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Autore: 9dolina0    22/09/2013    12 recensioni
Storia partecipante al contest "This is Silly - non prendiamoci sul serio!", indetto da Chappy_ sul Forum di EFP.
Re Enma, stanco e annoiato dal suo monotono lavoro, decide di staccare per qualche minuto la spina e di andare a curiosare tra i meandri del Basso Inferno per vedere come se la passano i suoi dannati. Il dio, convinto di trovarsi davanti sofferenza e dolore, rimane invece sbalordito nello scoprire che...
Estratto dal testo:
«Va bene, ora taci! Fammi vedere un po’ che succede… Ah, eccoli! Sono tutti là i miei dannati! Freezer, Re Cold, Re Vegeta, il principe Vegeta, Bul… Bulma?! Cosa diavolo ci fa lei nel Regno degli Inferi?»
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Baba, Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi di questa storia non sono di mia invenzione, ma appartengono ad Akira Toriyama

 

 

Il duro mestiere di dio

 

Re Enma non ne poteva più.

Da quando anche l’ultimo guerriero dell’ormai leggendaria squadra Z era passato a miglior vita, la noia aveva iniziato a invadere il suo plurimillenario ufficio, rendendo sempre più cupo l’umore del sommo giudice dell’Altro Regno.

Erano finiti i tempi in cui ogni quattro o cinque anni si presentava al suo cospetto qualche spietato pluriomicida con megalomani manie di grandezza; erano finiti i tempi in cui, di tanto in tanto, l’ancora arzillo Re Enma doveva firmare le carte per spedire Crilin in Paradiso. E che dire, poi, del continuo via vai di eroi che aspiravano a percorrere tutto il Serpentone? Non era rimasto più nulla di quelle giornate mai monotone, né da allora l’ufficio di Re Enma aveva mai rischiato la distruzione per colpa del pazzoide di turno eliminato da Goku. In quel momento, provava nostalgia persino per Cell e Freezer. Chissà come se la stavano cavando nei meandri del Basso Inferno! Chissà se anche loro, come tutti gli altri dannati, avrebbero donato l’anima pur trovare un minimo di sollievo!

Pensandoci bene, erano diversi secoli, ormai, che il sommo giudice dell’altro Regno non andava a sbirciare nella sfera di Baba. Forse, l’ultima volta risaliva a quando, seppur a malincuore, fu costretto a spedire all’Inferno il principe dai saiyan.

 

La porta dell’ufficio si aprì improvvisamente; i pensieri dell’annoiato dio si dissolsero all’istante.

«Mi scusi, Re Enma, qui fuori ci sono almeno tre o quattromila anime in attesa di essere giudicate» proferì con tono leggermente infastidito il povero guardiano che da circa un millennio tentava di tenere a bada la fila.

«Non ora, non vedi che ho da fare?» rispose Re Enma con poca convinzione.

«A me sembra piuttosto che lei stia poltrend…»

«Osi forse mettere in dubbio le mie parole?» L’interruzione, repentina e piuttosto polemica, ebbe l’effetto di far saltare il povero guardiano, certamente abituato a tutto ma non a una risposta tanto sgarbata.

«Mi… mi scusi, io non volevo  sembrarle inopportuno, però…»

«Fa’ una cosa: renditi utile e va’ a cercare Baba! Lascia perdere quelle quattro anime starnazzanti là fuori e portami qui la strega il prima possibile!»

Il povero guardiano abbassò la testa e uscì, senza nemmeno replicare. Capitava raramente, certo, ma quando Re Enma era un po’ troppo nervoso, non c’era niente di meglio da fare che assecondarlo in ogni suo capriccio.

 

***

 

Baba se la rideva di gusto mentre un inferocito Re Enma cercava di sintonizzare la sfera della vecchia megera sulle frequenze del Basso Inferno.

Un vero impedito!

Millenni e millenni passati a fare il sommo giudice dell’Aldilà avevano completamente atrofizzato le sinapsi del vecchio dio. Possibile che non riuscisse davvero a far funzionare quello stupido aggeggio? E sì che la sfera di Baba non era nemmeno un modello troppo recente. 

