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Autore: CardoCampestre    29/09/2013    0 recensioni
Elena e Katherine, in fin dei conti, hanno accettato la loro essenza di Doppelganger, l'una il passato dell'altra e tutto cioò che questo ha comportato..
Ma questo loro gironzolare attorno ai Salvatore fa parte della loro essenza o è solo un gioco del Fato?
Una terza Doppelganger Petrova, dopo decenni dalla trasformazione di Elena, si imbatte nella vita delle strane creature che popolano Mystic Falls.. come reagirà nello scoprire tutta la verità?
P.S. La maggior parte delle cose raccontate sono tratte da sogni che faccio :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1.
Caro diario…

Comincio con il presentarmi: Mi chiamo…


Chiusi con violenza il quadernino rosso che giaceva sul mio comodino e lo buttai sotto al letto borbottando qualcosa contro quella malsana idea che era venuta alla signorina Smith, poi mi stesi sul letto con la pancia in giù e ben spalmata su tutta l’area del materasso con le gambe e le braccia che occupavano ognuna un angolo del letto e la faccia piantata nel cuscino come ero solita fare quando mi lamentavo.
Susan, la ragazza che occupava il letto accanto al mio e mia cara amica, ridendo posò il libro che stava leggendo e venne a punzecchiarmi la schiena.
“Lasciami disperare in pace” dissi con la voce attutita dal cuscino.
“Su, non puoi reagire così” disse Sue sempre ridendo.
“Non sto reagendo in nessun modo, penso solo che obbligarmi a tenere un diario solo per capire perché nessuna famiglia chiede mai di me sia una cosa inutile. Non sono un caso patologico.. Presto diventerò maggiorenne ad andrò a vivere da sola da qualche parte” dissi girando la testa verso il letto di Sue.
“Non andrai da sola proprio da nessuna parte, vedrai che presto arriveranno due genitori, e magari anche qualche fratello, che cercherà una figlia proprio come te!”
“Sue, tu lo dici così facilmente perché tra tre giorni te ne andrai da questo posto e comincerai a vivere come una ragazza normale” le dissi guardandola.
Il fatto che dovessimo dividerci faceva male ad entrambe ma non ce l’eravamo ancora mai detto, aspettavamo l’ultimo abbraccio per piangere e salutarci.
Che poi era un caso eccezionale la durata della nostra amicizia perché di solito le ragazze venivano adottate da piccole, mentre noi ci avvicinavamo ai 17 anni e vivevamo nell’istituto d’accoglienza da quando avevamo memoria.
Proprio in quel momento Callie, la bimba di 8 anni che dormiva accanto a Susan, si avvicinò sedendosi al mio letto.
“La signorina Smith sta parlando al telefono con una mamma e un papà che verranno a vedermi” disse eccitata.
La guardai pensando a quando, da piccola, tutte le bimbe venivano scelte ed io no.. per fortuna c’era Susan sempre con me.
“Oh ma davvero? Magnifico” le dissi entusiasta “Devi mettere quel delizioso vestitino con i fiori che ti ha comprato la Smith, così capiranno che sei una peste solo quando ti porteranno a casa!” Callie rise, le scompigliai i capelli e lei sistemandosi salì sul suo letto e si perse nel suo mondo.

“Leggi ancora di vampiri, Susan?” chiese con tono di rimprovero la signorina Smith quando vide Sue in tenuta da casa, distesa sul letto a sfogliare le pagine dell’ultimo romanzo che aveva comprato al mercatino dell’usato il giorno prima con me nelle ore di tempo libero.
“Ehmm.. si signorina Smith, ma non è nulla di violento glielo assicuro!” disse mostrando la copertina scura del libro.
“Che sia violento o meno” riprese la signorina Smith “ Non si addice ad una fanciulla carina ed educata come te. Forza, tra qualche ora verranno a prenderti, vedi di farti trovare pronta” le disse appendendo la gruccia con il nuovo vestito di Susan sull’anta del nostro armadio in comune.
Una volta che la signorina Smith su fu allontanata mi girai verso Susan che stava arrossendo per ciò che era scritto sul libro.
“Oh Edward ti amo così tanto, lascia la tua Bella e passiamo l’eternità insieme” dissi imitando la sua voce e lanciandole il cuscino. Lei ridendo mise in salvo il libro e venne a vendicarsi.
La sera precedente mi aveva parlato fino alla nausea del suo nuovo libro, di quanto la prendesse e di quanto amasse i personaggi; io ne ero contenta perché avevamo imparato a vivere così fin da piccole ad essere amiche dei personaggi dei libri e a credere che tutte le storie si potessero avverare.
“La tua nuova famiglia dovrà avere più spazio per ospitare i tuoi libri che te!” dissi ridendo.
Le continuai a chiedere della sua famiglia e di ciò che avrebbe voluto fare mentre si vestiva e sistemava i capelli.
Pensai che era davvero bella.

Quando il campanello suonò la signorina Smith era già in posizione d’attacco dopo aver preparato il Thè e controllato l’aspetto di Susan.
Ovviamente non mi era concesso assistere all’incontro ma ascoltai tutta la conversazione seduta sull’ultimo gradino della scala che portava alle camere; proprio alla mia sinistra ad un metro da me c’era, aperta, la porta della stanza in cui Susan e la signorina Smith stavano incontrando una donna, un uomo ed una bimba piccola.
Parlarono della futura scuola che avrebbe frequentato Sue, della sua camera da letto, dei suoi nuovi nonni, delle passeggiate della Domenica, della casetta sull’albero e di tante altre cose che Sue stava avendo la fortuna di riuscire ad avere.
Dopo un’ora la Signorina Smith venne a chiamarmi per salutare la mia amica.
Vidi la sua nuova famiglia e sorrisi a tutti, erano dolci e buoni proprio come Sue che mi abbracciò come non aveva mai fatto prima e capii poco dopo perché.
Non ci avevano mai divise, quella era la prima volta che passavamo più di qualche ora l’una lontana dall’altra.
La stritolai nel mio abbraccio e le bagnai i capelli con le lacrime mente mi sentivo addosso lo sguardo degli adulti.
Quando la signorina Smith venne a dividerci lo sportello della candida macchina della nuova famiglia di Sue era aperto ed i suoi bagagli caricati.
Guardai andare via quella macchina in silenzio, con la testa bionda di Sue che piano piano scompariva.

Tornai in camera sentendo una grande stanchezza addosso e sdraiandomi sul letto mettendomi istintivamente sul fianco sinistro verso il letto che prima occupava la mia compagna, lo trovai vuoto.
Allora, senza troppe cerimonie, diedi le spalle a quel letto e mi addormentai proprio nel momento in cui, nella piccola stanza adiacente alla camerata delle ragazze che fungeva da studio, squillava il telefono.

 
  
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