Capitolo 4.
La mattina seguente mi svegliai ancora vestita come il giorno
prima, con il libro di storia in mano, e con un forte mal di testa. Ero
piena di pensieri, e d ero confusa, terribilmente: mi sembrava che le mie
uniche certezze fossero crollate in una notte sola. Rimasi qualche minuto a
fissare il soffitto, massaggiandomi le tempie; dopo filai in bagno per una
lunga doccia ristoratrice e, senza neanche aver fatto colazione, mi vestii e
scappai a scuola. Avevo bisogno di stare un po’ da sola, e
soprattutto all'aria aperta: dentro le quattro mura della mia camera, mi
sembrava letteralmente di impazzire. Ero tormentata dal ricordo di ciò
che mi era successo la sera precedente.. avevo avuto
sempre un certo sesto senso per queste cose, e ancora una volta ci avevo visto
giusto. Già non vedevo l'ora che fosse stata sera.
Questo non era molto indicativo, ma avevo il disperato bisogno
che ventiquattro ore passassero in fretta, e che, possibilmente, ne uscissi
indolore: ma forse chiedevo troppo. Decisi di non pensarci troppo, non potevo
vivere con questa ossessione per tutto il tempo. Per
tutto il tragitto verso la scuola, invece, camminai
velocemente, a testa bassa. Ecco cosa avrei fatto: avrei
tenuto la mente occupata, in modo di cercare di non pensare troppo.
Senza neanche accorgermene, arrivai a scuola. Ero arrivata troppo presto: il
cortile era semi deserto e pochi ragazzi ciondolavano
là davanti. Sospirando, come per farmi forza, oltrepassai il cancello e mi
sedetti sulla grande scalinata, proprio davanti i portoni della scuola.
Appoggiai lo zaino accanto a me, lo aprii, presi una penna e un block-notes, e
cominciai a pasticciare, lasciando liberi i pensieri.
Mi rilassava. Ma purtroppo, anche se volevo fermarla a
tutti i costi, la mia mente cominciò a vagare.
Alex era l'unica persona di cui potevo fidarmi. Era l'unico amico che avevo, e
che avevo mai avuto. Lui teneva a me, mi considerava la sua migliore amica, mi considerava come una cosa importantissima per lui. Alex sapeva tutto - o quasi - di me. Io mi fidavo di lui, e lui
di me, su questo non ci pioveva. Alex era il mio migliore amico. E io ero incondizionatamente, follemente e pateticamente
innamorata di lui. Possibile che me ne fossi accorta solo adesso? Sì.
Quando avevo scoperto che a lui piaceva Melissa, e che voleva fare il progetto
di scienze con lei, ero praticamente impazzita di
gelosia. Ma forse era innamorata di lui già da prima,
ma siccome era il mio migliore amico, avevo scambiato ciò che provavo per lui
per amicizia. Mi sembrava che qualcuno stesse attaccando qualcosa di mio, solo mio, e che me lo stesse portando via. Forse lo sentivo
perché ero innamorata di lui, e mi odiavo per questo. Che
senso aveva rovinare un'amicizia che andava avanti ormai da anni? La nostra
amicizia era una delle cose più belle che avevo: non
potevo permettermi di rovinarla o, ancora peggio, di perderla. Avrei sofferto troppo, e probabilmente - quasi sicuramente -
avrebbe sofferto anche lui. Saremmo stati male entrambi. Quindi la cosa
migliore era stringere i denti, e aspettare che mi passasse, anche se non credevo sarebbe stato troppo facile.
"Ehilà!"
Sobbalzai, e la penna mi cadde dalle mani, atterrando su un gradino di marmo
con un tintinnio strano. Strinsi il block-notes al petto, abbracciandolo, e poi
alzai lo sguardo da dove veniva quella voce. Anche se già
conoscevo perfettamente la risposta, ahimé.
Alex scoppiò a ridere. Era in piedi accanto a me, e mi guardava, ridendo.
