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Autore: usagainst_theworld    27/09/2013    0 recensioni
Ladri, truffatori e assassini aspettavano la notte in attesa della prossima vittima. Solo che molto spesso trovavano un paio di manette.
Un giovane ispettore in fuga dalla sua città. A una settimana dalla partenza, un sogno premonitore: il rumore di un giocattolo che si rompe e l'apparizione di nove bare bianche. Più in là. ancora aperta, la decima. Vuota.
L'incontro con una donna misteriosa.
L'ultimo caso: nove bambini scompaiono in circostanze non del tutto chiare in varie parti della capitale e vengono ritrovate dalla polizia in piccole bare bianche. Proprio come nel suo sogno.
Riuscirà a scoprire la verità? A salvare il decimo bambino? E se la verità facesse talmente male da non poter essere accettata?
La storia di chi, per non soffrire, fugge e di chi, per lo stesso motivo, uccide.
Genere: Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Il giocattolo rotto
3. Inizia a correre

Verso le otto del mattino arrivarono i signori Matisse, proprietari della casa. Mathias e Yohann osservarono la scena dalla finestra della cucina, mentre bevevano l’ennesimo caffè. Un grosso suv nero entrò a tutta velocità nel vialetto della villa e si fermò appena davanti all’ingresso. La portiera del passeggero si aprì violentemente e Ambre Matisse uscì dalla macchina, raggiunta subito dopo dal marito. La donna aveva sul volto i segni di una notte insonne e la preoccupazione era visibile nei suoi occhi. In quanto all’antiquario, non sembrava particolarmente sconvolto. I due entrarono nella casa accolti da due poliziotti della scientifica che li informarono dell’accaduto. Mathias non dimenticò mai la scena che vide quel giorno.
La povera signora riuscì a percepire appena poche parole, come “rapina”, “morte” e“domestica”, prima di scagliarsi contro il marito urlando a squarciagola e colpendolo con dei pugni al petto. Tutti i presenti furono sorpresi dalla reazione della donna. Ma nessuno di loro poteva capire il dramma che si stava preparando ad affrontare quella famiglia.
Ad un certo punto, quando la donna si fu sfogata, qualcuno le disse che dovevano controllare se mancava qualcosa oltre ai gioielli della cassaforte. Ambre fece per parlare, ma la sua voce si spezzò in gola e lei riprese a singhiozzare. Al suo posto parlò Robert Matisse, che fino a quel momento era rimasto in silenzio: - Non manca niente qui. Solo… solo… - prese fiato prima di finire la frase, come se ciò gli costasse uno sforzo enorme – solo nostro figlio. – E in quel momento la signora Matisse perse i sensi.
Yohann chiamò immediatamente un’autoambulanza e la maggior parte dei presenti assistettero la povera donna. Mathias invece, mantenendo i nervi saldi nonostante la notizia appena appresa, condusse l’antiquario in un’altra stanza per parlare da solo con lui. E non una stanza qualsiasi, ma la camera da letto del bambino.

