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Autore: RuboLaVitaDentroDiMe    12/09/2013    0 recensioni
"Sei davvero venuto a trovarmi dopo tutto quello che ti ho fatto? Dopo tutte le cicatrici che IO ti ho lasciato? Dopo tutte le lacrime che TU hai dovuto versare per colpa MIA?"
"Sì. Sono tornato a trovarti."
"Sai come la chiamano, questa?"
"Sindrome di Stoccolma."
"No, idiozia."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Di amore, pensieri, follia e altre cose inutili'
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Sindrome di Stoccolma


 

“Ehi...”
“Sei... sei veramente tu?”
“E chi altri, se no? Credo che ultimamente vengano in pochi a farti visita.”

“Non credevo che ti avrei più rivisto. Perché sei venuto da me, dopo tutto quello che ti ho fatto?”
“Non mi fai entrare? Potremmo fare quattro chiacchiere, in memoria dei bei vecchi tempi.”
“Quali bei vecchi tempi?”
“Ce ne sono stati, non ricordi? Prima di... beh, prima di tutto quello che è successo.”
“Prima di tutto il male che ti ho fatto. Puoi dirlo, senza cercare inutili perifrasi.”
“Senti, non ci pensare, ok? Non voglio parlare di me, ora... Voglio parlare di te.”
“Di me? Vuoi parlare di me? Sono io il mostro! Tu hai subito per così tanto tempo e... e mi chiedi di me. Perché?”
“Perché ci ho pensato e credo che tu, al di là di tutto, stia più male di quanto non stia io.”
“Sei ridicolo. Io posso pensare a me, come tu dovresti pensare a te.”
“Già, ma io e te siamo diversi. Io sono quello che riflette, tu sei quello che va a sentimento, no?”
“Quello che va a sentimento? Che eufemismo carino.”
“Rende l'idea e tanto basta. Ascolta, con me puoi parlare, lo sai?”
“È questo il punto! Con te si poteva sempre parlare, ci si poteva sempre fidare... Davi sempre i cazzo di consigli giusti e poi io invece me ne sbattevo e mandavo tutto a puttane.”
“Sei fatto così, lo so. Non è colpa tua.”
“Io e te non abbiamo niente da spartire. Smettila con questa stupida pietà. Io non ne ho bisogno.”
“Eravamo amici, una volta. Mi ascoltavi. Eravamo sulla stessa linea... cos'è cambiato?”
“Lei! È arrivata lei ed è cambiato tutto, siamo cambiati noi... io anzi. Tu sei rimasto sempre lo stesso, ma non prendermi in giro. So che al di là di tutti i tuoi stupidi ragionamenti la amavi anche tu.”
“Certo che la amavo! L'amavi tu e questo per me era sufficiente.”
“Sempre il solito stupido. Dovevi renderti conto che per te non ci sarebbe stato niente da fare.”
“Me ne sono reso conto dopo poco.”
“E perché sei rimasto?”
“Per cercare di darti una mano. Per convincerti che non era la cosa giusta.”
“E ci hai rimesso tu.”
“Non è andata proprio così...”
“Sì che è andata così.”
“No. Non è stata colpa tua. È lei che ti ha lasciato.”
“E sono io che sono impazzito. Mi sorprende ancora che tu mi guardi in faccia. Devi avere una Sindrome di Stoccolma davvero non invidiabile.”
“Sei un idiota.”
“Mai quanto te, credimi.”
“Ascolta... Hai ragione. A volte ripenso a quello che è successo, rivedo te, tutte le ferite, tutti i soprusi e mi viene da vomitare. Penso che non riuscirei nemmeno a pensare a te, figuriamoci venire a trovarti e darti una mano. Ma...”
“Ma? C'è un cazzo di ma veramente? Ti ho rinchiuso, ho fatto in modo in che non potessi emettere un solo suono, ti ho tappato quella cazzo di bocca e ti ho ferito in tanti di quei modi che non li ricordo nemmeno. E so che se dovesse succedere di nuovo probabilmente tu saresti di nuovo qui e io rifarei la stessa identica cosa. Come può esserci un ma?”
“...”
“Hai ancora le cicatrici? Dimmi che se ne sono andate, per favore...”
“Le ho.”
“...”
“Mi dispiace.”
“Per che cosa? Per che cosa dovresti dispiacerti,
tu?”
“Per le tue, di cicatrici.”
“Io...”
“Possiamo provare ad essere di nuovo amici? Sai, come eravamo prima di lei. Possiamo provare a dimenticarla?”
“Non lo so.”
“Possiamo provarci?”
“Possiamo. Ma dici che abbiamo qualche possibilità di riuscirci?”
“Sì, credo di sì. Poi torneremo a lavorare insieme come ai vecchi tempi.”
“E tu detterai legge come al solito.”
“No, tu metterai il tuo solito zampino ovunque e io mi troverò a cedere.”
“Sai che se dovesse comparire un'altra Lei tu faresti di nuovo la fine dell'altra volta?”
“Sì, lo so.”
“E non ti importa.”
“Mi importa.”
“E quindi?”
“E quindi niente, mi importa anche di te.”
“Sei sempre stato un masochista.”
“Io? Io no, io faccio quello che è giusto. Il masochista sei tu.”
“Credo sia vero, dopotutto.”
“Allora, caro cuore, il prossimo step qual è?”
“Non lo so. Tu che proponi?”
“Dovremmo andare a chiedere scusa allo stomaco di questo corpo per tutto il gelato che l'hai costretto ad ingoiare.”
“Hai ragione. Tu sì che sei un cervello coi fiocchi.”
“Tutto dimenticato?”
“Che cosa? Cosa dovevamo dimenticare?”
“Non lo so, e tu?”
“Io... io dico che tu devi andare da uno strizzacervelli. Quella Sindrome di Stoccolma che ti ritrovi un giorno ti farà davvero male.”
“Questo e altro per il mio aguzzino preferito.”


