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Autore: N_faith    28/09/2013    0 recensioni
« Il tuo dono per me? »
Lei annuisce, afflitta. Alzando gli occhi, vede Itachi che la sta fissando, l'espressione addolcita. Non sopporta la sua finta comprensione, così sbotta nervosamente: « Lo so che non ha un bell'aspetto, ma ti prego di non esibire quell'aria di finta accondiscendenza! »
Itachi chiude brevemente gli occhi e sospira con fare divertito. « Vieni qui, Hana... » mormora, invitandola con un gesto della mano. E' un miracolo, o sta sorridendo davvero? Non è un sorriso vero e proprio, è più un accenno di sorriso, ma è già qualcosa. Hanayuki gli vola fra le braccia, stringendolo con tenera furia, mentre lui scoppia a ridere e la circonda nuovamente con le braccia, posandole la guancia contro i morbidi capelli neri. Rimangono abbracciati per quel tempo infinito che sembra durare per anni.
Lui fra sé sorride, è riuscito a risollevarle l'umore ed è segretamente felice nel vederla contenta. La scosta da sé, sempre sorridendo lievemente. « Sei tu il mio dono, Hanayuki. » confessa, quasi a fatica. Ma quelle labbra non perdono quel sorriso. Gli occhi color nero ossidiana hanno un guizzo di luce, è un istante breve, ma per Hanayuki vuol dire tutto.
[ItaOC]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Nuovo Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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E proviamo con questa nuova fanfiction. Dal momento che Itachi Uchiha è il mio personaggio preferito, ho voluto scrivere questa one-shot tanto per dare vita a un contesto diverso da quello ormai conosciuto del manga. Perché non regalare un po’ di felicità a questo povero disgraziato e dare sfogo alla fantasia? E così ho inventato Hanayuki. Spero apprezziate questa storia, così come per me è stato divertente scriverla.
Hanayuki, l'OC mosso in questa One-shot, appartiene a Salice, che mi ha permesso di utilizzarla.



















Saying two words that mean the same thing






















È tutto il giorno che lavora ai fornelli.
Impasta, mescola, assaggia, finché delle piccole smorfie le nascono su quelle rosee labbra ogniqualvolta avverte un sapore amaro. Non soddisfatta, afferra il piattino di porcellana, e con un gesto veloce muove appena il braccio, capovolge il contenuto di quell’ultima fatica culinaria nel cestino dei rifiuti posto sotto il lavello. Poi, libera un sospiro spossato e dopodiché deposita nuovamente il piattino bianco sulla lignea superficie del tavolo, dove vi getta anche il grembiule macchiato di cioccolata.
È disperata.
Ha speso gran parte della mattinata seduta al tavolo di cucina, intenta a sfogliare dei libri di ricette, libri di ricette sui dolci, per lo specifico. Alla frenetica ricerca di un dolce che potesse piacere al suo ragazzo Itachi.
Sa che Itachi ama molto i dolci, soprattutto è ghiotto di bocchan dango, ne divora quando ne ha la possibilità, senza disdegnare altre tipologie di prelibatezze dolciarie. Ma oggi no, non può rimpinzarsi di dango, non oggi perché è un giorno speciale.
Seppur avesse soltanto diciotto anni, Hanayuki ha delle discrete abilità culinarie, che deve colmare al più presto, in un futuro non tanto lontano sposerà Itachi, e non può certo farlo morire di fame, giusto? E poi, stare ai fornelli le piace, così come è appagata dalla calda sensazione di poter creare dei piatti diversi nei momenti in cui decide di dedicarsi a quell’hobby così innocente. Potrebbe benissimo diventare una cuoca eccellente, ma è solleticata dall’idea di sfondare nel mondo della moda. Un sogno coltivato con moderazione, senza mai idealizzarlo più del dovuto. Ogni sogno ha i suoi tempi. Ogni sogno è tentatore e sfugge dalle dita del sognatore più speranzoso.
