Fanfic su attori > Alex Pettyfer
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Autore: Aissela_    23/09/2013    2 recensioni
Jonathan Rider è un comune diciannovenne di Seattle che ama stare in compagnia degli amici e uscire con le belle ragazze il sabato sera. Ma appena i suoi genitori rimangono coinvolti in un incidente mortale, la vita di Jonathan cambia radicalmente. Viene affidato ad uno degli orfanotrofi più duri del Paese, non avendo più nessun parente ancora in vita. Jonathan si trova costretto a fuggire dalla città, a lasciare i suoi amici e a cambiare nome pur di non finire in orfanotrofio. Inizia così un viaggio verso Miami, una delle più grandi città dell'America, piena di misteri e verità con cui Jonathan dovrà fare i conti. E' proprio qui che scoprirà di non essere un ragazzo qualunque, e che alcune persone farebbero di tutto per arrivare a lui.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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13. I miei poteri

Appena aprii gli occhi vidi una luce accecante che entrava nella stanza. Ero sdraiato sul mio letto, ancora vestito come il giorno prima. Non ricordavo bene cosa fosse successo i giorni precedenti, ma appena vidi le ferite delle corde sui miei polsi ricordai tutto. E se era tutto vero, allora significava che Vince e Mia erano degli esseri magici. E forse anche io. Scrollai la testa nervosamente e decisi di andarmi a fare una doccia calda.

Dopo essermi asciugato e vestito con abiti puliti, scesi in cucina ma non trovai nessuno. C'era solo un biglietto poggiato sul tavolo. "Se hai fame nella credenza ci sono dei biscotti. Siamo andati a fare spese. Vince e Mia." Bene. Dopo tutto quello che era successo loro se ne andavano in giro a fare spese. Come se fosse normale essere dei "Potenti" o qualsiasi altra cosa fossero! Poi mi venne in mente Sarah. Dovevo assolutamente scusarmi con lei. Presi il cellulare e uscii di casa.

Cominciai a correre quando ero a metà del parco davanti al bar. Appena arrivai davanti alla porta vidi dalla vetrata che Sarah stava parlando con il signore anziano che lavorava con lei, il proprietario del bar. Piangeva. Non c'era nessun altro nel bar. Decisi di entrare subito. Appena mi vide lei si zittì, guardandomi con un'espressione tradita. Il signore invece si mise davanti a lei e mi disse con tono minaccioso: "Vattene, ragazzo. Hai già fatto abbastanza." Io però non lo ascoltai. Continuavo a fissare lei, che guardava in basso e si contorceva le mani per il nervosismo. "Non posso andarmene, devo parlare con lei." dissi rivolgendomi a lui. Poi continuai. "Sarah, io..." dissi, ma non riuscii a finire la frase, perché il barista aveva già fatto il giro del bancone e mi si era piazzato davanti. Mi spingeva con insistenza verso la porta, prendendomi per la t-shirt. "Non volevo. Non volevo fargli del male, non so cosa mi sia preso. Da quando ti conosco io... Sono impazzito! Ti prego ascoltami..." dissi io quasi urlando, riferendomi a Sarah. Il barista continuava a spingermi fuori, mentre io opponevo resistenza. "Finiscila! Basta, esci di qui o chiamo la polizia." continuava a ripetere l'uomo. Intanto delle persone si erano fermate fuori dal bar a curiosare, dopo aver sentito urlare. "Lasciami, lasciami andare!" continuavo a ripetere, ma l'uomo non mi mollava. A quel punto una scarica di adrenalina e di rabbia mi pervase. Nessuno poteva impedirmi di parlare con Sarah, nessuno. Lei era qualcosa di speciale per me, lo sentivo. Era diversa. Così chiusi la mano a pugno e colpii il barista con tutta la forza che avevo, in piena faccia. Questo cadde all'indietro, mezzo svenuto, con il naso sanguinante. Lo fissai per vari secondi a bocca aperta. Non riuscivo a credere di averlo fatto davvero. Un conto era picchiare Dylan, che aveva dato fastidio a Sarah per anni, un altro era picchiare un povero signore anziano che cercava di proteggere una ragazza. Io non volevo farlo. Era come se avessi perso il controllo del mio braccio. Mi guardai intorno e vidi che alcune persone fuori dal bar mi guardavano con aria impaurita e fissavano l'uomo a terra con orrore. Intanto Sarah si era portata la mano alla bocca e mi guardava con gli occhi spalancati. La raggiunsi dietro al bancone, ma lei si ritraeva, scuotendo la testa. "Sarah, ti prego..." dissi io, porgendole la mano. Lei continuava a singhiozzare e fissava la mia mano. "Vieni con me, giuro che non voglio farti del male." dissi con il tono più tranquillo che abbia mai usato. Era la verità. La guardai con occhi speranzosi, pieni di fiducia. Lei mi guardò dritta negli occhi, poi finalmente prese la mia mano e io cominciai a correre fuori dal bar, trascinandomela dietro, tra gli sguardi curiosi e impauriti delle persone per strada.