Si sedettero sul letto del figlio e per una buona mezz’ora Mathias ascoltò in silenzio le lacrime di Robert, che fino a quel momento avevano faticato ad uscire. Nessuno li venne a disturbare o si curò di loro. Rimasero lì, senza dirsi una parola. Quando in lontananza si udì il rumore della sirena dell’autombulanza, attutito dai vetri spessi della camere, il signor Matisse si decise a parlare: - Perché Mathias? La vita non mi darà un’altra possibilità. Ho sbagliato tutto. Due volte. Non sono degno di fare il padre. - Mathias, abbracciò l’uomo con tutta la forza che aveva e sussurrò al suo orecchio: - Non hai sbagliato niente. Prometto che te lo riporterò. Vivo. - Sul viso dell’uomo si dipinse un sorriso ironico - Ti prego Mathias, so meglio di te come vanno queste cose. Non fare promesse che già sai di non poter mantenere. –
E la cosa peggiore era che Robert aveva ragione. Un assassino che si diverte a sfigurare una povera donna, può mai provare pietà per un bambino? Probabilmente si trattava di un malato, di un sadico e anche lui, nel profondo del suo cuore, non credeva alle sue stesse parole. Ma avrebbe rischiato la sua vita, pur di riportare il bambino a casa.
-Cosa avete trovato?- la voce del signor Matisse lo scosse dai suoi pensieri. - Scusa, Robert, ma le indagini sono appena iniziate e io non potrei... – non finì la frase perché la riteneva fuori luogo, ma quella era la prassi. - Allora significa che non hai bisogno di me … - si alzò bruscamente dal letto e fece per dirigersi verso la porta, ma tempestivamente l’ispettore lo bloccò. – No! Si tratta di tuo figlio, hai tutto il diritto di sapere. Sono uno sciocco, perdonami. – si schiarì la voce prima di continuare, mentre l’altro stava riprendendo posto accanto a lui – Vedi, è tutto complicato. All’inizio sembrava una rapina ed infatti la vostra cassaforte è vuota. Tutti hanno pensato che la domestica si trovasse lì per puro caso e che i ladri l’abbiano uccisa per non avere testimoni. La realtà dei fatti è risultata ben diversa. Chi è entrato in questa casa aveva l’unica intenzione di uccidere, e non di rubare qualche gioiello come ci voleva far credere. –
- Quindi tu pensi che la rapina sia stata solo un diversivo? – chiese esitante l’antiquario.
- Ne sono certo. – rispose seccamente l’ispettore. – Ma c’è di più. La domestica… - Robert lo interruppe – Pari, si chiamava Pari. –
- Va bene, possiamo dire che l’assassino si è divertito con Pari prima di ucciderla. – disse tutto d’un fiato. In questi casi odiava proprio il suo lavoro. Sperava che Robert non facesse altre domande. Ma naturalmente, non fu così.
- Non capisco … si è divertito? – chiese perplesso l’uomo.
- Sì insomma … a quanto pare abbiamo a che fare con una personalità piuttosto strana perché … il viso della domestica – l’altro gli lanciò un’occhiataccia – sì, di Pari, è stato ritrovato completamente sfigurato e all’interno della sua bocca mancava qualcosina. Beh, non proprio qualcosina … le ha tagliato la lingua. Poi c’è la questione del ventre, dove l’assassino ha lasciato un segno. Una “x” fatta di sangue. – il padrone di casa a udire queste parole getto gli occhi al cielo e si coprì la bocca con le mani – Mon dieu, mon dieu, mon dieu … - continuava a ripetersi tra sé e sé. Mathias lo fissò attentamente mentre l’uomo continuava la sua cantilena. Sembrava un uomo vecchio, molto di più rispetto alla sua effettiva età, e stanco, come gli operai che hanno trascorso tutta la loro vita chiusi in una fabbrica. La debole luce che filtrava dalle finestre attraverso le spesse tende e illuminava per metà la stanza permetteva di scorgere ogni particolare del suo volto. Le rughe, le occhiaie, i capelli e le sopracciglia ormai bianche, i muscoli della sua possente mascella, persino le minuscole cicatrici dell’incidente di quella notte … Mathias ordinò ai brutti pensieri di lasciarlo in pace.
- Avete almeno qualche pista? – chiese l’antiquario improvvisamente.
- No, in realtà no, è per questo che… - ma l’altro iniziò ad urlare – Non avete un sospetto? Neanche uno straccio di prova? Ma è il vostro lavoro! Mio figlio è nelle mani di un pazzo e voi non sapete da che parte iniziare? – Mathias fu costretto a sua volta ad urlare per sovrastare la voce del signor Matisse – Aspetta! Non ho finito! Fammi parlare! – lui si calmò ed annuì debolmente – La scientifica non ha trovato nulla. Qualcuno ha ripulito tutto prima di andarsene. Significa che l’assassino, o gli assassini, sapevano di aver tanto tempo a disposizione perché i padroni di casa erano in viaggio. Ma evidentemente non si aspettavano di trovare una domestica e il figlio dei proprietari in casa. Non rientrava nei loro piani. –
- E’ perché uccidere Pari in un modo così brutale? E il mio piccolo Léo? Perché l’hanno portato via? Come fai ad essere sicuro che siano più persone? – domandò a raffica.
- Procediamo per gradi. Alla prima domanda ancora non so rispondere, ma credo che l’autopsia ci chiarirà molti dubbi. Probabilmente Léo è stato rapito per avere un riscatto e per ultimo, non credo che una sola persona sia capace di architettare e compiere tutto questo. Hai nemici, qualcuno che ti ha giurato vendetta? – chiese Mathias.
- Siamo a Parigi, ragazzo. Persino il mio postino mi ha giurato vendetta, come dici tu. Sono un uomo importante nella capitale e ho tanti rivali, ma non credo che nessuno di loro possa spingersi a tanto. – rispose Robert.
- Sono convinto che si tratta di qualcuno che ti conosce bene. E conosce bene me. E che probabilmente sa dell’incidente. – azzardò l’ispettore.
- Cosa ti spinge a pensare a questo? – commentò pensieroso. - Lo so, lo so, perché … - prese il libro dalla sacca e strappo la prima pagina e la porse all’uomo. Aveva deciso di non mostrarlo a nessuno, ma per lui poteva fare un’eccezione. D’altronde il biglietto diceva esplicitamente “Salutami l’antiquario quando lo vedi” quindi era obbligato a metterlo al corrente di quel piccolo segreto.
Robert lo lesse tutto d’un fiato e quando ebbe finito un’espressione indecifrabile comparse sul suo volto.
- Lui sa. – disse semplicemente.
- O loro sanno. – lo corresse Mathias – l’ho trovato sulla prima pagina di un libro, nella stanza da letto dov’è stata ritrovata Pari. Nessuno lo aveva ritenuto un particolare importante e invece al momento è l’unica prova che abbiamo. –
- Di che libro si trattava? – chiese l’antiquario.
- Un libro molto vecchio e consumato. Il titolo era quasi illeggibile, ma io sono riuscito a capirlo: La caccia al tesoro. – spiegò l’ispettore.
- Non ho mai letto né tantomeno comprato un libro del genere. – si alzò di scatto e andò ad affacciarsi alla finestra. Anche Mathias si alzò ma si diresse verso l’uscita – Abbiamo finito per ora. Adesso vai a trovare tua moglie in ospedale, ha bisogno di te. –
Sull’uscio, la voce del signor Matisse lo bloccò – Léo ha poche speranze. Sarà una corsa contro il tempo. Inizia a correre, Mathias. -
L’ispettore non si voltò a guardarlo, ma proseguì per la sua strada come se non avesse sentito .E invece quelle parole gli si impressero nella mente e, lui non poteva ancora saperlo, non sarebbe stato facile mandarle via.