Ora, nel fresco della cucina, guarda sconsolata dei pentolini ricolmi di latte e cioccolata, poco più in là troneggia un piatto con sopra quella che dovrebbe essere una torta al cioccolato, e invece si tratta di un ammasso informe dall'aspetto dubbio.
Alla fine, fra tutti i dolci riportati sul volumetto, la sua scelta era ricaduta sulla torta al cioccolato, sperando si rivelasse la scelta più che giusta. Conosce Itachi fin da quando erano bambini, ma non ricorda quasi mai se la cioccolata gli piace o no. O forse lo sa, ma finge di non saperlo.
E' a conoscenza del fatto che Itachi ama moltissimo suo fratello minore, Sasuke. Un amore che sconfina all'infinito. Non è un amore da sfociare in un preoccupante incesto, ma un amore puro, fraterno. Un amore che porta Sasuke a considerare il suo adorato fratellone come un amico, quasi un padre.
Itachi ha un cuore immenso, lo sa: ama tutti allo stesso modo. Ama molto i suoi genitori, Fugaku e Mikoto, nonostante le divergenze tra padre e figlio; ama Sasuke;ama lei, Hanayuki; ama Shisui, suo cugino. Amerebbe i loro futuri figli.
E a questo pensiero, Hanayuki arrossisce un po'.
Desidera un figlio da quel ragazzo bellissimo, e sa che anche Itachi, in fondo, lo vorrebbe. Una femminuccia. Una bambina, una piccola Hanayuki, da chiamare Hikari. Itachi ha scelto personalmente quel nome, giudicandolo adatto per una piccina. Se davvero un nome deve essere di buon auspicio per un bambino, quel nome sarebbe stato più che fortunato, sia per una futura figlia, sia per entrambi. Con un po’ di luce, tutti i loro sogni avrebbero trovato una concretezza maggiore, e il futuro sarebbe diventato pressoché roseo. Convinzioni. Convinzioni, quelle di Itachi, che cerca di essere quanto più razionale possibile, in senso positivo.
Riguardo a un futuro figlio, ne hanno parlato seriamente, l'ultima volta che si sono incontrati. Entrambi desiderano una femmina. Eppure Itachi desidera allo stesso modo anche un maschio, anzi, sembra fortemente desideroso di avere un figlio, non importa quale sia il sesso. Richiama alla mente l'espressione pensosa di lui, gli occhi nerissimi socchiusi, il carnoso labbro inferiore, appena mordicchiato dai candidi denti. Poi, una scrollata di spalle e una frase borbottata quasi indistintamente. Ci penseremo definitivamente quando sarà il momento.
Le orecchie captano un debole rumore, si riscuote, realizzando che sua madre è tornata a casa, dopo un pomeriggio speso a fare compere. Rumorosamente, sistema l'uno sull'altro tutti gli utensili utilizzati durante il suo triste esperimento culinario, depositandoli nel lavello.
Quello era il primo anno in cui voleva dare la sua personale versione dell'Honmei-choko a colui che ama. Ma, che dir si voglia, non ci è riuscita. Non potrà consegnare nulla a Itachi. E così si ripeterà l’anno venturo. Perché?, si domanda. Cosa c’è che la blocca al punto di non riuscire a consegnargli un dono così importante? Cerca di arrivare al nocciolo del problema. Probabilmente sarà dovuto all’apparente mancanza di emozioni di lui, che è sempre palesemente a disagio nell’esternare i propri sentimenti. Non per vigliaccheria, non per dispetto: solo una semplice chiusura dovuta al pensiero di coprirsi di ridicolo. Un pensiero non del tutto banale, quella che anima l’Uchiha, ma che è naturale data la scarsa mancanza di parole che anima il resto della sua numerosa famiglia.
