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Autore: Iteh in heaven    17/09/2013    6 recensioni
-Come ti chiami?-le chiese facendola arrossire, notò che lo faceva spesso, si scostò la frangia.
-Sofia-disse nel suo perfetto italiano, Jared le sorrise e la lasciò libera di andare, dopo gli ultimi saluti congedò tutti, ma venne fermato da quella strana donna, che gli aveva bloccato il polso.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non sono molto brava con i titoli, di solito mi ispiro a canzoni ma questa volta non riesco a trovarne una adatta. Spero vi possa piacere e soprattutto spero di essere riuscita a farvi capire quello che provava lei, quello che voleva lei. 

Buona lettura, spero commentiate per sapere se sono riuscita nel mio intento.

 

 

 

I want you to save

 

 

-Ciao-le disse alzando lo sguardo verso di lei, una ragazza alta, magra, pallida e con due fari azzurri che la illuminavano da quella cascata di capelli castani, con la frangia di lato  che le copriva leggermente l'occhio destro, le sue mani tremavano mentre gli porgeva il cd -E' tutto okay?-

-Sì-disse con voce roca accennando ad un sorriso che le fece alzare gli zigomi, era una ragazza del golden ticket, agitata forse un po' di più delle altre anche se cercava di nasconderlo, era accanto ad una donna più grande che non sembrava per niente un echelon, si guardava intorno scrutando con un'espressione concentrata.

Il cantante iniziò a parlare, a scherzare e ad esporre un po' della nuova merchandise con un sorriso interessato, qualche volta guardava dalla parte della ragazza che lo guardava torturandosi le mani nervosamente, arrivò il momento della foto, a turno tutte le ragazze si misero nel modo preferito e scattarono una decina di foto prima di incontrare di nuovo quei piccoli fari insicuri, la frangia ora le copriva decisamente tutto l'occhio, e forse la utilizzava anche come scudo per la sua timidezza, sorrise inconsciamente e l'incoraggiò ad avvicinarsi di più, lei si mise fra Shannon e lui non toccandoli completamente, così intenerito le avvolse le spalle e fece una faccia buffa , alla ragazza scappò un sorriso divertito e arrossì, vide quella donna che le era stata accanto sorridere intenerita, dopo che scattarono la foto e si accertarono che fosse venuta bene Jared la trattenne un attimo.

-Come ti chiami?-le chiese facendola arrossire, notò che lo faceva spesso, si scostò la frangia.

-Sofia-disse nel suo perfetto italiano, Jared le sorrise e la lasciò libera di andare, dopo gli ultimi saluti congedò tutti, ma venne fermato da quella strana donna, che gli aveva bloccato il polso.

-Tieni-gli disse porgendogli una busta bianca che dava l'aria di essere una lettera -Se hai tempo, leggila-

-Va bene-disse il cantante mentre lei lasciava la presa e si allontanava alla ricerca della ragazza con la quale era venuta.

 

Dopo essersi fatto una doccia che lo aveva rinvigorito si sdraiò sul letto dell'hotel completamente distrutto, dopo aver dato il meglio di se durante il concerto un buon riposo era decisamente gradito, si girò dall'altra parte pronto a prendere sonno quando  sentì qualcosa sotto di lui, un leggero rumore di carta, si alzò e vide la busta che aveva leggermente stropicciato, si era dimenticato di quella donna e della lettera che le aveva dato, aggiustò il cuscino e si mise seduto, l'aprì senza strapparla e ne tirò fuori un foglio scritto in maniera quasi elegante, i bordi erano però strappati, forse da qualche quaderno, iniziò a leggere. 

 

 

“Mi piace scrivere lettere e indirizzarle a persone che sento vicino, quindi oggi parlero' di me con te, Jared. Inizio con il presentarmi, mi chiamo Sofia Esposito, ho 17 anni e ho la leucemia. E' cosi' facile raccontarti queste cose perche' questa lettera non ti arrivera' mai, perche' non vedro' mai la tua faccia mentre muta leggendo questa storia comune a molte, diverse da tutte. Ma io ci credo, e sto lottando per quello che ritengo giusto per me, che sono sola una ragazzina troppo timida per parlare con persone sconosciute, troppo giovane per prendere giuste vie, ma sono pronta almeno per fare questo.

