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Autore: nainai    16/09/2013    5 recensioni
Non è stato leale con lei.
[Alex Kapranos / Eleanor Friedberger]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione: Questa storia contiene riferimenti a persone vere, inserite in un contesto di pura immaginazione. Nella narrazione non vi è alcun intento offensivo e nessuna pretesa di veridicità o verosimiglianza. Nessun diritto legalmente tutelato s’intende leso ed ogni diritto appartiene ai rispettivi titolari.
 
Dedicata ad Erisachan per la semplice ragione che è grazie a lei che l’ho scritta. <3
 
 
Profumo di donna
 
-Ma tu pensa… Io credevo che fossi gay!
Alex Kapranos, cantante e leader dei Franz Ferdinand, incassò l’affermazione come avrebbe incassato un pugno: strinse la testa nelle spalle, socchiuse gli occhi su una smorfia e deglutì a vuoto un paio di volte.
Fortuna che l’imbarazzo era troppo per potersi incazzare davvero!
Quando tornò a guardarla, lei gli stava ancora davanti, esattamente come pochi istanti prima, con quegli occhi enormi, le lentiggini sul naso e tutto attorno al naso, il trucco un po’ sbavato e la pioggia che le aveva reso i capelli, leggermente mossi sulle punte, crespi e disordinati, appiccicati in ciocche che cadevano pesanti sulla schiena. La vide scostare con due dita la frangia troppo lunga sulla fronte e continuare a fissarlo con una determinazione ammirevole considerato il breve scambio di battute appena intercorso.
Alex forzò un sorriso e schiarì la voce.
-Solo per parte di padre.- rispose quietamente con impeccabile sfoggio di humour inglese.
Lei dovette metterci un po’ a capire che era una battuta – beh, lei non è inglese – perché sbatté le palpebre un paio di volte e poi arricciò la boccuccia su una “o” tonda e perfetta che - Alex era indeciso – avrebbe potuto stare a significare “capisco”, tanto quanto un più probabile “ma che cazzo…?!” detto di cuore.
Quando inclinò la testolina di lato – il mare bagnato delle ciocche appiccicaticce scivolava ubbidiente e la trasformava ancora di più nella bambola di porcellana a cui assomigliava – Alex ebbe definitivamente la consapevolezza di due cose: lei non aveva la più pallida idea di chi lui fosse e sì, la battuta non le era, di conseguenza, chiara.
Spiegarla sarebbe stato talmente frustrante che gli venne quasi da piangere.
-Sì, ero decisamente convinta che tu e quell’altro…quello…- provò lei a dare una descrizione visiva dell’altro, agitando le mani piccolissime, all’estremità di quelle braccia sottili, e catturando la sua attenzione con l’abilità di un’incantatrice di serpenti.- Oh, insomma!- sbuffò alla fine, affranta.- Quel tizio che è sempre con te! Beh, pensavo che voi due foste…una coppia.
-…Nick.- dedusse inutilmente Alex. Avrebbe potuto citarle un nome a caso e non avrebbe fatto differenza, ne era sicuro.
Ed infatti, lei lo guardò e sbatté nuovamente le palpebre su quell’espressione perplessa che, ok, era carina, ma stava cominciando a stancarlo e farlo sentire più a disagio di quanto avrebbe dovuto.
-Siamo solo compagni di band!- protestò Alex, agganciando un pollice alla cintura ed assumendo una posa a teiera che probabilmente non risultava molto virile.
Lei inarcò le sopracciglia, sempre più scettica e perplessa.
-Scusa, ma date davvero una strana idea di voi.- sottolineò.
-Va bene.- concluse risolutamente il cantante, lasciando ricadere entrambe le braccia con un gesto repentino che denotava tutto il suo imbarazzo.- Quindi è un “no”?- tornò alla carica, riprendendo il discorso dal suo principio.
Lei affondò la mano nella chioma disordinata, cercando inutilmente di ravvivarne le ciocche e distogliendo gli occhi dai suoi per puntarli sulla pioggia scrosciante oltre la tettoia del bar. Alex era quasi certo che nella sua testolina si agitassero pensieri come “ma proprio io?” e “ma questo qui cosa vuole?!” ed un desiderio frenetico di fuggire a gambe levate che solo l’acquazzone estivo, improvviso e violento, stava tenendo a bada.
