NOTA: Crossover basato sul
film “Rent” in grandi linee.
La canzone che mi ha fornito
ispirazione è questa: http://www.youtube.com/watch?v=NujpYDHoIy0
. Enjoy. <3
<
I should tell you..that I have always loved you. >>
Era una calda mattina di
dicembre nella confusionaria Manhattan, dove tutti ignoravano
qualsiasi contatto che non potesse scaturire qualcosa di proficuo per
loro. Era un periodo d'oro per l'economia, si cercava sempre di
essere migliori, specialmente visti i conflitti con la sponda
orientale del globo.
Nessuno si poteva fidare di nessuno.
Era
anche una regola prevista ormai in quella società quasi meccanica e
priva di autocoscienza. Si era dipendenti ma si cercava di fuggire
dall'ovvietà di tale dipendenza, quasi anche per orgoglio
personale.
Siamo alla fine degli anni '80, e nella Nazione
della Libertà si cercava di obliviare la vera schiavitù dietro una
maschera di libertà. Solo un gruppo di persone, appena liberi dai
ghetti molti ed altri poveri immigrati clandestinamente che fuggivano
dalla legge, cercava la vera libertà, quasi rifacendosi agli ideali
francesi della “vie Bohème”. Vivevano alla giornata, senza
regole da rispettare e seguendo i loro valori, creandosi la loro
libertà.
In questo contesto vive una ragazza appena immigrata
dalla Francia assieme alla famiglia, la quale l'ha abbandonata sin
dalla tenera età perché era un “peso inutile da sostenere”. La
giovane venne subito emarginata dalla famiglia e da coloro che stava
iniziando a conoscere come “amici”, questo alla tenera età di
nove anni. Venne salvata da un raggiante uomo dagli occhi blu che la
aiutò a sopravvivere, facendola subito lavorare nel suo pub notturno
inizialmente come semplice barista, poi come ballerina.
Non che
alla piccola dispiacesse. Sembrava che adorasse mettersi in mostra e
danzare e cantare quasi come se fossero le sue uniche ragioni di
vita. Cantava anche per liberarsi dal peso del passato, e cercava di
nascondere le paure e gli incubi del sonno grazie ad oppiacei che le
davano l'illusione di stare ogni giorno meglio.
Veniva chiamata
“la Gatta dell'Avenue B”, da nessuno conosciuta con il vero nome
di Còrinne.
In questo contesto vive anche un ragazzo
scorbutico e segnato dal dolore di una vita mal vissuta. Scialacquati
i soldi di una vasta eredità, e deciso di fuggire dalla boriosa
Inghilterra nella “patria della Libertà” quali erano creduti gli
Stati Uniti, si ritrovò con solo una chitarra in mano e nessuna
ispirazione che lo aiutasse a completare la canzone che gli avrebbe
donato la “gloria” e riguadagnare la stima di sé stesso. Era
solo, senza alcun appoggio..l'unico che aveva lo ha perso per colpa
degli occhi di una giovane fanciulla morta di una malattia che stava
sterminando i bohèmien: l'AIDS.
Era rimasto in vita solo per
completare l'ultima canzone che gli avrebbe ridato la gloria. Poi
sarebbe scomparso..come il suo vecchio amore.
Quella era una
strana calda mattina di dicembre, quando lo scorbutico ragazzo notò
per la prima volta la sua vicina di appartamento. Assomigliava così
tanto al suo vecchio amore, solo che era più raggiante, quasi che
non avesse paura di ciò che le sarebbe potuto accadere l'indomani.
Abitavano nei bassifondi e lì le condizioni di vita non sono mai le
migliori, si sa.
-Che strano..sembra..no. Impossibile.-
<<
Hey, you! Hey, you girl! >>
<< Are you talking
with me? >>
<< ...yes. I've found your lighter
ahead my door. >>
<< Oh. Merci beacoup! >>
<<
France? Are you from- >>
<< Désolée, I must go!
Goodbye sir! >>
Quella calda e strana mattina di
dicembre era iniziata in maniera diversa rispetto alle altre volte.
Quella strana mattina di dicembre gli aveva restituito un mezzo
sorriso al sol scorgere le onde bionde-castane della ragazza che
ondeggiavano mentre lei correva giù per le scale del vecchio
palazzo.
-Bah. Cosa mi metto a
pensare.