Da un mese ho sospeso ogni tipo di cura, qualsiasi cosa, ero stanca di vedere medici che mi sottoponevano a interventi, infermiere che mi spostavano da un letto ad un altro, volontari che cercavano di non farmi pensare a cio' che in realta' ha segnato la mia vita. Da un mese vivo la mia vita dopo tre anni vissuti in un ospedale o in un camera allestita in ugual modo. Stavo morendo piu' velocemente e nessuno se ne accorgeva e l'unica cosa che mi dava sostegno era la vostra musica. Puo' sembrare banale, scontato, stupido, falso ma questa è la mia verita' e la mia vita. 

L'abbiamo scoperto per caso, dopo che mio padre è morto di leucemia fulminante, dopo che se ne andato senza che potessimo dirgli niente, mia madre ha iniziato a far fare dei controlli a mia sorella, e speravo pregando ogni santo giorno che non toccasse a lei, perche' non sarei riuscita a sopportare un'altra perdita. I suoi esami andarono benissimo, mentre i miei no, in ospedale era come stare in un perenne  buio, o in una perenne falsità dipende dai punti di vista. Le pareti erano troppo bianche, gli odori troppo forti e nauseanti e il cibo faceva schifo, ma resistetti perchè mia madre aveva bisogno di questo per andare avanti, ma le cure mi fecero stare bene solo due mesi prima che mi ricadesse tutto addosso come una forte pioggia, che confondeva le mie lacrime di frustrazione.

Scoprii per caso la vostra musica, uno dei volontari aveva una triad al collo, così interessata chiesi cosa fosse e lui si perse nei suoi mille viaggi, nei suoi tantissimi sogni ed arrivo' a voi, un punto fermo nella vita sua e successivamente nella mia. Imparai che dovevo combattere, ma capì che non volevo combattere e morire dentro un ospedale, volevo combattere per vivere veramente quei mesi contati che mi rimanevano, dovevo vivere la mia vita finchè potevo, vedere posti che amavo e per ultimo comprare i biglietti per un vostro concerto. Ora sono a casa, ho ripreso un po' di chili ma non tanti da migliorare la mia salute, sto spesso male ma ho sempre il sorriso in faccia perchè sono felice di quello che sto facendo. Ho visto la Francia, abbiamo una cosa in comune anche se non mi piace molto il cibo in quel paese c'è una storia segreta che mi affascina, sono andata a Los Angeles, New York, Barcellona,Mosca e altre favolose citta'. 

Pur facendo questo non mi dimentico che prima o poi non ci saro' più neanche per mia madre e mia sorella cosi' passo molto tempo con loro cercando di rassicurarle, cercando di convincerle della mia scelta, cercando di farle capire che ho rinunciato e ora non ho piu' paura della morte e saro' pronta quando un giorno mi cogliera' alle spalle portandomi in posti oscuri.

Non voglio morire sotto i ferri, o dentro un ospedale che non mi ha dato nulla, voglio morire a casa, nel mio letto o fra le braccia di mia madre e voglio sorriderle un'ultima volta dicendole ti voglio bene, non guardando un medico che mi ha prelevato ogni traccia di sangue anche se nel bene. 

Sara' una scelta stupida e insensata, ma è la mia unica vita e voglio viverla pensando a quello che sono non a quello che saro'.

Forse saro' come una fenice e un giorno ritornero',chissa'.

