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Autore: Shainareth    30/09/2013    4 recensioni
Zuko inarcò un sopracciglio: davvero Katara stava per confidarsi con lui? Quella sì che era una novità. Lei tuttavia si interruppe, come se ci avesse ripensato. Riaprì le labbra per parlare, ma di nuovo le chiuse. Infine, si lasciò andare ad un verso esasperato che il giovane trovò piuttosto buffo – ma si guardò bene dal confessarglielo.
Lievi cenni Zutara.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katara, Zuko
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nota: La presente shot è ambientata subito dopo l'episodio intitolato Lo spettacolo teatrale, che corrisponde al diciassettesimo della terza serie.








CONFRONTI E RIFLESSIONI




«Spostati», ordinò perentoriamente Katara, entrando in cucina a passo di carica ed urtandolo con un colpo d’anca quando lo raggiunse accanto al lavello. «Ho voglia di tè.»
   Essendo un signore, lui evitò di farle notare la facilità con cui avrebbe potuto essere fraintesa quella frase. Il vecchio Zuko, inoltre, avrebbe senza dubbio protestato e inveito contro quell’irruenza e quella maleducazione, ma quello nuovo, che poi era anche quello vero, si guardò bene dal farlo per il semplice motivo che adesso conosceva la ragazza abbastanza da capire quando era meglio tacere. «Era quello che stavo facendo», si limitò a farle notare in tono di scuse, mentre lei gli scippava il bollitore dalle mani.
   «Beh, ci vuole più acqua», ribatté stizzita, cominciando freneticamente a darsi da fare. Aveva decisamente l’aria di una che non aveva voglia di parlare. E che aveva dormito male o non era riuscita a farlo. Oltretutto, i suoi capelli crespi e mossi, che al momento parevano il nido di un grosso rapace, parlavano per lei.
   Dotato di istinto di sopravvivenza, Zuko indietreggiò e la lasciò fare, preferendo appoggiarsi con i reni alla dispensa lì accanto e scrutarla in silenzio. La cosa, chiaramente, indispettì la ragazza che, dopo aver messo il bollitore sul fuoco, lo fissò da sopra la propria spalla con fare sospetto.
   «Che hai da guardare?» volle sapere, seccata.
   Lui incrociò le braccia al petto e scosse le spalle. «Nulla», mentì. In realtà, avendo una sorella, aveva imparato che le donne, in determinati periodi del mese, devono categoricamente essere lasciate in pace. Perciò, credendo erroneamente che quello fosse il periodo del mese di Katara, non osò controbattere.
   L’altra strinse le labbra con fare pensoso, tornando a prestare attenzione all’acqua messa sul fuoco. Poi, calmando il tono della voce, chiese: «Perché sei in piedi a quest’ora?»
   Di nuovo, Zuko scrollò le spalle, benché lei non potesse vederlo. «Non riuscivo a dormire», rispose sinceramente. In effetti gli risultava difficile chiudere occhio per diverse ore di fila da quando erano giunti nella Nazione del Fuoco. Ad ogni modo, reputando che quello fosse un buon momento, ritorse la domanda alla compagna. «E tu? Hai fatto un brutto sogno?»
   «Macché», sbuffò la ragazza, ruotando su se stessa per evitare di dargli ancora la schiena. Non sarebbe stato educato. «È che…»
   Zuko inarcò un sopracciglio: davvero Katara stava per confidarsi con lui? Quella sì che era una novità. Lei tuttavia si interruppe, come se ci avesse ripensato. Riaprì le labbra per parlare, ma di nuovo le chiuse. Infine, si lasciò andare ad un verso esasperato che il giovane trovò piuttosto buffo – ma si guardò bene dal confessarglielo.
   Si schiarì la voce. «È successo qualcosa?» si azzardò a domandare. «Non che tu sia obbligata a rispondere, sia chiaro…» ci tenne a farle sapere, giusto per non incorrere in un’eventuale sfuriata di protesta.
