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Autore: L0g1c1ta    15/09/2013    1 recensioni
Controlli che anche il colbacco sia al suo posto. E le scimitarre. E anche i tuoi attrezzi senza i quali tu non avresti scoperto la bellezza di vedere tutti quei piccoli occhi che, in questi anni, hai visto mentre modellavi dei pezzi di legno facendoli diventare dei giocattoli. Qualcosa che per quei piccoli, ingenui, ma magnifici occhi sia difficile da dimenticare.
La storia di Nicholas St.North, inventata da me. Spero che vi piaccia!
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Babbo Natale, Nicholas St. North
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Fermatelo!”

“Fermate quello stregone!”

“Ha maledetto mio figlio! Fermati servo del demonio!”

Corri! Ce la puoi fare! Avanti! Non puoi finire alla forca solo perché hai meravigliato quel bambino con la tua ultima invenzione!

“Dio mio! Uno stregone!”

“Fermatelo! Possiede i colori del demonio!”

Probabilmente parla della tua giacca. Quella che tua madre ha filato per te con tanta cura e devozione, passando molti giorni su quella stoffa rossa abbellita dai decori della tua patria, la Madre Russia. Non vuoi che finisca la tua missione proprio ora, proprio oggi, proprio dopo che hai scoperto il colpevole di tutto questo. Di tutta questa ignoranza. Di tutta questa ingiustizia. Di tutte queste morti per via della loro stupidità, senza rendersi conto che stavano bruciando sul rogo i loro fratelli, le loro figlie, sorelle, madri, padri tutto questo si, per la loro ignoranza, ma anche per LUI. Lui ha distrutto questo mondo rendendolo povero, ignorante, prossimo alla morte e alla distruzione.

“Dov’è andato?!”

“Ha usato un incantesimo per ingannarci!”

“Maledetto stregone!”

“Cercatelo dappertutto! Non deve sfuggirci! Non deve uccidere i nostri figli!”

Devi trovare un nascondiglio e alla svelta, prima che distruggano tutto ciò per cui ha lottato. Allora…dove non andrebbe uno stregone…? Mmm…ma certo! Devi soltanto seminarli, poi potrai riposare in pace, mangiare un po’ e, se avrai un po’ di fortuna, anche andartene da questa città dimenticata da Dio. Dimenticata come tutte le altre.

“Eccolo lì!”

“Catturiamolo!”

No! Corri! Non devi farti prendere! Avanti, avanti! Devi seminarli! Sei a pochi metri, ce la puoi fare! Non riescono nemmeno a vederti! Ecco le scale…un gradino…due…tre…quattro…cinque…

“Ma dove sarà?!”

“Andiamo di qua! La puzza di demonio la sento da questa parte!”

…sei…sette…otto…

“Deve essere in piazza! Ce la faremo amici! Ci siamo quasi!”

…nove…dieci…! Apri il portane di legno, lo chiudi di scatto. Ti accucci dietro di esso e ascolti se quei contadini ce la faranno ad avere quei pochi soldi necessari per portarli alla famiglia, guadagnati dalla cattura del presunto stregone. Preghi che tu non abbia fatto la scelta sbagliata compiendo questo viaggio, abbandonando la tua terra, lasciando i tuoi piccoli amici, facendo apparire il viso disgustato di tuo padre vedendo il cavallino a dondolo che hai costruito per un bambino bisognoso di giochi che stava accucciato in un angolo della strada per cercare di non sentire il freddo. Ora ti senti come quel bambino. Ti sei accucciato sotto l’enorme portone della chiesa per cercare riparo, ma non dal freddo ma da dei cani che cercano la tua carne per sfamarsi per questo rigido inverno che, al tuo paese, è soltanto un’abbondante nevicata di metà inverno.

“È sparito grazie ai suoi poteri, non c’è dubbio!”

“Andiamo avanti! Non permetterò che uno stregone che maledisse uno dei miei figli possa sfuggire alle fiamme! Andiamo!”