La strega si avvicinò a lui con fare sconsolato.

«Oh, ma insomma! Quanto ti ci vuole? Non è che alla fine me la pure rompi?»

Re Enma, più nervoso che mai, prese la sfera e la restituì alla legittima proprietaria.

«Fa’ tu, allora, basta che ti dai una mossa e riesci a farmi vedere l’inferno!»

«Va bene! Eccoti accontentato,» controbatté la strega, «ma la prossima volta, vedi di alzarti da quella maledetta sedia e di muovere il sedere! Dato che sei il sommo giudice dell’Altro Regno, potresti anche andare personalmente a controllare cosa combinano i tuoi dannati!»

«Non ho tempo, capisci? Non vedi quante anime ci sono lì fuori in attesa?»

«Oh, certo… e a giudicare da quanto tu ti stia prodigando per loro, temo che marciranno qui fuori prima ancora di giungere all’Inferno!»

«Va bene, ora taci! Fammi vedere un po’ che succede… Ah, eccoli! Sono tutti là i miei dannati! Freezer, Re Cold, Re Vegeta, il principe Vegeta, Bul… Bulma?! Cosa diavolo ci fa lei nel Regno degli Inferi?»

 

***

 

Napa aveva fame. L’essere morto non aveva affatto aiutato il suo stomaco a trovare la pace dei sensi.

Da diversi anni ormai, da quando il principe aveva fatto il suo trionfale ingresso nel Regno degli Inferi, il vecchio saiyan aveva deciso di darsi alla pigrizia più totale. D’altra parte, fare lo spavaldo quando in giro per l’inferno c’erano anche Freezer e suo padre non conveniva affatto a uno che nella propria vita non aveva fatto altro che leccare i piedi al prepotente di turno, senza mai riuscire davvero a incutere timore in qualcuno. E la venuta di Vegeta lo aveva definitivamente buttato giù di morale, rendendolo un inutile dannato che occupava eternamente il proprio posto sul suolo infuocato.

Freezer, dal canto suo, era ormai arcistufo di dover tenere sotto controllo i componenti dell’ex squadra Ginew. Quei cinque poveri idioti non facevano altro che andare a disturbare coi loro patetici balletti quell’androide pseudo antropomorfo di Cell, guadagnandoci ogni volta un braccio rotto o una caviglia gonfia. Sfortuna volle che all’Inferno gli arti potevano rigenerarsi uguali a sé stessi per l’eternità; e a Freezer ogni volta toccava l’umiliante impresa di andare a calmare Cell.

Eppure, c’era chi apprezzava quei balletti scoordinati e platealmente ridicoli: Majin Bu sembrava davvero non poter fare a meno del suo spettacolino quotidiano. E cosa poteva esserci di meglio se non concedersi la visione di quei cinque ballerini improvvisati, sgranocchiando, magari, qualche succulenta anima infernale, trasformata per l’occasione in una bella fetta di torta?

I saiyan avevano la nausea per tutto questo.

Il loro temperamento decisamente altezzoso e facilmente irascibile non faceva di certo bene ai vani tentativi di convivenza civile che i demoni dell’altro Regno erano costretti ogni giorno a intraprendere. Non c’era verso che quegli scimmioni si dessero da fare per collaborare in qualche attività: non ripulivano mai il lago di sangue, non spazzavano via le cacche lasciate da Majin Bu, non facevano mai la spia quando Pilaf tentava – inutilmente – di lasciare l’Inferno per tornare sulla Terra alla ricerca delle sette sfere del drago.

Come se non bastasse, ogni tanto il dottor Gelo riusciva a mettere a punto qualche nuovo cyborg. Niente di particolarmente pericoloso in realtà – non da quando anche Vegeta abitava all’Inferno – ma anche quegli inutili pezzi di metallo contribuivano non poco a disturbare la delicatissima quiete di Cell e l’equilibrio psicologico dei saiyan.

 

Quel giorno di tutto si poteva parlare, tranne che di monotonia.

Bulma aveva fatto di nuovo il suo ingresso nel Regno degli Inferi dopo sole due settimane dall’ultima visita.

