenato. 

Carmela frugò nelle tasche del suo grembiule, ne estrasse un taccuino rosso e si avvicinò al ragazzo timidamente.

«Si... signor Tempest! La prego! Mi faccia un autografo!», disse protendendo il taccuino verso Milo.
Il quale prese quel blocchetto e lo guardò: che diamine stava blaterando quella ragazza? Parlava un dialetto assolutamente incomprensibile per lui!
Aprì il taccuino e vide alcune firme: non perse tempo a decifrarle e fece per porgerlo indietro a quella ragazza, che, fattasi più intraprendente, glielo porse nuovamente, mimando il gesto dello scrivere.

«Firma...», fece lei riproducendo varie volte lo stesso gesto. « Signature...», tentò di dire in un inglese stentato.

Per quale motivo vorrà che io le firmi questo coso?, pensò il ragazzo vedendo la commessa avvicinarsi sempre più a lui.

«Posso darle un bacio?», chiese lei avvicinandosi pericolosamente alla guancia destra di Milo.
Il ragazzo si voltò alla disperata ricerca di Françoise: avrebbe spiegato lei, il tragico equivoco alla ragazza, prima che questa gli saltasse addosso.

Con suo disappunto, Milo vide che di Françoise non c'era più alcuna traccia. E Carmela passò all’azione.




Françoise correva a perdifiato per la salita che conduceva alla casetta che divideva con Tonio.

Anche se era un azzardo, doveva avvertirlo che erano venuti a cercarla. All'improvviso un dubbio atroce le attraversò la mente: e se Milo fosse già passato a casa sua?

Casa.

Françoise pensò che, oltre alla baita in cui aveva convissuto con suo fratello Etienne, non esisteva un altro posto che lei potesse considerare come casa propria. Aveva vissuto con quel pazzo di Death Mask, che a volte spariva per giorni, lasciando lei e Andrea in compagnia dei gabbiani; ogni volta che tornava, la ragazza si sentiva di troppo, in quella casupola arroccata sulla spiaggia, in una caletta al riparo dai turisti.

Forse, l'unica casa che aveva avuto, prima di trasferirsi a Palermo, era stata quella in cui aveva vissuto con Nadja, anche se anche con lei la convivenza non era stata delle più semplici. Nadja? Ma quanto di Nadja c’era in quel guscio?

Françoise iniziò a piangere, mentre correva a più non posso verso la sua casa, sperando, pregando che l'Assassino del Grande Tempio non avesse mietuto un'altra vittima tra i suoi cari.

Arrivò senza fiato alla cancellata bianca, che aveva ridipinto assieme al vecchio Tonio all'inizio di Maggio: la casa sembrava avvolta nelle tranquillità del pranzo domenicale.

Si fece coraggio ed aprì il cancelletto di legno. Percorse a grandi passi il vialetto costeggiato da due siepi di rose bianche, estrasse una chiave dalla tasca dei suoi pantaloncini e l'inserì nella serratura.

Girò nervosamente la chiave nella toppa ed aprì l'uscio verde con prudenza, nel caso Milo si fosse preso la briga di lasciare un complice di guardia alla casa.

Non vide nessuno ed entrò, chiamando Tonio per nome.

«Tonio?! Zio Tonio?!»

Silenzio assoluto. Eppure non aveva chiuso la porta a chiave. Perché non le rispondeva?

Françoise alzò lo sguardo verso la scala che conduceva al piano superiore. 

Deglutì.
L'ansia per ciò che avrebbe potuto trovare di sopra le inchiodò i piedi a terra: e se...?
Scosse energicamente il capo: non c’era tempo per cincischiare, doveva salire quelle scale. Si fece coraggio e macinò i gradini a due a due, tanta era la fretta che aveva.

Entrò nella sua stanza: il suo letto era stato rifatto e la biancheria pulita era stata accatastata sul letto. I due gattini uscirono curiosi dall'armadio e le vennero incontro facendo le fusa.
La ragazza si inginocchiò e accarezzo le loro testoline pelose.
Si alzò di scatto, facendo inciampare il micio dal pelo rossiccio, e si diresse in camera di Tonio: trovò anche questa vuota.
Uscì precipitosamente dalla stanza e ridiscese i gradini a rotta di collo. 

Arrivata al pian terreno, si diresse verso il salotto e la cucina, dove trovò la tavola apparecchiata ed un gran mazzo di rose, appena potate, disposte in un vaso di vetro blu. La pentola dell'acqua bolliva sul fuoco, segno che Tonio non era andato poi così lontano. Ammesso che fosse ancora vivo, ovvio.

Devo trovare Tonio, metterlo in guardia, prendere la mia Armatura e scappare!, pensava la ragazza guardando il gas acceso sotto al fornello.
Uscì dalla cucina e si diresse in cantina, passando davanti al bagno tirato a lucido: perché mai Tonio aveva fatto le grandi pulizie, quella mattina?

Giunta davanti alla porta della cantina, lo vide risalire gli ultimi gradini e richiudere la porta alle sue spalle.
«Dove t'eri cacciato?!», quasi urlò con la voce incrinata dal pianto. 

