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Autore: Guitarist_Inside    21/09/2013    3 recensioni
Continuavo a correre, addentrandomi sempre più in quel labirinto di alberi. Ansimavo; il fiato cominciava seriamente a mancarmi, ma non potevo fermarmi, non potevo permettermi il lusso di arrestare quella mia folle corsa neanche per un momento. Ogni secondo era prezioso.
Non potevo fermarmi, o mi avrebbero raggiunto.
Non potevo fermarmi, se volevo mantenere almeno una fievole speranza di salvezza.

- Storia nata come One Shot, ma che forse in futuro avrà un seguito -
Edit: **SEGUITO che, a distanza di quasi un anno, ora ho iniziato a scrivere! (Keys To Komorebi)**
Genere: Avventura, Fantasy, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Keys To Komorebi'
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Run Away

.Running Away.

Continuavo a correre, addentrandomi sempre più in quel labirinto di alberi. Ansimavo; il fiato cominciava seriamente a mancarmi, ma non potevo fermarmi, non potevo permettermi il lusso di arrestare quella mia folle corsa neanche per un momento. Ogni secondo era prezioso.
Non potevo fermarmi, o mi avrebbero raggiunto.
Non potevo fermarmi, se volevo mantenere almeno una fievole speranza di salvezza.
Dovevo correre, correre e ancora correre.
Non avevo idea di dove stessi andando; l'unica cosa che sapevo era che non potevo tornare indietro. E che loro continuavano incessantemente a seguirmi.
L'oscurità era sempre più fitta, a stento riuscivo a vedere dove mettevo i piedi. Purtroppo, però, la loro vista era assai migliore della mia: il buio non creava loro alcun problema e, mentre io incespicavo sempre più, loro guadagnavano terreno.
Li sentivo sempre più vicini: dovevo muovermi o mi avrebbero catturata.
I rami mi ferivano il volto e mi graffiavano braccia e gambe, ma non riuscivano a fermare la mia corsa disperata. Il sapore ferruginoso del sangue mi impastava la bocca, ma non avevo tempo per curarmene. Dovevo solo continuare a correre, senza fermarmi né voltarmi indietro.
Ogni passo diventava però sempre più faticoso; le gambe erano sempre più pesanti, il respiro sempre più affannoso, la vista sempre più affievolita, i rami e l'oscurità sempre più fitti.
Non avevo idea di dove dovessi andare, così come neanche di dove mi trovassi e di dove terminasse quel dannato bosco. Ci ero entrata nel tentativo di far perdere loro le mie tracce, ma a quanto pareva, l'unica persona che quel labirinto buio metteva in difficoltà, ero io.
Svoltai bruscamente a sinistra, facendomi strada tra un groviglio di rami e rovi, per poi cambiare nuovamente direzione. Avevo perso ormai del tutto il senso dell'orientamento; la mia unica guida era la forza della disperazione, la stessa forza che mi spingeva a non fermarmi e a continuare nella mia folle corsa, l'impulso vitale che mi esortava a non abbandonare la speranza di salvezza.
Aguzzai la vista per tentare di scorgere qualcosa, oltre al profilo dei soliti tronchi e rami che spuntavano dalle tenebre, ma non riuscii a vedere nulla di più: sembrava che quel bosco e quell'oscurità si estendessero all'infinito.
Tesi le orecchie, cercando di concentrare il mio udito sui rumori circostanti e non sul rumore sconnesso dei miei passi, del mio respiro e del mio cuore che martellava all'impazzata. Anche questa volta, però, non udii null'altro, fuorché il rumore non troppo lontano e inquietante dei loro passi e dei loro respiri. Non si azzardavano a perdere terreno, anzi.
Ero stanca morta, ma non potevo permettere che la parte di me che voleva arrendersi e mollare tutto avesse la meglio. Non poteva finire così. Non volevo che finisse così.
Continuavo imperterrita a correre, facendo appello alle forze che mi rimanevano.
Riuscii per miracolo a saltare un tronco caduto che scorsi solo all'ultimo minuto, a causa dell'oscurità che diventava sempre più fitta e quasi impenetrabile. Poco dopo fui costretta a deviare nuovamente il mio percorso, dato che, nella direzione che stavo tenendo, il bosco era diventato ormai impenetrabile con la sua quantità impressionante di tronchi abbattuti, rami ovunque, liane che spuntavano come fruste, e una massa di arbusti e alberi sempre più compatta.
Eppure, continuavo a correre, a scappare da quegli inseguitori così assurdamente tenaci. Non avevo idea di cosa fossero esattamente, ma potevo percepirne distintamente l'ostilità nei miei confronti. Non erano certo i tipi con cui fermarsi a scambiarsi due parole e far conoscenza. No, erano l'esatto opposto, ne ero certa.
L'unica cosa che potevo fare era continuare a correre, senza mai fermarmi, sperando di poter vedere di nuovo, improvvisamente, la luce.



EDIT: A distanza di ben 10 mesi (meglio tardi che mai!), questa One-Shot è diventata il prologo di un altro mio racconto: Keys To Komorebi

   
 
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