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Autore: Raika    24/09/2013    4 recensioni
Sono passati quattro anni da quando gli Snow Kids hanno vinto la Galactik Football Cup. Sono passati quattro anni da quando Bleylok è morto e il Meta-Flusso scomparso.
Ma se il Meta-Flusso non fosse completamente sparito? Se esistesse ancora una persona con esso? Cosa succederebbe se Blaylok, di ritorno dal mondo dei morti, riscisse ad impadronirsene e scoprisse qualcosa che va oltre le sue più rosee aspettative?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Only withRight Person

Il giorno successivo quando Caren aprì gli occhi si sentì molto più leggera e tranquilla. Nonostante il lungo pianto della sera prima aveva riposato perfettamente e adesso si sentiva pronta a voltare pagina: con la conferenza del giorno precedente aveva chiuso un doloroso capitolo della sua vita e non aveva intenzione di riaprirlo mai più.
Lentamente si alzò dal letto, stirando i muscoli intorpiditi, poi fece una lunga e rilassante doccia, dopo la quale ordinò un’abbondante colazione in camera.
L’attesa durò molto meno di quanto si aspettasse, infatti, nel mentre i suoi lunghi capelli biondi finivano di essere spazzolati la giovane sentì due voci battibeccare al di fuori della sua camera, una delle quali aveva una squillante tonalità fin troppo familiare.
«Signorina le ho detto che non può stare qui!» stava esclamando uno dei dipendenti dell’hotel.
«E io le ho detto che la mia amica gioca negli Shadows.»
«Ma questo non l’autorizza a violare un’area riservata.»
«Detto così mi fa quasi passare per una delinquente! Lei è davvero un maleducato sa?!»
Dall’interno della stanza Caren scosse la testa sorridendo, soltanto una persona poteva irrompere al Genesis Hotel infischiandosene delle procedure di sicurezza e mettersi a litigare con la security per far valere i suoi, auto-inventati, diritti.
«Arianne!» la salutò la Shadows aprendo la porta.
Sentendo la sua voce la ragazza dai capelli rossi le gettò entusiasta le braccia al collo esclamando «Caren!»
«Signorina Merensi, mi dispiace moltissimo, ho cercato di fermarla, ma..» si scusò l’impiegato mortificato.
«Non fa niente, è una mia amica.»
La rossa si voltò verso l‘uomo facendogli la linguaccia, poi  tornando a dedicare la sua attenzione a Caren continuò «Quanto tempo!»
«Arianne, ci siamo viste meno di una settimana fa.»  
«Oh, sul serio?» rispose pensierosa la giovane lasciandola andare. «A me sembra passata un’eternità.»
Caren guardò l’amica compiere una complessa serie di calcoli mentali portandosi le dita alle labbra per non perdere il conte e vedendola così concentrata scoppiò a ridere.
Il chiasso provocato causò l’aprirsi di un’altra delle porte del quarto piano, dalla quel emerse un assonnato Sinedd che irritato domandò «Si può sapere cosa avete da urlare tanto?!»
Arianne vedendo il ragazzo, con in dosso soltanto un paio di slip, per poco non svenne e sgranando gli occhi per lo stupore sussurrò «Ma quello.. È davvero Sinedd?»
Il giovane alzò un sopracciglio assonnato, mentre Caren annuì preparandosi all’imminente imbarazzante commento dell’amica, che puntualmente arrivò «E’ davvero uno schianto! Come fai a giocare con uno così e non saltargli addosso?!»
La bionda si portò una mano al volto contrariata, mentre il ragazzo sorrise soddisfatto voltandosi poi verso l’impiegato dell’hotel, al quale si era aggiunto un robot con la colazione.
«Ah, mi hanno pure portato la colazione in camera» disse Sinedd.
«Ehi frena, quella è per me. Ordinatela se la vuoi!» protestò Caren spingendo l’amica nella stanza e facendo cenno all’automa di entrare.
«Che ingrata..» sbuffò il ragazzo.
«Scusa?!» lo fulminò con lo sguardo lei.
«Me ne trono a letto» rispose con un cenno Sinedd ritornando nella sua camera. Poco prima di chiudersi la porta alle spalle però si fermò e voltandosi nuovamente verso di lei aggiunse «Sai, dovresti evitare di uscire così. Sei in una squadra di soli uomini.»
