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Autore: La Dama Polla    16/09/2013    2 recensioni
Cosa accadrebbe se la Storia come la conosciamo fosse tutta una farsa? Se qualcuno avesse intenzionalmente riscritto gli eventi per nascondere una scomoda verità? Cosa accadrebbe se le nazioni riacquistassero i ricordi occultati? E cosa ha a che fare tutto questo con i fratelli Italia?
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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N/A: secondo capitolo, più lungo come promesso.

Hetalia non mi appartiene

Buona Lettura! :)

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E Se Fosse Tutto Sbagliato?

- Capitolo 2: Memoria perduta -

Dopo la chiamata, Spagna non era certo di potersi fidare di quell'uomo ma Romano stava male ed egli era stato abbastanza autoritario, così decise di seguire l'ordine.

“Andiamo, Romano, ti porto a casa.” Mise una mano intorno alla vita del ragazzo e lo accompagnò alla macchina.

Il viaggio fu doloroso per tutti e due: Romano si teneva la testa tra le mani, singhiozzando miseramente, e per Spagna era un tormento vederlo in una tale sofferenza.

Quando arrivarono a Roma – per fortuna in poco tempo, perché le nazioni erano più rapide a viaggiare -, andarono a villa Vargas, la residenza che i fratelli Italia dividevano quando passavano il tempo insieme. Spagna fu stupito di trovare anche Germania e Giappone ad attenderli. “Ragazzi, che ci fate voi qui?” chiese.

“Sembra che anche Romano-kun abbia gli stessi sintomi di Italia-kun” disse Giappone.

“Anche Italia sta male?!”

Due infermiere uscirono da una stanza e si avvicinarono a Spagna e Romano. “Signorino Romano, siamo qui per accompagnarla nella sua stanza e prenderci cura di lei insieme al signorino Veneziano.”

Romano si girò verso il suo ex colonizzatore e si aggrappò al suo braccio. “Spagna...” disse con voce flebile. Stava ancora piangendo e tremava come una foglia. A Spagna si spezzò il cuore alla sua vista. “Non ti preoccupare, Romano, io sarò qui ad aspettarti.” L'altro non sembrava affatto convinto ma lasciò la presa sul suo braccio e seguì le infermiere che si applicarono per sostenerlo.

Dopo che i tre furono scomparsi in fondo al corridoio, Spagna si girò verso le altre due nazioni. “Allora, anche Italia sta male come Romano?”

“Sembra di si. Ci stavamo allenando quando Italia ha lanciato un grido e si è inginocchiato con la testa tra le mani, piangendo. Io e Giappone volevamo portarlo in ospedale quando il nuovo boss di Italia ci ha chiamato e ha detto di portarlo in questo posto” rispose Germania.

“Come mai questo tizio, Landini, se non ricordo male, ci ha chiesto di portare Romano e Italia qui?”

“Forse posso rispondere io stesso a questa domanda.”

 

Un uomo era apparso davanti alla soglia dell'abitazione, dalla parte opposta del corridoio dove Romano era scomparso. Era alto, con corti capelli neri striati di grigio e scuri occhi verdi. Era sulla sessantina ed era vestito in maniera impeccabile, con un completo molto raffinato. Si avvicinò alle tre nazioni e con un gesto della mano si presentò. “Piacere di fare la vostra conoscenza, Germania, Spagna, Giappone. Io sono Pietro Landini. Ci siamo già sentiti per telefono. Mi rincresce conoscervi in una così spiacevole situazione.” Aveva una voce baritonale che faceva sembrare il suo lieve accento quasi esotico.

“Lei sa cosa sta succedendo a Romano-kun e Italia-kun?” chiese Giappone.

“Purtroppo si. Veneziano e Romano stanno soffrendo di una sorta di 'false memorie'” disse Landini. “Il loro subconscio è stato riempito di ricordi fasulli che, ahimè, hanno provocato un'alterazione della loro personalità.”

“Un'alterazione della personalità? Che intende dire?” domandò Germania.

“Andiamo a fare quattro passi, vi va?”