"Basta John, non riesco più a correre." mi disse Sarah, che era a pochi passi dietro di me. Avevamo corso molto, tanto da finire in una specie di bosco dietro ad un parchetto abbandonato. Avevamo tutt'e due il fiato corto e decidemmo di fermarci. Mi poggiai contro il busto di un albero per riprendere fiato. Intanto Sarah si era seduta su una chiazza d'erba poco distante da me. Mi guardava con curiosità. Poi finalmente disse: "Allora, John. Vuoi spiergarmi cosa vuoi?" Io la fissavo, ancora col petto ansimante per la corsa. "Mi dispiace, Sarah. Non so cosa mi sia preso con Dylan. E' solo che appena ho visto come ti ha trattato, sono esploso." Non la guardavo più. Fissavo le mie blazer grigie e bianche. "Ti rendi conto che stavi per ucciderlo? E oggi hai peggiorato ancora di più le cose, lo sai? Non dovevi colpire Albert, lui cercava solo di aiutarmi!" urlò Sarah, in preda alle lacrime. Non potevo vederla così. Lei mi guardava come se fossi un mostro. In effetti mi sentivo proprio così. Mi avvicinai a lei, mettendomi seduto al suo fianco. Mi presi le ginocchia tra le braccia e cominciai a parlare. "Non volevo colpire Albert. Dylan si. Lui lo volevo proprio uccidere. Non so cosa sia successo oggi, in questi giorni stanno succedendo cose strane e non so come spiegarle." confessai. Infondo era la verità: prima vengo rapito da tre strani tizi, poi vengo a sapere che le uniche due persone di cui mi fido sono degli esseri magici e poi scopro che lo sono anche io. In più ci si mettono anche gli attacchi di rabbia improvvisa. "Cosa vuoi dire?" mi chiese Sarah. Aprii bocca per rispondere, ma proprio in quel momento sentii un dolore lancinante provenire dal petto. Mi alzai subito in piedi, cominciando a respirare a fatica. Mi premevo forte il petto, poi cominciarono a bruciarmi le mani, in un modo atroce. Urlai per il dolore, mentre Sarah chiamava il mio nome in preda al panico. Mi poggiai con la schiena contro un enorme masso, mettendomi poi a sedere. Continuavo a sentire dolore in tutto il corpo, poi mi guardai le mani e rimasi a bocca aperta. C'era una strana luce blu che usciva fuori dai palmi delle mie mani e non avevo la più pallida idea di che cosa fosse. Anche Sarah le guardava. Chiusi subito le mani, concentrandomi sul dolore al petto, che si faceva sempre più forte. Intanto Sarah si era avvicinata a me e mi diceva di respirare piano e di stare tranquillo, mentre mi accarezzava il viso. Si vedeva chiaramente che lei non era tranquilla, e non capivo per quale motivo fosse ancora lì ad aiutarmi, dopo aver visto quelle cose. Mi portò una mano alla fronte e poi esclamò: "Oh mio Dio, John. Sei bollente!" Ero in preda al panico. Stavo per morire? Cosa diamine stava succedendo? Mi sentivo sempre più stanco e quasi non sopportavo più il dolore. Continuavo a lamentarmi ma non riuscivo a parlare e per di più mi si chiudevano gli occhi e sentivo molto caldo. Ad un tratto vidi arrivare da lontano due figure nere. Stavo per cedere al sonno, quando vidi che queste due figure correvano verso di me e mi chiamavano per nome. Riconobbi la voce di Vince, un po' preoccupata: "John, ascoltami. Non chiudere gli occhi. Respira piano e concentrati sui tuoi poteri." I miei poteri?! Non poteva essere vero. Eppure non c'era altra spiegazione. Cominciai a respirare profondamente e dopo pochi secondi il dolore cominciò a diminuire. Poi scomparve totalmente, ma io mi sentii stanchissimo. Aprii gli occhi, piano. Vidi Vince e Mia che mi guardavano sorridendo, mentre Sarah era bianca in viso. "Che cazzo è successo?" chiesi io allarmato. Vince guardò Mia, che annuì fieramente. "Ecco, John, oggi hai acquistato i tuoi poteri." disse Vince. Sarah sgranò gli occhi. Quando aprii bocca per protestare, Vince però disse: "Dobbiamo andarcene da qui, tutti i Potenti hanno avvertito che hai ricevuto i tuoi primi poteri. E' così che ti abbiamo trovato. E ne arriveranno altri. Andiamocene." Mi alzai in piedi dolorante, poi Sarah mi si avvicinò e mi disse sussurrando: "Cosa sta succedendo, John?" Non lo sapevo neanche io. Non sapevo cosa pensare o cosa dire. Sapevo solo che da quel giorno non sarei stato più lo stesso.







Buongiorno bellissimiii :3 Mamma mia quanto tempo è passato! Scusate, ma con la scuola e tutto ho pochissimo tempo :( Oggi sono riuscita a scrivere questo capitolo perché sono a casa con la febbre .-. Perciò spero vi piaccia :3 John comincia ad acquistare i suoi poteri :')

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