Caren abbassò lo sguardo sul suo corpo, ricoperto soltanto dall’accappatoio che aveva indossato una volta uscita dalla doccia ed arrossì, ma quando fece per rispondere a tono al compagno lui era già sparito.
«Beh.. Dovrete abituarvi a me» sussurrò poi indispettita la ragazza chiudendosi a sua volta la porta alle spalle.
Una volta dentro Caren si voltò verso l’amica sorridendo nel vederla saltellare stupita da una parte all’altra della stanza contemplando tutto con i grandi occhi verdi trasognanti.
«Questa stanza è davvero enorme!» esclamò. «E ha ogni comodità!»
La bionda osservò l’amica saltare dalla tv al computer e alla sofisticatissima doccia sempre più eccitata, poi, come se si fosse improvvisamente ricordata di qualcosa di estremamente importante si fermò, voltandosi verso Caren e correndo ad abbracciarla.
«Arianne» disse la Shadows ricambiando confusa la stretta della rossa. «Apprezzo tutto questo tuo affetto, ma a cosa è dovuto?»
La Ramirer la liberò dall’abbraccio, poi poggiandole le mani sulle spalle disse «Ho visto il servizio di Arcadia News e la conferenza stampa. Mi dispiace.»
Caren fece spallucce, andando poi a sedersi sul letto dove la sua colazione l’attendeva. Aveva deciso che non voleva mai più tirar fuori quell’argomento e così avrebbe fatto, ma a quanto pareva Arianne non era del suo stesso avviso.  
«Come ti senti?» chiese sedendosi di fronte a lei sul letto.
«Bene.»
«Ne sei sicura?» insistette la ragazza poggiando la mano sul ginocchio dell’amica. «Lo sai che con me ti puoi confidare.»
Caren osservò le sottili dita di Arianne accuratamente smaltate sulla sua gamba e sospirando rispose «Sto bene.»
«Caren non mentirmi, so quanto ti sconvolge parlare di tuo padre, figuriamoci averlo di fronte..»
«Arianne» esclamò la bionda interrompendola. «Ho detto che sto bene.»
«Ma..»
«Senti, non voglio più parlarne, okay?! Il passato è passato e come tale deve restare. Adesso devo concentrarmi solo sulla G.F. Cup, a breve ci saranno gli ottavi di finale e non voglio pensare ad altro.»
Arianne annuì abbassando lo sguardo ferita, non le era sfuggito il tono irritato con cui l’amica le si era rivolta, ma soprattutto aveva colto perfettamente la fredda e distaccata sfumatura che la sua voce aveva assunto.
«Okay.. Come vuoi» rispose quindi la rossa.
Caren alzò gli occhi al cielo, sapeva di averla trattata troppo bruscamente senza motivo, infondo lei era davvero in pensiero.
«Mi dispiace.. È solo che.. Parlare di Aarch mi fa male e con la conferenza stampa di ieri mi sono ripromessa di chiudere quel capitolo della mia vita. Per sempre.»
Arianne sospiro giocherellando con le coperte. «Resterà comunque tuo padre..»
«Che mi ha abbandonata.»
«Sai Caren, a volte facciamo cose di cui ci pentiamo e l’unica cosa che desideriamo è poter avere una seconda possibilità.»
«E perché dovrei dargliela?»
«Per non desiderare in futuro di averlo fatto.»
Caren scosse la testa, non le importava assolutamente niente del futuro ormai, in quel momento l’unica cosa che desiderava era concentrarsi sul presente e nel suo presente Aarch non era previsto.

I giorni successivi si susseguirono con una monotona regolarità: ogni mattina la sveglia suonava ad un’ora indecente per prepararli alla sezione di allenamenti mattutini, ad essi si susseguivano alcune ore di pausa al termine delle quali Artegor sottoponeva la sua squadra a nuovi esercizi che si concludevano, per Caren e Sinedd, soltanto dopo la sessione supplementare che il mister gli aveva imposto, riducendo così la loro vita sociale al minimo. Se Caren non fosse stata abituata alle regole ferree che aveva dovuto apprendere vivendo con i pirati, probabilmente avrebbe trovato insostenibile quel ritmo frenetico, ma per sua fortuna le tabelle di marci di Artegor non erano niente in confronto a ciò che Corso le aveva fatto passare.