Con fede,

Sofia Esposito”

 

 

Jared non sapeva cosa fare, aveva le labbra strette in due linee sottili, le sue mani tremavano leggermente tenendo quei fogli, e sapeva di avere gli occhi lucidi e la gola secca. Si girò la lettera fra le mani cercando un indirizzo o un numero per poter rintracciare la ragazza ma trovò solo il bianco. Si passò una mano fra i capelli sentendosi vuoto, ripensando a quella ragazza troppo pallida ma mai avrebbe pensato che lei potesse essere malata e che avesse rinunciato a tutto per vivere, ma cosa? Una vita che avrebbe lasciato fra quanto? Neanche questo sapeva, non sapeva nulla se non il fatto che lei aveva mollato tutto, che aveva deciso di morire e che non ne era affatto spaventata. Come si fa a 17 anni, quando hai ancora tutto il mondo che ti aspetta, prendere la decisione di darla vinta ad una malattia, come? 

Prese il cellulare e quasi non sbraitò contro Emma, ordinandole di recapitargli l'indirizzo di Sofia Esposito che aveva preso un golden ticket.

Un'ora dopo il balckberry vibrò sul comò illuminandosi, Jared lo afferrò velocemente e trovò l'indirizzo e il numero, se li segnò su un foglietto e si addormentò decidendo di andare l'indomani.

Tutta la mattina fu impegnato con varie interviste con il resto della band che lo tennero occupato fino al primo pomeriggio, in cui disse ad Emma che sarebbe andato un po' in giro fino alla sera, chiamò un taxi e si lasciò portare all'indirizzo. Durante il tragitto, il taxista, un uomo che sapeva parlare la sua lingua gli spiegò che quella casa si trovava fuori città, una zona completamente immersa nel verde, quando furono nei paraggi infatti vide un'immensa distesa di verde e vari alberi che creavano molte zone di ombra, poi si fermò vicino ad un cancello marrone, l'entrata di una casa grande suddivisa in due piani. Pagò il taxista e varcò il cancello che trovò aperto, quando si ritrovò davanti alla porta prese un profondo respirò e suonò il campanello, sentì alcune voce parlare in italiano e dopo la sorella ancora senza nome aprì la porta sorridente, un sorriso che si spense trasformandosi in un'espressione incredula.

-Tu-sbottò lei in inglese stupita.

-Io-ripetè Jared indicandosi sorridendo leggermente, divertito dalla faccia della donna davanti.

-Quindi hai letto la lettera-disse ricomponendosi e aggiustandosi i capelli sciolti.

-Sì-rispose accompagnando la risposta con un cenno del capo, lei annuì anche spostandosi per farlo entrare -Lei è dentro?-

-Sì, sta studiando-disse chiudendo la porta e conducendolo in cucina -Vuoi qualcosa?-

-No, vorrei sapere solo che cosa volevi che facessi? Anzi cosa vuoi che faccia-precisò lui rimanendo in piedi mentre la donna beveva un sorso d'acqua un po' agitata.

-Non lo so neanche io, avevo solo bisogno che tu la leggessi e non ne ero neanche sicura che tu lo facessi. E' stata due anni interi ad ascoltare la vostra musica, soprattutto in ospedale, e scriveva, perennemente, lettere. Ed un giorno ha preso la sua decisione-concluse sedendosi davanti ad alcuni fogli -Seconda stanza a destra-

Jared annuì e salì le scale, il corridoio era un po' avvolto dal buio, illuminato solo dalla luce che proveniva da una finestra al fondo del corridoio e dalla luce di alcune stanze aperte, la seconda porta a destra era socchiusa, si avvicinò curiosando dalla fessura e vide Sofia era seduta sul letto, con le gambe incrociate, aveva un dizionario rosso aperto accanto, un foglio e un libro sulle gambe e scriveva, tutto questo canticchiando una canzone che proveniva dal computer lasciato in riproduzione casuale sulla scrivania vicino alla finestra, muoveva la testa facendo muovere leggermente la frangia, aprì la porta facendole alzare lo sguardo, in un primo momento l'osservò poi la sua bocca si aprì in un'espressione scioccata e la matita rotolò giù dal letto fermandosi davanti all'armadio.

-Ho le allucinazioni-sbottò scuotendo la testa e rimettendosi a guardare il foglio facendo ridere Jared.

