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Autore: _Pulse_    30/09/2013    9 recensioni
Okay, questo è l’ultimo. Non posso permettermi altri errori.
Il cuore non pulsa in armonia con il violino, piuttosto insegue la batteria a qualche metro dalla mia postazione. E capita anche che faccia prestazioni ben più rocambolesche, quando il mio sguardo cade accidentalmente su Dan, sempre seguito dai riflettori e col filo del microfono che gli si arrotola intorno alle caviglie.
Prima o poi cadrà, è inevitabile.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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≈ Il fiocco difettoso ≈

 

Amanda

 

Le mie dita incespicano ancora una volta tra le corde e il cuore mi balza in gola.
Le mie colleghe ed io indossiamo tutte gli auricolari e il pubblico è così rumoroso questa sera, perciò credo che nessuno se ne sia accorto. Con discrezione, sollevo comunque gli occhi dallo spartito e cerco sui visi delle persone che mi circondano qualche segno di rimprovero: nulla. Una parte di me è sollevata, l’altra continua a ripetermi che sto suonando come una studentessa – non molto dotata – del primo anno di conservatorio. Proprio questa sera, ad un concerto così importante!

Okay, questo è l’ultimo. Non posso permettermi altri errori.

Il cuore non pulsa in armonia con il violino, piuttosto insegue la batteria a qualche metro dalla mia postazione. E capita anche che faccia prestazioni ben più rocambolesche, quando il mio sguardo cade accidentalmente su Dan, sempre seguito dai riflettori e col filo del microfono che gli si arrotola intorno alle caviglie.

Prima o poi cadrà, è inevitabile.

Dan con i suoi capelli all’insù, con la faccia di David Lynch stampata sulla maglietta, con le sue Converse.
Dan con la sua tastiera, con i suoi tamburi, con le note più alte che canta alzandosi in punta di piedi.
Dan che da qualche mese a questa parte è la mia distrazione principale durante tutte le esibizioni live, ciò che non posso permettermi, ancora di più degli errori.  Agli errori si può rimediare, nella maggior parte dei casi; ad una cotta colossale per Dan… no.
Pizzicare le corde del violino non mi è mai piaciuto tanto – è come troncare a metà la vita di una nota lunghissima – eppure è ciò che mi ci vuole in questo momento per schiarirmi un po’ le idee e concentrarmi sul resto della canzone. Peccato che accade il contrario: i miei pensieri vagano ancora di più, accarezzando il giorno in cui l'ho visto per la prima volta e poi quando me l'hanno presentato.
Charlotte, Martha, Lidia ed io siamo sempre state il loro quartetto d’archi e per questo passiamo molto tempo insieme, ma il nostro è sempre stato esclusivamente un rapporto di lavoro: arriviamo prima di loro in ogni location, suoniamo, andiamo via separatamente. Le occasioni per fare due chiacchiere non sono mai molte, anzi, sono più che rare. E va bene così, insomma… mi piace suonare con loro, sono dei ragazzi davvero talentuosi e gentili, non chiederei mai nulla di più. Se solo Dan – sì, proprio Dan! – non ci avesse invitate a bere qualcosa con loro, quella sera! Tutto questo non sarebbe mai successo. O almeno credo.
Col ritornello torno a far scivolare l’archetto sulle corde e cerco di restare il più concentrata possibile sugli spartiti, ma Dan che salta di qua e di là è più che una semplice distrazione e questa volta non riesco a nascondere l’errore a Martha, la mia migliore amica. Mi lancia un’occhiata che mette fuori discussione l’opzione di lasciar correre: oltre che rimproverarmi mi sottoporrà ad un interrogatorio senza fine, questa notte in albergo.
Ma cosa potrei dirle? Che mi sono innamorata del cantante dei Bastille? È una follia! Semplicemente devo smetterla di fare la bambina, togliermi Dan dalla testa e tornare a suonare nel migliore dei modi.
“Things we lost in the fire” si conclude con Dan che canta gli ultimi due versi accompagnato solo dai nostri violini. È una specie di assolo, tutto nostro. Non mi sono mai sentita tanto coinvolta emotivamente in una canzone prima d'ora, è quasi un qualcosa di intimo, tra me e Dan… Le mie note sono un tutt’uno con la sua voce calda, ruvida e un po’ sofferente, come se quelle fiamme, le fiamme hanno bruciato tutto quello che adorava, stessero ancora ardendo dentro di lui, in questo preciso istante.
La mano che regge l’archetto trema vistosamente e i miei occhi sono pieni di lacrime. Ciononostante, riesco a portare a termine le ultime note della canzone: un errore adesso, nel silenzio assoluto, sarebbe catastrofico.
Sospiro di sollievo e mi appoggio il violino in grembo, quando sento le urla e gli applausi del pubblico. E il mio cuore sobbalza ancora, quando Dan ringrazia in quel modo sempre un po’ impacciato, quasi incredulo di fronte alle persone che apprezzano il suo lavoro e quello dei suoi compagni.