Con suo grande piacere, la giovane notò che lentamente lo scalpore che la notizia dei suoi natali aveva creato stava via via sparendo, facendo tornare così tutto alla quasi normalità, persino i rapporti con Sinedd ripresero a essere quelli di prima, meno aspri, ma pur sempre conflittuali. I due ragazzi infatti, dopo la sera della conferenza stampa avevano deciso, in un tacito accordo, di non fare più parola di ciò che era accaduto tra di loro in quell’ascensore, quasi come fosse un tabù, quasi come ne temessero le conseguenze; e pur sapendo che lentamente qualcosa stava cambiando a entrambi stette bene continuare così.
Dal canto suo Artegor non provò mai soddisfazione più grande nel vedere che i suoi due pupilli avevano finalmente imparato a convivere civilmente ed ogni volta che una loro azione finiva con mandare il pallone in rete non poteva fare altro che ridere soddisfatto immaginandosi già portare a casa la G.F. Cup.
«Quest’anno la coppa sarà nostra!» esclamò Artegor quando l’ennesimo passaggio di Sinedd a Caren finì in rete. «Per oggi abbiamo finito.»
L’olo-trainer scomparve facendo fuoriuscire i sette giocatori, i quali stanchi, ma soddisfatti si concessero il meritato riposo. Gli unici a rimanere, come di consueto, furono Sinedd e Caren, che dopo aver riprogrammato il macchinario per la loro ora supplementare vi rientrarono nuovamente.
«Invecchierò in questo coso» si lamentò Caren quando l’azzurro cielo dell’olo-trainer comparve nuovamente intorno a lei. «Non pensi che questo cielo artificiale sia soffocante? Sarebbe molto meglio allenarsi in un capo vero che qui.»
«Hai da lamentarti ancora per molto?» le chiese scocciato il ragazzo, portandosi a centro campo.
Lei sbuffò facendogli il verso, poi rassegnata si portò di fronte al compagno, il quale le fece cenno di sistemarsi al suo fianco.
«Oggi cambiamo esercizio» la informò e subito dopo comparvero di fronte a loro l’intera squadra dei Wambas.
La giovane osservò perplessa i giocatori di fronte a sé, poi il suo compagno. «Io e te, contro tutti loro?»
«Esatto.»
«E come pensi di poter tenere testa ad un intera squadra in due?» domandò lei, sempre più scettica. «Tu sei fuori.»
«No, sono il miglior giocatore della galassia» rispose Sinedd e il pallone venne lanciato in aria dando il via alla partita.
«Che presuntuoso..»
Lo Smog circondò il ragazzo facendolo scomparire e ricomparire fino a raggiungere la palla, che spedì senza troppe cerimonie a Caren.
La ragazza, colta impreparata, perse il lancio permettendo ad uno degli attaccanti avversi di impossessarsene, con il conseguente urlare di Sinedd.
«Datti una mossa Caren! Sei si o no una Shadows?! Dimostramelo!»
Lei lo mandò a quel paese mentalmente ed evocando il suo flusso, scomparve per raggiungere l’avversario e portargli via la sfera con più facilità di quanto si sarebbe mai aspettata. Una volta padrona del gioco iniziò a correre verso la porta opposta, evitando con abilità gli avversari e scambiando una serie di passaggi con Sinedd, i quali si conclusero con una rete magistralmente segnata dal poderoso sinistro del ragazzo.
«Visto? Non è poi così difficile» la schernì lui.
«Certo, perché tutto il lavoro pesante lo faccio io» rispose la ragazza, facendogli la linguaccia.
Per tutta la mezz’ora successiva i due Shadows percorsero il campo in lungo e in largo, cercando di evitare che i loro avversari facessero rete e provando a segnare il maggior numero di goal possibile. Contro ogni prognostico la coppia sembrò funzionare meglio del previsto, dando in certe occasione addirittura del filo da torcere ai sei giocatori avversari e concludendo la partita: quattro a tre per il duo Shadows.
«Finalmente!» esclamò Caren lasciandosi cadere a terra quando gli Wambas scomparvero dal campo di gioco.