E' come tutte..la solita puttanella dal falso sorriso e
dalla malattia venerea facile.-
Pensò con ironia quelle
parole, fissando ancora l'ultimo punto in cui aveva visto fuggire le
ciocche lunghe della ragazza. Scosse la testa, ritornando nel suo
bigio appartamento e cercando di ignorare le masse che fuori
cercavano di farsi sentire dalle alte sfere e farsi ridare la vera
“libertà”, o almeno a riconoscere la loro come tale.
Tutto
era così freddo, buio, e lui era così solo disperso nell'oblio dei
propri pensieri che non riusciva a trasformare in musica.
-Her
eyes..-
Gli sovvennero in mente gli occhi azzurri di quella
sconosciuta che sembrava provenire dalla Francia o dal Québec, ma
questo non era così importante. Decise di alzarsi da quello scomodo
sofà e si avvicinò alla finestra, notando che era quasi sera ormai,
ed il cielo era dello stesso colore degli occhi di quella donna
sconosciuta.
-Via dalla mia mente!-
Pensò, portandosi
una mano davanti agli occhi e cercando di svuotare la testa da
qualsiasi pensiero. Solitamente si metteva a suonare quando voleva
dimenticare un qualche pensiero anche lontanamente doloroso..ma le
mani sembravano intorpidite dal freddo che raggelava ormai
l'appartamento privo di elettricità e riscaldamento. Tutto era così
squallido, privo di senso. Era inutile ricercare l'ispirazione in un
mondo grigio, privo di colori.
[ . . . ]
Qualcuno
bussò alla porta del buio appartamento.
-Non c'è nessuno,
andate via.-
Pensò il biondo, ormai arrivato a svuotare
l'ennesima bottiglia di Gin. Ma l'ospite continuava a bussare alla
porta, quasi incessantemente e pesantemente, come se non vi fosse
altra ragione nella vita se non che quella porta venisse aperta.
Il
ragazzo con un grugnito terminò il bicchiere, abbassando lo sguardo
verso la propria chitarra sepolta dalla polvere ed adagiata sul
divano. Non si voltò a guardare chi fosse quando la serratura scattò
e sentì dei passi felini avvicinarsi alla propria oscura figura.
Tenne basso lo sguardo anche quando la donna posò l'accendino
accanto alla sua mano e cercò di parlargli. Sembrava che si stesse
presentando e stesse formulando delle scuse, ma lui continuava a
tenere basso lo sguardo sentendo solo un rumore ovattato.
Ad un
certo punto si sentì strattonare e poté fissare i propri occhi
verdi in quel cielo che sembrava promettere una nuova vita, in quel
cielo che lo fece riscuotere.
<< Uh?! S-sorry! >>
<<
Ma siete ubriaco? Le ho detto che questo non è il mio accendino!
L'ho ritrovato nei pantaloni il mio..questo è senza dubbio il
vostro. >>
La ragazza si lasciò scappare una risatina
dopo aver terminato di parlare e si mordicchiò il labbro inferiore
in una chiara esplicitazione delle sue intenzioni. Il biondo non
recepì nulla di tutto questo, infatti fece spallucce e prese
l'accendino dal piano su cui era poggiato, osservandolo
attentamente.
<< Ehm..mi chiamo Còrinne comunque. Sono
nuova di queste zon-. >>
<< Non vi ho chiesto
nulla. Potete anche andare..e grazie per l'accendino. >>
<<
Mais-..non desiderate compagnia per la-. >>
<<
Andate. Via. >>
La donna si dimostrò quasi inespressiva
davanti a quel comportamento, a cui era dopotutto abituata visto la
vita che era solita condurre. Semplicemente, prima di andare via,
avvicinò il proprio viso a quello del biondo, sussurrandogli
semplicemente:
<< No day but today. >>
..ed
allontanandosi dalla sua figura, uscendo dal buio appartamento e
chiudendosi la porta alle spalle.
Ma quelle parole fecero
sussultare il ragazzo, il quale si voltò in direzione della porta
dalla quale era appena uscita la ragazza ed alzandosi dalla sedia la
raggiunse, spalancandola e guardandosi fuori
dall'appartamento.
-Ecco. Lo sapevo..se ne è..-
Ma dei
singhiozzi lo fecero voltare in direzione di un angolo buio. Si
schiarì appena la voce e domandò incerto.
<< Lady..?