E ogni volta lo spettacolo si rivelava estasiante.

Erano davvero poche le anime dannate che non perdessero qualche litro di bava dietro le morbide e armoniose forme della bella moglie del principe dei saiyan. Persino i demoni si compiacevano alla vista di quello spettacolo!

Bulma giungeva sempre quando la luce dell’inferno era un po’ meno cupa; lasciava a terra la sua aureola dorata e si avvicinava lesta ed elegante al suo uomo.

Nessuno aveva mai davvero osato mettere le mani addosso a quella splendida creatura; tutti dovevano accontentarsi di posare su di lei solamente lo sguardo. Certo, se non fosse stata la moglie di Vegeta ma di un qualunque altro stupidissimo dannato, Bulma non avrebbe avuto ancora due braccia e due gambe attaccate al corpo; ma d’altra parte lei era la donna del principe dei saiyan, e per quanto anche i sottoposti di quest’ultimo manifestassero nei loro arditi pensieri apprezzamenti non troppo innocenti, nessuno aveva mai avuto il coraggio davvero di dire anche una sola mezza parola relativamente a quella splendida donna.

Bulma e Vegeta sparivano dalla vista degli altri dannati per qualche ora, senza che nessuno si preoccupasse di dove andassero a finire. In fondo, che importanza aveva scoprirlo se poi, al loro ritorno, la donna tornava sempre con decine di capsule contenenti enormi botti di vino?

Era sempre così che andava a finire: per quanto i demoni posti a guardia dell’Inferno cercassero di mantenere un certo ordine e decoro, le visite di Bulma finivano sempre per concludersi con una bella sbronza di gruppo. Ed ecco che la squadra Ginew si rimetteva a ballare, che Majin Bu si metteva a cantare, che Cell iniziava a vomitare, che i saiyan si trasformavano in scimmioni scambiando la testa di Babidi per la luna piena.

Un vero degrado, insomma.

Ogni tanto, qualche demone pensava che fosse il caso di avvertire Re Enma di quanto stesse succedendo all’inferno, ma i preziosi doni elargiti da Bulma, provenienti direttamente dalle alte manifatture Celesti, avevano sempre provveduto a tappare la bocca ai guardiani. Che male c’era, in fondo, se quella donna aveva voglia ogni tanto di far visita al marito? Si trattava pur sempre di un’anima beata che aveva il diritto di compiacersi per le buone azioni compiute in vita!

Come sempre però, anche stavolta erano tutti ubriachi.

Non c’era niente da fare: nessuna cosa, a pari del vino, poteva far sì che si raggiungesse in poco tempo la pace dei sensi! Chissà come mai, poi, quel giorno anche la madre di Bulma aveva deciso di seguire la figlia nei meandri del Basso Inferno. La signora Brief era di una bellezza disarmante: l’aver finalmente trovato la pace eterna nel Regno Celeste aveva fatto sì che la già affascinante signora riacquistasse una bellezza mozzafiato. Aveva l’aspetto di una splendida trentenne e di sicuro non dimostrava gli ottanta che aveva quando era passata a miglior vita.

La signora Brief non amava presentarsi nelle dimore altrui a mani vuote e, a tutti gli effetti, l’Inferno era una dimora altrui. Aveva sentito tanti racconti da parte di sua figlia circa la vita spassosa che si conduceva al di sotto del Serpentone, e più di una volta aveva tentato di convincere la suddetta a portala in quel luogo così tanto divertente. Non che in Paradiso ci si annoiasse, ma a volte i teatrini messi su da Muten e Jirobay non erano sufficienti a far impennare l’umore dell’intraprendente signora. E allora, tanto valeva ampliare i propri orizzonti; tanto, per quel che ne sapeva lei, alle divinità che sorvegliavano i due Regni, tutto sommato non importava un granché.

 

I dolci prelibati preparati con cura dalla signora Brief avevano riscosso un enorme successo. Persino Re Vegeta, solitamente molto infastidito dalle “incursioni” dei beati nel Regno degli Inferi, sembrava aver gradito parecchio tutto quel ben di Dio.