Non vuole darsi per vinta. Itachi merita un dono, Hanayuki vuole disperatamente fargli capire quanto lo ama, ma non ne ha i mezzi. La sua finta freddezza la blocca, la sua non tanto recondita tenerezza la fa sciogliere come neve al sole. Due atteggiamenti che prevalgono sulla personalità decisamente complessa del diciottenne, che merita senz’altro un po’ di stabilità sentimentale, aprire il cuore a sentimenti sconosciuti. Che sia giusto o sbagliato, lo scoprirà più avanti.
Qualche volta guarda Itachi, e lo sorprende a fissarla con uno sguardo strano, quasi avesse dei ripensamenti verso di lei. E' un sospetto che non trova voce e che mai gli confesserà, perché ha paura della sua reazione, anche se finora lui si è sempre mostrato comprensivo, affettuoso, e la sua severità si estende al sol sguardo e a brevi, taglienti parole, per fortuna. Non ha mai alzato le mani su di lei, e mai lo farà, perché odia la violenza, e la violenza sulle donne gli fa schifo, gli fa ribrezzo.
Itachi ha molti lati del suo carattere che ancora deve scoprire e analizzare. E lo sta facendo un poco alla volta, lo sta scoprendo anno dopo anno. Per natura, è un tipo paziente, è la calma fatta persona, ma spesso quella pazienza viene messa a dura prova da alcune situazioni, e qualche volta lei rischia di farlo arrabbiare per questioni banali, ma lui si limita a sospirare, scuotere la testa e guardarla brevemente con sguardo fermo, in attesa che lei riconosca l'errore commesso. E accade, lei si morde piano il labbro inferiore, abbassa gli occhi pieni di lacrime, perché non sopporta che lui arrivi a pentirsi a considerarla per nulla alla sua altezza; con voce rotta, gli chiede perdono a bassa voce, le guance attraversate da rivoli di lacrime. Singhiozza a scatti, le spalle sussultano per la forza di quella disperazione innocente, e avverte le dita di lui alzarle piano il mento, così da poter incontrare i suoi occhi. E ascolta la sua voce che la rimbrotta dolcemente, osserva quegli occhi neri addolciti e l'espressione pentita per averla fatta scoppiare in lacrime.
I passi arrivano lentamente in cucina, lei sa che è sua madre, quindi non si volta verso di lei, limitandosi a mormorare a bassa voce un veloce « Ciao... ». Non vuole sentirsi consolata.
La sua sorpresa è grande quando le sue braccia l'avvolgono teneramente da dietro, e questo contatto la fa arrossire violentemente, riempiendole la testa di sconnessi pensieri. Le labbra di lui le solleticano l'orecchio, avverte il suo caldo respiro carezzarle la pelle. Chiude gli occhi, godendosi quel raro contatto che custodirà gelosamente nella sua memoria e nel suo cuore.
« Perché quel faccino triste? » Entrando nella vasta cucina, Itachi ha notato quella sorta di torta troneggiare nel piatto bianco. Ha capito immediatamente il motivo dell'infelicità della sua ragazza, ma ora finge di non saperlo, in modo da consolarla a suo modo. Così, piega appena un angolo delle labbra. Non è un tipo che sorride molto, anzi, non lo fa quasi mai. E' un tipo restio a mostrare i suoi sentimenti o le sue emozioni, e ciò irrita le persone con cui sta a contatto. Ma non Sasuke, la sua famiglia, Hanayuki o Shisui. Loro lo capiscono, sanno che è fatto così. E lo accettano senza avanzare pregiudizi inutili.
« Itachi... Io... » Hanayuki non riesce a proseguire, abbassa gli occhi sul pavimento. Itachi si stacca da lei e si avvicina al tavolo, studiando con attenzione il dolce. Ora che lo guarda bene, pensa che non sia poi uscito così male, anzi, sembra appetitoso.