Are you okay? >>
Ma non ricevette risposta dalla
fanciulla rannicchiata e singhiozzante nell'angolo. Decise di
avvicinarvisi cautamente, e non vedendo nemmeno reazione da parte
della ragazza si chinò verso di lei sfiorandole poi il viso con il
dorso della mano. Era bollente ed imperlata di sudore. Sapeva, o
meglio, intuiva a cosa fossero legati quei sintomi, anche perché ci
era passato poco tempo fa: la ragazza era entrata in astinenza da una
qualche droga. Il ragazzo sospirò pesantemente prima di prendere la
ragazza tremante e singhiozzante tra le proprie braccia e di portarla
nel proprio appartamento per farla distendere e cercare di far calare
la febbre. La mise sul divano e la coprì con il proprio cappotto
consunto, visto che coperte più pesanti non ne possedeva, ed accese
un piccolo fuoco poco distante dal divano, dentro un vecchio
cassonetto.
<< Who are you..? >>
Sussurrò
la ragazza semi-cosciente, la quale ansimava pesantemente ed era
scossa da forti per colpa della febbre; prima di risponderle il
biondo andò a prendere una pezza imbevuta di acqua gelida e gliela
pose sulla fronte con delicatezza, quasi fosse fatta di ceramica
pronta ad incrinarsi da un momento all'altro.
<< I'm
Arthur. >>
Disse con un tono basso e leggermente roco a
causa dell'alcool ingerito e dalla stanchezza di quei giorni passati
senza sonno. Però sul su volto solitamente impassibile, comparve una
leggera espressione di stupore non appena la donna gli sorrise
leggermente.
<< Hi..Arthur. Are you an angel? >>
Non
rispose subito l'inglese, anche perché era rimasto a fissare quei
due diamanti che la donna aveva appena schiuso dopo aver sussurrato
la domanda. Brillavano come due cupe stelle del cielo, prive di sogni
ma non di speranze.
<< I was asking you the same
question. >>
Sussurrò a sua volta, fissando i propri
occhi verdi in quelli mesti ma sorridenti della donna sconosciuta
fino a quel giorno. Alla risposta del biondo, la ragazza si lasciò
scappare una flebile risata cadendo poi in un sonno stanco e
travagliato, arduo da poter definire riposante visto anche i tremori
che l'astinenza le portava.
Il mattino dopo la fanciulla si
risvegliò in quel divano sconosciuto, coperta dal cappotto
probabilmente di un “qualche cliente” pensò inizialmente. Ma
dovette ricredersi quando si ritrovò abbracciata ad un corpo tanto
forte quanto debole, distante quanto vicino. Voltò appena la testa
per poter guardare il viso dormiente del ragazzo; notò che qualche
lacrima era rimasta intrappolata nelle sue lunghe ed eleganti ciglia.
Non aveva nemmeno cuore di muoversi o di svegliarlo visto il sonno
riposante che sembrava avere quell'uomo appena conosciuto, e che
sembrava non avere da tantissimo tempo. La teneva stretta a sé in
maniera quasi fastidiosa, appiccicosa, ma la donna resistette fino a
che anche l'altro non si svegliò.
Sentendolo grugnire e
muoversi, Còrinne si voltò nuovamente verso di lui e si permise di
carezzargli il viso con il dorso della mano, regalandogli un dolce
sorriso non appena scorse gli occhi smeraldinei dell'altro
schiudersi.
<< Bonjour..>>
Il biondo ci
stette un po' a carburare il fatto che, in preda ad una delle solite
crisi di malinconia che gli venivano quando ricordava troppo
vivamente il passato, l'aveva stretta a sé nel sonno, nella speranza
di far rivivere lei. Ma non appena se ne rese conto sobbalzò e la
lasciò libera dall'abbraccio.
-Cosa ho fatto? Oddio..-
Lui
stesso fu quasi sconvolto dal suo stesso comportamento. Come aveva
potuto tradire il ricordo della sua amata ragazza morta per colpa di
quella malattia che stava per dominare anche lui?
<<
Sorry.. >>
<< Rien, cher.
Piuttosto, sicuro di
stare bene? >>
<< Io sto benissimo! >>
Sbottò
abbassando lo sguardo e scendendo dal divano, voltandole le spalle
con la scusa di sgranchirsi le ossa. In realtà era una scusa per
ricacciare dentro la malinconia e le lacrime che con essa giungono.
Scosse la testa nella speranza di ricacciarle dentro e prese un
profondo sospiro prima di rivolgersi all'ospite, che lo guardava con
i suoi “splendenti occhi” che brillavano preoccupati da quella
reazione, con un tono leggermente più dolce.