E del resto, si disse il cantante quietamente, lui stesso, se non si fossero trovati incastrati lì sotto per una serie di casualità, non avrebbe mai raccolto abbastanza coraggio per chiederle se le “andava una birra assieme, una sera di quelle”.
Andiamo! Una birra non era una dannatissima scopata, poteva pure rispondere di sì!
-Senti…non è perché sei…un po’ ambiguo,- cominciò lei con qualche difficoltà quando si decise a guardarlo di nuovo. Alex strabuzzò gli occhi: avrebbe aggiunto “ambiguo” alla sua collezione di insulti non appena fosse riuscito a raggiungere il tourbus per chiudercisi dentro a cercare di ricostruire la propria autostima.- è che sono impegnata.- scrollò le spalle a sottolineare quell’affermazione. Arricciò le labbra in un’espressione buffa e pensò che fosse il caso di aggiungere qualcosa, forse per rendere il tutto meno doloroso di quanto sembrava a vedere la faccia di Alex in quell’istante.- Mi spiace.
“No”, pensò lui, congelato sul posto da tanti di quei pensieri diversi da non sapere nemmeno da che parte cominciare, “No, tutto ma mi spiace proprio no. Non ti spiace per un cazzo!”.
Sorrise stentatamente, in modo talmente forzoso che sembrò a lui per primo di avere una paresi alla faccia, e gracchiò ridicolmente:
-Figurati!- dandosi del coglione l’istante dopo.
 
Nick McCarthy lo vide tornare a passo marziale quasi un’ora più tardi.
Nick era seduto sulle scale del bus, in braccio la chitarra acustica che accordava pigramente, provando ogni tanto e senza troppa convinzione un paio di note. L’improvviso scroscio di pioggia aveva regalato all’area del festival un po’ di refrigerio da una calura estiva eccessiva e lui intendeva godersi ogni singolo istante prima che il sole tornasse a trasformare quel posto in una fornace in cui a loro sarebbe toccato esibirsi in un lago di sudore.
-Ehi!- salutò quando Alex fece la sua apparizione, torvo in volto, arrivando a portata di orecchio.
Ottenne un grugnito poco amichevole in risposta ed una ginocchiata con relativo spintone quando non fu abbastanza rapido a togliersi dalla traiettoria furibonda del cantante che, in carica, scalò i quattro gradini di accesso fino alla zona giorno del bus.
Nick salvò per un pelo l’acustica da una rovinosa caduta e si sollevò, acciaccato, sull’ultimo gradino, allungando la testa all’interno.
-Che cazzo ti prende?!- s’informò, talmente stupito da non riuscire neppure ad arrabbiarsi.
-Vaffanculo!- fu la lapidaria risposta che gli arrivò, prima che la porta del bagnetto fosse chiusa di schianto.
Nick sospirò, mise via la chitarra appoggiandola all’ingresso e raggiunse poi il battente sprangato. Bussò ritmicamente senza ottenere risposta e, con un secondo sospiro, si appoggiò a braccia incrociate di fianco alla porta.
-Al.- chiamò a voce alta.- Il gatto ti ha mangiato la lingua? Hai fatto a botte con qualcuno e le hai prese? Uno dei tuoi amichetti ti ha rubato la merenda?- elencò in tono via via più derisorio.
La serratura scattò.
Nick si voltò in tempo per incrociare lo sguardo inferocito dell’amico e compagno di band. Sorrise, divertito, annotandosi mentalmente che, ormai, cominciava a conoscerlo davvero troppo bene.
-E’ tutta colpa tua.- affermò Alex cattedratico.
E nemmeno questo era inaspettato. Il sorriso sul viso di Nick si accentuò, assumendo un’evidente connotazione canzonatoria, seppur bonaria, nella piega sbilenca che prese.
-Certo. E sentiamo, stavolta cosa avrei fatto mentre me ne stavo qui e tu eri non so neppure “dove” e “con chi”?
-Lei pensa che io sia gay e che tu sia il mio amante! – affermò con forza il cantante - Non ho ben capito se pensa che anche tu sia gay, ma immagino di sì.- ci tenne a precisare in tono appena meno violento.
-Questo discorso non ha senso.
-Non dirlo a me! Se fossi gay, avrei gusti migliori!
-…sì.- assentì Nick dopo aver deciso che assecondarlo era la scelta migliore.- Alex, chi pensa che tu sia gay e che noi due siamo amanti?