“Sai, a volte è come se riuscissi a percepire i miei organi che litigano. Polmoni e fegato. Pancreas e intestino crasso. Cuore e cervello. Tonsille e prostata. Li sento. Sento che dentro di me c'è qualcosa che non va. E poi... non so. Ci sono dei momenti così inaspettati, mentre taglio l'erba, bevo un caffé, mi depilo il petto perché a Sabrina piace di più... questi momenti in cui mi coglie un senso di rassegnazione e so – e lo so per certo, sai? Senza bisogno di chiedermi il perché – che hanno fatto pace.”


 



Note:
Ci sarebbero tante cose da dire, su questo capitolo, eppure non mi va di dirne poi molte.
Vi succede mai, di percepire il vostro corpo che litiga? Non vi succede mai di sentire le costole che premono per uscire dal torace o le vene che tentano di aggrovigliarsi? Sono l'unica ad avere un corpo in guerra contro se stesso?
Forse.
Ma credo di non essere l'unica il cui cervello soffre di una tremenda Sindrome di Stoccolma. Il cuore continua a fargli male, a ferirlo, a calpestarlo con le sue decisioni insensate. E il cervello torna sempre e cerca sempre di farlo ragione. Alla fine non è il tempo a far guarire le ferite del cuore, né qualsiasi altra cosa. E' il cervello stesso. Quello che si è preso la batosta, quello che nonostante tutto riesce a dargli una ragione - una ragione, capite? Il cuore di ragioni non ne ha - per ricuscire i solchi che lo lasciano indifeso.
Come la definisco questa cosa?
L'avete letto nella introduzione.
Un'idiozia. Non è una bella cosa. E' una colossale stupidata. Aspetto ancora il momento in cui il mio cervello deciderà di sbattersene di quello che prova il cuore e si chiuderà dentro una trincea di indifferenza.
Alla prossima (spero proprio dalla mia trincea)
LadraDiVita
  
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