-No, sono più che reale-disse Jared entrando prendendo la matita da terra e porgendogliela.

-Non può essere, non c'è nessun motivo per il quale tu possa venire a trovarmi nella casa sperduta-sbottò lei guardandolo leggermente scossa. Il cantante prese la sedia sulla scrivania, si accomodò incrociando le gambe e mise in pausa la musica -Okay, c'è una minima probabilità che tu possa essere vero, ma non mi fido molto-

-Che stai studiando?-le chiese sorridendo, lei arrossì abbassando lo sguardo sul libro che chiuse mettendolo di lato.

-Greco, stavo traducendo-disse con un sorriso timido, Jared la guardò interessato.

-Il greco, mi piace. E studi anche il latino?-le chiese osservando la camera della ragazza, le pareti erano bianche macchiate da vari schizzi rossi, i mobili si alternavano fra bianchi e rossi ed era tutto completamente in ordine. C'erano vari scaffali con cd, libri, dizionari, alcune foto attaccate ad alcuni fili alla parete dietro la porta, dove c'era una chitarra dentro la custodia. 

-Sì, studio anche il latino. Okay, se non è troppo, soprattutto per provare che non ho un'allucinazione, posso chiederti il motivo della visita?-chiese delicatamente Sofia con i suoi occhi chiari che si illuminavano.

-Ho letto la tua lettera-disse sinceramente il cantante, facendole sbattere gli occhi confusa -Me l'ha data tua sorella, l'avrà strappata dalla raccolta di lettere che hai-

-Possibile-disse alzandosi avvicinandosi allo scaffale, tirò fuori un quaderno doppio, arrivò velocemente alla fine e sorrise trovando le pagine strappate -Sì, non sei un'allucinazione, oppure sono una buona regista io-

-Perchè?-chiese all'improvviso Jared facendola voltare, lei abbassò lo sguardo sui suoi piedi nudi e sorrise forse stanca.

-Andiamo, facciamo una passeggiata-disse e usò un tono che avevano gli anziani, quando ti dovevano raccontare storie dall'età antica che contenevano tesori preziosi, la seguì, scesero le scale e lei fece un cenno alla sorella che la guardò un po' preoccupata, uscirono e furono investiti da un leggero vento che rendeva più sopportabile il caldo italiano. Iniziarono a passeggiare in silenzio, godendosi la tranquillità del luogo, e il rumore del battito di ali degli uccelli, la vide che alzava gli occhi guardando il cielo.

-Non so spiegartelo esattamente, mi riesce meglio scrivere tutto ciò che penso che dirlo ad alta voce soprattutto davanti a te. E non venirmi a dire frasi come “io sono una persona normale”, perchè in questo momento non lo sei e sarebbe soltanto superfluo-iniziò la ragazza facendo un sorriso, facendolo annuire in silenzio.

-Provaci-continuò Jared, lei si sedette all'ombra di un albero invitandolo a fare lo stesso.

-Mi sentivo morire. Ogni giorno era sempre peggio, non avevo la forza per alzarmi, non avevo voglia di mangiare, i sapori erano completamente cambiati diventando terribili e avevo sempre sonno. Non che ora stia meglio, ma almeno ho i miei capelli, e anche se mi sento male a giorni alterni sto vivendo con i miei amici, con la mia famiglia, con le mie esperienze. E sono più felice di morire durante un giorno di vita quotidiano che durante un giorno monotono in ospedale-spiegò con voce pacata la ragazza -Ho deciso di agire. Agire per poi morire, primo o poi moriremo tutti. Io morirò solo un po' prima-

-Hai 17 anni, Sofia. Tu stai morendo prima del tuo prima-sbottò Jared guardandola mentre sorrideva divertita.

-Non ti sentire in colpa, e urlami addosso quanto vuoi. Non cambio idea, non più ormai-disse socchiudendo gli occhi appoggiandosi al tronco e respirando l'aria pulita -Non ti sembra di stare in un altro mondo qua?-

-Sì, c'è pace-rispose anche se non era di questo che voleva parlare.