 

L'uomo li condusse all'esterno. Il giardino era grande e curato. Era punteggiato di alberi di pesco e di castagni e diversi tipi di fiori erano stati piantati in modo da creare colorati disegni, come se fossero state tempere su una tela. Camminarono per qualche minuto, ammirando il paesaggio – o almeno è quello che fece il boss italiano - finché Landini non parlò di nuovo. “Mi dispiace di non avervi risposto subito ma dovevo assicurarmi di essere lontano da orecchie indiscrete.”

Giappone, Germania e Spagna erano tesi come una corda. Erano preoccupati per i due fratelli e tutto questo mistero non faceva che peggiorare le cose.

“La memoria di Romano e Veneziano è stata manipolata per un preciso motivo. Non solo a livello personale, ma anche a livello storico nazionale: eventi che non sono mai accaduti, nella loro memoria sono cristallini come un lago di montagna; le relazioni con le altre nazioni sono tutte scombinate. Alcuni avevano paura che le loro azioni avrebbero alterato in modo drastico l'assetto del mondo. Per questo hanno sostituito i veri ricordi con altri del tutto inventati, cambiando radicalmente anche la loro natura.”

“Ma chi è stato a fare questo?” domandò Spagna.

“Persone che erano terrorizzate da quello che Italia e suo fratello avrebbero potuto fare nel pieno delle loro capacità.” Nella voce dell'uomo c'era una nota di disprezzo e rabbia.

Le tre nazioni si guardarono l'un l'altro. Non riuscivano ad immaginare Italia e Romano fare qualcosa di terrorizzante.

“Perché hanno mal di testa? E perché gli è venuto adesso?” chiese Giappone.

Landini sospirò. “Perché sia avvenuto adesso non lo so nemmeno io. Ma posso spiegarvi cos'è il mal di testa. In pratica, veri e falsi ricordi si stanno sovrapponendo e l'enorme quantità di entrambi gli ha resi insostenibili alle loro menti. Vi ho chiamato subito appena l'ho saputo per evitare che si agisse troppo tardi.”

“Come faceva a saperlo?”

“Li tenevamo d'occhio da tempo e avevamo dato loro dei localizzatori che ci avrebbero avvisati in caso di queste emergenze. Non preoccupatevi, mi assicurerò che la loro salute sia ristabilita il più presto possibile.”

“Aspetti un secondo” esclamò Spagna. “Lei dice che i loro ricordi sono stati alterati. In questo caso dovremmo essercene accorti anche noi e gli altri paesi. Romano è sempre vissuto insieme a me e Italia è rimasto sotto la tutela di Austria e Ungheria per secoli e dopo si è alleato con Germania e Giappone, rimanendo sempre al loro fianco.”

Landini rimase impassibile. “Avete ragione. Ma purtroppo non sono tenuto a darvi questa informazione. L'unica cosa che mi interessa in questo momento è il benessere di Veneziano e Romano. Quando staranno meglio, avvertirò i vostri superiori. Ora, devo chiedervi di andarvene.”

“Cosa?” esclamò Spagna. “Io non me ne vado finché non li vedrò uscire con le loro gambe.”

“Credo che per questo ci vorrà molto tempo. Ha mai provato a sistemare il subconscio di qualcuno? Non è affatto una passeggiata. Inoltre la vostra presenza qui sarebbe superflua e sono sicuro che avrete delle faccende importanti riguardanti i vostri paesi che necessitano la vostra assistenza. Arrivederci e buona giornata” concluse Landini con un sorriso.

 

Germania, Giappone e Spagna non si erano resi conto che l'uomo li aveva condotti all'ingresso principale. Appena ebbero fatto qualche passo fuori, il cancello si chiuse dietro di loro con un tonfo. Landini, che aveva aspettato la chiusura, fece un cenno di saluto e tornò verso la villa.

“Ehi, non puoi lasciarci qui fuori!” Spagna afferrò una sbarra ma ritrasse subito la mano. Una scossa piuttosto potente gli era corsa lungo il braccio, che ora gli formicolava. “Cancello elettrificato...”