«Guarda che non abbiamo ancora finito.»
Lei alzò gli occhi al cielo. «Ma tu non ti stanchi mai?»
«Con Artegor come allenatore? Impossibile, nel suo dizionario non esiste la parola stanchezza. Forza, in piedi.»
La Shadows obbedì seguendo il suo compagno fino ad una delle due reti, dove un nuovo esercizio era già pronto.
«Illuminami maestro.»
Sinedd roteò gli occhi, quanto le piaceva fare la sarcastica. «L’esercizio è semplice: dovremo eseguire una serie di passaggi evitando i vari ostacoli che si presenteranno sulla nostra via, fino a segnare.»
Lei annuì e dopo essersi messi in posizione, iniziarono.
I passaggi tra Sinedd e Caren inizialmente furono piuttosto decentrati e insicuri, ma mano a mano che i due ripartivano da cima del percorso divennero via via sempre più precisi e coincisi: ad entrambi bastava guardare l’altro per capire cosa desiderasse, rendendo il loro duo una coppia formidabile.
Quasi tutti i palloni che i ragazzi calciarono in porta finirono in rete, tanto che il computer per aumentare il livello di difficoltà inserì due difensori fissi di fronte alla porta, con scarso miglioramento però.
L’esercizio si concluse dopo un altro quarto d’ora, lasciando i due senza fiato e con altri quindici minuti da occupare, minuti che il talentuoso numero undici aveva già pensato a come impiegare: l’ultimo esercizio, infatti, prevedeva un uno contro uno con se stessi.
«Ehi! Io non sono così presuntuosa» protestò Caren vedendo comparire il suo clone di fronte a sé.
«E’ il tuo ologramma, è programmato per riprodurre fedelmente l’originale.»
«Bé sicuramente il tuo ti rappresenta in pieno» rispose, indicando il superbo Sinedd virtuale.
«Io non mi lamento infatti.»
«Io non mi lamento infatti» sussurrò lei imitando la sua voce e raggiungendo la sua parte di campo, dove la se stessa virtuale l’attendeva.
Caren osservò il suo riflesso fissarla preparandosi alla comparsa del pallone, che quando avvenne, venne prontamente intercettato dall’ologramma.
Indispettita la ragazza evocò il flusso, scomparendo e ricomparendo di fronte alla sé virtuale, la quale però, aspettandosi esattamente quella mossa, la scartò andando dritta in rete.
«Dannazione!» imprecò la giovane, mentre la sua copia le sorrideva trionfante. «Quanto mi do sui nervi!»
«Lo dico sempre io!» le urlò Sinedd dall’altro lato del campo.
«Sta zitto tu!»
Per tutto il tempo che seguì, la Shadows comparve e scomparve per la sua metà campo cercando di intercettare il suo clone, riscuotendo però ben pochi successi. Dall’altro lato neanche Sinedd sembrava cavarsela molto meglio, ma questo non la consolò minimamente, anzi, se possibile, le fece aumentare il nervoso.
Era frustrante vedere quanto se stessa potesse risultare la sua peggior nemica. Con i pirati aveva imparato che la persona di cui si doveva fidare prima di tutto era lei stessa e adesso quello stesso insegnamento, che più di una volta l’aveva tirata fuori dai guai, si rivelava essere il suo maggiore handicap.
«Accidenti!» esclamò la giovane calciando più forte che poté in porta, ma centrando la traversa.
Dopo quell’ultimo tiro Sinedd sentì un urlo di rabbia esplodere per tutta l’arena e sconcertato si voltò: dall’altro lato del campo vide Caren emanare il suo flusso con un’intensità tale da renderlo fitto e brillante. Lo Smog intorno a lei prese a circondarla andando a formare una spirale che si estese via via sempre più in alto,  comportandosi in modo del tutto anomalo. Il flusso degli Shadows, infatti, aveva una consistenza più gassosa, mentre quello che stava evocando la ragazza sembrava quasi elettrico.