« Il tuo dono per me? » chiede lui, facendo finta di niente, quasi che Hanayuki fosse la ragazza di un altro. Lei annuisce, afflitta. Alzando gli occhi, vede Itachi che la sta fissando, l'espressione addolcita. Non sopporta la sua finta comprensione, così sbotta nervosamente: « Lo so che non ha un bell'aspetto, ma ti prego di non esibire quell'aria di finta accondiscendenza! »
Itachi chiude brevemente gli occhi e sospira con fare divertito. « Vieni qui, Hana... » mormora, invitandola con un gesto della mano. E' un miracolo, o sta sorridendo davvero? Certo, non è un sorriso vero e proprio, è più un accenno di sorriso, ma è già qualcosa. Hanayuki gli vola fra le braccia, stringendolo con tenera furia, mentre lui scoppia a ridere e la circonda nuovamente con le braccia, posandole la guancia contro i morbidi capelli neri. Rimangono abbracciati per quel tempo infinito che sembra durare per anni. Lei non crede a ciò che sta vivendo, continua a serrare le braccia, quasi temesse di vederlo svanire in uno sbuffo di fumo. Lui fra sé sorride, è riuscito a risollevarle l'umore ed è segretamente felice nel vederla contenta. La scosta da sé, sempre sorridendo lievemente. « Sei tu il mio dono, Hanayuki. » confessa, quasi a fatica. Ma quelle labbra non perdono quel sorriso. Gli occhi color nero ossidiana hanno un guizzo di luce, è un istante breve, ma per Hanayuki vuol dire tutto.
« Itachi... » Non sa bene cosa dire. Ti voglio bene. Ti amo. Quell’anno e mezzo d’amore le grava sulle fragili spalle. Un breve lasso di tempo dove i baci erano rari, così come gli abbracci sinceri. Solo le parole erano valse a qualcosa, a destar vivo il suo adolescenziale amore verso di lui. Parole cariche d’amore e tenerezza. Un Ti amo detto col contagocce, per amorevole timidezza, per timore di non sentirsi rispondere allo stesso modo.

« Buon Natale, Itachi. »
Vigilia di Natale, un anno fa. Fa freddo, e la neve cade su Tokyo, leggera e candida; appena tocca terra, diviene grigia e sporca, annullando così quell’effetto infantile di purezza. Il freddo imperversa, e taglia le mani prive di guanti, sferza i volti non protetti da sciarpe o cappucci.
Ritta sulla soglia di casa Uchiha, Hanayuki attende l’invito a entrare. Il silenzio è immutato, gli altri componenti della famiglia sono usciti, anche Itachi era sul punto di passare la notte fuori in compagnia del cugino, ma l’imprevista visita di Hanayuki lo ha fatto desistere dall’intento.
Il ragazzo china brevemente il capo in segno di saluto. L’espressione tipicamente severa si spiana in una più dolce, condita da un sorriso affettuoso. Prende il regalo impacchettato che lei gli tende, lo guarda, se lo rigira tra le mani, senza curiosità, se non altro mostra una curiosità finta, educata. Poi, per placare l’ansiosa attesa che Hanayuki cerca di dissimulare con un sorriso tremulo, comincia a disfarlo. La carta strappata plana aggraziata sul pavimento, simile a neve di carta. E porta alla luce il regalo: una fotografia incorniciata di loro due, scattata qualche giorno fa. La scruta da vicino, osserva sé stesso, osserva lei, immortalati mentre si scambiano un’occhiata e un sorriso di intima complicità. Sorride suo malgrado, felice per quel regalo così semplice. Si allunga appena verso Hanayuki e l’attira vicina, stringendola con tenerezza a sé. « Grazie. » sussurra, con una dolcezza sincera. Sfiora quelle tenere labbra con un bacio.
Hanayuki sorride raggiante, sentendo svanire quel timore dubbioso dettato dall’aver sbagliato il genere di regalo. Lo ha apprezzato, è chiaramente felice, cosa può chiedere di più? Così gli stringe piano la mano, aspettando con infantile trepidazione di ricevere il proprio regalo.
Lui la fa entrare, chiudendo piano la porta dietro di sé. Le fa strada verso la sua camera, dove appoggia la cornice sulla scrivania. Rimira la fotografia ancora una volta, quasi immalinconito. Perché non provare a distaccarsi un po’ dall’essere genio e ridimensionarsi negli aspetti di una vita normale? Potrebbe facilitargli la vita.