-Eleanor!- ringhiò lui esasperato, spiattellando quel nome con un gesto che stava ad indicare quanto ovvia fosse la risposta che stava fornendo.
Nick fissò le sue mani tese e poi la sua faccia.
-…chi?!
Alex sfiatò un sospiro che sembrava racchiudere in sé secoli di paziente sopportazione dell’imbecillità altrui, mentre si chiedeva come fosse possibile che nessuno quel giorno afferrasse niente di quello che lui diceva. Uscì dal bagno, chiuse la porta dietro di sé e si lasciò cadere sulla panca che circondava il tavolino nell’angolo opposto.
-Eleanor Friedberger.- ripeté scandendo bene il nome.
Nick sedette dal lato opposto del tavolo e continuò a guardarlo.
-La cantante di quel duo… ? “The Fiery...qualcosa”…
-Sì.
-…scusa ma…che accidenti gliene frega se tu sei gay o… Oh!- realizzò all’improvviso, puntando il dito contro un Alex Kapranos che sollevò le sopracciglia e rese lode a quell’improvviso ritorno di capacità intellettive-  Era lei! Era la ragazza di cui mi stavi parlando l’altra sera, alla festa…quella che ti piace.
-…sì e te lo avevo anche detto.- sussurrò Alex accondiscendente.
-Al, ero talmente ubriaco che è un miracolo che ricordi che eri tu e non un orso ballerino.- ribatté Nick senza scomporsi – Le hai parlato, quindi?- sbottò poi.- Credevo avessi detto che non ci saresti mai riuscito.
Alex si abbandonò sul tavolo, faccia avanti e fronte sul piano, borbottando contro la plastica uno smozzicato “sarebbe stato meglio!” che fece ridere Nick.
-Su, su, non fare così!- lo rimbeccò, battendogli incoraggiante una mano sulla spalla.- Sono certo che stai vedendo le cose più tragiche di quello che sono.
Alex ruotò la testa quel tanto che bastava a lanciargli un’occhiata trasversale senza dover fare lo sforzo di sollevarsi.
-Pensa che io sia gay: cosa c’è di peggio?
-…potresti esserlo davvero.
-Grazie, Nick, tu sì che mi sei d’aiuto.- ribatté l’altro, tornando a fissare il piano dritto davanti al proprio naso.
-Su, raccontami com’è andata e ci penserà l’esperto, qui, a trovarti una soluzione.- lo incoraggiò.
Alex sospirò ancora, per nulla persuaso, ma si rimise più o meno composto contro lo schienale imbottito della panca e gli rivolse direttamente il proprio sguardo affranto.
-Stavo cercando Bobby per dirgli se gli andava di provare per il pezzo nuovo che sto scrivendo…
-Ah, è carino quel pezzo.- lo interruppe l’altro.
-…rimaniamo concentrati su di me e i miei problemi sentimentali, per favore?!
-Scusa…
-Comunque, stavo cercando Bob. E mentre ero dalle parti del bar, è venuto giù quell’acquazzone terribile. Così sono corso sotto la tettoia del bar e pensavo di prendermi qualcosa da bere, se non che era chiuso.
-Sul serio? – intervenne Nick nuovamente, sbalordito e contrariato - Dannazione, non possono, con questo caldo infernale, tenerci qui come dei reclusi! La città più vicina è lontanissima! Siamo fuori da ogni segno di civiltà e ci negano anche il diritto ad una birra gelata!
Dovette finalmente intercettare lo sguardo eloquente del proprio cantante, perché si bloccò su quell’ultima considerazione accorata, la mano ancora sollevata nel gesto ampio con cui stava manifestando il proprio disappunto. Si rimise composto, facendo segno di cucirsi le labbra ed incrociando le dita sul piano di legno davanti a sé.
Alex aspettò qualche altro istante solo per essere certo di aver ottenuto un po’ di attenzione – e di silenzio - (nonché per assicurarsi che l’occhiata assassina che stava rivolgendo all’amico avesse sortito tutto il proprio effetto), poi riprese con dolorosa partecipazione.
-Comunque, - ripeté pazientemente – ero lì sotto la tettoia, aspettando che spiovesse, quando ho visto questa figurina tutta bagnata che correva sotto l’acqua in direzione del bar. Dovevi vederla, Nick!- si lanciò in una rapita descrizione.- Era…era la cosa più graziosa sulla quale avessi mai posato lo sguardo!