Caren però sembrava non accorgersi di quell’anomalia nel suo Smog, continuando ad esternarlo in quantità sempre maggiori, tanto che persino l’egoistico cinismo di Sinedd venne scosso dalla preoccupazione. Preoccupazione che si trasformò in vera e propria ansia quando la giovane, invece, di scomparire e ricomparire a mezz’aria con un lampo di luce, si trasportò circondata da scariche elettriche di un blu-viola intenso e con una forza, molto superiore rispetto a quella che aveva dimostrato fino a quel momento, calciò in rete trasmettendo il flusso allo stesso pallone, il quale sembrava emanare campi di forza che scaraventarono a molti metri di distanza la Caren virtuale, intervenuta per intercettarlo.
«Ma come accidenti..?» sussurrò il ragazzo, osservando la compagna di squadra ancora sospesa a mezz’aria.
Poi esattamente come era comparso, quello strano flusso scomparve lasciando sprovvista la giovane, la quale tornò a terra come se niente fosse.
Caren sentì per un attimo le forza abbandonarla e tutto intorno a lei iniziò a girare, sospirando chiuse gli occhi nell’attesa di sentire il contatto con  il terreno gelato, ma niente di ciò avvenne: Sinedd infatti era appena comparso al suo fianco afferrandola per un braccio ed impedendole di cadere.
«Si può sapere che diavolo era quello?» domandò, lasciando trapelare più inquietudine di quanto volesse far vedere.
«Smog, mi sembra ovvio» rispose lei confusa.
Il ragazzo la fulminò con lo sguardo: ma chi pensava di prendere in giro quella ragazzina?! Ma quando incrociò i suoi grandi occhi grigio-azzurri smarriti, lo stupore sostituì la rabbia: davvero non ne sapeva niente?
«Tu non ti sei accorta di niente..»
«Di cosa avrei dovuto accorgermi?»
Sinedd la guardò sempre più perplesso e per un attimo la possibilità che se lo fosse solo immaginato gli sfiorò la mente, eppure gli era sembrato così reale.
«Evoca lo Smog» ordinò alla fine.
«Cosa?»
«Scatena lo Smog.»
«Perché?»
«Tu fallo!»
«Perché dovrei?!»
Il ragazzo alzò gli occhi  al cielo e velocemente scomparve fino a raggiungere il pallone, che con forza calciò in porta.
Caren lo fulminò con lo sguardo e prima che potesse pensarci lo Smog fluì spontaneo dal suo corpo facendola comparire con un lampo di luce di fronte alla porta, appena in tempo per intercettare il lancio.
«Si può sapere che accidenti ti prende?!» esclamò lei a un Sinedd confuso e frustrato.
Non era assolutamente possibile che se lo fosse immaginato, eppure il flusso di Caren era comparso normalmente.
«Allora?!» insistette la ragazza.  
Sinedd le fece un cenno come a voler scacciare una mosca e lei indispettita fece per lanciargli contro il pallone, ma poco prima che potesse raggiungere il giovane l’olo - trainer scomparve riportandoli nella sala allenamenti dell’hotel.
«Si può sapere che ti è preso là dentro?» domandò Caren, venendo però completamente ignorata dal giovane.
Sinedd, infatti, uscì dalla stanza continuando a pensare a quello strano flusso e convincendosi sempre di più di non esserselo immaginato, ma non riuscendo comunque a darsi una spiegazione.
Caren invece un senso logico non lo trovava in quell’improvviso strano comportamento del suo compagno, il quale però non sembrava intenzionato a dare spiegazioni, era inutile che lei lo chiamasse o gli urlasse contro, Sinedd non la sentiva neanche, o forse la ignorava semplicemente, opzione che, conoscendolo, non era da scartare.
«Sinedd!» urlò alla fine con il tono più disperato che riuscisse ad assumere.
Il ragazzo si voltò preoccupato e, vedendola poggiata al muro, in un attimo fu al suo fianco.
«Che succede?» le chiese poggiandole una mano sulla spalla.
Caren alzò il volto e velocemente afferrò il suo polso, lo trascinò verso il muro, con un colpo secco l’obbligò a divaricare le gambe, poggiò le mani sul suo petto e tenendolo fermo contro la parete si posizionò di fronte a lui.
«Ma che diavolo..»
«Adesso» ordinò Caren. «Non ti muovi di qui finché non mi dici che accidenti ti è preso là dentro.»
