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Autore: Setsuka    19/03/2008    16 recensioni
< E se potessi regalargli una cosa del tuo disegno? Cosa sceglieresti? >
Gli occhi azzurri si posarono sul foglio colorato, meditò per qualche secondo.
Diede con un sorriso e con un tono acuto la sua risposta.
< Una stella!!! >
< Perché proprio una stella? >
< Come perché? Perché sono belle, brillano, sono preziose, quando è buio fanno luce... a me piacciono! >
Genere: Generale, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Edward Elric, Hohemheim Elric, Trishia Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stelle fosforescenti



Ecco una one-shot per la festa del papà! Non avrei mai pensato di scriverne una per questa ricorrenza ma... l'ho fatto XD
L'idea è nata casualmente oggi, volevo scrivere qualcosa su Ed e Hohenheim ed è uscita questa fiction, che non è il massimo, per una serie di motivi, ma non posso lasciarla nel pc e comunque non fa proprio schifo.
Grazie infinite a chi ha commentato Scacco matto della Regina Bianca alla Pedina Nera, che ho utilizzato per un concorso scolastico e grazie a Lenus e Elyxyz le uniche che hanno letto la mia Dead-man walking, Remus/Sirius nonsense... T-T se leggerete ve ne sarei grata...

Dedicata a tutti i papà degni di questo nome.



A little star without sky

Lentamente si stava consumando quella candela, lì , su quella scrivania rovinata dove dominavano tomi su tomi ingialliti.
L 'orologio a pendolo segnava mezzanotte passata, infatti era l'ora di andare a dormire, infatti lui non doveva essere lì.
Solo che quell'uomo lo incuriosiva: sempre chino su quei polverosi libri, sembrava non dar mai importanza allo scorrere del tempo, sembrava che l'orologio che Trisha gli aveva donato fosse inutile. 
Le ombre stavano troneggiando su quella flebile luce sprigionata dalla candela, il volto dell'uomo era concentrato su quelle scritte complicate, sequenze di lettere e numeri; sotto gli occhi occhiaie.
Era solo, o almeno lo credeva. Quella porta socchiusa era il suo confine col mondo, confine che valicava di rado.
Era una triste visione.
Quegli occhi d'oro che lo guardavano con innocente e avara curiosità si ponevano molte domande. Al di là di quel confine palese ma invisibile vi erano risa, giochi, lui veniva rimproverato per i piccoli dispetti che faceva ad Al, Sara e Trisha trascorrevano lungo tempo immerse in conversazioni per lui noiose e con Winry disegnavano arcobaleni e fiori, poi uscivano per rincorrersi sulle colline, con Den che li superava sempre... era così bello stare in compagnia... la sua felicità dipendeva da chi aveva vicino, indi, a rigor di logica, concluse che lui, Hohenheim, sempre solo, era triste.
Che fosse timido? Che fosse difficile per quell'uomo stare con gli altri, come era difficile per lui qualche volta?
Edo trovava davvero difficile stare vicino a Winry dopo averle regalato una margherita o dopo che lei gli regalava il suo ultimo dolcetto, oppure dopo che aveva litigato con la mamma che voleva fargli bere quel liquido incolore che veniva dalle mucche, o quando Al piangeva perché lui l'aveva spaventato. Che fosse così anche per il suo papà?

Edward avrebbe voluto non fosse così e che quell' uomo sorridesse come la mamma.


***

< Ed finisci la colazione! >

Cercò di assumere un tono duro e deciso. Che male c'era nel volere che il suo bambino bevesse quel bicchiere di latte? Serviva per crescere e poi aveva molte proteine, non poteva che fargli bene!

< No! Io non bevo la pipì della mucca! >

< Non è pipì Edward! E' latte! >

Edward guardava la donna arcigno.
Lo sapeva benissimo cos'era!
Aveva visto mungere una mucca, lo sapeva che nella parte bassa dell'animale usciva quella... schifezza. Anche per lui era così: nella sua parte bassa usciva la pipì.
Trisha non lo avrebbe incantato in nessun modo, non poteva convincerlo, era sicuro il bambino.

< Guarda.. >

La madre si avvicinò al figlio più piccolo che dal seggiolone contemplava quella buffa scenetta e rideva nel vedere il fratello tanto combattivo e tenace e la mamma tanto insistente.

< Al, facciamo vedere a Ed quanto ci piace il latte... a te piace il letto, vero? >

Il bimbo dagli occhioni castani allargò le braccia più che poteva e con un sorriso genuino confermò quello che aveva detto la donna.