Nick ridacchiò, ma non intervenne ulteriormente, osservando divertito un estasiato Alex lanciarsi in una dettagliata rievocazione dell’arrivo di Eleanor Friedberger sotto la tettoia della capannina che ospitava il bar.
-Aveva tutti i capelli in disordine e questa camicetta a fiori che le si appiccicava addosso… Ha un vitino talmente stretto che penso potrei circondarglielo con una mano sola! Ha alzato il viso, spostando la frangetta bagnata con una mano... Ti ho detto quanto sono piccole le sue mani?! E poi mi ha guardato ed ho pensato che sarei…
S’interruppe da solo stavolta, deglutendo sonoramente ed afflosciandosi progressivamente sulla sedia, mentre fissava un punto lontano sul fondo di quel ricordo recente.
Nick fece una smorfia ed agitò una mano davanti al suo viso per richiamarne l’attenzione, ma quando Alex si voltò dell’entusiasmo di poco prima era sparita ogni traccia dalla sua espressione afflitta.
-Che ti prende?
-Le ho detto che il bar era chiuso e che, per consolarla, avrei potuto offrirle una birra una di queste sere.- riassunse stringato e svogliato il cantante.
-…profondo.- annuì gravemente Nick, senza staccargli gli occhi di dosso.
Alex gli tirò un pugno contro il braccio.
-Al.- sbuffò Nick, incassando il colpo dell’altro limitandosi ad ondeggiare un po’ sul posto.- Siamo seri, non è la migliore tecnica di approccio che io abbia mai visto… Del resto sei un po’ carente in materia, certo, ma sono convinto che perfino tu possa fare di meglio con un po’ d’impegno.
-Nick,- ritorse Alex, scoccandogli una nuova e più penetrante occhiata assassina – è impegnata.- chiarì in un sibilo.
-E tu sei un tipo geloso.- indagò Nick, assottigliando lo sguardo e fissandolo con attenzione.
-…non ti rispondo nemmeno.
-Sto cercando di aiutarti!- fu la protesta dell’amico.
-E comunque, pensava che io fossi gay!- riprese a raccontare Alex, ignorandolo.- E che stessi con te!- ci tenne a ribadire, caricando di ulteriore enfasi quel particolare, quasi fosse impossibile da concepire.- Dice che diamo un’immagine sbagliata di noi.- riferì, voltandosi a fissare Nick per scrutarne attentamente la reazione.
-E’ pazza. Io sono etero.- asserì tranquillamente il diretto interessato.
-…e io no, vero?
-Che ne so?! “Sono etero” significa che non ho mai controllato!
Alex scosse la mano, liquidando la faccenda, poi si accasciò all’indietro contro il finestrino del bus.
-Ho anche cercato di fare lo splendido! Le ho risposto con una battuta: “sì, ma solo da parte di padre”!- recitò motteggiando ridicolmente se stesso.- Le sarò parso un deficiente completo…- borbottò tra sé e sé senza accorgersi, quasi, che Nick stava ridendo.
-La battuta era buona!- affermò quando Alex si voltò a guardarlo di nuovo.
-Se avesse avuto una pallida idea di chi fossi, sì.- riconobbe il cantante storcendo il naso.- Ma ovviamente sono anche un perfetto sconosciuto ai suoi occhi. Ma gay! Una perfetta checca sconosciuta.- scandì puntigliosamente.
Nick scosse il capo, divertito, e cercò di fare il punto della situazione prima che Alex si lasciasse nuovamente trascinare in un confusionario e depresso revival di quei brevi, emozionanti istanti con l’oggetto dei suoi desideri.
-Ti ha detto di no alla birra perché ha un ragazzo?- chiese.
Alex annuì, sbirciando trasversalmente il campo fuori dal finestrino, appoggiato al vetro con la guancia.
-Beh, Al, se è una seria e leale, ti sarà davvero difficile intaccare la sua corazza.
-Credi che non lo sappia?- mormorò il cantante senza voltarsi. Sospirò, uno spiraglio di luce più densa, più intensa si faceva strada tra le nuvole che ancora correvano alte.- Sembrava proprio una bambina che correva sotto la pioggia.
-E’ carina come cosa da dire ad una ragazza.- osservò Nick con una dolcezza insolita per i suoi standard.
-…ah-ah.- fu la risposta poco convinta che ottenne.
-Magari dovresti dirglielo.- suggerì Nick.