« E adesso? » La domanda di Hanayuki lo riscuote dallo stato di trance in cui era piombato. Torna a concentrarsi sulla sua ragazza. La trova piuttosto incantevole, con quegli occhi neri che lo fissano con incrollabile amore, quelle guance rosse per il freddo, il volto incorniciato da morbide ciocche di capelli neri. Il lungo cappotto nero nasconde, assieme a strati di vestiti, quel corpo ormai carico di sensuale femminilità, dalle forme morbide. Sorride fra sé. Sta per diventare donna.
«Mettiti comoda, vado a prendere il tuo regalo. » E sparisce così, senza dire nient’altro. Hanayuki fissa perplessa il punto in cui era ubicato fino a pochi secondi fa. Si spoglia del pesante cappotto invernale, appendendolo allo schienale della sedia. E si guarda intorno. Sopra l’armadio nota uno striscione con scritto un motto di famiglia, e un piccolo ventaglio è disegnato accanto a tale precetto. Quasi tutti gli Uchiha sono poliziotti o avvocati, e uno di questi due lavori sarà assegnato in futuro anche a Itachi e a Sasuke; se il fratello minore era fortemente interessato a seguire le orme del padre, il fratello maggiore era più interessato a percorrere altre strade, più per insediarsi in uno scenario di vita assolutamente tranquillo che per altro. Detestava gli omicidi e il sangue versato dalle vittime, oltre a provare disgusto per il mondo del crimine in generale. Forse è per questo che intende dilettarsi nel mondo del giornalismo, un mestiere poco approvato dal padre Fugaku, che sperava in un glorioso futuro carico di successi e onorificenze per il suo primogenito. Quindi, se da una parte ci sarà molta delusione, dall’altra solo una carica ottimistica di perseverare nelle propri scelte e i propri desideri.
Forse quel così avventato cambio di rotta comporterà qualche incrinatura tra padre e figlio, ma Hanayuki comprende il desiderio di Itachi di compiere scelte autonome, senza dover sottostare a rigidi controlli paterni e dell’intera famiglia; solo così poteva conoscere il mondo esterno, scoprire con occhi diversi ciò che gli è ancora sconosciuto.
Mentre lei, una ragazza ordinaria, dall’intelligenza non esattamente mostruosa come quella dell’Uchiha, cosa può avere di così particolare? Cosa ha attirato l’attenzione del diciassettenne, dopo anni di fraterna amicizia? L’essere sbocciata da bruco in delicata farfalla? Il suo voler rimanere con i piedi per terra e analizzare con logica le conseguenze? Oppure non c’è niente di così eclatante, e lui l’ha scelta come per motivi puramente blandi? Non lo saprà mai.
La ragazza si avvicina alla finestra, osserva la neve che vortica nell’aria, il vento che frusta i rami spogli degli alberi. La notte oscura quasi ogni cosa, ma può rendersi conto del panorama circostante grazie a sparute fonti di luce che provengono dalle luci delle case, dai lampioni disseminati lungo il marciapiede, dalle brevi sciabolate di luci provocate dai fari delle automobili.
Istintivamente si abbraccia, avvertendo un brivido di freddo percorrerle la schiena. Dopo un istante si sente abbracciare da Itachi, che era rientrato senza far rumore. Si crogiola in quella tenue sensazione di calore, mentre le labbra di lui sono premute contro i suoi capelli.
«Cosa c’è in me che ti ha attratto? »
Itachi riflette sulla domanda appena esposta, gli occhi puntati nel nulla della notte di quella Vigilia così gelida. «Perché mi fai questa domanda tutto d’un tratto? » replica, piano.
« Curiosità. » Hanayuki solleva gli occhi verso di lui.
