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Autore: Jessica Fletcher    02/10/2013    3 recensioni
Siamo nella stagione 4 nell'episodio in cui Ryan viene ferito da un chiodo sparatogli nell'occhio.....solo che ci saranno tante, troppe complicazioni.....la narrazione è affidata ad Eric e sono i suoi pensieri e le sue sensazioni a fornire l'ossatura di tutta la vicenda
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Eric Delko, Ryan Wolfe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ryan e Eric

Con tutta la forza



Avrei dovuto andarci io in quel camper e il chiodo nell'occhio avrei dovuto prendermelo io. Invece non ci sono andato, sarebbe dovuto essere il mio compito ma ero in ritardo, come spesso mi capita, ultimamente. E lui, Ryan non me lo perdona mai, mai. Lui, sempre così preciso, sempre pronto a fare il perfetto poliziotto senza macchia e senza paura, non riesce a capire che a volte può capitare di avere dei problemi tanto seri da non sapere da quale parte girarsi, da non riuscire a dormire la notte. Vorrei vedere lui e tutti quelli come lui, cosa farebbero al mio posto....
Così finiamo sempre per litigare, come é successo oggi, prima che lui si recasse sul luogo dell'indagine per poi non tornare piú.
Quando ho ricevuto la sua chiamata, lì per lì, mi é quasi venuto un accidente... sono accorso come una furia in suo soccorso e l'ho trovato, mio Dio, l'ho trovato steso a terra in un lago di sangue e conficcato nell'occhio, in un modo quasi grottesco, c'era quel maledetto chiodo. Lui, Ryan, era cosciente ma gravemente sotto choc; doveva sentire molto male. Si è aggrappato al mio braccio con le ultime forze rimaste, cercando un minimo conforto in quella difficile situazione e io ho contraccambiato la stretta per fargli capire che non era solo, che c'ero io a prendermi cura di lui.
L'ho aiutato ad alzarsi, anzi, praticamente l'ho sollevato io e l'ho portato praticamente di peso verso la mia Hummer (autovettura della scientifica di Miami nda)  adagiandolo piano sul sedile del passeggero. Gli ho fissato la cintura di sicurezza cercando di fare attenzione a non toccare la parte ferita. Il dolore doveva essere quasi insopportabile perché lui ha cominciato a gridare forte.
Ho telefonato immediatamente in ospedale e mi sono raccomandato affinché si tenessero pronti perché stavo per arrivare con un agente gravemente ferito.
Ho cercato di correre più che potevo mangiando letteralmente la strada, Ryan doveva soffrire terribilmente a giudicare dalle sue grida.
Dio, quelle grida! Mi trapanavano l'orecchio, era un vero tormento sentirle, un tormento e un sollievo al tempo stesso, perché finché gridava allora voleva dire che era ancora cosciente .
"Stai con me" continuavo a dirgli, "stai con me" e poi cercavo di tranquillizzarlo, gli dicevo che eravamo quasi arrivati in ospedale e che lì si sarebbero presi cura di lui.
Ma una volta arrivati in ospedale lo hanno portato al pronto soccorso e non mi hanno permesso di rimanergli accanto. Avrei voluto con tutto il cuore rimanere per confortarlo, per non farlo sentire solo in questo momento.... e poi volevo sapere subito quanto era grave, avrebbe potuto perdere l'occhio, avrebbe potuto avere danni al cervello. E sarebbe stata anche colpa mia... lui era andato da solo perché io ero in ritardo al lavoro. In quei terribili momenti giurai a me stesso che se gli fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato.
Fortunatamente era arrivata Alex ed è entrata lei nell'ambulatorio, lei è un medico e l'hanno lasciata passare; almeno non è rimasto solo.... mi era sembrato così spaventato oltre che sofferente.
È arrivato Horatio e mi ha fatto la predica; ho ascoltato tutto ben sapendo di meritarmelo. Non avrei mai dovuto lasciare che i miei problemi personali interferissero con il mio lavoro, soprattutto quando c'è in gioco la vita di altri colleghi. Mi domando se al posto di Ryan ci fosse stato Tim; come mi sarei comportato. Lo avrei lasciato solo ? Me ne sarei fregato allo stesso modo? Forse no, forse avrei cercato di fare tutto il possibile per non lasciarlo solo in pericolo.
Mentre sono immerso nei miei pensieri la porta dall'ambulatorio si apre e esce Ryan. Ha l'occhio sfasciato, pesto e orrendamente gonfio, tanto che non riesce a tenerlo aperto.... Mi fa impressione vederlo, tanto più se penso che in quello stato avrebbe dovuto esserci il mio di occhio.
Mi avvicino a lui che mi sembra piuttosto intimidito della mia presenza o forse non vuole farsi vedere in questo stato. Ha l'aspetto stanco, provato, mi dice che ha l'intenzione di prendere un taxi per andare a casa.
E no, che non lo lascio solo, non adesso che sta male a causa mia. Mi offro di accompagnarlo a casa, gli dico che sono di strada ma, chiaramente sto mentendo. Penso che anche lui lo abbia capito ma accetta il mio passaggio, così come accetta la battuta spiritosa e la pacca sulla spalla che gli dò ben volentieri e sollevato dal fatto che lui non mi dimostri alcuna ostilità.
Guido in silenzio fino a casa sua, una volta arrivati lui mi chiede se voglio salire. Non ho niente da fare, così accetto.
La sua casa è assolutamente in ordine e immacolata, non sembra nemmeno abitata, sembra piuttosto un'esposizione di un negozio di arredamento. Ryan si accomoda in un angolo del divano mentre io mi siedo dall'altra parte. Mi guarda a lungo, e quello sguardo strano, asimmetrico mi fa una certa impressione ma non posso distogliere il mio.
A un certo punto mi dice "Mi dispiace"
Sono realmente basito "di che cosa ti dispiace?" gli chiedo ,
"Del tuo amico, mi dispiace che sia morto. Ne ho preso il posto, non so se degnamente o indegnamente, ma so benissimo che eri molto legato a lui e che stai soffrendo molto la sua mancanza. Io non sono lui, sono me stesso, cerco di fare il mio meglio sul lavoro e non pretendo certo di sostituirlo nei vostri cuori, ma vorrei essere accettato, non chiedo di più."
Poi tace, all'improvviso il suo viso si trasforma, dapprima in una semplice smorfia di dolore, poi si raggrinzisce come se il dolore che sta provando stesse aumentando in modo esponenziale. Infine esplode in un grido quasi inumano mentre si porta la testa fra le mani.
"Ryan, Ryan che ti succede?" gli chiedo preoccupato.
"La testa! ... sento un gran male alla testa....aiutami, Eric, aiutami...non ce la faccio più!"