< Si... ad Al tanto, tanto... latte... >

Soffocò una risatina la donna, mentre preparava con dedizione e pazienza i cereali nella ciotola azzurro del figlio minore.
Si voltò un attimo per prendere la scatola dei cereali e incontrò casualmente il calendario. Sorrise notando che giorno fosse e, abbandonati i suoi buoni propositi sul far bere il latte ad Ed, cambiò discorso e cercò di instaurare una conversazione seria.

< Ed oggi è la festa del papà lo sai? >

Il bambino puntò i suoi grandi occhioni sulla mamma.

< Ma il compleanno di papà l'abbiamo già festeggiato >

Lo ricordava bene, dovevano esser passate solo poche settimane da quel giorno.

< Infatti non è il suo compleanno, ma è la festa di tutti i papà al mondo >

< Anche quello di Winry? >

< Anche quello di Winry >

< Di tutti, tutti? >

< Certo. Per questo devi ricordarti di fargli gli auguri e dargli un bel bacio >

Edo si accigliò.
Lui non usciva mai da quella camera.
In quel giorno tanto speciale sarebbe uscito?

< Ma lui non esce mai da quella camera... >

Sussurrò  timidamente cercando di nascondere l'imbarazzo dietro il bavaglino che, con malagrazia stava cercando di togliere.
Trisha sentì il dolore celato in quelle parole. Tolse lo sguardo dai cereali che stava mescolando col latte e sorrise incoraggiante ad Ed.

< Sciocchino puoi andare da lui e fargli gli auguri, anzi sai che ti dico? Gli facciamo una sorpresa! >

Tornò ad occuparsi della colazione di Al e il bambino dalle iridi dorate riuscì a levarsi definitamente quello scomodo ed infantile bavaglio; era ancora accigliato però: se avesse disturbato il suo lavoro? Se si fosse arrabbiato?
Lui non voleva questo.
Magari con una bella sorpresa...
Si, una sorpresa! Forse sarebbe riuscito a vederlo sorridere e a renderlo felice per tutta la giornata: quando facevano a lui le sorprese era sempre contento, sorrideva per tutto il giorno. Voleva che fosse lo stesso per il suo segreto eroe.

Trisha gli stava parlando ancora, ma a lui le parole non arrivavano. Nella sua testa aveva tutt'altri pensieri: che sorpresa poteva fare al suo papà?
Voleva che fosse speciale...
Pensò che chiedere consiglio sarebbe stata l'idea migliore, sicuro.
Scese dalla sedia e con passo svelto, senza pensare di avvisare Trisha, aprì la porta socchiusa e sgattaiolò fuori. Sicuramente Winry, così piena d'idee e sempre informata su tutto, avrebbe potuto dargli un buon consiglio e se non l'avrebbe fatto lei, c'era pur sempre la zia Sara o la zia Pinako.

Quando la porta si chiuse Trisha sobbalzò, rendendosi conto che Edward non c'era più a tavola, che di nuovo aveva accuratamente evitato il latte. Gridò il suo nome, sperando che il richiamo potesse farlo ritornare indietro, ma poi si ricordò della porta chiusa e sospirando, porgendo un grande cucchiaio ad Al lo invitò a consumare la sua colazione. Ed era pur sempre un bambino tranquillo e sicuramente era uscito per giocare sul prato, magari in compagnia della sua amichetta e di Den.



***


Bussò con discrezione il piccolo Edo alla porta di casa Rockbell.
In pochissimi secondi gli fu aperto e calorosa accoglienza gli riservò Sara Rockbell e lui non poté che salutarla con un sorriso radioso. Era bello che tutte le mamme del mondo sorridessero in quel modo e fossero tanto dolci...

< Ciao Ed! >

Alzò la manina in segno di saluto la piccola Winry, seduta sul tavolino con un disegno in mano che mostrava orgogliosa.

< Cos' è? >

Chiese avanzando curioso verso l'amica e sedendosi vicino a lei.

< Un disegno! Non lo vedi stupido? >

Edward s'imbronciò e represse la voglia di aggredirla con le parole per due motivi fondamentali: era una bambina e le bambine dovevano essere protette, non picchiate o aggredite, ma soprattutto perché gli serviva la sua idea per il regalo ad Hohenheim.

< ... è per il mio papà! Sto disegnando tutto quello che vorrei regalargli per farlo essere felice >

Il maschietto alzò il sopracciglio: perché disegnare quello che si desiderava e non darlo? Sicuramente Hohenheim non sarebbe stato felice di questo e anche il papà di Winry. Trovò inutile polemizzare, tanto l'avrebbe avuta vinta lei, ma cercò almeno di farla riflettere.

< Però non potresti mai regalarglieli... >

< Ovvio >

< Allora perché disegni? >

< Sei sempre il solito stupido! >

< Ehi! >

< Lo ripeto se vuoi: S-T-U-P-I-D-O! Qui c' è tutto l'affetto che nutro per il papà! >

< L'affetto? >

Sara intervenne nella conversazione tra i due bambini, evitando che potesse sorgere una nuova lite come quella di pochi giorni prima.

