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Autore: frenci piuggi    15/09/2013    2 recensioni
Naruto è un rinomato pittore, sempre alla ricerca di nuove idee ed immagini da immortalare nei suoi quadri.
Sasuke è un carcerato, colpevole di omicidio preterintenzionale e volontario.
Un bel giorno di primavera i due si incontrano grazie al volontariato di Naruto. Chissà se anche in una prigione potrà sbocciare l’amore…
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Madara Uchiha, Naruto Uzumaki, Sabaku no Gaara, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Gaara, Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Il nemico del tuo nemico è tuo amico? (parte 1)

 

Appena rientrato a casa, mi affrettai a raggiungere il computer: in mano una scatola di ramen istantaneo e una bottiglia di the alla pesca. Malgrado non fossi più un adolescente bisognoso di bevande zuccherine, continuavo a prediligere quel dolce nettare a qualsiasi altro.
Tre ore dopo d'assidua navigazione, passate tra letture di articoli, visualizzazioni di video conferenze o semplici interviste ed un po’ di svago, potevo affermare con assoluta certezza che Orochimaru era intoccabile. Non vi era nessuna critica sul suo conto: era come se il popolo mondiale d’internet ammirasse quell’uomo tanto da rendere muta qualsiasi persona osasse pensare una misera malignità sulla carriera del sensei.
Le informazioni divulgatemi da Sakura erano inesistenti: nessun vago accenno al licenziamento ed agli esperimenti condotti.
Mi abbandonai contro lo schienale imbottito della sedia girevole, sbuffando esausto e grattandomi la nuca, mentre osservavo infastidito il buffet consunto alla mia destra; alla prima scatola di ramen se ne erano aggiunte altre tre ed un pacchetto di patatine alla paprika.
Evitai di controllare l’orario in basso a destra dello schermo giacché il mio orologio biologico m’induceva ad addormentarmi sulla tastiera. Nonostante gli sforzi per rimanere concentrato ancora qualche ora sulla ricerca, la sonnolenza prevalse, costringendomi ad inviare un semplice messaggio a Sakura ed a rispettare la deferente legge di Morfeo.
Mi risvegliai solo a pomeriggio inoltrato: le ore di sonno perse durante la settimana erano state rigorosamente recuperate. Ben poco ricordavo del giorno precedente, tuttavia bastò un’occhiata fugace al display del cellulare per eliminare qualsiasi traccia di stanchezza, facendomi correre in bagno.
Una rapida doccia, una cola-pranzo* insapore ed ero già fuori dal mio appartamento a rincorrere il coniglio bianco di Alice, pregandolo di rallentare la sua frenetica corsa.
 
“Tsunade-sama ti attende alle 16:30 nel suo ufficio. Non è molto incline a raccontare questa parte della sua vita, perciò evita qualsiasi domanda personale o fin troppo inerente all’argomento.
Cerca, oltretutto, di non parlare a sproposito, mantenere un profilo basso, rispettoso e tranquillo.
Ti rammento nuovamente che si tratta della mia sensei.
Capirai a tempo debito questa frase. Buona fortuna.”