-Magari…
Alex avvertì l’altro muoversi al suo fianco, ma non si voltò comunque. Lo fece solo quando sentì Nick sederglisi più vicino, la chitarra di nuovo in braccio; l’amico gli porse un block notes ed una penna.
-Tu non hai un testo per quella canzone che volevi provare con Bobby, no?- chiese sbrigativo.
Alex lo fissò interdetto, anche se andava intuendo quello che l’altro voleva fare.
-Beh, immagino non ti spiacerà provarla con me.- scorciò il chitarrista, posando le dita sulle corde dello strumento.- Com’è che faceva…?- finse di ricordare prima d’iniziare a suonare.
Alex sorrise.
 
L’aveva vista in mezzo alla folla. Sorrideva e lo guardava. Aveva sentito le guance in fiamme ed aveva pensato che non sarebbe mai riuscito a cantare, non con gli occhi di lei – brillanti! – puntati addosso come fanali in una sera estiva troppo afosa.
-Questa è una nuova canzone!- annunciò con voce stentorea, sovrastando il brusio eccitato della folla.
Ne seguì un piccolo oceano di acclamazioni che lo inorgoglì. Pensò, perfino, di averla vista ridere ed un sorriso gli piegò gli angoli della bocca, mentre si stringeva al microfono per cercare di mascherare quell’emozione troppo grande che avvertiva e che rischiava di sommergerlo.
-E’ dedicata ad una persona che…beh…che è troppo impegnata per bersi una birra come me!- scherzò.
Questa volta cercò deliberatamente lo sguardo di lei tra la folla e sì, rideva.
Poi Alex iniziò a cantare di una ragazzina che corre per afferrare il mondo intero e di come si può restare fermi, sperando di vederla correre verso di sé.
 
Quando scese dal palco la trovò che lo aspettava. Lei gli si avvicinò ciondolando, le mani dietro la schiena ed un sorriso furbetto tra il mare delle lentiggini.
-Quindi, tu ed il tuo amico non siete una coppia?- indagò divertita.
Alex arrossì involontariamente. Alle sue spalle i ragazzi arrivarono ridendo, Nick gli diede una pacca poderosa sulla schiena, facendogli perdere un po’ l’equilibrio, quando si voltò per protestare incontrò la sua espressione incoraggiante e, invece di un’imprecazione, tirò su un fiotto di aria pura in un respiro profondo.
-Non l’ultima volta che abbiamo controllato, no.- concesse ridacchiando e grattandosi la nuca imbarazzato.
-Però, io sono comunque fidanzata.
-… “fidanzata” è un parolone.- osservò Alex a mezza voce.
Eleanor rise, cristallina, e scosse la testa.
-Era buona.- disse con una certa serietà, annuendo composta.
Lui la fissò illuminandosi in viso:
-La canzone?!- provò ad indagare.
-No,- lo rintuzzò lei malignamente.- la battuta sull’essere gay “solo da parte di padre”.- ribatté.
Alex ne fu un po’ deluso. Ma poi ci pensò meglio e si rese conto che lei, quantomeno, doveva essersi presa la briga di informarsi su di lui. Sorrise nuovamente, scostando lo sguardo da quegli occhi troppo intensi.
-Sì, beh…non ha avuto molta fortuna comunque.- mormorò,
-Chissà. Pare che stasera il bar sia aperto e sono certa che una birra ce la vendono, se proviamo a chiedere.
***
In giardino la pioggia va asciugandosi sopra i rami e nelle aiuole. Va asciugandosi anche nei vialetti di ghiaia bianca. Lascia piccolissime tracce di rugiada che diventa afa e rende tutto troppo complesso per poter essere affrontato davvero.
Alex siede con le mani nelle tasche dei pantaloni, una gamba incrociata sull’altra, piegata ed ancorata al suolo a tenere fermo il dondolo di stoffa e legno che lo ospita in veranda. E’ la veranda sul retro del cottage, quella che non usa mai perché da su un salottino insipido la cui funzione è ancora tutta da definire. Ha appena stabilito che diventerà “il Pensatoio”.
Si è rifugiato lì proprio perché è un posto inusuale ed è stata una scelta infantile. Come quando da bambini si combina qualcosa di sbagliato e poi si scappa per non farsi trovare troppo presto da mamma e papà quando si saranno accorti della marachella.
Lui non vuole che Eleanor lo trovi troppo presto.