-Mi piace quando il sole mi riscalda, alcune giorni sto così tanto sotto il sole che divento rossa-sorrise voltandosi verso di lui -Non riesco più ad arrabbiarmi, mi scivola tutto di sopra, è bello. Avrei voluto possedere questa qualità prima di ammalarmi-

-Potresti continuare ad averla se solo riprendessi a curarti-puntualizzò Jared ritornando sull'argomento.

-Sì, probabilmente. Mi sono fatta un tatuaggio, la scorsa settimana-disse felice, Jared l'osservò e fu contagiato dalla ragazza.

-E cosa ti sei tatuata?-chiese vedendo che la ragazza si alzava la maglietta e vide sul fianco una scritta “Time to be alive” e una piccola rondine sfumata che lasciava una scia -E' un modo per ironizzare tutto ciò che stai passando?-

-Mi piace l'ironia, rende allegra la vita-disse aggiustandosi la frangia, Jared osservò la cicatrice sulla sua pancia, Sofia seguì il suo sguardo -Mi sono tolta la milza-

-Quanto ti rimane?-chiese Jared quasi con un sussurro, sentì la ragazza sospirare.

-C'è una serra qua vicino, è di un nostro vicino. La vuoi vedere?-gli chiese alzandosi e pulendosi i jeans -Su, alzati. Sono io la malata fra i due-

-Sono pur sempre vecchio-borbottò Jared seguendo la ragazza che camminava con una mano dentro una tasca.

-Mi piacciono i tuoi capelli. Ti stanno bene così-disse arrossendo leggermente, Jared sorrise intenerito.

-Beh, anche i tuoi capelli mi piacciono molto, per non parlare dei tuoi occhi. Sono decisamente più belli dei miei-le disse facendola ridere.

-Su questo ti devo dare corda. I miei occhi sono proprio belli-annuì lei sorridendo felice.

Arrivarono davanti ad una grande serra, si aspettava di trovare frutta o coltivazione di qualche ortaggio. Di certo non una riproduzione della foresta, con ogni tipo di vegetazione introvabile se non nella foresta Amazzonica, aveva installato anche una fontana in mezzo a tutto dove ci si poteva sedere. La vide sedersi di spalle, prendere due monete dalla tasca, una gliela porse.

-Bene, esprimi un desiderio e tira la moneta-disse Sofia invitandolo a sedersi, lui accettò la moneta e diede le spalle alla fontana, l'osservò chiudere gli occhi e lanciarla, e lui cosa desiderava in quel momento. “Guarisci, Sofia. Fai tutto ciò che puoi per vivere e sorridi al mondo che sorriderà a te” e tirò la monetina con una nota malinconica negli occhi.

-Sai perchè tua sorella mi ha dato la tua lettera?-le chiese Jared, la ragazza si scostò la frangia e annuì.

-Lei vuole che io riprenda le cure e viva la mia vita. Ma se lo farò me ne andrò prima di quanto già stia facendo-disse solamente la ragazza.

-Non lo sai, potresti guarire. Non puoi buttare la tua vita in questo modo, tu ancora devi cambiare, devi conoscere i primi amori, i primi cuori infranti, le prime promesse. Non puoi ancora andare via-si alterò Jared non riuscendo a fermare quella strana sensazione che gli si era creata nel petto, lei sorrise stanca e socchiuse un attimo gli occhi -Ti senti bene?-

-Sono solo un po' stanca-lo rassicurò mettendogli una mano sul braccio, Jared rabbrividì sentendo quel tocco ghiacciato -Hai presente una casa, fai finta che tu la voglia rimodernare all'interno. Ristrutturi tutto, rompi muri, metti polvere in giro e cerchi di aggiustare con fatica per fare un buon lavoro. Però poi  rompi il muro sbagliato e la casa, che dall'esterno ti era sembrata ancora bellissima, inizia a crollare e viene distrutta. Io ero bombardata all'interno e continuavo a sorridere all'esterno, e nessuno capiva che stavano per abbattere un muro portante e sarei crollata anche all'esterno-