Aspetti ancora un po’. Aspetti…aspetti…aspetti…forse è il momento giusto. Apri di poco il portone che, cigolando in modo inquietante, ti permette di vedere il necessario per controllare che i tuoi inseguitori non abbiano deciso di andare in chiesa dopo questa stressante giornata. Infatti si sono dileguati, puoi tirare un sospiro di sollievo. Ti sistemi la giacca sperando che durante la corsa non si sia scucita. Tutto a posto, la giacca può ancora vantarsi di essere considerata nuova nonostante i suoi cinque anni di servizio insieme a te. Controlli che anche il colbacco sia al suo posto. E le scimitarre. E anche i tuoi attrezzi senza i quali tu non avresti scoperto la bellezza di vedere tutti quei piccoli occhi che, in questi anni, hai visto mentre modellavi dei pezzi di legno facendoli diventare dei giocattoli. Qualcosa che per quei piccoli, ingenui, ma magnifici occhi sia difficile da dimenticare. Sei felice che, nonostante tutto, te la sia cavata anche in questa città. Sei riuscito a costruire moltissimi giocattoli per quei piccoli fanciulli, per fargli dimenticare le disgrazie di questo mondo.

Ti guardi finalmente in giro. Le chiese cattoliche sono uno dei tanti edifici di cui tu non riesci a staccare gli occhi. Pensi che probabilmente potresti anche diventare un architetto, forse. Insomma, hai molte carte in regola: sei stato educato ed istruito da, probabilmente, i migliori maestri russi che tuo padre potesse trovare per il suo unico figlio.

Tuo padre…gia…senti il cuore a pezzi al ricordo di quel giorno di dicembre quando iniziò il tuo viaggio. Anche se all’epoca non sapevi di Lui. Ma nonostante tutto tu rimpiangi molto quel giorno, non perché tu abbia attraversato il tuo paese per arrivare in Europa, ma perché non riesci a dimenticare lo sguardo deluso e anche di odio di tuo padre. Anche da bambino non ti sopportava, nonostante effettivamente non avessi niente che potesse andare storto ad un futuro discendente. Ma ti ricordi abbastanza bene il giorno che cambiò tutto. Quando tuo padre cominciò ad odiarti.

 

 

“Padre, perchè quei bambini sono nascosti in quel vicolo?” avevi sempre una grande fame di curiosità, sapevi molto nonostante i tuoi tredici anni di allora. Stavi guardando due piccoli fagotti nascosti tra gli stracci in un vicolo semi-buio e, anche se sembrava che avessero paura dell’oscurità, si nascondevano dentro essa. Tuo padre girò la testa verso quei due bambini, apparentemente fratello e sorella, che si stavano abbracciando per tenere lontano il freddo dai loro corpi.

“Sono plebei Nicholas, non dovresti nemmeno guardarli. Loro non sono alla tua altezza” tuo padre aveva sempre strani pregiudizi verso coloro che avevano bisogno di aiuto. Diceva che se avresti dato a loro una moneta poi ti avrebbero rubato tutti i tuoi averi, ma nonostante questo, non lo prendevi sempre molto sul serio.

“Sembrano…denutriti…non potremo dare a loro qualche fetta di pane?” chiedi questo con timidezza, tuo padre non voleva mai ascoltare il parere di nessuno, nemmeno di suo figlio.

“Scherzi figliolo?! Sono solo dei parassiti, senza far altro che bere il sangue della società. Ma non ti devi preoccupare, Padre Inverno porterà presto le loro anime all’inferno” queste parole ferirono il tuo cuore. Come poteva l’inverno rubare questi poveri fanciulli? Come poteva tuo padre dire qualcosa di tanto orribile di quei piccoli fagotti nascosti in quel vicolo senza vita? Ma soprattutto, come potevi fare in modo che questo potesse avvenire?

Guardasti dentro la tasca interiore della tua giacca. C’era nascosto, ancora caldo, il panino che aveva preparato tua madre per questa passeggiata invernale insieme a tuo padre. Pensasti che dopotutto tu non avevi fame.

Ti avviasti verso il vicolo semi-buio, senza accorgerti che tuo padre ti stava chiamando.

“Nicholas, dove vai, figliolo?!” eri vicino ai due piccoli ricoperti di stracci. Il più piccolo si nascose dietro la sorella, terrorizzato dalla reazione che potrebbe avere il giovane rampollo verso due bambini poveri. Sorridesti alla sorella che poteva avere non più di otto anni, anche lei era terrorizzata.

“Non voglio farvi del male. Ecco, questo è per voi. È di mia madre, l’ha fatto per me, ma sarebbe felice se lo mangiaste voi” tendesti il panino verso il piccolo. Esitava, aveva paura del ragazzo dall’aria gentile. Hai scosso un po’ la fetta di pane che avevi in mano, sempre sorridendo. Il piccolo lo prese in mano. Lo assaggiò. Avevi visto il suo sorriso. I panini di tua madre erano sempre i migliori del mondo secondo te. Avvicinandosi, però noti che la sorella non aveva delle scarpe i cui piedini, pieni di lividi, erano semi-nascosti nella neve. Ti toccò il cuore.