Evidentemente non ha ancora idea dell’effetto che fa la sua voce. O forse… no. No, no, no, no! È normale adorare la voce di un cantante e provare delle emozioni forti udendola – è ciò che ci spinge a comprare i CD, i biglietti dei concerti, eccetera. Le emozioni che provo io sono un po’ troppo forti! Cioè, guardatemi, non riesco nemmeno a suonare come si deve!

Stringo forte le ginocchia e sollevo il capo verso Dan, il quale si sta sistemando il microfono di fronte alla bocca mentre con una mano ha iniziato a suonare la tastiera. Lui immerso in un cono di luce, tutto il resto nascosto nell’ombra. Inutile specificare cosa sembra ai miei occhi.
In “Overjoyed” non c’è bisogno dei violini e decido di concentrarmi sul mio respiro per regolarizzare i battiti del cuore, ma mi è impossibile: Martha mi pizzica il braccio e quando mi volto incrocio i suoi occhi neri che mi scrutano fin dentro l’anima.
«Hai la nausea?», mi chiede piano, così piano che devo concentrarmi sul labiale per capire.
«No, sto bene».
«A me non sembra proprio».
«Beh, fidati. È tutto okay».
«Ti farò sputare il rospo, puoi scommetterci».
Mi giro di scatto e deglutisco rumorosamente, anche se la voce di Dan sovrasta tutto.

Durante il tragitto in auto dall’arena all’albergo devo per forza inventarmi qualcosa. Forse posso rivalutare l’opzione nausea.

Per un attimo, un brevissimo attimo, Dan incrocia il mio sguardo e un minuscolo sorriso gli solleva gli angoli della bocca. Non so perché lo sta facendo, non so perché mi sento morire dentro; so solo che mi taglierò i polpastrelli, se continuo a stringere così forte le dita intorno ai capotasti. Ma la cosa più preoccupante è che, ne sono sicura, non me ne accorgerei nemmeno.

 

***

 

Dan

 