Non risponde. Una lieve sensazione di disagio lo avvolge. Cerca di scacciare quella sensazione fastidiosa. Esternamente è perfettamente calmo e controllato, tipicamente impassibile; internamente, invece, si dibatte. Cerca di dare voce a ciò che prova nei confronti di quella ragazza. Da quanto tempo la conosce? Da circa undici anni, un’amicizia nata com’è tipico tra bambini, con infantile vivacità. Quella vivacità che lui stesso ha perso da quando aveva all’incirca dodici anni, arrivando a consolidare il proprio carattere verso aspetti più pratici e adulti. Se non si fosse mostrato freddo e calmo, le cose avrebbero potuto sfuggirgli di mano. Sentiva un dannato istinto a voler avere tutto sotto controllo, pur di sbagliare irrimediabilmente.
Lentamente, le sfiora lo zigomo con la punta del dito. « Ci conosciamo da anni ormai… Mi piaci perché sei così semplice e pura. Onesta, altruista, ma fai errori, come tutti. E mi chiedo: perché questa bella ragazza mi ha fatto cadere nella ragnatela dell’amore? Voglio dire… È così necessario trovarsi un compagno o una compagna con cui passare la vita? C’è modo e modo, mi diresti. E te lo concedo. Io invece voglio capire. L’amore è una bella cosa, che ti permette di apprezzare la vita e condividerla con la persona amata, da cui avrai un figlio che avrà metà dei tuoi cromosomi. Ma è vero che l’amore certe volte è solo una fregatura, perché il tuo lui non è affatto il genere di ragazzo che ti immaginavi, o perché l’amore prorompente dei primi giorni si è affievolito del tutto, e, per pigrizia ti ostinerai a portare avanti quella specie di farsa, di paravento, per ostentare agli occhi del mondo che tutto prosegue a meraviglia. È questo che mi domando. C’è una qualche garanzia che il nostro amore sopravvivrà col passare del tempo? Probabilmente no, perché non siamo due ragazzi che si sono conosciuti in un giorno come un altro. Siamo stati amici d’infanzia, ci conosciamo perfettamente l’un l’altra, ormai non abbiamo più segreti da nascondere. Cosa aggiungerebbe l’amore e il vivere prossimamente l’intimità fisica? Per te l’amore è sentire le farfalle nello stomaco, arrossire senza volerlo per qualche atteggiamento o frase, e soprattutto il desiderio di essere totalmente devota verso la persona amata. Per me, invece, non è altro che un legame di sensi e affinità, stavolta intervallato da rari momenti di passione. Un giorno potremmo stancarci l’uno dell’altra, proprio perché non ci sarà più nulla da dire o fare. Perché nutriamo due ideologie così diverse? »
« Siamo cambiati, Itachi. »
« Siamo cresciuti, Hana. »
Un sorriso, lento ma dolce. Poi il ragazzo la fa voltare completamente verso di sé, prendendole le mani nelle sue. Fa per aprire bocca e aggiungere qualcosa, ma cambia idea e conduce Hanayuki nella cucina. La ragazza nota subito che sul tavolo c’è un mazzo di rose color corallo. Sgrana gli occhi, senza parole. Non per il dono in sé, ma più per altro per…
« Hai compreso il significato di quel fiore, immagino. »
Annuisce, la bocca ancora chiusa. Volge lentamente gli occhi su di lui, che si fa più vicino. Quegli occhi color nero ossidiana sembrano affondarle dentro, analizzarla con cura. Le mani si posano lentamente sulle sue fragili spalle.
E quella bocca si sovrappone alla sua, invitante, calda. Un bacio intenso. Una travolgente scarica di squisite sensazioni la investe. Ricambia quel bacio, risponde a quella muta richiesta, avvolge Itachi in un abbraccio che è un inequivocabile preludio a ciò che accadrà dopo.