Sinedd la fulminò con lo sguardo e lei fece altrettanto, sostenendo il suo sguardo senza problemi. Rimasero in quella posizione per diversi attimi: gli occhi glaciali di lei in quelli scuri di lui, così vicini da poter vedere l’uno il proprio riflesso in quelli dell’altro; così vicini da poter scrutare a fondo nei loro animi; così vicini da poter sentire i loro respiri sulla pelle; così vicini da far accelerare il loro cuore.
«Caren.»
Nel sentir pronunciare il suo nome la ragazza si voltò, incrociando dei caldi occhi castani che stupiti la osservavano.
«Razel» esclamò lei, lasciando andare Sinedd, il quale glaciale domandò «Che diavolo ci fai tu qui?»
La ragazza alzò gli occhi al cielo, era mai possibile che dovesse essere sempre così scortese con tutti?! E indispettita fece per tirargli una botta, ma prima che la sua mano potesse sfiorarlo lui le afferrò il polso, intrecciando poi le dita alle sue.
Razel guardò prima le loro mani, poi loro e quasi ferito chiese «Ho interrotto qualcosa?»
«Non sono affari tuoi» rispose Sinedd e prima che Caren potesse aggiungere altro iniziò a trascinarla via.
«Credo invece che lo diventeranno presto» rispose il biondo afferrando lo Shadows per un braccio.
«Io non credo» rispose lui e la stretta sul polso della ragazza si fece più ferrea.
Razel rise. «Sai, credo che da qui in avanti ci vedremo molto spesso.»   
Sinedd scansò di malo modo la mano del giovane e senza lasciare la presa sulla compagna di squadra riprese per la sua strada.
«Arrivederci Caren.»
«Muoviti» ordinò il ragazzo, impedendole di voltarsi per salutare l’altro.
In meno di un minuto i due Shadows raggiunsero la camera di lei e Sinedd strappandole la chiave magnetica di mano aprì la porta spingendola dentro la stanza.
«Sinedd? Sinedd?»
«Che c’è?!»
«Ti dispiacerebbe lasciarmi la mano? Mi stai facendo male.»
Il ragazzo guardò le loro dita intrecciate e velocemente la lasciò andare, poi senza aggiungere altro tornò verso l’uscita.
Caren guardò allibita il compagno andarsene e d’istinto gli afferrò il polso bloccandolo.
Sinedd di voltò trovandosi nuovamente faccia a faccia con quei grandi occhi azzurro-grigio e per l’ennesima volta il respiro gli mancò.
«Te lo hanno mai detto che sei strano?»
«E a te hanno mai detto che non sai sceglierti gli amici?»
«Per forza, guarda con chi mi trovo a passare buona parte delle mie giornate..»
Il ragazzo sorrise appena, poi tornando serio aggiunse «Sta lontana da Razel.»
«E questo perché?»
«Perché non è quello che vuol far credere di essere..»
Caren inarcò le sopracciglia, senza sapere cosa aggiungere, poi il giovane fece qualcosa di totalmente inaspettato, che la lasciò a bocca aperta. Sinedd, infatti, le portò una mano al volto e delicatamente le sfiorò le labbra con il pollice, poi come se si fosse pentito del suo gesto la lasciò andare uscendo dalla stanza.
«Tu invece sei ciò che fai credere di essere Sinedd?!» gli urlò lei dietro.
«Solo con le persone giuste.»
E anche se probabilmente non glielo avrebbe detto mai, lei era la persona giusta.




..Spazio Autrice..
Ed eccomi qui, di ritorno dal mondo dei morti dopo mesi e mesi di assenza.. direi che mi merito un bel "ma va a quel paese!".
Mi scuso davvero tanto per il ritardo, ma il lavoro mi toglie davvero buona parte delle mie energie e solitamente quando torno a casa crollo sul letto per poi risvegliarmi e uscire di casa di nuovo.. Effettivamente casa mia, mi ha vista davvero poco ultimamente.
Beh, alla fine l'aggiornamente è arrivato.. non è un gran che effettivamente, però di meglio non sono riuscita a fare.
Grazie di cuore a tutti quelli che dedicano cinque minuti della loro giornata a questa storia, ve ne sono davvero grata.
Al prossimo aggiornamento!
Raika.
   
 
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