«Ehi, amico! Che è quella faccia?! È stato spettacolare, là fuori! Noi, loro… tutto spettacolare!».
Sollevo gli occhi e mi sforzo di rivolgere un sorriso a Kyle, euforico ed esuberante come sempre dopo un live, con la sua bottiglia di birra in mano. Lo imiterei sicuramente anch'io, se solo riuscissi a togliermi dalla testa l’espressione che ho visto sul volto di Amanda quando i nostri sguardi si sono incrociati durante “Overjoyed”. Sembrava… disperata, come se si fosse appena resa conto che qualcosa di tragico ed irreparabile era accaduto.
Mi sposto dalla traiettoria del mio amico, il quale ha già iniziato a stringermi un braccio intorno alle spalle, e, distrattamente, correndo verso porta, mormoro: «Scusatemi un momento». Kyle, Woody e Will si scambiano un’occhiata confusa, ma mi lasciano fare. Anche se provassero a fermarmi, comunque, non ci riuscirebbero: solo io sarei in grado di rendermi conto della mia idiozia. Perché sì, andare da una ragazza che conosco appena, con cui non ho un briciolo di confidenza nonostante suoni con me da mesi, per chiederle se le è successo qualcosa è un’idiozia, ma è anche perfettamente normale. È semplicemente più forte di me.
Arrivo di fronte alla porta del piccolo camerino che è stato allestito per il nostro quartetto d’archi  ed è quasi uno shock trovarlo vuoto: se ne sono già andate. Ma questo non mi fa desistere, tutt’al più mi stimola. Mi metto a correre lungo i corridoi sotterranei dell’arena, dimenticandomi persino di essere un tantino claustrofobico, e quando scorgo la custodia di un violino sono quasi arrivato all’uscita posteriore.
«Sul serio, Martha, sto bene».
«Sul serio, Amanda, non sai mentire. Almeno, non a me».
Le due ragazze sentono qualcuno correre alle loro spalle e si voltano, incuriosite. Ancora una volta sul viso di Amanda compare un’espressione sconcertata, anche un po’ spaventata, che io non riesco proprio a spiegarmi.
«Ehi, da quando ti dai al jogging dopo i concerti?», scherza Martha, trattenendo a stento una risata.
Piegato sulle ginocchia, le sorrido; poi mi rivolgo ad Amanda, chiedendole: «Non volendo, ho ascoltato ciò che vi stavate dicendo. Non stai bene, Amanda?».
La ragazza sgrana gli occhi e con un gesto totalmente istintivo si stringe il proprio violino al petto. «No, io… s-sto bene», balbetta ed arrossisce parecchio, prima di sibilare: «E non capisco perché nessuno mi lasci in pace, questa sera!».
«Oh, scusaci se siamo preoccupati per te!», urla Martha, roteando gli occhi al cielo. Quindi mi fissa, portando le mani avanti: «Scusami, non volevo dire che tu sei preoccupato per lei. Io lo sono, non so se anche tu…».
Annuisco, senza pensarci. «Va bene così. L’ho vista un po’ distratta e mi chiedevo se fosse tutto okay».
«Sei proprio gentile. Hai sentito, Amanda? Lui è gentile! Noi siamo gentili! E tu ci tratti in questo modo!».
Amanda diventa ancora più rossa e senza replicare, stringendo le labbra, si gira di scatto. Si dirige a passo spedito verso l’uscita e lungo il tragitto, con un gesto brusco, si scioglie lo chignon sulla nuca: una cascata di capelli dorati le ricade sulla schiena e per un attimo rimango affascinato dai loro riflessi, nonostante siano provocati dalla luce al neon.

Chissà come risplendono, sotto la luce del sole!

Amanda fa anche per togliersi il fermaglio con il fiocco nero che ha pinzato sul lato destro del capo, ma ha qualche difficoltà e quando ci riesce tenta di lanciarlo nel cestino lì vicino, con scarsi risultati.
«Scusala, non so che cosa le sia preso. Di solito non si comporta così», dice Martha, distraendomi dai miei stessi pensieri.
«Certo, capisco. Una brutta giornata, suppongo».
«Già…». Martha sorride e mi porge la mano. «Buona notte, Dan Smith».
Le stringo la mano, sorridendo imbarazzato. «Non c’è bisogno che usi anche il cognome».
«Lo so, ma vedi, anche il mio fidanzato si chiama Dan e mi mette un po’ in imbarazzo…».
«Uh, okay, come preferisci allora. Buonanotte, Martha».
La violinista si allontana a passo svelto per raggiungere le sue compagne ed io rimango fermo lì, indeciso sul da farsi, per una manciata di secondi. Alla fine, costringendomi a non pensare affatto al significato di quel gesto, corro verso il cestino e mi chino per raccogliere il fermaglio col fiocco che Amanda ha gettato via. Facendo attenzione perché nessuno mi noti, me lo infilo nella tasca posteriore dei jeans neri e torno dai miei amici.