Tonio la guardò perplesso, posando una bottiglia di vetro sul tavolino del salotto.
«Ero sceso in cantina a prendere il vino...», disse guardando la ragazza con gli occhi sgranati. Che diavolo aveva per piangere così?

«Non abbiamo tempo per il vino, Tonio!», ribatté lei serrando i pugni. «Devo andarmene! Loro sono qui! Sono venuti a prendermi!» 

« Lo so, picciotta, lo so!», rispose tranquillamente Tonio togliendo un po' di polvere dalla bottiglia e dirigendosi in cucina. « È per questo che sono sceso in cantina! Abbiamo ospiti a pranzo!»

«Ospiti?! Che cazzo stai dicendo? Sei impazzito?», sbraitò esasperata «Chi è che viene a pranzo?», continuò seguendolo e facendo ampi gesti con le braccia.

«Io...», le rispose una voce maschile da dietro il mazzo di rose.

Françoise volse meccanicamente la testa verso i fiori: non era possibile che...

Scostò il vaso e vide Milo comodamente seduto su di una sedia.

Quando è arrivato?, pensò indietreggiando di un passo verso la porta.

Tonio la guardò perplesso.
«Beh? Non si salutano gli amici?», le chiese scolando la pasta e mettendola a mantecare nel condimento.
Salutare gli amici? Ma se è venuto per farmi la pelle?, pensò la ragazza lanciando un'eloquente occhiata a Tonio.

«Avanti, a lavarsi le mani e poi a tavola, o la pasta si fredderà!», la esortò Tonio iniziando a fare le porzioni. «Ho già messo una salvietta in più, accanto al lavandino. Indichi tu la strada al nostro ospite?»

Françoise crollò sulle ginocchia, poggiando il braccio sinistro sulla spalliera della sedia.

«Che hai fatto a Tonio?», chiese la ragazza fissando un punto indefinito del pavimento a rombi bianchi e verdi della cucina.



Tonio rideva come un matto, tenendosi la pancia ed oscillandosi pericolosamente sulla sedia.

«Hai realmente creduto... che Milo mi avesse fatto la festa?», le chiese tra una risata e l'altra.

Spero che tu cada. Che tu cada e che ti rompa la testa. Françoise teneva la testa sul piatto, le mani in grembo, ed era diventata rossa come un peperone.

Quella stessa mattina, poco dopo che era uscita, Milo si era presentato a Tonio, dicendogli che portava ordini da parte di Athena. Il vecchio amico di Death Mask aveva riconosciuto il Saint dell'Ottava Casa, e assicuratosi che Milo non avesse cattive intenzioni, l'aveva fatto accomodare in salotto, suggerendogli che avrebbe fatto di sicuro una bella sorpresa a Françoise se si fosse presentato alla gelateria.

Così aveva disegnato una piantina a Milo e si era messo a preparare il pranzo.

Françoise guardava gli spaghetti con le melanzane, cosparsi da un velo abbondante di ricotta salata, maledicendosi per essersi preoccupata per quel pazzo sciroccato.

Che diavolo poteva saperne, lei, che quei due si conoscessero? Mai l'aveva visto venire a far visita a quell'orso di Death Mask!

Lanciò uno sguardo bieco al vecchio, che stava ancora ridendo, e a Milo che mangiava di gusto gli spaghetti.

Strozzatici! A me è passato quasi del tutto l'appetito!, pensò fissando il suo piatto preferito.

« Se una certa persona non mi avesse abbandonato in balia di una pazza, le avrei spiegato tutto, per filo e per segno», aggiunse Milo rincarando la dose.

« Quale pazza?», chiese Tonio, curioso più dei due gattini che stavano osservando una mosca sul vetro della finestra.

«Una ragazza. Alla gelateria. È sbucata dal nulla e mi ha sventolato sotto il naso un quaderno. Voleva che glielo firmassi, sa Athena il perché.»

«Ah, scommetto che si tratta di Carmela!», sentenziò Tonio scuotendo il capo. «È fissata con le persone famose e appena ne incontra una, chiede subito l'autografo! Che se ne farà, poi... Adesso sono tutte fissate con un signor Tempesta, o una cosa del genere», concluse.

Françoise lo guardò bieco.

«Se tu avessi la decenza di tenerti informato, sapresti chi è Joey Tempest!» ringhiò la ragazza. 
«Joey Tempest?» Allora hai sentito tutto, pensò Milo con un sorriso sardonico. «Chi è?»
«È quel capellone ritratto sul poster che hai dentro l'armadio?», chiese Tonio indicando il piano superiore.
Françoise arrossì sempre più. Perché la terra non si spalanca mai sotto ai miei piedi? Prese il bicchiere colmo d'acqua che aveva di fronte e lo bevve tutto d'un fiato. «Che diamine sei venuto a fare qui, Milo?», chiese alzando la testa di scatto verso l'ospite che sedeva di rimpetto a lei.
Il ragazzo posò la forchetta, si pulì la bocca con un tovagliolo di carta e rispose alla sua compagna.
«Sono in missione per conto di Athena...»
«Ho capito...», disse la ragazza come accettando una condanna. «Non farò storie, ma lascia Tonio fuori. Lui non c’entra. Dammi solo qualche minuto.»