“Queste sono per poi. Per proteggervi da Padre Inverno e dalle sue bufere di neve” detto questo ti sfilasti la giacca, la sciarpa e le scarpe che presero posto sopra gli stracci dei piccoli. Non dimenticasti i loro sorrisi.

Li salutasti. Erano felici del regalo che avevi fatto a loro. Ti allontanasti facendo a loro un cenno della mano, loro fecero altrettanto.

Appena ti allontanasti abbastanza ti ritrovasti davanti la figura alta e robusta di tuo padre. Avevi sorriso anche a lui, ma non ricambiò, anzi, ti guardò in modo insolito…differente…

“Vieni. Torniamo a casa” mentre disse questo si avviò verso la strada. Non capisti. Perché non riusciva a vedere gli occhi che suo figlio vide in quel vicolo? Perché ti trattò in un modo così…differente…?

La risposta arrivò dopo che ti avviasti in camera da letto. Sentisti le urla di tuo padre che malediva sé stesso per aver creato un figlio…sbagliato.

 

Sbagliato. Ti viene in mente proprio questa parola. Sbagliato. Tu, secondo tuo padre, sei sbagliato. Lo avevi creduto fino ai quindici anni, dopo aver scoperto il tuo talento. Quando scopristi che potevi modellare il legno, la pelle e altri materiali. Quando scopristi che potevi fare di più per quei piccoli fanciulli sfortunati, creando loro piccoli o grandi oggetti per fargli accendere quei occhi pieni di vuoto.

Avevi deciso di fare il giocattolaio. Non ne eri certo all’inizio ma poi pensasti che fosse la cosa giusta. Tuo padre rimase disgustato quando lo dissi. Pensi questo tristemente guardando la luna che, stranamente, sembrava illuminare il cielo più del solito, ma tu non sei sorpreso da questo. Sai chi è la luna. Tu hai parlato con l’uomo che abita su di essa. Ma accadde dopo quel giorno. Ti brucia il cuore solo ricordare.

 

“Beh…sei tornato finalmente…” ti girasti di scatto. Tuo padre era dietro alla porta che pochi secondi fa avevi sorpassato.

“Allora…dove sei stato? Ancora in giro a combinare guai?” non dimenticherai mai quegli occhi talmente pieni di rabbia da sembrare sul punto di esplodere da un momento all’altro. Aveva scoperto il tuo segreto, nonostante tu abbia fatto in modo che i suoi occhi non vedessero le tue creazioni.

“Non capisco di quali guai state parlando padre…” eri nervoso. Non sei mai stato bravo a mentire.

“Lo sai benissimo di cosa sto parlando Nicholas. Dammi la tua giacca, subito” ti guardò come solo lui poteva fare. Non riuscisti a vincere il suo sguardo. Gli desti la tua giacca. Lui l’analizzò a fondo guardando addirittura nelle tasche interne dove trovò ciò che cercava da anni.

“E questi cosa sono?” prese in mano lo scalpello e il martellino. I tuoi fedeli compagni erano in mano di tuo padre. Eri nervoso di ciò che avrebbe detto.

“Uno scalpello e un martellino padre…”

“Capisco cosa sono, ma cosa ci fanno qui dentro?” non reggi nemmeno a questo sguardo. È troppo carico di odio.

“Talvolta modello il legno…infatti oggi ho modellato un cavallo a dondolo…”

“Uh…davvero? Non mi sarei aspettato di questo tuo interesse…” lo disse con una falsa ignoranza. Sperasti che non chiedeste…

“E dove sarebbe ora questo cavallo a dondolo?” avresti immaginato che ti avrebbe chiesto questo un giorno. Non potevi far altro che accontentare la sua curiosità. Feci cenno di seguirti ed entrambi usciste da casa vostra e vi dirigeste verso i vicoli più poveri della città. Immaginasti il suo sguardo carico di incredulità mentre percorrevate quei vicoli dove neanche i raggi di sole del Signore potevano arrivare.

Giunti a destinazione tuo padre non poteva far altro che sgranare gli occhi. Vide una specie di piazzetta circondata da mura distrutte e legno marcito per via dal freddo, ma non fu questo a far provare l’odio di tuo padre. C’erano una ventina di bambini, poveri ovviamente, che stavano giocando con molta felicità con dei giocattoli quasi tutti modellati a legno e pitturati con moltissimi colori vivaci che facevano un contrasto non indifferente in quel paradiso di bianco e nero. Tuo padre si girò verso un bambino che stava cavalcando allegramente un cavallino di legno senza accorgersi che c’erano degli occhi pieni di vergogna di un genitore che stavano puntando contro il giocattolo.