 

***

 

Dan

 

Mi sveglio lentamente, con un lieve mal di testa che mi fa mugugnare. Ieri avevamo la serata libera  e abbiamo fatto un po' di baldoria, ma non è stata una bella idea bere così tanto, dato che questo pomeriggio abbiamo un'apparizione TV in cui dobbiamo anche suonare due pezzi live... Dovrò fare molti esercizi, prima che la mia voce sia quantomeno accettabile.
Mi alzo e dopo essermi concesso una lunga doccia per svegliarmi, scendo nella hall dell'albergo, dove mi indirizzano verso la sala colazione. Lì, come supponevo, trovo i miei compagni di band che ridono e scherzano indicando Woody. Mi avvicino sorridendo, pronto a ridere anche io, ma la mia espressione cambia in un baleno quando mi accorgo che il batterista ha un fiocco nero attaccato al ciuffo di capelli biondi che solitamente gli casca sulla fronte.
«Devo ammettere che sei proprio carino, Woody!», dice Kyle atteggiandosi come una ragazza.
E Will aggiunge: «Dovresti comprarti un po' di accessori femminili, ti donano».
Il mio volto è in fiamme e ancor prima di parlare mi getto addosso alla testa di Woody, cercando di strappargli il fermaglio dalla testa. «Dove l'avete preso?! Ditemelo!».
«Ehi Dan, calmati!», urla Kyle, balzando in piedi per aiutare Woody, a cui sto evidentemente strappando i capelli dalla foga di riavere quel fermaglio tra le mani.
«L'abbiamo trovato ieri in auto, sotto ai sedili», risponde pacatamente Will. «È tuo?».
«Sì! Cioè... no!».
«Allora di chi è?».
Finalmente Kyle riesce a togliere il fiocco dai capelli di Woody e fa per consegnarmelo, ma all'ultimo ritrae la mano e se lo appoggia sulla guancia, meditabondo. «Sapete chi ne aveva uno così? Amanda!».
«Amanda? La nostra Amanda, la violinista?», chiede Woody, con gli occhi sgranati.
Kyle annuisce e io provo a prendergli il fermaglio dalla mano, ma lui è ancora una volta più veloce. «Ora spiegaci, Dan, che cosa ci fai tu con un fiocco di Amanda».
«Niente!», borbotto, ma Kyle insiste, appoggiato dagli altri. Sono costretto ad inventarmi una scusa: «L'ha dimenticato in camerino all'ultimo concerto e volevo restituirglielo!».
Peccato che io faccia pena a dire le bugie e Will non perde tempo a smontarmi: «E cosa ci facevi tu nel loro camerino?».
Abbasso il capo e resto in silenzio per una manciata di secondi, fino a quando non sospiro e dico a voce bassa: «Posso riaverlo e basta?».
Kyle me lo consegna senza aprire bocca e da quel momento in poi nessuno osa toccare l'argomento.

 

***

 

Amanda

 

