<sup>Il nulla. Solo il nulla dentro me.
Buio ovunque.
Fuori e dentro.
Tubature rotte, marce, piene di muffa e ammaccature.
Dentro e fuori.
Ovunque.
Solo la voglia di scomparire ancorata a me. Solo la voglia di divenire il nulla aggrappata con le unghie e con i denti alla mia ragione.
Solo io e la vita. Un faccia a faccia che perderò, lo so già. Ormai mi sono rassegnato da molto tempo. Ormai vado incontro alla mia fine – o forse dovrei chiamarlo inizio? – senza più rimorsi o paure.
Salgo sul davanzale della finestra, mi metto in piedi e mi godo per qualche momento il fresco dell’inverno gelido di quest’anno contro la pelle.
Sto per morire.
Sto per porre fine ad ogni mio dolore.
Basta solitudine.
Basta alcolismo.
Basta depressione.
Basta.
“Che cazzo hai intenzione di fare?!”
Una voce sconosciuta.
Una voce da ragazzino.
Una voce potente, che mi blocca, che ferma ogni mio movimento e ogni mio pensiero.
“Non fare idiozie, scendi da lì.”
Di nuovo la voce. Sempre potente, sempre disarmante.
Una mano prende la mia, una mano calda, sicura, piccola, che posso avvolgere completamente nella mia stretta tremante.
Non mi volto a guardare la persona che mi aiuta a scendere dal davanzale della finestra di questo casolare ormai quasi caduto a pezzi. Non mi volto a osservare il ragazzo che mi tiene saldamente tra le sue braccia ossute e mi fa scendere delicatamente dal mio personale trampolino di lancio verso la morte. Non sono curioso, inizialmente, di scoprire il volto di colui che mi sta impedendo di porre fine alla mia misera, ripudiabile, esistenza.
Perché la mia non è altro che una semplice esistenza.
Quale vita?
Io non sono vivo. Esisto, questo senza ombra di dubbio, ma non vivo.
Vivere non significa alzarsi dal letto ogni mattina con solo la rabbia di essere ancora presenti nel mondo, non significa trascinarsi mollemente da un posto all’altro come fantocci, sorridere senza entusiasmo a chiunque, regalare abbracci non sentiti e parole che sembrano portarsi via l’aria presente nelle stanze.
“Stavi per mettere fine alla tua vita” mi dice il ragazzo standomi dietro con una mano ancora intrecciata alla mia e un’altra aggrappata alla mia spalla.
“La mia vita è finita già da un pezzo.”
Tace.
Lo sento che trema contro di me, lo sento che boccheggia, che non sa più che dire. Trattiene il fiato per qualche istante infinito.
“Anche la mia vita è finita già da un pezzo. Potremmo aiutarci a vicenda a rimediare, se tu vuoi.”
Ed io non lo so perché, ma annuisco. Annuisco col capo senza trovare la forza né il coraggio di fare altro. Per la prima volta abbasso lo sguardo sulle nostre mani intrecciate e vedo la sua, piccola, pallida, indifesa.
E capisco.
Capisco che non solo lui è destinato a salvarmi, ma che anche io sono destinato a salvarlo.
Capisco che andremo avanti insieme e torneremo a vivere.
Insieme.
Io grazie a lui e lui grazie a me.
“Come ti chiami?”
Rialzo lo sguardo, osservo le stelle nel cielo, le sfido per un momento. Non ho paura. “Mi chiamo Gerard. E tu?”
“Frank. Sono Frank.”


















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Questa è la mia prima Frerard quindi siate clementi C: è anche la prima volta che pubblico in questo fandom anche se amo i MyChem da tantissimo tempo. E beh, spero che vi piaccia. Ormai Gee e Frankie sono stati descritti in tutte le situazioni possibili e immaginabili, quindi so di non aver scritto nulla di particolarmente innovativo... ma comunque spero che sia una cosetta decente.

Grazie in anticipo a tutti quelli che apprezzeranno questa mia OS,
Echelon_Sun</sup>