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Autore: Ohra_W    09/09/2013    2 recensioni
"A volte in un momento buio si può trovare un barlume di felicità... basta solo saperla riconoscere..ed essere nel posto giusto al momento giusto!"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La mattina seguente, si risvegliarono l’una tra le braccia dell’altro. Avevano dormito abbracciati così stretti che l’immenso lettone King size di Rob sembrava vuoto; sarebbe bastato anche un letto ad una piazza soltanto.
Asia aprì gli occhi e vide gli stupendi fanali verdi di Rob puntati su di lei. “Buongiorno. Spero sia un bel risveglio”. E come poteva essere altrimenti, dopo la nottata che avevano appena trascorso? Era stato puro idillio. “Assolutamente sì” Asia abbozzò un sorriso. Prima di realizzare che quella era stata la loro ultima notte insieme.
“Voglio che questo sia il ricordo che conserverai di me. Che quando penserai a me, quando sentirai il mio nome, possano riaffiorare in te le sensazioni e le emozioni che abbiamo provato stanotte. È stato bellissimo.” La baciò a fior di labbra e la strinse forte a sé. “E oggi ti accompagno io in aeroporto. Non voglio sentire ragioni.” Asia guardò allibita l’uomo che era sdraiato accanto a lei. Perché non poteva rimanere tutto così com’era? Perché le cose devono sempre essere così difficili e complicate?
Si girò su un fianco, e con la voce strozzata in gola da una lacrima che stava tentando in ogni modo di uscire, esclamò: “Ho dei ricordi fantastici con te, sono uno più bello dell’altro. E non potrebbe essere altrimenti: sei la cosa più incredibile che mi sia mai capitata, grazie a te ho vissuto un sogno”.
Rob la osservò pensieroso. Appoggiò la testa sulla mano e sospirò. Gli stava scivolando via dalle mani. Ciò che aveva desiderato tanto a lungo e che aveva invidiato alle coppie felici che conosceva, finalmente era capitato a lui. Era una cosa così bella e preziosa, e lui se la stava lasciando sfuggire. Perché era un codardo, perché non aveva il coraggio di osare, di buttarsi.
Non fece in tempo a finire di formulare questo pensiero, che lei interruppe il suo flusso di coscienza. “Ma nella vita non si può vivere di ricordi. Bisogna darsi da fare, agire. Bisogna sempre guardare avanti, ed è quello che farò. Ed è quello che farai anche tu.” Poi si alzò, vestendosi. “Adesso però devo andare in aeroporto. C’è un volo che parte alle 13, se mi sbrigo forse riesco a prenderlo. Ma prima devo andare a recuperare la mia valigia… da Howard”.
Lui si mise a sedere sul letto, stizzito: “Possiamo mandare qualcuno a prenderla, così noi nel frattempo ci prepariamo…” Asia mise una mano avanti come per bloccarlo: “No, andrò a prenderla di persona. Devo scusarmi con lui, glie lo devo. Lui mi è stato vicino e si è offerto di ospitarmi e io sono sparita così. Non è carino”.
“Ok. Sarò sincero: non mi va che tu ci vada. Preferirei che non lo andassi a salutare…”. Asia si girò di scatto, mentre si infilava le scarpe. “Non è il momento di mettersi a fare il geloso, Rob. Ho detto che andrò a salutarlo ed è quello che farò. Non rendiamo tutto più complicato di quanto già non sia”. Detto questo, si avviò verso la porta e ne varcò la soglia.
Rob rimase a sedere sul letto ancora per un po’. Si rese conto, forse per la prima volta, che era davvero tutto finito.
Asia uscì dalla stanza, e si trovò davanti la sua valigia. Era appoggiata al muro tra le due stanze, non un biglietto, non una frase, niente. Con un gran senso di colpa che la opprimeva, bussò alla porta di Howard, convinta di trovarlo arrabbiato, o quantomeno ferito. Invece lo trovò addirittura indifferente, e questo le fece più male di qualsiasi altra cosa.