Germania era rimasto stupito dai discorsi di Landini: se quello che il boss italiano aveva detto era vero, voleva dire che Italia non era la persona che conosceva? Se i suoi ricordi erano tutti falsi, allora il periodo trascorso in casa di Austria era tutta un'invenzione? Probabilmente anche Impero Romano non era mai esistito. Non esageriamo. Interi pezzi di vita e di storia ricostruiti per impedire a Italia e Romano di fare cosa? Ma più ci pensava, più non ne veniva a capo: qualcuno aveva cancellato i ricordi ai due fratelli, ma perché? Quei due non sarebbero riusciti neanche a battere una tartaruga cieca e per giunta sorda, figuriamoci spaventare qualcuno da indurlo a una soluzione tanto drastica. Poi Germania si ricordò che Landini aveva detto: “...un'alterazione della loro personalità.” Possibile che le false memorie avessero mutato anche il carattere di Italia e Romano? Forse sono più forti di quello che immaginiamo...

Si ridestò dai suoi pensieri quando udì Spagna che urlava qualcosa all'italiano. Allora si accorse che erano stati chiusi fuori. “Suppongo che l'unica cosa da fare sia aspettare” constatò Giappone.

“Io non voglio affatto aspettare. Non mi fido di quel tipo” ringhiò Spagna.

“Prima che tu arrivassi con Romano, il mio boss e quello di Giappone ci hanno chiamato e ci hanno avvertito che Landini gli aveva informati della condizione di Italia e Romano e aveva garantito che si sarebbe preso cura di loro. Anche a me pare che quel tipo non la racconti giusta ma intervenire potrebbe peggiorare le cose.”

Spagna si voltò di nuovo verso la casa. Aveva uno sguardo sconfitto. Sospirò, poi disse: “In verità, non è questo che mi preoccupa maggiormente. Cosa accadrebbe se fossimo anche noi dei 'falsi ricordi' per loro?”

Né Germania né Giappone seppero rispondere.

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Pietro Landini camminò lungo il corridoio finché non si fermò davanti alla porta di una camera da letto. Entrò.

Nella stanza c'erano due letti, uno di fianco all'altro. Su entrambi giacevano Romano e Veneziano, profondamente addormentati. Avevano la testa fasciata perché una delicata operazione di chirurgia era appena stata effettuata sul loro cervello. Infatti, Landini aveva spiegato alle altre tre nazioni perché era avvenuto il mal di testa non da cosa era stato provocato: due microchip piuttosto rudimentali che erano durati solo un'ottantina d'anni. Quegli aggeggi avevano prodotto tutti i ricordi falsi, ma una volta smesso di funzionare bene, il muro tra la realtà e la finzione aveva aperto uno spiraglio, provocando un'atroce emicrania: questo era stato il segnale che aspettava.

Un'altra cosa che Landini non aveva rivelato era che ogni singola nazione era stata privata dei propri ricordi reali. I grandi architetti di questa elaborata truffa avevano fatto in modo che nessuno, umani e nazioni, ricordasse i fatti come si erano realmente svolti: tutti i libri di storia esistenti prima di quell'evento erano stati distrutti e rimpiazzati con altri completamente riscritti da capo a coda. Era stata un'opera mastodontica ma erano riusciti ad ingannare l'intera umanità. Tuttavia, per gli altri paesi e per gli umani era bastato un lavaggio del cervello, ma per Romano e Veneziano era stato necessario agire in modo diverso. Il loro vero carattere era troppo forte per evitare che la storia si ripetesse, così oltre a dar loro dei nuovi ricordi, avevano fornito loro una nuova identità. Per Landini questa era la cosa che più lo faceva infuriare: una grande nazione come l'Italia ridotta a fare da pezza da piedi a tutte le altre. Avevano domato la tigre. Ma ora tutto si sarebbe sistemato; il chip era stato rimosso e loro sarebbero tornati come prima, riacquistando i loro ricordi reali e lui gli avrebbe aiutati.

“Non preoccupatevi, miei cari” disse posando una mano sulla testa di entrambi. “Tornerà tutto come è giusto che sia. Sarete di nuovo grandi, ve lo prometto.”

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Era freddo.

Veneziano odiava il freddo. Ma la sua missione lo costringeva a restare in quella tundra desolata finché non avesse trionfato o fosse caduto nell'impresa.