Nello studio c'è un bel po' di pubblico, ma è molto più gestibile della folla che si trova di solito ai concerti. D'altra parte, però, essendo tutto molto più silenzioso, non ci si può permettere nemmeno il più piccolo errore.
In questi giorni ho pensato molto alla mia ultima esibizione e sono ben decisa a non farmi distrarre più da nulla, Dan compreso. Ho capito che è del tutto inutile penarsi per lui, perché potrebbe avere qualsiasi tipo di ragazza ed io sono solo un'amica per lui, se non addirittura una semplice collega. Mi sono messa l'anima in pace, ecco, e spero che questa mia specie di rassegnazione calmi il mio cuore e renda lucida la mia mente.
Io e le mie amiche sbuchiamo da dietro le quinte durante lo stacco pubblicitario e ci sistemiamo in un angolino, dietro le tastiere di Kyle. I Bastille sono ancora seduti vicini all'intervistatrice, la quale gli sta anticipando le prossime domande mentre due ragazze dello staff gli svolazzano attorno per dare qualche ritocco veloce al trucco di cui, è chiaro come la luce del sole, non hanno bisogno.
Cerco di non soffermarmi troppo sulla figura di Dan, di non notare ciò che indossa o la particolare piega che hanno oggi i suoi capelli: non è ciò che farebbero le amiche/colleghe. I suoi occhi però sono troppo belli per essere ignorati ed è ancora troppo presto – o la mia determinazione non è così forte come credo – perché il mio cuore non prema contro la gabbia toracica quando si posano su di me. Ho quasi la sensazione che il suo viso si illumini vedendomi, come se fosse davvero felice che io sia qui, e mi do' ripetutamente della stupida: è evidente che non è così, che la mia mente sta solo assecondando i miei sciocchi sentimenti. Dan sta sorridendo perché è gentile e sorride sempre a tutti, nient'altro.
Martha lo saluta con un cenno della mano ed io vorrei sotterrarmi, così mi concentro sugli spartiti che devo sistemare sul leggio e sull'accordatura del mio violino: l'ho già controllato tre volte, ma ho bisogno di tenermi occupata.
Prima che me ne accorga siamo di nuovo in onda, e dopo un paio di domande l'intervistatrice li invita a prendere posto per il loro live.
Nonostante mi sudino le mani, non sbaglio mai. La soddisfazione è tanta e alla fine del secondo brano sorrido a Martha, la quale ricambia con gentilezza, senza comprendere del tutto le motivazioni del mio benessere. Solo quando mi accorgo dell'espressione stupita e allo stesso tempo delusa sul volto di Dan, il mio sorriso entusiasta si spegne lentamente. E capisco che ormai è troppo tardi per tornare indietro, per far finta che la mia cotta per lui non sia reale, e che darei qualsiasi cosa  per vederlo sorridere di nuovo.

 

***

 

Dan

 

Ho stonato due volte e Amanda sorrideva felice. Davvero non la capisco.