Mi avvicino a lui, con una mano gli circondo le spalle, per confortarlo. Lui appoggia il capo sulla mia spalla e continua a gemere dal dolore, alternando gemiti a urli, quando il male che sente diventa quasi insopportabile.
"Ryan, ti riporto in ospedale, stai soffrendo troppo."
Lui annuisce ma non ha nemmeno la forza di parlare .
E poi è un attimo, sempre senza parlare volge la testa indietro, lo sguardo si fa vacuo e perde i sensi mentre un rivolo di bava gli scende dalla bocca.
Non c'è un attimo da perdere e non posso farcela da solo: decido di chiamare il 911 e chiamo anche Alex e Horatio.



Ha lo sguardo serio, Alex, mentre esce dalla sala visite, io e Horatio siamo in attesa nel corridoio, lei ha lo sguardo serio e gli occhi arrossati dal pianto.

"Horatio" si rivolge al capo "sai dove rintracciare i genitori di Ryan?"

"No, non al momento, ma penso proprio che abbia lasciato un recapito in centrale" risponde lui pensieroso, poi, guardandola direttamente in viso, "E' così grave?"

Mi sento gelare il sangue nelle vene mentre ascolto la risposta:
"Horatio, Eric......quello che devo dirvi non è piacevole. Ryan ha una forma di meningite fulminante. Probabilmente un batterio contenuto nel chiodo è penetrato nel cervello e si è propagato."

"È in pericolo di vita?", chiedo, abbastanza stupidamente,

"È molto grave" è la risposta "i soccorsi sono stati immediati e si spera che sia stato preso in tempo, ma non lo possiamo dire ora. Dobbiamo aspettare vedere come si evolve nelle prossime ore. Sì, è in pericolo di vita"

"Posso vederlo?" chiedo  "cioè, volevo dire ....... quando possiamo vederlo?"

Sono un po' imbarazzato e mi sembra strana questa mia voglia di vederlo...quasi come se fossimo veramente amici, eppure non siamo mai andati veramente d'accordo.