La Russia. Un paese meraviglioso ma allo stesso tempo crudele. Il più grande del mondo, ricco di risorse naturali ma che chiedeva un alto prezzo per vivere. L'inverno era terribile: se facevi un passo falso, non ti veniva perdonato.

Italia lo sapeva e aveva pianificato ogni cosa per anni per riuscire a conquistare il Paese. Però c'era ancora qualcosa che lo preoccupava: nonostante fosse la fine di aprile, faceva ancora freddo e la neve non si era sciolta del tutto. Questo poteva rivelarsi un problema per i carri. La neve disciolta avrebbe potuto rallentare l'avanzata, così avevano rinforzato le ruote con un sottile strato di granito, per evitare che scivolassero, ma non era sicuro che sarebbe bastato.

Un'altra cosa che lo preoccupava erano le provviste: sapeva che se fossero riusciti ad arrivare fino a Mosca e San Pietroburgo avrebbero potuto saccheggiare le città in cerca di cibo, ma se l'esercito russo avesse bruciato ogni cosa cercando di far morire di stenti i suoi soldati? Era una cosa che aveva provato anche lui in passato, ma non gli era mai piaciuta l'idea di distruggere una città per impedire ai nemici di rifornirsi. Tuttavia non poteva portarsi appresso troppi carri di rifornimenti per tutto il territorio. L'unica cosa da fare era tagliare i rifornimenti ai russi stessi.

Ora la maggior parte delle vettovaglie russe arrivavano dall'Asia, in particolare dalla Cina, che era sempre stata una fedele alleata della Russia. Aveva cercato di trattare con la nazione asiatica per convincerla ad abbandonare la Russia ma non c'era stato verso. Così adesso sperava che le azioni di sabotaggio che aveva elaborato suo fratello Romano avessero dato i loro frutti.

Si sentì il segnale di allarme. Italia si raddrizzò. Alle sue spalle l'esercito si mise in posizione d'attacco. “Mi raccomando” disse Veneziano ad uno dei suoi generali. “Non attaccate finché non saranno troppo vicini per sfuggirvi.” L'uomo annuì.

Sembrò passare un'eternità ma poi si sentirono le urla degli uomini e gli zoccoli dei cavalli che battevano sul terreno. Per settimane avevano usato quello stratagemma: caricare, ferire e scappare. Ma Italia non voleva più tollerare quel modo di agire. Quando si furono avvicinati, anche l'esercito di Italia si mosse. Le prime linee si scontrarono con tale violenza che Veneziano vide qualche uomo sbalzato via dalla foga di un cavallo. Ma egli non scese in campo. Il suo obiettivo era un altro: se avesse sconfitto Russia, la guerra avrebbe preso una piega del tutto diversa.

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Tutti sapevano che Russia era un'autentica bestia: era una nazione fiera e selvaggia che non si era mai fatta sottomettere da nessuno ed era cresciuta in solitudine nell'ambiente più inospitale del pianeta. Italia sapeva che trovarsi faccia a faccia con Russia sarebbe stato un suicidio ma non aveva trovato alternative più vicine al cento per cento e con meno spreco di risorse per vincere la guerra.

Per mesi avevano tentato di indebolirlo, ma la superficie del Paese era troppo estesa e le poche azioni di sabotaggio ne avevano solo scalfito la superficie.

Nonostante la disapprovazione di suo fratello, aveva deciso di affrontare Russia direttamente. Italia non era certo da meno in quanto a potenza: l'Europa intera era nelle sue mani.

Abbandonò il campo dove si stava svolgendo la battaglia e si inoltrò in un boschetto adiacente. Doveva farlo uscire allo scoperto. Sapeva che i russi avrebbero liberato la personificazione del loro Paese come ultima risorsa e lui sperava di trovarlo quel giorno. Aveva aspettato ma Russia non si era fatto vedere dall'inizio della guerra finché, tre settimane prima, dopo l'ultima battaglia estenuante che aveva quasi decimato entrambi gli eserciti, lo aveva intravisto nascosto tra le file dell'esercito russo. Finalmente hanno deciso di farlo scendere in campo...