Sono l'ultimo ad uscire dal camerino, dopo aver sistemato tutta la mia roba nel piccolo zainetto che porto in spalla, e sobbalzo quando trovo proprio Amanda accanto alla porta, col suo violino stretto al petto e un ciuffo di capelli biondi che le accarezza la guancia.
«Scusami, non volevo spaventarti», dice subito, arrossendo quasi quanto me.
«Che ci fai qui?», le domando, guardandomi intorno nel corridoio deserto.
«Io, ecco... mi sento così stupida», mormora e scuote la testa, quindi si volta di scatto e si allontana di qualche passo. Sarebbe sparita in un lampo, se solo non le avessi afferrato il polso. Non so perché l'ho fatto, non me ne sono nemmeno reso conto fino a quando non ho incrociato i suoi occhi verdi con i miei. Non ho mai notato quanto siano belli: lo sono davvero, di un verde molto tenue, sembrano quasi trasparenti, ma sono luminosi come gemme.
«Amanda...».
«Sì...?».
«Perché sei rimasta?».
«I-Io... L'ultima volta mi hai chiesto se stavo bene, dato che mi avevi vista un po' distratta. Questa volta sono io a chiedertelo, perché non sorridevi. Tu sorridi sempre e cavolo, hai un sorriso che... Insomma, volevo sapere se era tutto okay».
Amanda prende fiato, dopo il fiume di parole che le è sgorgato dalle labbra. Questa è forse la conversazione più lunga che abbiamo mai avuto.
«Sto bene», mormoro, un po' confuso. «È solo che ho stonato e... non è bello, quando accade».
«Non me ne sono nemmeno accorta», esclama, questa volta con voce ferma.
«Beh... meglio così!».
I nostri sorrisi si trasformano presto in una risata e la sua l’adoro: è così dolce, come una melodia! Non mi stancherei mai di ascoltarla, ma ho qualcosa di suo nella tasca della felpa ed è ora che glielo restituisca.
«Ehm, Amanda...».
«Chiamami Amy».
«Okay, Amy... Forse è un po' strano, ma io...», tiro fuori il suo fermaglio e glielo mostro, facendo particolare attenzione alla sua espressione. Il risultato però è inconcludente: non riesco a trarne alcuna informazione utile. «L'hai buttato via, l'ultima volta che ci siamo visti... Ma non era rotto. Forse un po' difettoso, ma...».
«A volte devi fare delle scelte», mi interrompe senza guardarmi negli occhi. «Provare a tenere qualcosa di difettoso per goderne fino a quando non si romperà del tutto, oppure disfartene subito, prima ancora di vederlo a pezzi».
«E tu hai scelto la seconda?», mormoro, continuando a pensare a quelle parole: ci deve essere qualcosa di più sotto, come una metafora, ma non riesco ad arrivarci, anche se ho la sensazione di avere la risposta proprio di fronte agli occhi.
«Perché rischiare di affezionarsi, se c'è un'elevata probabilità che non funzionerà?».
«Ma non puoi sapere quando smetterà di funzionare. Potrebbe anche durare in eterno, nonostante il difetto».
«E se non durasse? Se si rompesse?».
«Si potrebbe provare ad aggiustarlo».
Amanda solleva gli occhi nei miei e per un attimo rimango senza fiato, perché sono lucidi di lacrime. E non capisco più di che cosa abbiamo parlato, se di un fermaglio a forma di fiocco o di qualcos'altro. Le sue labbra si incurvano all'insù in un piccolo sorriso e anche quella domanda viene spazzata via, nella mia mente ora c'è il vuoto.
«Visto che l'hai recuperato, tanto vale provarci, no?».
Le dita delle nostre mani si sfiorano, quando prende il fermaglio per tirare indietro quel ciuffo che le accarezza la guancia. Io sorrido, felice di vederglielo di nuovo addosso. E decido di non dirle che l'ha provato anche Woody. Meglio di no.
«Grazie, Dan».
Annuisco e ci guardiamo imbarazzati per qualche secondo; poi Amy si avvicina un po', ma non faccio in tempo a capire le sue intenzioni perché Martha strilla il suo nome ed entrambi sobbalziamo.
Amanda è rossa come un peperone e mi saluta con un semplice cenno di mano, prima di correre verso l'amica. Io le guardo sparire dietro l'angolo e per un istante mi sento infinitamente solo. Per fortuna in mio soccorso arriva Kyle, il quale però sbuca alle mie spalle e mi spaventa tanto da farmi trasalire.
«Com'è che sei sempre l'ultimo? Andiamo, dai!».
«Sì, andiamo».
Ci incamminiamo verso l'uscita, raggiungendo Will e Woody.
«Quand'è il nostro prossimo live?», chiedo.
«Domenica».
Immediatamente penso che non vedo l'ora che sia domenica e non so bene perché.

 

 

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Buonasera, ma buonasera! :)
È tipo un sacco di tempo che non pubblicavo qualcosa e spero che questa piccola one-shot non sia un totale fiasco! Io devo dire che ne sono abbastanza soddisfatta e chissà… forse non rimarrà una OS tanto a lungo! Ma questo direi che dipende da voi xD Se avete due minuti di tempo da sprecare, sarò ben felice di leggere le vostre recensioni per sapere se vi è piaciuta o meno e per vedere fino a dove si spinge la vostra fantasia in materia di insulti: il titolo fa veramente pena, me ne rendo conto! xD
Detto questo, ringrazio in anticipo chi leggerà e chi mi scriverà due righe ;)

Un abbraccio! Vostra,

_Pulse_

 

P.S. È la mia prima fan fiction sui Bastille, che adoro, e spero di averli ben ‘descritti’. Ovviamente non sono di mia proprietà e tutto ciò è frutto della mia fervida immaginazione, non a scopo di lucro!

P.P.S. E vorrei dire grazie, veramente grazie, alle violiniste che ogni tanto si vedono dietro i nostri ragazzi e che fanno un lavoro magnifico tutte le volte. Se lo meritano!

 

   
 
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