 
Raggiunsi l’ospedale dove lavorava Sakura al limitare del tempo concessomi.
Come un ostacolista, schivai persone, inservienti assorti nel ripulire i corridoi ed evitai la maggior parte degli scalini, scavalcandone uno o due alla volta.
Quando mi presentai davanti alla porta della Principessa, soprannome usato da un’infermiera al banco “informazioni” per riferirsi al primario di medicina, erano appena scoccate le 16:40.
Inghiottii un sostanzioso fiotto di saliva e bussai alla porta con il cuore in gola. Pure io ignoravo la causa di tutta quell’agitazione, tuttavia non riuscivo a calmarmi.
Una volta dentro capii il perché.
Una donna bionda sulla quarantina, a giudicare dai lineamenti del viso, mi squadrava dal fondo della stanza con un cipiglio severo in volto. Il seno prosperoso era messo in bella mostra da una camicetta allacciata fino al quarto bottone, probabilmente se avesse cercato di chiuderla fino il secondo, come da costume di ogni medico rispettabile, i bottoni sarebbero saltati per aria in caso contrario teneva l’ampia scollatura per tramortire i pazienti.
Se ci fosse stato Jiraya al mio posto, molto probabilmente si sarebbe fatto ricoverare seduta stante.
Avanzai timoroso fino alla scrivania ricoperta di fogli bianchi, presumibilmente ogni direttore aveva quello stesso problema. Beh, almeno sapevo di dover affrettare la faccenda andando dritto al punto.
– Sei in ritardo marmocchio. – sbuffò la donna, continuando a squadrarmi. Gli occhi nocciola bruciavano la pelle esposta e m’irritavano quella coperta.
– Mi perdoni, ma ho avuto problemi al banco informazioni. C’era una vecchietta che no –
– Le tue patetiche scuse non m’interessano. Sakura mi ha detto che sei interessato ad Orochimaru, ma sappi già da ora che non ti rivelerò più di quanto mi appresterò a dirti. Sono stata chiara? – espirò perentoria la donna.
Mi limitai ad annuire, occupando posto sulla poltroncina nera di fronte al medico.
Solo in quel momento afferrai il significato dell’ultima frase della mia amica. Pensandoci su, mi ricordai in cosa Sakura era cambiata tre anni prima e compresi il perché dell’agitazione.
Il mio istinto di sopravvivenza aveva perfettamente captato i segnali di pericolo “forza bruta”.
In un’oretta circa mi parlò della vita di Orochimaru: incominciò dalla triste infanzia, passando ad elogi per il suo intelletto fino alla sua disfatta. Il discorso mancava di dettagli ed ogni parola era stata equilibrata per darmi una vaga idea della situazione. Mi rivelò della loro amicizia e del rispetto che l’uno aveva per l’altro, in fondo avevano lavorato fianco a fianco per diversi anni. Quando arrivò al punto cruciale della situazione, il suo sguardo si fece stanco, distaccato dal presente in cui il corpo si trovava. Mi strinsi nelle spalle, comprendendo un poco il suo dolore.
– E questo è tutto. Ora lavora in privato e si può incontrare solo su appuntamento. Eccoti il suo biglietto da visita. – concluse, allungandomi un cartoncino bianco con poche e semplici informazioni.
– La ringrazio Tsunade-san. – dissi, afferrando il biglietto ed inchinandomi.
Feci per andarmene, ma la Principessa mi bloccò un istante prima di abbassare la maniglia d’ottone.
– Posso chiederti il perché tutto questo interesse verso di lui? –
– Perché Orochimaru è il mentore di Kabuto, un uomo meschino ed arrivista. Ha sotto il suo controllo, la vita di un mio amico e farò qualsiasi cosa per salvarlo. – erudii, fiero di me stesso.
Dopotutto non potevo mentire: i miei sentimenti per Sasuke erano forti ed ero incapace di fermarli.
Avevo paura che sarebbero traboccati fuori, anche se avessi cercato di fingere. Per quanto violento e spaventoso potesse essere, era un ragazzo con un passato difficile alle spalle, oltretutto era violentato farmacologicamente. Non riuscivo a lasciar correre, il mio inconscio me lo avrebbe rinfacciato a vita.
– Kabuto non è il ragazzo che credono molti. Non è come il suo sensei, anzi è notevolmente più ambizioso. Vai oltre la prima impressione e stai attento a ciò che si nasconde dietro. – mi avvisò, massaggiandosi le tempie.
– La ringrazio Tsunade no baa-chan. – le sorrisi, defilandomi l’attimo successivo.
Sentì il rumore di una porta che veniva scardinata, ma non mi fermai ad accertarmene. Solitamente il mio intuito era infallibile.
 