Il principe se ne stava, come sempre, sdraiato a terra a fianco alla moglie. Non aveva alcuna importanza il fatto che tutti gli altri si stessero dando alla bella vita; lui aveva un solo scopo: godere il più possibile dei fugaci incontri che Bulma gli concedeva.

Appartati dietro un cespuglio a ridosso della sponda ovest del lago di sangue, i due splendidi amanti si erano lasciati andare a effusioni ben poco contenute e a giochi erotici non proprio consoni a un’anima beata. E poco importava che Bulma dovesse mantenere un certo rigore etico e morale: suo marito era un dannato, un fottuto, uno sporco pluriomicida dotato di un fisico mozzafiato e di uno sguardo un po’ troppo seducente per far sì che Bulma rispettasse le noiosissime regole di buona condotta imposte da Re Enma. Che facevano di male, in fondo? Un po’ di sano sesso non avrebbe fatto altro che giovare ai loro umori.

«Erano secoli che non scopavamo, Bulma

«Ah, non esagerare! Ci siamo visti appena due settimane fa!»

«Dici? Be’, evidentemente il tempo da voi scorre più velocemente…»

«Di’ piuttosto che sei un ninfoman…»

Per quanto Bulma tentasse ogni volta di portare a termine una conversazione decente, il principe provvedeva sempre a tapparle la bocca con la propria, gettandola di nuovo a terra e facendola sua per l’ennesima volta. Ci avevano preso gusto, ormai. A entrambi piaceva quel piccolo gioco perverso che conducevano senza sosta da almeno un secolo e mezzo. Tutto sommato, la lontananza cui erano costretti per colpa dei loro diversi destini non era poi così difficile da sopportare, soprattutto se Re Enma fingeva di non accorgersi di ciò che succedeva realmente. O, magari, non lo sapeva davvero? Ma in fondo, che il sommo giudice lo sapesse oppure no, non importava a nessuno, tantomeno a loro due.

 

La signora Brief aveva una gran voglia di cucinare.

Nel Regno Celeste non poteva mai concedersi quel piacevole passatempo poiché, secondo un’idea astrusa di Re Enma, i beati non dovevano lavorare, ma solo godere delle gioie del Paradiso.

Ginew e Guldo, tra l’altro, si erano rivelati degli ottimi assaggiatori.

La splendida signora appariva di una felicità raggiante: mai avrebbe potuto immaginare che il Regno degli Inferi fosse abitato da tanti uomini affascinanti come Vegeta. Finalmente la donna riusciva a capire da chi avesse ereditato suo genero quel fascino sinistro e irresistibile: suo padre, il re dei potentissimi guerrieri saiyan, era dotato di una bellezza a dir poco disarmante! Il broncio perenne, il baffo curato, i pettorali ben visibili… tutto contribuiva a fare di lui un uomo incredibilmente interessante!

La madre di Bulma si avvicinò al re volteggiando su sé stessa con fare libertino e raggiante.

«Gradisce una fetta di torta, o anche una torta intera, maestà?»

L’uomo, riverso a terra e intento a rilassare il cervello – nonostante la confusione intorno rendesse il suo proposito a dir poco utopistico – schiuse gli occhi e inarcò un sopracciglio.

«Vattene, non ho fame.»

«Oh, lei è davvero molto simpatico, sa? È tale e quale a suo figlio!»

Il re non sapeva se prendere quell’osservazione come un complimento oppure no. Suo figlio dopotutto gli aveva recato non poche delusioni, a cominciare dal fatto che, pur avendone avuta la possibilità, non aveva mai tentato davvero di sottomettere al suo volere l’Universo intero. D’accordo, forse quello stupido di Kakaroth glielo avrebbe impedito, ma certo era che in fondo il principe si era abituato al lusso e ai comfort che la sua splendida moglie gli aveva offerto su un piatto d’argento. E che moglie, oltretutto! Un gran bell’esemplare di femmina, arguta e sensuale! Un tipo esigente come suo figlio non avrebbe potuto pretendere di meglio. Certo, quella donna apparteneva pur sempre a una razza inferiore, e i figli che aveva messo al mondo somigliavano molto di più ai terrestri che non ai saiyan.