< Certo Ed! Perché non fai anche te un bel disegno per tuo padre? E' una manifestazione d'affetto, puoi esprimere quanto gli vuoi bene >

< Ma a papà non piacciono queste cose... >

A quanto pareva a lui piacevano solo i libri.

< A tutti piace ricevere un pensiero gentile o qualcosa che possa dire quanto gli vuoi bene >

Abbassò lo sguardo il biondino, non convinto, e guardò a sottecchi il disegno della sua compagna di giochi: era colorato, una festa di colori, tanto forme, viste e non viste. Era del tutto personale ma... bello.

< Cos'hai disegnato? >

Domandò con una punta di timidezza non riuscendo a capire cosa fossero tanti di quegli elementi di quel bizzarro collage a pastelli.
Erano solo scarabocchi in fondo, scarabocchi intrisi d'amore.

< Questo è il cielo, vedi che volano dei gabbiani? E i gabbiani volano sotto l'arcobaleno tra tanti cuoricini, il sole che brilla e gli mostra e gli mostra un albero fiorito >

< Cos' è questo? ... sotto l'albero... >

< Un cavallo! A papà piacciono tanto i cavalli e le stelle! Infatti di qua... c' è la luna con le stelle >

< Ma il sole non può stare insieme alla luna e alle stelle! >

Si scandalizzò il bambino. La bambina gli regalò una risposta impertinente.

< Nel mio disegno si! >

Aggiunse una linguaccia.
Edward invocò la calma, magari sarebbe venuta se avesse cambiato argomento.

< E se potessi regalargli una cosa del tuo disegno? Cosa sceglieresti? >

Gli occhi azzurri si posarono sul foglio colorato, meditò per qualche secondo.
Diede con un sorriso e con un tono acuto la sua risposta.

< Una stella!!! >

< Perché proprio una stella? >

< Come perché? Perché sono belle, brillano, sono preziose, quando è buio fanno luce... a me piacciono! >

Quando è buio fanno luce...
Letteralmente illuminante fu quella frase.

Saltò giù dalla sedia e corse verso l'uscita.

< Grazie Win! >

< Ed? Sei impazzito? Dove vai? >

< Vado a cercare una stella per il mio papà! >

< Cosa?! >

< Si, sarà un regalo bellissimo >

< Ma sei matto? E' giorno e poi... le stelle si trovano in cielo! >

Si era alzata sulla sedia, sfoggiando il suo grazioso vestitino rosso e facendo ciondolare i suoi codini biondi.

< Si ma io sono un genio! Ciao, ciao zia Sara >

La donna lo salutò con un sorriso.

< Mamma ma perché i maschi sono tutti scemi? >

Sara pensò a quanto fossero tremendamente adorabili i bambini.

< Da grande ti darai della scema tu perché li segui >

Disse tra se e se tra una risata argentina e un'altra. La bambina la guardò interdetta; solo una decina d'anni dopo avrebbe capito il significato di quelle parole.



***



Ed era ritornato nella sua camera, non senza ricevere un rimprovero - se pur debole- dalla madre, per esser scappato improvvisamente: bene! Sarebbe stato tutto il giorno in casa! Trisha pensava di impedirgli di giocare, in realtà ostacolava solo i suoi piani. Le proteste non valsero nulla, stava anzi per prendere una sculacciata, ma riuscì, prima che la madre lo raggiungesse, a scappar su per le scale e chiudersi in camera.
A fianco vi era la grande libreria dove il padre era rinchiuso, con lo sguardo fisso sui libri. Lì tra quei tomi ricchi di conoscenza, dei segreti delle scienze e del mondo, di come gira e come cambia la natura, segreti sul fuoco, sull'acqua, della terra e dell'aria, forse tra quelle pagine dalle dalle sfumature gialle o semplicemente bianche, si celava il segreto di come si potessero prendere le stelle.
Nulla era impossibile, glielo aveva detto Hohenheim una volta, e se l'aveva detto lui era vero. Quindi le stelle potevano afferrarsi, lui era era solo un bambino, ma ne era certo: poteva.
Peccato solo che avesse il divieto d'uscire.
Un lampo, chi direbbe di genio, chi di follia, chi di stoltezza: la finestra! Si avvicinò e pensò di poter scappare per andare a cercare stelle.
Caso, o fortuna, ad interpretazione libera, Edward cadde su un giocattolo che aveva dimenticato sul pavimento la sera prima, nulla di male, anche se ne fece una tragedia e iniziò ad imprecare contro quel povero trenino, che secondo il bimbo aveva fatto un'infamia a lui di proposito.
Alzò lo sguardo.
Vide stelle.
Non erano vere ma... erano magiche.
Le aveva comprate Trisha per cercare di tranquillizzare Alphonse, che era terrorizzato dal buio.
Di giorno non erano che di un pallido bianco, ma di notte avveniva la magia.