Diversi giorni dopo mi ritrovai di fronte all’ambulatorio di Orochimaru. L’appuntamento l’avevo fissato appena uscito dall’ospedale: ero troppo ansioso perché aspettassi fino a casa.
La vetrina dello studio medico era decorata con disegni di serpenti alle cornici, mentre il centro indicava cosa ci fosse all’interno. Suonai al citofono, allontanandomi di qualche passo affinché potessero vedermi per intero dalla telecamera. Un rumore sordo mi segnalò l’apertura della porta. L’ambiente interno era ben illuminato, spazioso e tremendamente pulito. A confronto suo mi sentì sporco ed inadatto.
Osservai attentamente i quadri appesi ai muri: ognuno ritraeva un particolare di vita medica con spirali al seguito. Ogni pittura era scura, illuminata solo dagli occhi delle figure e dalle pelli cadaveriche. In particolare mi soffermai su un quadro in cui era in corso un insegnamento di anatomia. L’aria attorno si fece fredda, tanto da venirmi la pelle d’oca.
– Le piace signore? – sibilò qualcuno al mio orecchio.
Squittì sorpreso, prima di affermare che ero anch’io un rinomato pittore ed amante dell’arte in generale.
– Mi fa piacere. Ora la prego di seguirmi. – mi comunicò l’uomo dai lunghi capelli corvini stretti in una coda bassa, pelle lattea fasciata in un abito crema e luminescenti occhi color ambra, messi maggiormente in risalto da una matita lillà.
Con un po’ di timore mi lasciai condurre fino ad una stanza buia, illuminata solo dalle candele sparse sui mobili e a terra. Saltellai ovunque per evitare di bruciarmi un piede, cercando di visualizzare ogni dettaglio presente in quello spazio. A parte la vaga somiglianza con uno studio per massaggiatori, non trovai alcunché di strano.
– Dunque, signor Uzumaki, in cosa posso esserle utile? – mi domandò, sibilando sulle “esse”.
– Ho problemi alla spalla destra. In alcuni momenti tende a bloccarsi, specialmente quando dipingo. Certe volte il braccio non si alza più della spalla, mi s’intorpidisce o si tende fino ad un certo punto. – spiegai, sfiorandomi la parte lesa, dando maggior impatto alle mie parole.
– Da quanto ha problemi simili? – mi chiese, toccandomi il braccio e muovendolo a sua volta.
– Sempre, all’incirca. Prima mi bastava solo muovere la spalla circolarmente per sbloccarla, ora devo arrestarmi ed attendere quasi una mezzora. – mentii, stringendo gli occhi quando mi strattonò il braccio.
– Le consiglio qualche massaggio. La muscolatura è irrigidita ed i nervi sono troppo tesi. – spiegò, andandosi a sedere dietro la scrivania ed allungandomi un foglietto. – Questo è l’indirizzo di un massaggiatore di mia conoscenza. – concluse, indicandomi anche l’importo della visita.
Mi si strinse lo stomaco al sentire la ruvida consistenza delle banconote lasciare la mano e passare in quella fredda di Orochimaru. Sapevo di essere nel giusto, ma era comunque crudele spendere una simile cifra per una toccatina e qualche frase.
– Ma questo non è Kabuto? – vociai, posando gli occhi su una vecchia foto.
All’interno della piccola cornice grigia, posavano Orochimaru con un ragazzino dell’età di undici anni circa. L’uomo dalla fluente chioma corvina sorrideva con lo sguardo, mentre una mano pallida stringeva la spalla del bambino con grandi occhiali da vista e una strana capigliatura grigiastra stretta in una codina alta.
Era strano vedere come, sebbene gli anni passati, Kabuto non fosse cambiato minimamente.
– Lo conosce? – chiese il medico, visibilmente sorpreso.
– Ho avuto il dispiacere di fare la sua conoscenza. – mormorai, nuovamente incapace di mentire.
Orochimaru mi affiancò e, prendendo la foto tra le mani, la ammirò con sguardo vuoto.
Mille dubbi ed altrettante domande mi vorticarono nella mente; mi chiedevo come fosse possibile poter fare un simile sguardo. La risposta poteva essere solamente una.
Pregai affinché mi sbagliassi, in caso contrario avrei dovuto fare i conti con un’altra incognita di quel, già di per sé contorto, rompicapo.
– È un suo allievo? – domandai, spezzando il silenzio tra di noi ed il filo dei suoi ricordi.
– Era. – rettificò il medico, appoggiando la cornice sul mobile. – Era mio allievo. – aggiunse. – Ora vi pregherei di andarvene, ho altri pazienti che attendono. Buona giornata, signor Uzumaki. – sibilò, precedendomi nella saletta d’attesa.
I miei timori si rivelarono fondati, ma, temendo di scoprire altre incognite, me ne andai, lasciandomi rodere dalla forte curiosità e sentendo l’orrendo suono di una porta che si chiudeva alle mie spalle.
 
Appena tornato al mio appartamento, mi diressi verso il bagno per una doccia bollente.
L’acqua scorreva rapida sul mio corpo, ustionando le spalle ed il volto; lavava via le preoccupazioni, dandomi più spazio per riflettere. Attorno a me l’aria era umida, talmente carica di vapore acqueo da essere pesante.
Ripercorsi gli avvenimenti degli ultimi tempi: dal licenziamento fino alla visita da Orochimaru.
Mi sentivo una pedina intrappolata in un “Gioco dell’Oca” infinito. Proprio quando ero sul punto di scoprire la verità su Sasuke, ero caduto sulla casella in cui l’Oca muore, ritrovandomi sul punto di partenza, tuttavia non ero così abbattuto come sarei dovuto apparire.
Le informazioni accumulate non riuscivano ancora ad incastrarsi tra loro: gli angoli delle tessere del puzzle erano smussati, però non era impossibile completarlo.
I fatti c’erano, mi mancava solo la parte riguardante il distanziamento tra Orochimaru e Kabuto.
Un lampo di genio, magari l’unico realmente intelligente nella mia vita.
Senza risciacquarmi, uscii dalla doccia. Nudo e bagnato, cercai disperatamente il cellulare.
Quando fui abbastanza certo di aver inzuppato il pavimento, riuscì a trovarlo.
Mossi il dito sullo schermo fino ad arrivare al contatto dell’unica persona cui poteva aiutarmi.
– Mi serve un favore. – dichiarai, serio.
 