Quindi, Italia sperava che quel giorno ci sarebbe stato e lui lo avrebbe attirato a sé. Ma Russia aveva l'istinto del cacciatore, perciò Veneziano doveva evitare di dargli la possibilità di diventare una sua preda.

Si aggirò nel boschetto, silenzioso ma allo stesso tempo esposto per attirare Russia. Aveva tutti i sensi all'erta. Avanti, so che sei qui. Vieni fuori.

Sentì un ramo spezzarsi alle sue spalle. Lentamente si voltò, estraendo la spada. Tutto era immobile. All'improvviso avvertì una presenza dietro di sé ma appena si girò, qualcuno lo scaraventò a terra con tutto il suo peso. Era riuscito a mantenere la presa sulla spada, ma il polso era bloccato da una stretta micidiale. Italia guardò il suo assalitore negli occhi.

Russia aveva uno sguardo famelico; i suoi vestiti erano macchiati di sangue, come le mani e le labbra, quasi avesse strappato a morsi la carne di qualche animale. Guardava Italia che si dibatteva sotto di lui come un bimbo avrebbe guardato il bruco che stava per schiacciare.

 

Bene, bene, Italia. Sei venuto a farmi una visitina?” disse Russia con voce soave.

Già, ero stanco del clima mediterraneo e ho pensato di venire dalle tue parti a rinfrescarmi un po'” ghignò Italia.

Sarcastico anche in momenti come questi, vero?” Russia torse il polso di Italia in modo da fargli mollare la presa sulla spada. Italia gridò. “Ti faccio passare io la voglia di scherzare” ringhiò Russia, con voce minacciosa.

Italia tirò una ginocchiata all'inguine dell'altra nazione. Russia allentò la presa e si ritrasse quel tanto che permise a Italia di spingerlo via con un calcio. Riprese la spada ma il polso gli faceva male. Allora la passò nella mano sinistra. Sarebbe stato più difficile ma si era allenato anche con l'altra mano per eventualità come quella.

Russia era dinanzi a lui, in piedi, che ansimava per il dolore. Negli occhi aveva uno sguardo omicida. “Cane maledetto, te la farò pagare!”

Allora fatti sotto” disse Italia, mettendosi in posizione.

Russia estrasse la spada che aveva al fianco e la puntò verso Veneziano. Rimasero immobili per qualche secondo, ad osservarsi. Poi Russia scattò in avanti. Merda, è veloce, pensò Italia. Riuscì per un soffio a parare prima che la lama gli trafiggesse il cuore.

Russia attaccava con una furia cieca, avvantaggiato anche dalla sua immensa mole, e Veneziano non poteva fare altro che indietreggiare e parare sotto i colpi violenti. Ad un certo punto, la sua schiena urtò un albero e, invece di parare il colpo successivo, si abbassò. La spada di Russia si conficcò nel tronco. Intanto, Italia si era spostato di lato e caricò per colpire Russia al fianco. Ma l'enorme nazione fu rapida e, noncurante del dolore, afferrò la lama e gliela strappò dalle mani, lanciandola lontano.

Ora erano entrambi disarmati. Italia sapeva che un corpo a corpo con Russia avrebbe significato la morte, dunque si doveva concentrare sulla velocità e utilizzare la forza dell'altro a suo vantaggio. Sperava di recuperare la spada, in qualche modo, ma non era sicuro.

 

Russia sembrava una tigre pronta a balzare sulla sua preda. Aveva abbandonato la logica dell'essere umano per rimpiazzarla con l'istinto della bestia. Si avventò su Italia, che schivò. Non c'erano dubbi: doveva recuperare l'arma e al più presto.

Italia intravide la sua spada sul terreno, a poca distanza. Forse c'è la posso fare. Tenendo d'occhio Russia, ormai sul punto di esplodere, cominciò ad indietreggiare. Ma l'altra nazione aveva intuito le sue intenzioni, e corse verso di lui, con le mani come artigli e la bocca distorta in un ghigno feroce.