   Katara alzò lo sguardo su di lui e rimase a fissarlo in silenzio per qualche attimo, come se stesse decidendo se poteva confidarsi davvero o meno. Anche se in passato Zuko aveva tradito la sua fiducia, le cose adesso erano decisamente cambiate e fra loro stava nascendo una bella amicizia, tanto che ormai erano arrivati a consigliarsi e a sostenersi a vicenda come se in precedenza non ci fosse mai stato alcun dissapore. E poi, a ben guardare, con chi altri avrebbe potuto parlare di quel genere di cose? Con Sokka? Per favore. Adorava suo fratello, ma su determinate questioni lui sapeva essere così infantile… Toph? Non avrebbe capito. Suki? Sì, lei sarebbe stata perfetta. A quell’ora di notte, però, sicuramente stava dormendo – e se non lo stava facendo, Katara non voleva sapere in quale altra attività fosse impegnata.
   Sospirò, rassegnandosi a tenersi tutto dentro. L’idea di parlarne con Zuko la imbarazzava. Però era anche vero che forse avrebbe dovuto ascoltare il parere di un uomo per capirci qualcosa. Avrebbe potuto essere interessante confrontare i loro punti di vista. Inoltre, sapeva che lui era una persona molto riservata e che quindi non avrebbe rivelato a terzi la loro conversazione.
   Si mordicchiò le labbra, indecisa sul da farsi. «Non… Non sei obbligata…» si sentì ripetere, avvertendo questa volta un certo timore nel tono della voce del suo compagno.
   Fu quella discrezione che la indusse a dargli credito. «È per qualcosa che è successa stasera…» farfugliò, afferrandosi una grossa ciocca di capelli fra le mani ed iniziando a lisciarsela, benché sarebbe stato impossibile dare una parvenza di ordine alla sua chioma con quel semplice gesto.
   «Durante lo spettacolo a cui abbiamo assistito?» cercò di capire Zuko, più sollevato ora che sapeva che Katara si fidava di lui al punto da lasciarsi andare persino a quel genere di chiacchiere notturne.
   Per la seconda volta, la ragazza si abbandonò ad un verso affranto. «Perché le cose non possono rimanere così come sono sempre state?» pretese di sapere, in un nuovo scatto di stizza.
   Quelle semplici parole bastarono a far capire al giovane che si trattava di una questione seria e probabilmente anche piuttosto lunga. Senza farsi scoprire dall’amica, adoperò i propri poteri per dominare la fiamma su cui era stato sistemato il bollitore e la rese più bassa, in modo che l’acqua ci avrebbe messo più tempo per scaldarsi.
   «A che ti riferisci?» chiese quindi, poiché sapeva che le donne amano sentirsi porre le domande che vogliono, appunto, sentirsi porre. Katara arrossì ed esitò nuovamente, occhieggiando nella sua direzione. Si umettò le labbra e biascicò il nome di Aang. Per quanto ottuso potesse apparire, Zuko comprese al volo. «Oh», si limitò a commentare, portandosi una mano alla nuca con fare impacciato. «Ti ha… ehm… detto qualcosa?»
   Katara sbuffò: che domande faceva, quello sciocco? Era ovvio che Aang lo avesse fatto, altrimenti perché iniziare quell’imbarazzante conversazione con lui?
   «Sì», rispose per amor di quiete, concludendo che, dopotutto, Zuko non poteva avere il dono dell’onniscienza e che quindi non poteva sapere come si fosse evoluto il rapporto fra lei e il loro comune amico. «Io gli voglio un gran bene, sai…» prese allora a spiegargli, andando a sedersi al tavolo e prendendosi la testa fra le mani, lo sguardo fisso sulla superficie lignea. «Ma lui s’è messo in testa questa… cosa…»
   Era evidente che Katara ci stesse male, Zuko se ne rese conto subito. Quasi si sentì in colpa per le allusioni che gli attori della compagnia teatrale avevano fatto sul rapporto che lo legava alla dominatrice dell’acqua. Sapeva che lui non c’entrava nulla, ma se quel tipo di pensieri l’angustiava a tal punto, sarebbe stato meglio evitare del tutto l’argomento.
   Al momento, comunque, era impossibile farlo, visto che era stata proprio Katara a intavolare quella discussione. Si accomodò di fronte a lei e, fissandosi le mani con fare assorto, provò a farla ragionare. «Sai… credo che Aang sia in quella fase.»