Al piano terra lo stavano aspettando Yohann e un ragazzo della scientifica. Il poliziotto si diresse subito verso Mathias, non appena lo vide, con un’espressione piuttosto adirata.
– Ma sì, prendiamocela con comodo, sono solo più di quattro ore che siamo qui! –
-Yohann stavo chiedendo a… - l’altro l’interrupe – Per fare due domande non ci vuole tutto questo tempo, neanche per gli interrogatori dei criminali peggiori! Adesso dovremo attraversare tutta la città e se arriveremo in ritardo sarà solo colpa tua! Tua, Mathias! –
- Calmati, amico. Mi assumo tutte le responsab… Aspetta, dov’è che dobbiamo andare? – chiese il giovane.
- In commissariato! So che la tua testa è già altrove, ma ti ricordo che fin quando sei in questi confini hai un superiore a cui ubbidire! – continuò alterato Yohann.
- Va bene, ora usciamo, prendiamo la tua macchina… - l’altro rispose con un’occhiataccia e Mathias subito aggiunse – guido io così non ti stanchi e speriamo di arrivare il più presto possibile.D’acord?
- D’acord. – rispose con aria indifferente.

Lasciarono insieme il luogo del delitto e in poco tempo arrivarono sotto casa di Mathias. Non si scambiarono una parole. “Certo che Yohann è proprio un osso duro” pensò.
La macchina di Mathias era una lussuosa Maserati Granturismo nera. Di certo un normale poliziotto con il suo misero stipendio non avrebbe mai potuto permettersela. E infatti quello era un regalo paterno, un tentativo di convincere il proprio figlio a lasciare il sogno di entrare in polizia e diventare invece un ricco banchiere. Se in quel momento Yohann era seduto affianco a lui, significava che suo padre non era riuscito nell’intento. In più, erano soldi sprecati, dato che lui odiava guidare. Perciò Mathias ne approfittava sempre.”Non capita tutti i giorni di poter sfrecciare tra le vie parigine con una Maserati” si ripeteva continuamente.