Milo la guardò strabuzzando gli occhi: che stava dicendo?
Scoppiò a ridere, portandosi una mano sulla testa.
«Hai capito male!», le disse cercando di tornare ad essere serio« Non sono venuto qui per eseguire una condanna, ma per recarti un messaggio», concluse fissandola negli occhi. 

« Mi hai preso per stupida?!», s'indignò Françoise scattando in piedi e rovesciando la sedia su cui era seduta. « Milo di Scorpio, l'Assassino del Grande Tempio che si scomoda solo per portarmi un'ambasciata? Cos’è, ti hanno retrocesso a portalettere?»

Françoise fissò Milo con uno sguardo incandescente: un'ombra velò lo sguardo del ragazzo, che abbassò gli occhi e le rispose: «Sì, in passato ho commesso numerosi assassinii per ordine del Grande Sacerdote...», ammise il ragazzo stringendo i pugni sul tavolo, «ma adesso, grazie ad Athena, il regno del terrore instaurato da Saga è finito ed io posso tornare ad essere un Saint, più che un killer prezzolato!»

«Alla faccia dell'onestà!», fu il commento di Tonio. Levò il bicchiere in un brindisi solitario e lo centellinò, goccia a goccia.

Françoise si pentì delle parole usate contro Milo. «Mi spiace», disse, « non volevo rigirare il coltello nella piaga!»

La cucina piombò in un silenzio tale che si potevano sentire perfettamente le fusa che i due micetti facevano accanto alla loro ciotola di latte. Dopo un po' di tempo passato in questa maniera, Tonio si alzò in piedi e levò di nuovo il suo bicchiere di vino.

«Tutti noi abbiamo commesso degli errori, e tutti eravamo convinti di essere nel giusto», prese a dire il vecchio guardando prima Françoise e poi Milo. « Tu, Milo eri convinto di servire la causa di Athena, ma tu, Françoise, accecata dall'odio, hai cercato vendetta, finendo per essere manipolata da una divinità malvagia. Dobbiamo davvero giocare a chi ha sbagliato di più?»

I due Gold Saint si sentirono piccoli piccoli alle parole dell'uomo.

«Tuttavia», riprese Tonio riempiendo i loro bicchieri di vino rosso, «avete ora l'opportunità di rimediare alle vostre colpe. Quale che siano stati gli screzi tra voi, gettatevi alle spalle asti e rancori!»

«No!», disse Françoise scuotendo il capo. «Quest'uomo... ha permesso che Hyoga uccidesse mio fratello, senza muovere un solo dito!»

« Perché tuo fratello ha cercato quella battaglia mortale contro Hyoga, affinché il suo allievo divenisse un uomo!», ribatté Milo guardando la ragazza dritto negli occhi.

«E a me non ha pensato?!» urlò Françoise scattando in piedi e ponendo entrambe le mani sul tavolo. 
No., pensò lo Scorpione. Milo la fissò e poi aggiunse: «Non ha pensato a nessuno, solo al suo dovere di mentore...».

Françoise si accasciò stancamente sulla sedia: non riusciva a capire i motivi che avevano spinto suo fratello a dimenticarsi di lei, preferendo uno stupido ragazzino, figlio di chissà chi.
Perché? Perché?, si chiedeva la ragazza stringendo i pugni fin quasi a sanguinare.
Cos'era quel sentimento che le ardeva in fondo al cuore, infiammandole il petto e contraendole lo stomaco in una morsa serrata? Odio? Rancore? Rabbia?
Gelosia.
Françoise di Cancer era gelosa di un ragazzino pettinato come Bon Jovi!
Come si accorse che le lacrime avevano iniziato a scorrere sul suo viso, si alzò e si diresse verso la sua stanza.

«Françoise!», la chiamò la voce di Milo, bloccandola sulla soglia della cucina.

«Milo di Scorpio», disse la ragazza senza voltarsi, «Ringrazio Athena per il perdono che ha voluto accordare ad una traditrice come me. Tuttavia, non credo che sarà mai possibile, per me, collaborare con gli assassini di mio fratello! Piuttosto, restituisco l’Armatura.»

Corse via a gran velocità.

Milo si sedette sconfitto sulla sedia, prendendosi la testa tra le mani e poggiando i gomiti sul tavolo. 

«Tranquillo», disse Tonio bevendo il bicchiere di Cirò che aveva tra le mani. «Le passerà.»

«Lo spero», ribattè Milo. «Per lei. Perché la riporterò indietro. Anche a costo di trascinarla per i capelli.»


Nota dell'Autrice: mi sono accorta che mancava questo capitolo. No, non era un'ellisse. Magari. Non so che fine avesse fatto il nostro capitolo, se fosse andato a farsi una passeggiata o a prendersi un caffè al bar, ma adesso è qui. Buona lettura e scusate il disguido.

   
 
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