“Quello l’avresti fatto tu…?!” feci cenno di si. Ma non provasti vergogna per questo. Ti sentisti orgoglioso di aver fatto un capolavoro del genere per un povero fanciullo di cui destino diceva che sarebbe dovuto morire sotto un cumulo di neve.

“E anche questi altri?!” feci ancora una volta il cenno. Guardasti una bambina che stava facendo navigare la sua barchetta sulla neve facendo finta di essere il capitano di una ciurma invisibile. In quel momento ti sentisti…meravigliato. Ma ovviamente tuo padre non era d'accordo.

“Ma sei impazzito figliolo?! Sai cosa potrebbe pensare la gente dopo aver visto…QUESTO?!” tuo padre non si accorse che fece voltare una ventina di teste verso la sua direzione per aver alzato in questo modo la voce. Al contrario di lui, tu eri più che rilassato.

“Vedete padre, non ha importanza che sia ricchi o poveri, l’importante è che bisogna migliorare il mondo in cui ci troviamo aiutandoci l’uno con l’altro. Io ho deciso di aiutare questi bambini che avevano bisogno di meraviglia” le tue parole non commossero minimamente il tuo interlocutore che, invece, ti guardava con disgusto.

“Ma sei impazzito?! Stai buttando fango sulla tua famiglia per...questo! Vorresti che tuo padre sia deluso di te?! Vorresti che tua madre capirebbe che ha cresciuto un figlio…SBAGLIATO?!” sbagliato…ancora quella parola che tu tanto odi. Quella parola ti fece ricordare quella sera di sette anni fa, quando tuo padre disse a tua madre che tu sei un figlio “sbagliato”.

“Padre, io voglio fare il giocattolaio” bastava quest’ultima parola per far spalancare gli occhi di tuo padre. Non credeva a quello che avevi detto.

“Ma…ma…figliolo, cosa stai dicendo…? Non ti senti bene…?” avevi perso la pazienza.

“Padre, io voglio rendere altri bambini felici come loro! Non voglio vivere ancora come se fossi il discendente dello Zar! Voglio vedere ancora queste scintille negli occhi di altri bambini! So che sono moltissimi, posso fare di più per loro…so che…” vieni interrotto da un potente dolore allo stomaco. Un colpo talmente potente che ti fece cadere all’indietro. Sentivi il colpo salirti al cuore. Tuo padre ti aveva dato un pugno. Non potevi credere che potesse arrivare a ferire il suo unico figlio soltanto per mantenere il buon nome della famiglia. I bambini erano spaventati, avevano paura che quel pazzo potesse far del male anche a loro. Non andò esattamente così.

Tuo padre guardò quei piccoli come se fossero dei cani. Andò contro di loro, ma non erano i bambini il suo obbiettivo. Prese il cavallino di legno e cominciò a tempestarlo di pugni finchè non si staccarono gli arti, la testa e le orecchie diventando un cumulo di legna, tutto questo accadde sotto i tuoi occhi. Il cuore impazziva dal dolore. Guardasti tuo padre agguerrirsi anche contro gli altri giocattoli. Il cuore sembrava voler esplodere. Avevi impiegato dei mesi per costruirli e decorarli ma quello che ti fece più male furono gli sguardi dei bambini. Purissimo terrore, mischiato a tristezza, infelicità e anche di quel vuoto…quel vuoto che per anni cercavi di riempire. Quel vuoto che ora probabilmente non saresti più in grado di riempire.

La goccia fece traboccare il vaso. Tuo padre, dopo aver finito la sua opera, con grande terrore da parte di tutti i presenti, cominciò a scagliarsi verso i bambini. Quasi tutti cercarono di scappare ma non erano loro l’obbiettivo del padre, ma un bambino in particolare. Cerchi di alzarti.

“Vladimir! Scappa!” il bambino, che poco tempo fa si trovava a galoppare con il destriero di legno, corse verso di te per cercare riparo. Però inciampò a pochi metri da te. Sopra uno dei pezzi di legno del cavallo a dondolo. Terrore puro. Tuo padre si avvicinò con passo furioso, prese un enorme pezzo di legno dal cumulo che aveva creato ed era ormai pronto a caricare il colpo sotto gli occhi terrorizzati del piccolo. Arrivasti in tempo. Lo colpisti alla mascella con il pugno più potente che tu abbia mai fatto. Tuo padre traballò e cadde a terra mentre tu rialzasti Vladimir e gli ordinasti di scappare, cosa che fece subito.