Il viaggio non fu specialmente movimentato. O divertente. O qualsiasi altra cosa.
Bloccati nel traffico della capitale, i due si limitarono a scambiarsi le informazione relative al caso. Mathias apprese che non c’era alcuna novità sull’autopsia della giovane domestica, né alcuna chiamata da parte dei rapitori del bambino. Insomma, la mattinata era stata un’inutile perdita di tempo.

Quando finalmente giungerso a destinazione, Margot Colin, il commissario, li aspettava sulla soglia dell’edificio. La donna li vide arrivare da lontano e si apprestò a scendere le scale. – Finalmente siete arrivati! Non vi avrei mai affidato questo caso se avessi saputo di dover aspettare tutto questo tempo. –
- Mea culpa. – disse Mathias mettendosi una mano sul cuore.
- Informatemi.- disse seccamente la donna.
I due gli raccontavano tutto quello che erano riusciti a capire, cioè un bel niente, e la pista che pensavano di seguire. Mathias ovviamente omesse il piccolo particolare del biglietto destinato a lui e all’antiquario. Lo avrebbe rivelato solo in condizioni estreme.
Dopo un quarto d’ora in cui stettero a parlare su come procedere per le indagini, il commissario disse di dover andare via per svolgere una commissione urgente. Prima di andarsene però, si avvicinò all’orecchio di Mathias e bisbigliò: - Stasera hai qualche impegno? Vorrei discutere con te del tuo trasferimento… - Mathias divenne rosso in viso – Sì… cioè no… Margot è inutile, non mi farai mai cambiare idea. – disse imbarazzato.
-Tu intanto passami a prendere alle otto. – gli diede un bacio sulla guancia e se ne andò, sotto lo sguardo divertito di Yohann.

- Adesso vado anche io. Devo fare… -
- Devi preparati per l’appuntamento di stasera assolutamente professionale e che non finirà per nessuno motivo al mondo in un letto con il tuo capo? – lo scimmiottò l’amico.
- Yohann, smettila. Sai che non posso rifiutare. Tanto tra una settimana io me ne andrò e tu diventerai la sua nuova preda. – affermò Mathias.
- La nostra cara Margot ha occhi solo per te… - continuò l’altro.

Mathias si allontanò infastidito senza neanche salutare Yohann, che almeno sembrava meno arrabbiato di prima. Oppure era troppo divertito dalla scena a cui aveva assistito per ricordarsi il motivo del loro litigio. Era comunque un notevole passo avanti.
Non appena girò l’angolo andò a sbattere contro qualcuno a cui caddero diversi fogli per terra. Si abbassò per prenderli, ma quando alzò lo sguardo per restituirli e chiedere scusa incontrò di nuovo quegli occhi di ghiaccio che l’avevano rapito quella stessa mattina. Senza pensarci due volte, aiutò la ragazza a rialzarsi e si presentò: - Piacere Yohann, devi scusarmi ma andavo di fretta e non ti ho visto. –
- Il piacere è mio. Mi chiamo Lara. – disse, abbozzando un lieve sorriso e pronunciando quella frase con un accento piuttosto buffo.
- Lara, non sei francese vero? – chiese da gentiluomo l’ispettore.
- No, vengo dall’Italia.- rispose con un filo di voce la donna.
- Allora Lara, se mi scusi io dovrei pr… - non ebbe il tempo di terminare la frase – Sei libero stasera? – chiese timidamente.
“No Mathias, hai un appuntamento con il tuo capo e non puoi darle buca. Questa ragazza è per di più una sconosciuta, non puoi andare a cena con una sconosciuta.” si ripetè mentalmente. Ma non bastò.
Perché c’era qualcosa in quella ragazza, nel suo sguardo, nella sua bocca, nel suo atteggiamento, qualcosa di misterioso, di magnetico. E lui era un ispettore, non spettava a lui risolvere i misteri?
Senza rendersene conto annuì con la testa. – Bene, questo è il mio numero. – gli porse un bigliettino – Chiamami quando vuoi. – e continuò per la sua strada senza voltarsi indietro.

Mathias rimase impietrito con quel fogliettino in mano, incapace di dire, fare o pensare qualunque cosa.
   
 
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