Da quando, però, il re era stato condannato all’Inferno, aveva perso completamente la voglia di recriminare. Che importanza potevano avere, ormai, le decisioni prese da Vegeta su come condurre la propria esistenza? Di iella, quel ragazzo, ne aveva avuta anche troppa, e forse il matrimonio con una splendida scienziata dal fisico armonioso e longilineo altro non era che la giusta ricompensa per i numerosi torti subiti.

 

Radish beveva, mangiava, e ancora beveva. Poi si accasciava a terra con una qualche femmina disinibita e sfogava su di lei i propri istinti più reconditi. Non era mai stato tanto bene come da quando era passato a miglior vita. A volte sentiva persino l’irrefrenabile impulso di andare in Paradiso e ringraziare personalmente il Muso Verde che lo aveva ucciso!

Aveva una gran voglia di fare sesso, di ridere, di ballare e di ammazzare qualcuno; non c’era nessun filo logico che legasse in qualche modo quei suoi desideri, ma in fondo si trovava all’Inferno… che bisogno c’era di trovare una logica in tutto?

Quando Freezer – già ubriaco da almeno un paio d’ore – si avvicinò a lui, Radish era ancora intento a godere delle grazie di una bella prostituta aliena.

«Tu… tu, saiy… saiyan! Dev… devi andare a… a conquis… ta… re… la… la…»

«Cavolo, Freezer! Ma vuoi metterti l’anima in pace? Sei morto da almeno due secoli e ancora sei in fissa con questa storia della conquista dell’Universo! Fa’ come me… trovati una puttana – o un gigolò, se preferisci – e levati dai piedi!»

Freezer cadde a terra. Il suo equilibrio era davvero troppo precario e la sua mente faticava a produrre ragionamenti sensati. Era… morto? Chi? Lui? Il grande Freezer? Quel pazzo di Radish doveva essere fuori di testa!

«Vedi di… di… obbedi… re, altrim…»

 

«Io vi faccio passare i guai, miserabili dannati senza un briciolo di morale!»

 

Tutti, nel giro di pochi attimi, sembrarono riprendere la lucidità perduta. Bulma sobbalzò da dietro il suo rifugio; Vegeta si ritrasse dal corpo di lei; la signora Brief lasciò cade a terra la torta che voleva offrire al re dei saiyan; Radish scaraventò a qualche metro di distanza da lui la sua bella puttana; Freezer credette di aver ascoltato un messaggio di suo padre; i saiyan, molti dei quali erano ancora trasformati in enormi scimmioni, presero a guardarsi intorno con occhi sbarrati, recuperando, a poco a poco, un minimo di lucidità e un aspetto antropomorfo.

 

***

 

«Guarda che urlare a questo modo non servirà a niente, caro Enma! Ehi, Enma, ma mi stai ascoltando?»

Il sommo giudice dell’Altro Regno era fuori di sé dalla rabbia. A poco servirono i tentativi di Baba di placarlo, sebbene Re Enma scorgesse nelle parole della vecchia megera un non so che di beffardo.

Lui, una delle divinità più importanti e potenti dell’Aldilà, si era lasciato ingannare da quattro fottutissimi dannati, e per di più non si era nemmeno mai accorto delle incursioni di alcuni beati nel Regno degli Inferi.

«E dai, non prendertela così! In fondo, non stanno facendo niente di male! Ogni tanto un po’ di sfogo ci vuole, no?»

«Chiudi quella bocca! Ah, ora mi sentiranno, quei maledetti depravati! Darla a bere così proprio a me… Ma chi si credono di essere?»

Il sommo giudice scattò in piedi dalla propria postazione, facendo cadere a terra Baba. Per la seconda volta si collegò con l’Inferno.

«Statemi bene a sentire, voi tutti! Che ognuno riassuma una posizione decorosa e si rimetta in piedi! E voi due, care le mie terrestri disobbedienti, avete due secondi di tempo per tornarvene in Paradiso, è chiaro?»