Italia scattò, sperando di arrivare prima del suo nemico, ma non ci riuscì. Sentì una fitta di dolore alla schiena. Cadde a faccia in giù nel fango, senza fiato, col sangue che zampillava dalla ferita. Russia lo prese per la collottola e lo scaraventò lontano. Veneziano stavolta atterrò di schiena e senti una staffilata dolorosa risalirgli la schiena.

Russia si avvicinò con calma. “Credevi davvero di poter conquistare il mio Paese, Italia? Pensavi di essere diverso da tutti gli altri che ci hanno provato? Poveri, miserabili stolti!

Nessuno sarà in grado di sottomettermi. Nessuno!”

Italia si era rialzato ma Russia, con la mano ad artiglio, lo graffiò sul petto. Le sue unghie erano talmente lunghe che lasciarono quattro linee rosse sul torace della nazione mediterranea.

Non ti bastava aver conquistato tutta l'Europa, vero? Dovevi andare oltre. La tua avidità sarà la tua rovina.” Gli sferrò un calcio allo stomaco. Italia sputò fuori sangue. Sentì più di una costola rompersi. Doveva reagire ma il suo corpo non rispondeva.

Ma guardati. Una grande nazione come te ridotta ad un cumulo di ossa rotte. Devi soffrire parecchio, non è così? Ma non sei ancora pronto per il colpo di grazia” disse Russia con un sorriso malevolo.

Russia sollevò Italia per il collo, finché i piedi non toccarono più terra. Veneziano avvertì le dita dell'altro che si stringevano sempre di più e la sua vista che si offuscava. “Sono solito lasciare un regalino a tutti coloro che vengono a trovarmi. A te cosa potrei lasciare? Ah, ci sono!” Russia poggiò l'altra mano sul volto di Italia. “Quando ti guarderai allo specchio, penserai a me.” Con l'unghia del pollice scavò un solco che partiva dall'attaccatura del naso fin quasi all'orecchio. Italia urlò di dolore durante tutto il processo. In un momento di lucidità, afferrò il pugnale che teneva nascosto alla cintola e trafisse il petto di Russia. L'enorme nazione, con un grido di dolore, mollò la presa sul collo di Italia, che cadde a terra. Indietreggiò portandosi le mani al torace. Il pugnale non gli aveva trafitto il cuore ma c'era andato molto vicino.

Ferito a morte, Russia si allontanò, addentrandosi nel fitto bosco. “Agh! Maledetto...Non finisce qui. Io ti ucciderò, Italia. Mi hai sentito? É una promessa. Io ti ucciderò!” Detto questo sparì nel nulla.

Italia si era rialzato a fatica ma ogni parte del corpo gli doleva atrocemente. Devo avere un'emorragia interna, pensò. Lentamente riuscì a fare qualche passo ma le sue gambe non lo ressero e crollò a terra. Mentre la coscienza lo abbandonava, pregò che qualcuno lo trovasse, altrimenti sarebbe morto.

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Italia aprì gli occhi lentamente. La luce gli trafisse le cornee come una lama. Si portò una mano davanti al viso e si tirò su a sedere. Che strano sogno. Chissà perché ho sognato di combattere contro Russia. E' stato spaventoso, veeeeeee! E tutte quelle cose che ha detto? Inquietanti!

Si toccò la testa. Aveva delle bende. Il mal di testa era diventato un dolore sordo in fondo al suo cervello. Di fianco a lui sentì qualcuno che si muoveva. “Fratello!” gridò felice non appena si accorse che era Romano.

“Lasciami dormire ancora cinque minuti, bastardo ispanico...” mugugnò l'altro.

“Roma, sono contento di vederti!” disse Veneziano, abbracciando suo fratello.

“D'accordo, d'accordo, adesso mi alzo.”

Romano si alzò e diede un'occhiata in giro. “Dove diavolo siamo?”

“Siamo a Roma, a casa nostra. Mi ricordo di aver avuto il mal di testa e Germania e Giappone mi hanno portato qua. Ma tu quando sei arrivato, fratello?”

“Non lo so, anche a me è venuto un cazzo di mal di testa e poi l'idiota spagnolo mi ha portato a casa. Quando siamo arrivati Giappone e Patata Macho erano già qui.”

“A proposito dove sono?”

“Ben svegliati, miei cari.”