« Ti ho aspettata con molta pazienza in questi otto lunghi mesi, Hana... » le bisbiglia lui all'orecchio, provocandole brividi di inatteso piacere. Le sfiora il braccio con le dita, facendola tremare, e un braccio le circonda la vita, premendola con possesso contro di sé. « Ti guardo e voglio che tu sia soltanto mia. Ti guardo e ti desidero da morire. So che anche tu mi desideri, quindi non resistermi. Per favore. » Le ultime due parole vengono pronunciate con brusca fermezza, e si sporge per premere le labbra contro le sue. Non vuole forzarla, ma non riesce a tenere a bada il desiderio puramente fisico che lo sta facendo ammattire da qualche minuto. Capisce che è titubante, che teme una sorta di fiasco, e cerca di rasserenarla come può, accarezzandole lentamente la schiena. Lei alla fine lo abbraccia, il viso nascosto contro il suo petto, e, ormai reso quasi irragionevole dal desiderio, la solleva di peso, portandola nella sua camera. La depone con esagerata premura sul letto, quasi fosse un prezioso cimelio da trattare con eccessiva cura. Un attimo che rimane sospeso per l'eternità.
E finalmente si lasciano travolgere dalle sensazioni di quell'attimo travolgente, stretti l'uno tra le braccia dell'altra. Cuori uniti, anime avvinte in una spirale dolceamara d’amore. Il silenzio è spezzato dai loro respiri affrettati, dalla dolce frenesia di lui che si muove con delicatezza, timoroso di provocarle dolore, un dolore che è scomparso così come è sopraggiunto, che immobilizza di colpo il suo amore.
Fremiti, sospiri, baci che si fanno sempre più radi. Piano piano, i due ragazzi maturano; lui coglie, con una tenerezza infinita, il fiore della purezza di lei, che chiude gli occhi quando il dolore si fa più vivido. E una sensazione di appagamento le rende possibile assaporare quel doloroso amore, che svanisce dopo qualche tempo, lasciando al suo posto solo calore, calore bruciante e avvolgente.
Entrambi dimenticano, entrambi si lasciano cadere in un vortice di sensazioni indescrivibili. Quell’inesistente aura di peccato si fa più indistinguibile, ma l’essenza dell’amore è più percettibile.
Un senso di torpore indebolisce i loro corpi ormai appagati. Lui chiude gli occhi e si lascia andare in un vigile dormiveglia, rassicurato dall'abbraccio di Hanayuki, che ha ripreso un respiro regolare. Complice il silenzio, non si parlano per molto tempo.
Sul tavolo della cucina, dei petali si separano da una rosa color rosso corallo, svolazzando lentamente sul lucido pavimento.
« Ti amo, Hanayuki. E buon Natale. »


Ti amo.
Rimembra di nuovo la prima volta in cui le ha sussurrato quella dichiarazione.
Lo guarda, ripetendo quelle magiche parole nella mente, quasi fosse una formula magica. Lo guarda di sotto in su, perché Itachi è più alto, lei è più bassa, e sono divisi da undici centimetri d’altezza. Continua a guardarlo, infagottato nel maglione color rosso scuro, le mani ficcate nelle tasche dei jeans neri. Lo guarda, semplicemente. Non riesce a dare anima a quelle dannatissime parole che solo nella sua testa vengono pronunciate. Ma, sfortunatamente, Itachi non è in grado di leggerle nel pensiero. Così tace.
« A proposito... Posso, Hana? »
Vicino alle labbra di lei vi è un rimasuglio di cioccolata. La ragazza annuisce, arrossendo come un peperone. Quando si presentano occasioni impreviste come queste, l’incertezza la ingloba del tutto. Si sente quasi svenire quando avverte il morbido contatto delle labbra di lui contro la propria pelle, e, in un impulso per niente programmato, volta di scatto la testa finendo per sfiorarle brevemente con le proprie. E, consapevole del gesto appena scatenato, non fa altro che arrossire ancora di più. Itachi si lascia sfuggire una risatina, poi la prende per mano e la mette a sedere, prendendo subito posto accanto a lei, il coltello impugnato in mano.
« Che ne dici se assaggiamo questa torta? Ha un aspetto davvero molto invitante. » le domanda con naturalezza.
E sotto quegli occhi neri come la notte che la guardano con affetto, Hanayuki si convince che dopotutto, quel giorno di San Valentino non era poi così disastroso come aveva immaginato.
   
 
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