Un silenzio confuso e imbarazzante calò sopra le teste dei dannati. Assurdo! Dopo più di un secolo e mezzo di festini, Re Enma li aveva smascherati! E adesso? Cosa avrebbero potuto fare per giustificarsi e per continuare a vivere anche in futuro i loro spassosi eccessi?

 

I guardiani degli Inferi furono richiamati immediatamente presso l’ufficio di Enma.

Tremavano, in parte perché avevano paura dell’enorme mole del dio, in parte perché sapevano di avere la coscienza sporca. Non avevano ancora recuperato la piena lucidità: l’alcool che avevano ingerito era ancora ben lontano dall’aver esaurito i suoi effetti.

I due poveri diavoli fissavano impauriti il volto furente di Enma, distratti solamente da un’impavida Baba che, ai piedi dell’enorme divinità, continuava impunemente a ridersela sotto i baffi.

«Voi, razza di inaffidabili imbecilli! È così che tenete d’occhio la condotta dei dannati?»

I due si scambiarono uno sguardo d’intesa; c’era ben poco da replicare, in realtà, ma la colpa di quella spiacevole situazione non era certo esclusivamente loro!

«Senta, mi duole davvero farglielo notare, Re Enma, ma … Insomma…»

«Stai forse tentando di giustificarti, eh?»

Il povero guardiano che impavidamente aveva preso la parola si raggomitolò sempre di più. Sapeva che stava per gravare su di lui e sul suo collega una pesante punizione, eppure sembrava che non avesse il coraggio di dire esattamente come stessero le cose.

«D’accordo,» proferì inaspettatamente l’altro diavolo, «siamo stati poco vigili e attenti. Però, signor Enma, non avevamo davvero altra scelta! Da quando lei ha condannato al Paradiso il Signore degli Inferi, è diventato estremamente complicato tenere a bada tutte quelle anime inferocite!»

Re Enma trattenne a stento i pugni.

«Stai forse insinuando che la colpa è mia?»

«Be’, ecco… no, non esattamente, però… insomma, lei conosce molto bene quei dannati, giusto? Sa quanto siano irascibili e poco collaborativi! Gli unici momenti in cui sembrano rilassarsi un po’ è quando quella terrestre…»

«Ecco!» lo interruppe il sommo giudice «A proposito di quella terrestre si può sapere come accidenti ha fatto a riuscire a oltrepassare le barriere del Regno degli Inferi?»

I due diavoli si guardarono con fare timoroso. La verità era che non lo sapevano affatto!

«È una scienziata, Re Enma, cosa vuole che ne sappiamo noi dei trucchetti che ha usato?» rispose prontamente uno dei due guardiani.

Re Enma tornò ad accasciarsi sulla propria sedia, mentre un velo di sudore scendeva lungo la sua enorme fronte.

Era stanco, molto stanco.

Quella di andare a sbirciare tra i meandri dell’Inferno non era stata affatto una buon idea! Avrebbe dovuto ascoltare il tizio messo a guardia delle anime in fila e mettersi a lavorare seriamente! Accidenti a Goku e ai suoi amici! Erano sempre loro la fonte di tutte le preoccupazioni del povero dio! Anche dopo svariati anni dalla loro morte, riuscivano comunque a creare scompiglio nell’ordine supremo dell’Altro Regno! E sì che Piccolo lo aveva avvertito; e persino Kaioshin il Sommo gli aveva intimato più volte di prestare maggiore attenzione a quegli imprevedibili disgraziati! Ah, gli pareva persino di sentire le parole di quell’anziana divinità… sei un idiota! Te l’hanno fatta sotto il naso! Non sai fare il tuo mestiere «Dovresti vergognarti di come gestisci i due Regni dell’oltretomba!»

Il dio sussultò.

No, quell’ultima frase non era il frutto della sua mente stanca e annebbiata. Abbassò lo sguardo sotto di sé e, ai propri piedi, a fianco alla strega, scorse la minuta figura di Kaioshin il Sommo.