   La fanciulla alzò su di lui uno sguardo confuso. «Che fase?»
   «La pubertà», le spiegò Zuko, pur con qualche riserva. Non ne era proprio sicuro, ma l’età di Aang – quella biologica – era proprio quella in cui i ragazzi iniziano ad interessarsi seriamente all’altro sesso. «È normale che ti abbia messo gli occhi addosso, sei la donna più vicina a lui e se consideri anche il bel legame che avete instaurato e il fatto che tu sia…» Si bloccò, avvertendo come un senso di vergogna. Ma Katara continuava a guardarlo, attendendo che lui finisse la frase. «Beh, che tu sia bella…» riprese allora, tornando a fissarsi le mani. «Sarebbe stato strano il contrario, credo.»
   «Ma siamo nel bel mezzo di una guerra!» tentò di fargli capire l’altra, troppo impegnata a strabuzzare gli occhi con orrore per arrossire a causa di quel complimento inaspettato. Possibile che fosse l’unica a non pensare a quel genere di faccende?
   «Credi che Sokka e Suki non se ne rendano conto?» le domandò a bruciapelo Zuko, ricambiando il suo sguardo e poggiando il viso contro il pugno, il gomito sul tavolo. «Anzi, credo che siano fin troppo consapevoli del fatto che nel bel mezzo di una guerra si rischia la vita. Ecco perché…» E fece un gesto vago con la mano, ma che Katara intese alla perfezione.
   Dunque era davvero l’unica, lei, a non pensare all’amore in tutto quel trambusto. «Anche per te è così?» chiese con voce flebile, cercando di convincersi di quella verità. Vide Zuko passarsi una mano davanti alla bocca, come se si sentisse a disagio. «Non sei obbligato a rispondere», volle rassicurarlo, usando nei suoi riguardi la sua stessa discrezione.
   «Credo di essere coinvolto troppo da vicino, in questa guerra, per lasciare che determinate questioni mi distolgano dalle mie responsabilità», disse invece il giovane, poiché non sarebbe stato giusto, nella sua ottica, non ricambiare la fiducia concessagli.
   «È quello che dico io!» esclamò Katara, lieta finalmente che qualcuno le desse ragione. «Come può, Aang, pensare all’amore proprio adesso?»
   Zuko scrollò ancora una volta le spalle. «Forse si sente solo», ipotizzò.
   «Ma se ci siamo noi, con lui!»
   Gli venne da sorridere per l’ingenuità con cui la sua compagna cercava una logica nella vita e nei sentimenti degli altri. Forse avrebbe anche potuto essere tacciata di arroganza, ma il giovane sapeva che non era il suo caso. «Un conto è avere degli amici, un conto è avere accanto una persona… speciale», provò a farle notare.
   A volte non era neanche necessario arrivare a provare un sentimento d’amore vero e proprio nei confronti di qualcuno; bastava solo l’illusione di avere accanto a sé una persona che riuscisse a rassicurarti. Lui ne sapeva qualcosa, perché quella ragazza di Ba Sing Se era stata la prima distrazione di cui aveva avuto bisogno durante il tortuoso percorso che lo aveva portato fin lì. Non si era comportato bene con lei, ne era perfettamente consapevole, e in parte se ne vergognava anche. E che dire poi del modo in cui aveva piantato in asso Mai? Imperdonabile. Tuttavia, spesso aveva avuto come il sospetto che Mai fosse solo una sorta di consolazione: avvertiva la necessità di sentirsi amato e lei era stata l’unica ad offrirgli quel tipo di conforto, benché non di rado provasse una certa irritazione per i suoi modi troppo distaccati e… Insomma, era normale che, per dichiarare il proprio amore a qualcuno, gli si dicesse roba del tipo: Sai, non ti odio? Eppure Zuko era perfettamente consapevole che Mai ci teneva davvero, a lui. Lo aveva ampiamente dimostrato.
   «E…» la voce di Katara lo riportò alla realtà. «Anche per te è così?» tornò a domandargli, timorosa di osare troppo.
   Il giovane sospirò, non sapendo esattamente che risposta darle. «Lo è stato», ammise infine, pur con un certo pudore che lo costrinse a distogliere lo sguardo dal suo. «Ma non credo di essere stato anche abbastanza lucido per poter giudicare la questione con fare obiettivo. Non posso giurare, però, che per Aang sia la stessa cosa.»