Howard aprì dopo parecchio tempo. Aveva indosso solo un paio di calzoncini, ed era palesemente assonnato. “Ciao… scusami se ti ho svegliato, ma… volevo salutarti… ieri sera io…” “Hai passato la notte da Rob, giusto?” la interruppe bruscamente lui, laconico. Asia annuì. “Se sei venuta per scusarti non c’è bisogno. Ho sempre saputo quanto tenessi a lui, non potevo sperare di fartelo dimenticare in una sera”. “Sono venuta per salutarti, How… sto andando in aeroporto. Me ne vado, te lo avevo detto, no?” Howard la guardò stupito: “Ma come? Io credevo…” “I problemi non spariscono in una notte, Doug. Sono lì e ti aspettano al risveglio, e prima o dopo, li dobbiamo affrontare. È quello che sto facendo. O almeno ci sto provando. Volevo salutarti, e ringraziarti… perché sai che senza di te non ce l’avrei fatta. Perché mi sei stato vicino anche se ti faceva soffrire, e hai messo da parte i tuoi sentimenti per proteggermi” gli mise una mano sulla guancia “so che può sembrare fuori luogo, o addirittura banale, ma… ti voglio bene, amico”. Howard esitò, poi si lasciò andare e la abbracciò forte. “Mi mancherai, bambolina. Buona fortuna!” “Anche a te” gli sussurrò lei nell’orecchio. Restarono così, stretti l’uno all’altra per un po’.
Rob uscì dalla sua stanza e li trovò così, abbracciati e in silenzio. Si schiarì la voce per far notare la sua presenza, e i due si separarono all’istante, imbarazzati. “’Giorno Howard” disse distratto, poi guardò Asia: “Andiamo? La macchina ci aspetta qui sotto”. Aveva un morso allo stomaco incredibile. Quel legame così stretto tra quei due proprio non gli andava giù. Ma in fondo, che diritto aveva di esprimere la sua opinione, ormai?
Lei sorrise ad Howard e lo raggiunse, trascinando dietro di sé la sua piccola valigia. “Rob!” Howard lo bloccò all’improvviso. Rob si rivolse ad Asia indicando la porta a vetri del corridoio: “Avviati all’ascensore, sto arrivando” e si avvicinò all’amico/rivale che lo guardò con aria severa. “La stai facendo scappare via, sei un coglione” scosse la testa e rimase a fissarlo. Rob sbuffò e poi, mettendogli una mano sulla spalla, concordò: “Si, hai ragione. Sono proprio un coglione. Un coglione e un codardo”. Si allontanò e in pochi secondi sparì nel corridoio, mentre Howard si chiuse di nuovo nella sua stanza.
Il viaggio in macchina sembrò il più lungo e doloroso che entrambi avessero mai affrontato. Restarono in silenzio per tutto il tragitto, seduti distanti l’uno dall’altra su quell’enorme sedile di alcantara grigio scuro, la mano di Rob sopra quella di Asia. Arrivati in aeroporto, ci fu un attimo di esitazione. Poi Rob la strinse forte a sé, affondando il viso tra i capelli di lei. Rimasero stretti in quell’abbraccio per cinque minuti, forse dieci, forse un’eternità. Poi Asia lo baciò dolcemente a fior di labbra ed uscì dalla macchina. L’autista le porse la valigia che aveva già diligentemente tirato fuori dal portabagagli e lei si allontanò, senza voltarsi indietro.
 
Un mese. Era passato all’incirca un mese da quando le era capitato l’avvenimento in assoluto più incredibile e più entusiasmante di tutta la sua vita. In un mese una storia d’amore era nata e finita, e non si trattava di una storia d’amore qualunque: era la favola che aveva sempre sognato di vivere, con l’uomo che aveva sempre sognato di avere al suo fianco. È vero, era finita. Ma aveva riempito il suo cuore di mille sensazioni bellissime che non aveva mai provato, lasciandole un ricordo che l’avrebbe accompagnata per tutta la vita.
  
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