<<
Piuttosto.. Come stai? La crisi è passata? >>
<<
O-oh, oui. Sapete sto cercando di.. >>
<<
Disintossicarti. >>
Terminò per lei la frase, voltando
poi il capo indietro per ricercare la luce di quegli occhi che
avrebbero dovuto brillare stupiti, ed invece sorridevano raggianti,
quasi come se non potessero più essere stupiti da nulla. Si perse in
quel mare ed una flebile luce gli si accese nel petto.
<<
Mi scusi, ma lei come ha detto di chiamarsi? >>
<<
Còrinne. >>
<< Ah..Io sono->>
<<
Arthur. Vi siete presentato ieri sera prima che perdessi i sensi.. >>
Il biondo scosse la testa, nella vana speranza di schiarirsi le idee. Ma era inutile, esse erano ormai state travolte da quel mare che scaturiva dagli occhi della fanciulla innanzi a sé. Era sì tanto gracile, eppure aveva un portamento che la contraddistingueva dalle altre ragazze che abitavano in quei luoghi. Sembrava quasi raffinata, elegante. Aveva un qualcosa di principesco.
-Her eyes..-
<<
Ascolta ma che ore sono? >>
<< Credo le undici e
mez- >>
<< QUOI? Oh..Ci vediamo Ar..anzi, siete
libero la sera di capodanno? >>
<< Yes.. >>
Una sola parola e quella
giornata ebbe una prospettiva diversa per il biondo. Nonostante il
cielo fosse grigio, per lui era come se stesse splendendo un sole
intramontabile. Per il solo motivo di quegli occhi che, talmente
splendenti, gli avevano travolto la giornata talmente da farlo quasi
affogare dentro ad un nuovo mare. Era come lui, era identica a lui.
Aveva sbagliato nel passato, ed ora, seppur con dolore e fatica,
stava facendo di tutto per migliorare.
Era come lui.
Era
come...No, non doveva essere come lui.
Non doveva essere come quel
folle ragazzo che per droga e per “passione” aveva accorciato la
propria vita.
La vide fuggire via, in preda a chissà quale
ritardo. Non sapeva nulla di lei, solo il suo nome.
<<
Aspetta--. ASPETTA! >>
Disse a gran voce, rincorrendola
giù per le scale fino a giù in strada. Poi la vide abbracciare un
uomo vestito in nero con uno strano borsalino a nascondergli i
capelli color miele. Perché lo stava abbracciando?
Cos'era quella
morsa nel petto per quella mera sconosciuta? Perché ancora una volta
doveva essere illuso dalla vita? Scosse la testa e risalì al suo
appartamento trasandato.
Era bello passare le vacanze di Natale
senza fare niente in aggiunta all'ordinaria disoccupazione. I parenti
lontani non lo calcolavano.
-Evidentemente il destino mi desidera
solo..
But..her eyes..-
Non riusciva a dimenticarli, nemmeno
una notte prima li ignorava completamente. Perché era risultata
tanto importante per il suo povero cuore?
Sul tavolo sporco risiedeva
la scatola delle AZT, unica “cura” a quei tempi che si pensava
potesse calmare e ritardare gli effetti dell'AIDS. Ma le mani fredde
e tremanti del biondo segnavano che ormai il traguardo era giunto.
Che tristezza, e lui che voleva lasciare nel mondo almeno l'impronta
della sua esistenza. Non voleva essere famoso, solo non essere solo e
screditato da tutti. Cercava l'ispirazione per un'ultima canzone che
avrebbe segnato il cuore di qualcuno che lo circondava, anche di un
solo sconosciuto.
-Her eyes..-
Non riusciva a dimenticarli.
Era
immerso in loro ormai. Era stato rapito. Le dita fredde sulle corde
consunte della chitarra acustica, suonavano vari accordi sfasati che
ricordavano uno strano valzer.
E se si fosse ispirato a lei?
-No,
is a whore.
I can't write a song for a fukin' whore without an
heart..-
L'unica cosa calda in quella stanza sembravano ormai
solo una lacrima e la sigaretta che stava spegnendosi.
Le dita
scrivevano una canzone ad un'ignota dama. La mente era ormai
appiattita ed il corpo tremava dal freddo.
Come lei la sera
scorsa.
Come lei la mattina appena svegli.
Si dice che si
incontri l'anima gemella solo quando il cuore è predisposto a
conoscerla.
Ma si dice anche che spesso, i due frammenti dello
specchio non si ricongiungono quasi mai.
L'unica cosa calda
in quella stanza sono l'inchiostro caldo sul foglio e l'ultima
scintilla dell'ultima sigaretta.
-Her eyes..-