 

Italia e Romano si voltarono verso l'uomo che aveva parlato. Landini si avvicinò con un sorriso stampato in faccia. “Mi fa piacere vedere che state meglio. Come vi sentite?”

“Tu chi cazzo sei?” chiese Romano sospettoso.

“Oh, che sbadato. Non mi sono neanche presentato come si deve. Sono il vostro nuovo boss, Pietro Landini.”

“Giusto!” esclamò Italia, tirandosi un pugno sulla mano aperta. “Il vecchio boss ci aveva avvertito che sarebbe andato in pensione.”

“Comunque perché siamo qua, Panini, Losini o come cavolo ti chiami.”

“Avete avuto il mal di testa e ho chiamato i vostri amici perché vi portassero a casa.” Landini si avvicinò e si sedette sul letto di Italia. “Ora è tutto passato. Riacquisterete i vostri ricordi a breve e voi potrete di nuovo dedicarvi alle vostre faccende.”

Italia lo guardò con una faccia stupida. “Riacquistare i ricordi? Non mi sembra di aver perso la memoria. Mi ricordo tutto: Nonno Roma, Sacro Romano Impero, la guerra d'indipendenza, l'Asse, le guerre mondiali...”

“Tutte menzogne!” sbraitò Landini. Romano e Veneziano sobbalzarono.

“Tutti i ricordi di questa vita sono menzogne! Non c'è stata nessuna guerra d'indipendenza, tu non hai vissuto con Austria e tu non sei stato dominato da Spagna. Eravate i padroni del mondo e vi hanno strappato il trono con l'inganno.” Landini era rosso in volto per la collera.

“Ok, vecchio, non so da dove ti siano spuntate fuori tutte queste cazzate ma non...” cominciò Romano.

“Avete fatto qualche sogno durante la convalescenza?” chiese di punto in bianco il boss italiano.

“Cosa? No! Io stavo dicendo...”

“E tu, Veneziano?” lo interruppe l'uomo.

Italia aveva osservato la sfuriata del boss con timore e aveva capito la metà delle cose che aveva urlato. Quando l'uomo gli rivolse la domanda, Italia rispose con un filo di voce. “S-si, ho fatto un sogno.”

“Cosa hai sognato?” Italia si sentiva la bocca secca e non riusciva a spiccicare parola.

“Dimmi cosa hai sognato!” urlò Landini.

Romano balzò immediatamente davanti a suo fratello. “Ehi, lo so che è stupido, ma non serve urlargli così.”

“Ho sognato che combattevo contro Russia!” disse Italia in un soffio.

Nella stanza calò il silenzio. Dopo qualche secondo, Romano si mise a ridere. “Hahahaha, come hai fatto a sognare di combattere contro Russia?! Saresti scappato dalla parte opposta appena l'avessi visto!”

Landini aveva la faccia più seria che Italia avesse mai visto. “Dopo il combattimento ti è rimasta una cicatrice sul volto, vero?”

Italia sobbalzò. Come fa a saperlo?

“Sono stanco di queste fandonie. Era solo un sogno! Che importanza può avere con il nostro mal di testa e tutte quelle stronzate sui ricordi?” disse Romano.

“Ne ha molta di più di quello che immagini. Perché non provi a dare un'occhiata al viso di tuo fratello?” lo invitò Landini.

Romano mise il broncio e si girò verso Veneziano. “Cos'ha la sua faccia che dovrebbe interes...” Ma ammutolì tutto d'un colpo. Quando era seduto sul letto, aveva visto di sfuggita la parte sinistra del volto di Veneziano, ma ora lo aveva di fronte e la vide chiaramente. Sulla guancia sinistra, qualche centimetro sotto l'occhio, dalla base del naso fin quasi all'orecchio correva una linea bianca irregolare.

Una cicatrice.

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Ecco svelato (parte) del mistero! :)

OOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO

Prossimo capitolo: Ricostruire la Storia

Landini aiuta Romano e Veneziano a ricordare ciò che sono stati costretti a dimenticare.

Intanto le altre nazioni avvertono che qualcosa sta cambiando...

OOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO

Alla prossima! Ciao Ciao

 

 

 

 

 

 

  
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