"Ehm.." balbettai, diventando bordeaux
all'istante, e chinandomi per raccogliere la penna. Lui prese
posto accanto a me, sorridendomi. "Pensierosa, eh?"
Annuii, e posai la penna e il block-notes dentro il mio zaino. Non andava per
niente bene: dovevo comportarmi normalmente, come se nulla fosse. Chissà se
sentiva il mio cuore battere tanto forte?
"Oggi, per farti contenta, non fumo." disse lui, sempre col sorriso sulle labbra, e alzando gli
occhi verso il cielo.
Io mi allontanai un po' da lui, mettendomi i capelli dietro l'orecchio destro.
"Guarda che non devi fare così. E' la tua vita, e se vuoi fumare sono
affari tuoi." dissi. Lui sgranò gli occhi
nocciola, e mi guardò stupito.
"Ma come?! E io già che
t'immaginavo al mio funerale, a dire 'Io l'avevo avvertito, eh!'"
disse, ridendo un'altra volta. Risi anch'io, ma feci spallucce. Ero felice che
le cose, tra di noi, fossero quelle di sempre. Lui
continuò a guardarmi, serio in volto, mentre io giocherellavo nervosamente con
i miei capelli. Improvvisamente mi prese il viso dal mento, e me lo voltò prima
a destra, poi a sinistra, continuando a guardarmi, come se mi stesse studiando
attentamente. Il cuore cominciò ad andarmi velocissimo.
"Forse oggi mi sembri diversa." disse.
Il mio cuore si arrestò.
"Più felice."
Il mio cuore riprese a battere.
Mi scansai, costringendolo a lasciarmi il mento, e alzai di nuovo le spalle.
"Sono normale." osservai,
con un tono vago, non sapendo che rispondere. Il cortile, nel frattempo, aveva
iniziato a riempirsi di studenti. Il suono della campanella era
vicino, lo sapevo.
Alex scosse la testa.
"No, tu non sei normale." disse,
sorridendomi. Dovevo prenderlo come un complimento? Lo era? Se davvero lo era,
non ebbi il tempo di ringraziarlo, perché la campanella suonò.
"Andiamo." dissi, mettendomi lo zaino in spalla, e voltandomi verso
il portone aperto.
***
"L'hai saputo?"
Camminavo lentamente nel lungo corridoio, gremito di studenti, che si
accalcavano per uscire. La ricreazione era una delle parti della giornata che
preferivo.
"Cosa?" chiesi, appoggiandomi al muro, vicino a dei volantini appesi
ordinatamente con del nastro adesivo.
"Fra due settimane è Natale." sorrideva, mentre incrociava le braccia al petto e mi
guardava.
"Lo so. E quindi?" continuai. Non capivo
proprio dove volesse arrivare.
"La scuola sta organizzando una festa d'istituto per Natale." concluse.
Venni invasa da una vera e propria ondata di panico.
Le feste d'istituto non erano propriamente la mia prima idea di divertimento.
"E allora? Noi non ci andiamo mai." dissi, rivolgendogli uno sguardo interrogativo. Da quando ero in quel liceo, io e Alex eravamo andati ad una festa
d'istituto solo per una volta. Se potevamo,
preferivamo evitarle accuratamente. "Tanto lo sai come vanno a finire
queste cose," continuai, imperterrita. Mi staccai
dal muro e imboccai velocemente un corridoio, dirigendomi verso un distributore
di merendine "..si balla, si parla, si beve. E poi vedi ragazze in lacrime che sono state mollate, o chi
corre verso il bagno perché è completamente ubriaco!" conclusi, con un
mezzo sorriso. Alex si appoggiò al distributore, dandogli le spalle, e guardandomi
di nuovo. Io infilai alcune monetine nella fessura, e schiacciai alcuni pulsanti, componendo un numero. Con un tonfo, una
merendina fece capolino nella fessura più grande, in basso. Evitavo con
attenzione il suo sguardo.