– Si può sapere perché ti sei conciato così? – sbuffò Kiba, lanciandomi occhiate divertite.
– Te l’ho già spiegato. Il direttore mi odia. – mormorai.
Certamente dovevo essere buffo con i capelli tinti di nero, lisciati ed appesantiti da troppo gel; spessi occhiali sul naso a coprirmi gli occhi verdi e con il viso impiastricciato dal trucco.
Sakura era venuta a casa mia, felice come mai, ansiosa di incominciare a truccarmi. In una mezz’ora l’avevo osservata, spaventato, destreggiarsi in una pratica demoniaca, a mio avviso.
Era partita dall’applicarmi della crema sul viso, passando al fondotinta, correttore, cipria… ogni possibile diavoleria trovasse all’interno del suo “pratico” beauty case.
Una tortura. Ci avrei impiegato giorni a rimuovere tutto quel trucco, oltre alla vergogna di passeggiare all’aperto conciato in quel modo.
Le ragazze davvero s’incipriavano così? Tanti auguri ai loro poveri pori allora.
Fortunatamente la maschera funzionò alla perfezione: nessuna guardia parve riconoscermi, anche se molti si girarono per ridere di me. Avrei voluto essere al loro posto.
– Desiderate? – s’informò una ragazza intenta a trasportare una pila di documenti.
– Vorremmo vedere il detenuto Sasuke Uchiha. Si tratta di questioni legate ad Oto. – comunicò Kiba, calato perfettamente nella parte del poliziotto. Anche se non stava recitando.
Il mio amico era un investigatore, molto bravo nel suo lavoro e nel fiutare le tracce importanti di un caso.
Dopo averle mostrato i tesserini identificativi, la ragazza ci accompagnò nei sotterranei.
Riconobbi tristemente ciascuna cancellata, pietra, indicazione durante il tragitto per arrivare da Sasuke.
Quando finalmente superammo l’ultimo cancello, Kiba intrattenne la ragazza con sé, avvertendola che l’interrogatorio l’avrei dovuto compiere io da solo.
I miei passi risuonarono paurosamente nel vuoto del corridoio. Si muovevano lenti, troppo a parere mio, ma dovevo mostrarmi calmo o avrebbero sospettato qualcosa.
– Ciao Sas’ké. – sussurrai, sorridendogli ed avvicinandomi alle sbarre elettrificate.
Al suono della mia voce, scattò immediatamente in piedi, voltandosi impaurito verso di me.
– Naruto? – domandò incerto, accostandosi anche lui all’entrata della cella.
Aveva terribili occhiaie violacee sotto agli occhi gonfi, l’incarnato si era fatto maggiormente pallido, risaltando segni rossastri e verdi sulla pelle. L’aspetto trasandato, quasi malaticcio, dava un chiaro esempio della situazione, ma non vi era alcuna traccia di droga nel suo sguardo.
Tirai un sospiro di sollievo.
– Stai bene? – gli domandai, già conoscendo la sua risposta.
– Sopravvivo. – ribatté esausto.
Da quanto non dormiva? Cos’erano quei lividi e quei graffi? Come se li era procurati?
Per un attimo volli chiederglielo, tuttavia il richiamo di Kiba mi mise in allerta. Gettai il foglietto dentro la stanza, passandolo sotto l’inferriata, colpendo le lunghe dita di Sasuke.
Il ragazzo sobbalzò al contatto con la carta, afferrandola subito e nascondendola alla vista di terzi.
Gli sorrisi un’ultima volta, infossando le unghie nella pelle del palmo; l’avevo talmente vicino eppure non potevo toccarlo.
Mi alzai in piedi, seguito dal suo sguardo confuso, dopodiché bisbigliai una semplice promessa e mi affrettai a raggiungere il mio amico.
Assottigliai lo sguardo, stringendo ancor più i pugni lungo i fianchi, deciso come non mai a mantenere la parola data.
 
“Ti salverò Sasuke.”
 
 

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Ben ritrovate a tutte.

Una settimana fa avevo promesso di aggiornare, sfortunatamente ho avuto altri impegni, alcuni anche emotivi.
Dall’inizio di questa settimana vi chiedo di pazientare: domani ricomincerà la scuola e comporterà studiare il doppio. (Uccidetemi ve ne prego.)
Sto passando le cinque fasi del lutto, ma per la scuola… in questo momento sono al primo.
Lasciamo stare va! Ringrazio ancora una volta a tutte coloro che seguono, leggono e recensiscono la storia, mi fa piacere sapere che vi piace nonostante l’autrice sia una pigrona.
Un bacione a tutte e spero di riuscire ad aggiornare la settimana prossima :)

   
 
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