Si avvicinò tendendo la manina verso la parete, verso quella parte di muro dove era incollata quella piccola costellazione. Edward tirò  verso di se la stellina, era difficile... s'impuntò sul pavimento, di peso tirò...
Cadde di schiena, ma si distese un sorriso sul suo faccino. Alzò il palmo destro: aveva la stella.


***

< Posso entrare? >

Una vocina timorosa raggiunse Hohenheim alla sua scrivania.
L'uomo staccò lo sguardo dal volume, gli occhi erano stanchi. Tolse gli occhiali e con le dita massaggiò le palpebre.



Invitò pacamente.

Il bambino con sguardo basso, lentamente entrò nella stanza.
Non vi entrava quasi mai e gli incuteva timore. Trovava fosse un luogo triste, forse perché Hohenheim , sempre là dentro, pareva triste.
Aprì le braccia Elric Senior e riuscì a sorridere veramente.
Ogni tanto credeva che Ed lo odiasse.
Ma probabilmente era solo la sua coscienza ad esser sporca.

Il bimbo sorrise e ridendo corse tra le braccia del padre.
Gesti d'affetto da parte dell'uomo erano rari, e lui voleva goderne il più possibile.
Pelle contro pelle, in quell'abbraccio quel dubbio martellante che gli sussurrava spesso, troppo spesso, la sua testolina, quel "Lui non ti vuole bene"  s'annullava, svaniva e nel silenzio sentiva quelle parole che mai gli aveva detto "Ti voglio bene".

< Auguri papà! >

< Auguri? >

Gli capitava di estraniarsi dalla realtà, scordando date , eventi e ricorrenze. Per fortuna c'era Trisha...

< E' la festa del papà! Di tutti i papà! >

Esclamò euforico con quel sorriso che avrebbe fatto sciogliere tutti.

< Grazie, l'avevo dimenticato >

Gli scompigliò i capelli affettuosamente.

< ...e questo è per te! >

Tese verso il volto del genitore una scatolina bianca.

< Per me? >

Era davvero un qualcosa d'inaspettato.
Strabuzzò gli occhi, aprì bocca per aggiungere qualcosa, si passò una mano sulla nuca rendendosi conto che non aveva parole.

< G-grazie... >

< Hai mai preso una stella papà? >

Domandò ingenuamente.

< N-no... >

Rispose interdetto Hohenheim.
E Edward ne fu compiaciuto.

< Apri, apri! >

Prese in mano la bianca scatola e la aprì: una stellina fosforescente.

< Bellissima Ed, grazie... >

< Quando è buio, quando sei solo, quando sei triste tienila vicino... >

Si portò la mano sotto il mento, guardò a terra cercando le parole.

< ...è una parte di me, che ti starà sempre vicino >

Hohenheim sorrise, solare. Baciò la guancia di Ed sussurrando -non l'avrebbe mai detto ma era commosso- un grazie.



***


Anche quella sera, prima di coricarsi a letto, Edward sbirciò nella biblioteca. La candela era consumata, trionfavano le tenebre e poteva intravedere il padre col capo chinato su un libro aperto.
Una fioca luce, tra il giallo e un tenue verde, stava vicino Hohenheim: la luce della stellina donata. E prima di correre a letto, prima che Trisha urlasse il suo nome scoprendo che non stava dormendo,  Ed intravide qualcosa che gli scaldò il cuore.
Suo padre dormiva con un sorriso rilassato sul volto.
Ora poteva andare a letto, dal momento che aveva appurato che quel padre incosciente stava dormendo sogni tranquilli in compagnia di quella stella magica.



***






 < Le posso servire qualcosa signore? >

Domandò una cameriera che lavorava nel pub più popolare di Monaco.
L'uomo, adulto ma affascinante le sorrise ordinando una birra. La ragazza non poté rimanere indifferente.
Nascondeva sotto quell'aspetto trascurato e decadente charme e una bellezza spenta da troppi drammi che erano gravati sulla sua esistenza, non vita.

< Uh... che bella... cos'è? >

La cameriera guardò curiosa quell'oggetto sul tavolino che teneva vicino a se l'uomo.
Non ne aveva mai vista una.
Non erano oggetti del suo tempo e del suo mondo, dopotutto.

< Questa? >

Chiese sempre sorridente l'uomo, soprattutto per il fatto che quell'oggetto non passava inosservato.
Ma appena pronunciò parola non si poté ignorare un'amarezza malcelata nel suo tono.

< E' una piccola stella senza cielo , come me >








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