Pensava che avrebbe finito per mettersi a piangere. Non ha mai avuto un eccessivo rispetto di sé, non abbastanza per non dare sfoggio di un’emotività inappropriata in un maschio e, per giunta, della sua età.
Invece non ha pianto. La cosa, però, non è risultata confortante perché piangere gli avrebbe consentito di essere sincero, magari di farle pena, per assurdo avrebbe potuto forse fargli sentire meno dolore.
Invece è stato come incassare un pugno. Incassarlo svantaggiosamente, troppo diretto e troppo forte, troppo ben piazzato. Adesso sente male alle ossa. Domani lo sentirà ai muscoli, ai nervi, in ogni parte scoperta dell’anima.
I passi di lei sono discreti. Arrivano piano dal salottino insipido e si fermano appena fuori, sulla soglia della veranda, un po’ più indietro rispetto al dondolo, un po’ più a destra rispetto al suo angolo visivo, fuori portata. Lo costringerà a voltarsi, deve farlo se vuole vederla.
Non si volta.
-…Alex.
E’ un sussurro discreto esattamente come i suoi passi. Arriva piano anch’esso e si posa delicatamente da qualche parte tra lei e lui. In un punto in cui non gli sfiora la pelle. E questo è accettabile.
-Devo andare.- dice ancora.
-Certo.
Le battute sono come quelle di un film. A rallentatore, scandite bene e lasciate lì a fermentare quel tanto che basta.
-Non mi saluti?
Adesso è costretto a girarsi verso di lei.
Eleanor è ferma come una bambola nel punto esatto in cui l’ha immaginata. La prima cosa che vede di lei sono gli stivali alla texana. Che le stanno tremendamente male e lui ha provato a dirglielo in ogni modo, è riuscito solo a fargliene comprare un paio di quelli bassi, traforati, il pellame un po’ più leggero.
Sbuffa un sorriso al ricordo.
Lei indossa pantaloncini e camicetta a fiori. Ha i capelli tagliati corti, non è truccata e le lentiggini colorano la sua pelle intorno al naso e sulle guance. La frangetta piove sui suoi occhi troppo intensi, sul rammarico sincero con cui gli si rivolgono. Gli sta dicendo che avrebbe davvero voluto andasse diversamente.
Per un po’ ci hanno creduto entrambi.
-Mi dispiace.- dice Alex all’improvviso.
L’espressione di Eleanor assume una sfumatura interrogativa che si specchia intatta nei suoi occhi.
-Di cosa?- sussurra stupita.
-Di averti scritto quella canzone.- risponde lui, stringendosi nelle spalle.- Non è stato leale da parte mia.
Lo sguardo di lei si allarga. Enorme. Alex pensa che potrebbe divorarlo, ma poi quello sguardo si riempie di lacrime ed Eleanor stringe le dita della sinistra contro le labbra – non ha più il suo anello… - e soffoca la sua prima risposta in quel gesto.
-A me non dispiace.- ammette.- Non mi dispiace niente e rifarei ogni cosa.- dice poi, in tono profondo, lasciando trasparire senza nessuna difficoltà l’emozione autentica che ancora sorregge i suoi sentimenti verso di lui.
E’ solo che le cose cambiano…le persone cambiano, le situazioni mutano e ci si può trovare a non percorrere più la stessa strada.
Alex annuisce a quel pensiero ed alle affermazioni di lei. Prova a sfilare le mani dalle tasche dei pantaloni e pensa che si alzerà per salutarla. Formula quei propositi con chiarezza nella propria testa e quando si accorge di non averli attuati, di non averci nemmeno provato, Eleanor è già andata via.
Dall’altro lato della casa la ghiaia slitta via sotto le ruote di un auto, il rumore del motore arriva attutito e poi si allontana. Si volta. C’è uno spiraglio di luce, una lama sottile, che scende dritta sui fiori piovendo dal cielo carico di nuvole.
 
Nota di fine capitolo della Nai:
 
E’ un giorno strano.
E’ un periodo mooolto strano.
Ma non vi ammorberò con il triste racconto di questo avvio di stagione.
Renderò, invece, i dovuti ringraziamenti alla vera Mente di questa storia. Che è Erisachan. Perché suo e solo suo è lo scambio di battute “Credevo fossi gay”/ “Solo per parte di padre” da cui tutto ha preso l’avvio.
Quindi, se avete riso anche solo per qualche momento, ringraziate lei. <3
See you, space cowboys!
MEM
 
 
 
  
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