   Apprezzando la sua sincerità, la ragazza allungò una mano e strinse quella di lui, lasciandolo stupito per quel gesto affettuoso. «Ho capito», disse con calma, rivolgendogli un sorriso. «Cercherò di essere più comprensiva con Aang», si ripromise. «Anche se al momento non riesco davvero a vederlo in quel modo», tornò a rimarcare in ogni caso.
   Zuko si lasciò scappare un ghigno che tuttavia non aveva nulla di canzonatorio. «Lo so, si vede.»
   «Davvero?»    
   «Katara», prese allora a spiegarle, ricambiando la stretta di mano. «Tu sei un po’ come una mamma.» La vide aggrottare la sopracciglia scure con fare imbarazzato e dovette reprimere una risata. «Sì, sei una mamma chioccia», insistette, convinto di quel che diceva. E lui, di mamme, se ne intendeva. «Il tuo affetto per Aang è un po’ come quello…»
   «Non dirlo», gracchiò la ragazza, interrompendolo e facendolo ridere sul serio, stavolta.
   «Giuro che stavo per dire “come quello che c’è tra fratello e sorella”», la tranquillizzò Zuko. E su questo punto Katara non poté dargli torto, visto che considerava davvero Aang alla stregua di un fratello minore. Peccato solo che lui non fosse molto d’accordo. «Anche se ammetto che, a volte, a stargli dietro sembra di aver a che fare con un bambino.»
   «Quindi io sono la mamma e tu sei il papà», concluse dispettosamente la ragazza con chiaro intento vendicativo.
   «Sì, e lo abbiamo concepito a Ba Sing Se», bofonchiò Zuko, impacciato, mentre si liberava dalla sua presa.
   E Katara scattò, battendo il pugno sul tavolo. «A Ba Sing Se…!» cominciò a starnazzare, poiché la delusione provata nella realtà tempo addietro e l’allusione contenuta in quell’assurda recita a cui avevano assistito poche ore prima iniziarono a sovrapporsi, facendo nascere in lei un risentimento decisamente strano che la infastidì non poco.
   Il giovane dovette fiutare puzza di pericolo, perché subito aumentò la fiamma su cui si trovava il bollitore, facendolo fischiare e distraendo così la compagna. La quale si lasciò sfuggire un’imprecazione e fu costretta a correre per togliere l’acqua dal fuoco.
   «Ci sputerò, dentro il tuo tè. Sappilo», ritenne in diritto di informarlo, stizzita dal fatto che l’elemento di Zuko riuscisse ad avere tanto potere sul suo. Il dominio della terra e quello dell’aria potevano deviare il corso dell’acqua, ma non arrestarlo; il fuoco, invece, era addirittura in grado di farla ribollire o di calmarla. Era un po’ come se Zuko riuscisse a dominare il suo animo, e lei trovava la cosa piuttosto invasiva e fastidiosa. Non era giusto.
   Ciò nonostante, dovette riconoscere con se stessa che il confronto avuto con lui quella notte era stato edificante, sia perché l’aveva aiutata a comprendere meglio il possibile punto di vista di Aang, sia perché le aveva dato l’opportunità di conoscere meglio quello che per lei era stato per lungo tempo il terribile principe della Nazione del Fuoco. Dopotutto, anche se continuava a reputarlo un individuo problematico per tante buone ragioni, Katara si convinse di non aver sbagliato a concedergli la propria fiducia.












Credevo che non avrei più scritto su questa serie, e invece... In ogni caso, spero di non essere andata troppo OOC. È che, dopo aver sottolineato nella mia precedente fanfiction di come Katara riesca ad avere un certo potere su Zuko grazie al proprio dominio, mi pareva doveroso dare una rivincita al nostro baldo giovanotto.
Non so quanto senso abbiano le riflessioni e le conclusioni stilate in questa shot, ma ho sempre pensato che le cose stessero più o meno in questo modo. Magari mi sbaglio, sia ben chiaro, però guardando la serie è stata questa l'impressione che ho avuto.
Shainareth





  
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