"Tu non capisci." disse,
serio.
"Cos'altro dovrei capire?"
"Questa è l'occasione giusta per farmi notare da lei!" esclamò.
Corrugai la fronte, e lo guardai. "Una festa non servirà a farla
innamorare di te, Alex. Se vuoi farti notare da lei,
puoi benissimo parlarle anche adesso."
'Ma ti prego, non farlo.'
Lui sbuffò. Scartai la merendina, e gliela porsi per offrigliela.
Lui scosse la testa, così la mangiai. "Non lo so, non ci riesco." disse. "Dammi un consiglio! Tu
sei una ragazza, in fondo, no?"
Mi allontanai, lui continuò a seguirmi. "Grazie per essertene
accorto solo adesso. Comunque, credo che se non le
parlerai, non combinerai mai niente." dissi, un
po' seccata. Doveva piacergli sul serio, allora. Alex era un po' timido, ma di
solito non aveva problemi a rapportarsi con la gente. Specialmente con le
ragazze, poi.
Mi fermai in mezzo al corridoio, semi vuoto perché molti studenti erano fuori
per la ricreazione, e mi posizionai davanti a una
finestra. Il sole era tiepido, ma alcune nuvole non
propriamente candide lo minacciavano. Alex si fece sprofondare le mani in
tasca, e sospirò, guardando fuori. "Ti ricordi quello che mi hai detto
ieri sera? Forse dovresti provarci. Mi sentirei più sicuro, se tu ci
provassi."
Oh, perfetto. Dovevo pure fargli da Cupido. Non avevo nessunissima voglia di
diventare amica di Melissa: mi sembrava proprio il genere di persona che avrei
dovuto evitare. La sera precedente l'avevo detto automaticamente, senza
pensarci, ma adesso non potevo più tirarmi indietro. L'avevo detto, ormai.
Le mie speranze di poter piacere ad Alex erano meno di zero. Sembrava davvero
interessato a Melissa; non l'avevo mai visto comportarsi così per una ragazza.
E magari la mia era solo un' innocente cotta
adolescenziale.. Magari ero l' intralcio di una bellissima storia d'amore. Anche
se questo implicava gettare via i miei sentimenti, e
soffrire in silenzio, per Alex avrei fatto questo e altro. M'importava che
fosse felice.
"Dovete fare il progetto di scienze insieme, no? E' un pretesto per conoscerla, per parlarle."
Alex sorrise.
"Già, hai ragione!" esclamò, raggiante. Io sorrisi debolmente.
Accartocciai l'involucro della merendina ormai finita, e lo gettai in un
cestino lì vicino.
"Quand'è la festa?" chiesi, guardandolo. Era davanti a me, guardava fuori dalla finestra.
"Il 21 dicembre. Pare che sia l'ultimo giorno di scuola prima delle
vacanze Natalizie." rispose,
continuando a guardare fuori, con aria distratta.
"Pochi giorni prima del mio compleanno." osservai,
distogliendo rapidamente lo sguardo. Il 28 dicembre sarebbe
stato il mio compleanno, avrei compiuto sedici anni. Alex li compiva il
3 gennaio. Anche se non sembrava, ero più grande di lui.
"E' vero.. Magari, quel giorno.."
Venne interrotto dal suono della campanella. Proprio
quando mi stava dicendo qualcosa d'importante!
"Cosa?" chiesi.
"Niente d'importante."
Il suo sguardo vagò tra gli studenti che rientravano a scuola, dopo la
ricreazione. Sospirai profondamente, e mi allontanai dalla finestra. Avevo il
morale sottoterra, così come la mia autostima. Di certo non ero mai stata
sicura di me stessa, ma questo serviva a scoraggiarmi sempre di più. Sospirai
più e più volte. Mi sentivo come un vuoto proprio all'altezza del petto. Proprio dove prima c'era il mio cuore.