-Sofia-sussurrò Jared sentendo un grosso groppo in gola, non riusciva a capire il senso della malattia, il senso di togliere la vita ad una ragazzina, si portò le mani in faccia disperato -Non so che fare-

-Lasciami andare soltanto-sospirò lei -Non iniziare una battaglia che non posso portare avanti, non c'è più tempo-

-C'è tempo invece, devi solo- -Jared, no. Non c'è tempo, e tu devi stare tranquillo-

-Come posso stare tranquillo se hai deciso di morire?-sbottò lui alzandosi dalla fontana portandosi con disperazione una mano in fronte.

-La casa è pronta a crollare da sola. Poi qualcuno costruirà qualcosa sopra e il dolore andrà via-disse Sofia alzandosi e mettendoglisi davanti, il cantante si accorse che i suoi occhi erano lucidi e cerchiati, e l'abbracciò, sentendo il panico che gli saliva contro e poi la sentì una lacrima che scendeva -Andiamo-

-Dove?-le chiese il cantante seguendola, rientrarono in casa lei prese la chitarra e un cappello di panama, scesero rimettendosi sotto l'ombra dell'albero e lei iniziò a suonare concentrata. Sapeva suonare bene, poi iniziò a cantare a bassa voce, aveva una voce soffice che ti accarezzava la pelle facendoti rabbrividire, lei ora suonava guardandolo con un'espressione concentrata e seria. 

-Just close your eyes, the sun is going down. You'll be alright. No one can hurt you now, come morning light. You and I'll be safe and sound-cantò lei lasciando scivolare una lacrima dai suoi occhi lucidi, vide il suo labbro tremare leggermente, quando finì di suonare si asciugò le guance e lo guardò -Sai cosa ho desiderato tirando la moneta?-

-Cosa?-chiese a bassa voce sentendo la tristezza invaderlo completamente, lei si scostò la frangia.

-Ho desiderato che tu andassi via da questa casa facendo finta di essere andato solo in qualche parte sperduta della campagna. Ho desiderato che tu non ti voltassi più, che andassi avanti con la tua vita, dimenticandoti la lettera, la mia malattia, le mie e le tue lacrime, la mia stanchezza e la mia morte. Ho desiderato poterti vedere andare via con il sorriso non piangendo-disse lei e dopo si appoggiò al tronco chiudendo gli occhi e appoggiandosi sulla sua spalla, Jared cercò di controllare il suo respiro.

-Non posso andare via con il sorriso, Sofia-le disse accarezzandole i capelli, lei sospirò.

-Sarà come cadere in un sonno Jared, ci sarà solo sollievo e non sarò più così stanca-disse lei -Non voglio più essere stanca. Cantami una canzone-

-Quale?-le chiese Jared prendendo in mano la chitarra e aggiustandosi.

-Alibi-

Ed iniziò a suonare le note di Alibi che in quel momento erano più tristi di quel che ricordava. Osservò la dolce Sofia che chiudeva gli occhi e lentamente cadeva tra le braccia del sonno, osservò la sua espressione rilassata, le labbra stese in un sorriso, e riuscì a capire che in quella situazione la persona che soffriva più di tutte era lei, una delle ragazze più forti che avesse mai incontrato e volle ricordarla così, in quella giornata, illuminata leggermente dal solo sotto l'ombra di un albero. Come se fosse nel suo piccolo paradiso, senza dolore e stanchezza.

 

 

Una settimana dopo Sofia morì all'ospedale di Milano senza via di scampo, morì dopo una notte tormentata passata con la sua ristretta famiglia, e Jared non poté non piangere su quella lettera che aveva e quella piccola foto che si era preso di quella ragazza ormai andata via, che anche se sconosciuta, era riuscita a far breccia nel suo cuore, lasciando piccole perle che mai si sarebbe dimenticato.

 

 

  
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