La piazza era diventata una tomba. I bambini erano fuggiti in preda al terrore e i cumuli di legna a terra rendevano l’atmosfera molto inquietante. Ti girasti verso tuo padre e lo vidi mentre sputava sangue sulla neve. Tuttora giuri che non volevi arrivare a tanto.

“Padre…io…insomma…non volevo…” si alzò con una mano sulla mascella. Il suo sguardo era di puro odio. Tuo padre ti odia. Non puoi ancora oggi pensare a questo senza avere un luccichio negli occhi. Poi cominciò a camminare verso casa, potevi capire dal suo sguardo che ti avrebbe fatto qualcosa di orribile.

 Sei rimasto in quella piazzetta senza luce anche dopo che tuo padre se ne andò. Non potevi far altro che pensare al volto di tuo padre. I tuoi pensieri vennero interrotti da una lugubre risata proveniente da dietro le tue spalle. C’era un uomo molto alto e magro, non riuscisti a vedere il suo volto per via del cappuccio, ma eri riuscito a vedere il suo crudele sorriso.

“Ma guarda! Il giovane giocattolaio il quale cerca di distruggere il mio regno! Finalmente ci incontriamo di persona!” era vestito di nero con dei dettagli color oro ai bordi della veste e aveva un bastone da passeggio con attaccato un acchiappa sogni con delle piume nere.

“Come signore…?” non riuscivi a capire cosa volesse quello strano uomo da un giovane come te.

“Niente di importante. Volevo soltanto avvisarti che sarebbe la scelta giusta che tu rinunciassi a togliere la paura dai bambini, tutto qui” pensasti che fosse un altro uomo simile a tuo padre.

“Ne dubito signore. Io continuerò a portare meraviglia ai bambini, anche se qualcun altro oltre a mio padre volesse impedirmelo” l’uomo sembrava piuttosto sorpreso, ma non tanto da farlo smettere di ridere.

“Oh! A questo punto immagino che ci rivedremo ancora. È stato un piacere chiacchierare con te Nicholas, ti auguro un felice futuro!” disse questo scomparendo, letteralmente, dietro il muro di una casa ridendo come se avesse detto qualcosa di esilarante. Non avevi tempo per pensare a lui.

Ritornasti a casa. Trovasti tua madre in lacrime insieme a tuo padre. Lui non ti guardava in faccia. Capisti subito la situazione. Guardasti l’uomo che, dopo un attimo di esitazione, ti rivolse la faccia.

“Cosa sta succedendo…?”

“Nicholas, hai ormai ventuno anni, sei un uomo. Non hai più bisogno di noi. E se lo ritieni giusto te ne puoi anche andare da casa mia”

 

 

Questo ricordo ti procura un forte colpo al cuore. Ma ora sapevi chi era quel uomo che aveva deriso di te. Sapevi che era Lui. Sapevi che dovevi fermarlo prima che sarebbe avvenuto il peggio nel tuo mondo, lo stesso mondo che Lui, Pitch Black, Re degli Incubi, stava uccidendo.

Guardi la luna e pensi che probabilmente anche l’uomo che ci abita ti stia guardando. Hai parlato con lui, hai scoperto tutto questo grazie a lui ed è grazie a lui che ora sai qual è la tua missione. Devi salvare il mondo dalla paura. Devi sostituirla con la meraviglia, la stessa meraviglia che hai portato ai bambini che hai incontrato durante il tuo viaggio verso l’Europa.

Sali su per le scale della chiesa fino ad arrivare al tetto. Tutta la città sta dormendo in questo momento, speri che qualcuno non voglia andare a caccia di streghe a quest’ora. Non è il momento per restare ad aspettare devi agire! Devi compiere la tua missione, devi salvare i bambini, devi continuare il tuo viaggio. Vai!

 

 

“Allora Mary, come si dice al signore?”

“Grazie signor North per aver costruito questo orsacchiotto per me” questo dice la piccola Mary Ann dopo aver preso in braccio il suo peluche a forma di orsacchiotto.