«La prego, Kaioshin, non sono proprio dell’umore adatto per sorbirmi i suoi rimproveri! Sistemerò tutto in men che non si dica, parola mia!»

«Mi chiedo come diavolo  farai, Enma, visto che ormai la situazione è del tutto fuori dal tuo controllo!»

Il giudice si alzò di nuovo, prese a girovagare per la stanza, e iniziò a riflettere ad alta voce.

«Be’, si potrebbe aumentare il numero dei guardiani, o magari rafforzare l’intensità delle barriere che dividono i due Regni, oppure…»

«Che ne pensa di una bella bevuta?»

«Sì, ecco! Una bella bevuta è senz’altro la soluzione perfetta per…»

Re Enma ebbe un sussulto. Chi diavolo aveva parlato?

Si voltò in direzione della porta che conduceva al Regno degli Inferi – lasciata imprudentemente aperta dai due guardiani – e scorse la figura elegante e molto piacevole della signora Brief.

«Oh, accidenti! Tu non puoi stare qui! Ti avevo ordinato espressamente di…»

«Lo so, signor dio, ma vede… vi ho sentiti urlare e ho pensato che aveste bisogno di rilassare un po’ i nervi!»

Kaioshin il Sommo si precipitò in prossimità dell’affascinante signora. C’era poco da fare: la bellezza femminile continuava a essere il so unico punto davvero debole! Era estasiato da quella visione: raramente gli era capitato di incontrare una così avvenente signora in carne e ossa. Be’, in effetti carne e ossa non ne aveva più, ma la sua anima riluceva ancora splendidamente e le sue forme perfette erano ancora piacevolmente evidenti.

«Hai fatto benissimo, tranquilla! Il vino è il rimedio migliore contro il cattivo umore!»

Il dio sottrasse la bottiglie dalle mani della signora, fece partire il tappo – che colpì in fronte Baba – e poi iniziò a bere smoderatamente.

In poco tempo, tutte le creature presenti nell’ufficio del sommo giudice dell’Altro Regno erano completamente ubriache. Persino Re Enma, che di discutere di nuovo con Kaioshin non ne aveva affatto voglia, si abbandonò ai piaceri dell’alcool.

Tutto in quel luogo sacro ormai profanato rispecchiava il profondo cambiamento intervenuto negli ultimi secoli: la distanza tra divinità e mortali si era fatto sempre più labile; il confine tra bene e male tendeva troppe volte ad essere poco netto; i concetti di premio e punizioni sembravano avere dei connotati sempre più personalizzati.

Re Enma non avrebbe voluto, davvero, ma la situazione lo aveva avvinto. Tentare di mettere un freno alla libidine dei dannati e alle loro promiscue abitudini sembrava un’impresa a dir poco titanica. Avrebbe dovuto continuare a far finta di niente, dunque? Forse… Ma una cosa era sicura: quello era il momento di ubriacarsi, non di pensare alle implicazioni del proprio duro mestiere!

 

FINE

 

 

 

Angolo dell’autrice

 

Momento serietà: ON

Questa fanfic non affronta grandi tematiche, non è intrisa di drammaticità, né pretende di arrogarsi una qualche serietà.

La verità è che avevo una voglia matta di scrivere qualcosa di molto “leggero”, che potesse – e spero di esserci riuscita – strappare un sorriso ai miei lettori.

Qualche piccola precisazione è comunque d’obbligo: l’idea che i saiyan si trasformino in scimmioni guardando la testa pelata di Babidi è venuta dalla prima serie di Dragon Ball, nella quale l’uomo Lupo riesce a riprendere le proprie sembianze antropomorfe fissando la testa di Crilin; il Majin Bu di cui parlo è quello magro! Sono assolutamente certa, infatti, che quello grasso, nonostante abbia commesso diversi omicidi, sia comunque stato risparmiato per la sua infantile ingenuità.

Detto questo, spero proprio che la OS vi sia piaciuta! Non sono molto ferrata in questo genere di storie, ma mi auguro che comunque il risultato sia stato apprezzabile! Un grazie di cuore a chiunque abbia letto questa fanfic! :*

 

9dolina0

 

   
 
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