"Sì, lo potete vedere, anche ora, se volete; ma uno alla volta."

"Vai tu, ragazzo" mi dice Horatio "io vedo di rintracciare la sua famiglia."

Entro nella stanzetta e lui è lì, gli occhi ancora chiusi, il viso arrossato dalla febbre alta, fa fatica a respirare, ha una mascherina per l'ossigeno, intorno a lui tutta una serie di macchine che controllano il suo organismo e, attaccata al braccio, la cannula della flebo. Mi sembra incredibilmente piccolo e fragile, in quel momento, incredibilmente diverso dal ragazzo forte, ambizioso e un po' strafottente che ho imparato a conoscere in questo anno in cui abbiamo lavorato assieme.

Lo guardo bene, mi fa molto dispiacere vederlo ridotto così e il pensiero che possa non farcela mi sembra quasi insopportabile.

"Tranquillo, Ryan, tranquillo, gli dico, andrà tutto bene, resto qui con te fino a che non ti svegli....vedrai andrà tutto bene";
Mi sembra che queste mie parole gli facciano piacere, anche se non mi sente e non so proprio se sto cercando di tranquillizzare lui o piuttosto me stesso.

Mi domando come reagirei se dovesse morire e mi rendo conto che non è possibile che io perda un altro collega, un altro amico....non così presto, non ce la farei. Mi rendo conto che soffrirei per Ryan, allo stesso modo in cui ho sofferto per Tim, nonostante tutto e mi sembra strano.

Anzi, no....non proprio allo stesso modo; perché io quello che sto provando per Ryan non l'ho mai provato per nessun altro.

"Non morire, Wolfe, non ti provare nemmeno a morirmi davanti agli occhi. Tieni duro. Cerca di lottare, fallo per me. Fallo per noi"

Per noi? Ma cosa mi succede? No,non può essere. Di sicuro sono stanco, stanco e preoccupato; perché non sarà mai, non può essere al mondo che io, Eric Delko mi possa essere innamorato di un altro uomo.
Eppure ho una strana sensazione.....

"Non te ne andare, Ryan, non so se ce la farei a ritornare al lavoro senza di te.....anzi non so proprio se riuscirò a vivere, senza di te"

Le parole mi sono uscite fuori quasi automaticamente. Quello che comportano mi fa paura, ma non sono riuscito ad evitare di pronunciarle; mi sono proprio uscite dal cuore.....credo che lui abbia sentito perché mi è sembrato che abbia quasi sorriso e cercato di aprire gli occhi....ma forse è stata solo la mia immaginazione.

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Sono passate parecchie ore e ancora non si è visto nessuno; so che i suoi genitori abitano parecchio lontano da Miami e immagino che siano in viaggio. Sono stanco ma non mi muovo da qui nemmeno se cercano di spostarmi con un transpallet. Non lo lascio solo: gliel'ho promesso.
Lo sento gemere, mi avvicino, è ancora incosciente; gli sfioro la fronte, scotta ancora. Prendo la sua mano e me la porto alle labbra.....poi la lascio andare, spaventato. Ma mi sorprendo a fantasticare di me e di lui insieme, e la cosa non mi fa più così tanta paura. 

Starò qui con lui fino a che non si sveglia, perché si sveglierà ne sono sicuro, e poi anche dopo fino a quando non starà meglio e dopo ancora ....finché avrò vita.
Da oggi in poi vivrò per lui, non mi importa quello che la gente può pensare, non me ne frega niente. Se mi vuole sarò suo, suo per l'eternità.

Suo per sempre con tutta la forza del mio amore.


Questa volta ho voluto provare qualcosa di diverso e ho scritto una storia "slash"....non me ne vogliano le mie affezionate lettrici di storie "het"......è solo un'esperimento e un modo di rispondere ad una sfida che mi è stata lanciata tempo fa.
Spero che, nonostante sia molto diversa da quello che ho scritto finora, vi piaccia ugualmente.

Al momento non credo che scriverò altre storie slash, però non si sa mai.....who knows...praltro mi sono divertita come una matta a fare pronunciare ad Eric le stesse parole che ha usato quando era ferita e incosciente Calleigh.....solo che le ha usate per Ryan ahah

Ah, perdonate eventuali "stranezze" nell'impaginazione.....ho usato due programmi diversi per scriverla e temo di non essere riuscita a mettere a posto tutti gli interlinea

Beh aspetto recensioni ....

A presto
Love
Jessie





  
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