“È un piacere lavorare per questa bella bambina” dici questo alla piccola facendole l’occhiolino. Lei arrossisce imbarazzata e insieme alla madre continuano a passeggiare per le strade della città, mentre la bambina continua a salutarti. Rientri nella tua camera. Bene, un altro giorno di lavoro è concluso in bellezza. Ora il mondo sembra più calmo, più tranquillo…sono passati più di sessant’anni da quella battaglia ormai conclusa. Non era stato affatto facile sconfiggere l’Uomo Nero, ma ce l’avete fatta. Sei riuscito inoltre ad avere dei colleghi e amici fidati in questa pazza avventura. Il primo è stato Sandy, il silenzioso portatore di sogni con un passato misterioso. Dentolina, l’avevi vista in India, considerata opera del demonio, l’avevate salvata da una tragica morte, custode dei ricordi. E Calmoniglio, un coniglio appartenente ad una stirpe di guerrieri sterminati per motivi misteriosi, guardiano della speranza.

E tu invece? Cosa saresti?

Non ne hai idea. Sei stato l’unico mortale del gruppo, non riesci a pensare a come hai potuto essere utile al mondo, ma forse è meglio se ti riposi sul letto, sei molto stanco.

Pensi che cosa sarebbe accaduto se tu non avresti avuto il tuo talento. Probabilmente ora avresti la casa di tuo padre di cui non hai più sue notizie. Avresti probabilmente anche una famiglia…

Una famiglia…

Questo pensiero ti fa sentire male…avresti potuto avere un figlio…lo desideravi…ma ormai è troppo tardi. Sei anziano, non puoi nemmeno più sposarti, ma non sei deluso. Hai avuto la più bella avventura e missione che solo l’Uomo nella Luna poteva offrirti.

Non sei insoddisfatto.

Sei felice anche così.

E con questo pensiero che i tuoi occhi si chiudono per sempre sul mondo che avevi salvato.

 

 

“Hey North, che ti prende?” alzi la testa di scatto dalla tua nuova invenzione. Alla porta ora si trova il giovane Guardiano del Divertimento che sembra aver trovato il momento sbagliato per entrare nel tuo ufficio.

“Jack…cosa fare tu qui…?”

“Volevo…farti visita…ti senti bene…? I tuoi occhi…” Sostackovic! I tuoi occhi sono sul punto di lacrimare. Non accadeva da tempo che tu rimanessi fermo nei tuoi ricordi più tristi.

“Tranquillo! Non essere niente di brutto” sorridi per rassicurare il ragazzo, ma ovviamente non funziona. Ti senti abbastanza strano dopo aver visto gli occhi preoccupati di Jack. Forse perché ti sei sempre preoccupato degli altri e mai gli altri si preoccupano di te. Ti senti abbastanza rassicurato.

“Se vuoi altro ghiaccio te ne faccio dell’altro! E…e…aspetta! So come divertirci! Aspetta!” dice questo mentre svolazza e saltella per tutto lo studio con il bastone che si illumina come la neve che produce. Jack sta cercando di renderti felice…incredibile…senti che quello che ha fatto Manny era per davvero un dono. Pensavi che fosse soltanto un caso ma a quanto pare l’Uomo nella Luna ti ha regalato ciò che desideravi quando eri ancora un mortale. L’unica cosa che ti mancava per essere pienamente felice. Manny ti ha dato il figlio che non hai mai avuto. Jack in un certo senso ti assomiglia e si preoccupa per te a quanto pare.

Ora il ragazzo sembra che stia architettando qualcosa di divertente. A fine opera si volta verso di te con aria trionfante e mostra uno skateboard fatto di ghiaccio.

“Ecco vedi? Ora si può andare in giro per la fabbrica con uno skateboard personale, capace di andare a super velocità ed è indistruttibile! Guarda!” detto questo fa un giro per il tuo ufficio con quella meraviglia fatta da una persona che credevi che non potesse mai fare una cosa del genere, soprattutto per te. Ad un certo punto Jack, probabilmente intento a provare una nuova acrobazia, sbatte contro lo spigolo della porta cadendo all’indietro e facendo distruggere lo skateboard in piccolissimi granelli di ghiaccio. Il ragazzo si rialza imbarazzato, ma tu trovi tutto questo assolutamente…divertente. Cominci a ridacchiare…ma con le lacrime agli occhi…ti sei commosso. Vorresti ringraziare Manny per avergli dato il miglior figlio che un padre potesse desiderare.

“Mi dispiace per…aver distrutto lo skateboard…”

“Jack! A me essere piaciuto tue mosse!”

“Ma allora perché…?”

“Jack, sapere una cosa? Tu ricordare me quando ero giovane!”

 

  
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