Salve! Come state? Intanto vi ringrazio per aver aperto questa os, e spero vi piaccia :) chi mi conosce sa quanto amo, in una maniera pure strana e per niente sana, quel cretino di Simon Lewis. Perché più di un cretino non è. E niente, posso solo dire di aver pianto da morire mentre la scrivevo ahahha e che la dedico alla mia Ania, e alla mia Clairesperia :) buona lettura (?), Afu.
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A volte la vita
cambia in modo radicale.
Totalizzante.
E non puoi far
niente per non farlo accadere.
Anzi, puoi. Ma
non lo fai, perché alla fine ti va bene.
Ti va bene
tutto, tutto,
e dovresti solo dirle dannazione no,
lo sai, vero?
Dovresti solo
correre via da lei, perché quello non era il
tuo mondo, e va bene che di mostri ne vedevi ogni giorno, ma erano
nascosti da
uno schermo, e dovevano continuare ad essere così.
Finti,
irraggiungibili, inoffensivi.
Invece guarda
che hai fatto.
Guarda quei due
piccoli buchi che hai sull’incavo del collo.
Guardati allo specchio, Simon, e
nota
il tuo colorito. Scrutati, scrutati in quello specchio e vedi tutte le cose in cui
sei diventato e
quelle che non potrai mai avere indietro.
Metti una mano
sul petto, all’altezza del cuore. Aspetta le
ore, controlla se batte.
Ti ricordi
quando lo faceva, Simon? Ricordi quando batteva
normalmente? Quando eri vivo e lo eri davvero.
Ti ricordi il
tuo cuore battere furiosamente quando Clary
si avvicinava?
Non ti manca
farlo? Non ti senti a metà?
Non ti senti un po’
morto?
Perché
è quello che sei, Simon. Sei nella via di mezzo tra
la vita e la morte, tra il bianco e il nero, e sei diventato
così dannatamente
grigio che butti all’aria quello specchio e ti scusi con
Jordan dicendo che poi
glielo ripaghi.
Sbatti la porta
della tua stanza, in quella casa;
così diversa da casa tua.
Sbatti la porta
e ti butti su quel letto troppo morbido e
quante volte gliel’avrai detto a Jordan che a te piace il
letto duro?
Quello sopra cui
la schiena quasi si spezza, ma sta dritta.
Quello che avevi
a casa tua.
Quello di cui Clary
si lamentava sempre.
Clary,
Clary, Clary.
Ma non ti
vergogni che tutto si riconduca su di lei, nella
tua vita?
Cos’hai
fatto davvero per te, Simon? Per Simon e basta, SimonSimon.
Non Simon
l’amico di Clary. Non Simon l’amico segretamente
innamorato di Clary sin dai tempi delle mollettine blu. Non Simon
l’amico manco
più di tanto segretamente innamorato di Clary che viene
trasformato in un
vampiro, visto che sì, che mi frega,
andiamo ad una festa di uno stregone
e
beviamo la qualunque, tanto il mondo è buono e bello e tutto
è un arcobaleno.
No.
L’arcobaleno
è una fottuta stronzata in cui tu hai sempre
creduto, perché quell’amore era come una continua
tempesta e ti dicevi, dovevi dirti
che sarebbe cessata e
allora l’arcobaleno sarebbe sorto. Dandoti speranza.
Anche quando non
deve esserci; perché Simon ti rendi conto
di come ti sei ridotto?
Tua madre ti
crede un mostro.
E la vuoi
sentire l’ultima, Simon?
Lo
sei.
Sei
un
mostro, Simon. Non importa che
dentro quel cuore ci sia la
persona migliore al mondo, Simon. Non importa che dentro di te la tua
anima è
più limpida dell’acqua di un ruscello, non importa
se le tue intenzione sono
tutte buone e i tuoi occhi continuano a vedere i colori dappertutto.
Perché
tu non sei a colori, il tuo cuore non batte, e la tua
anima si è fatta un po’ nera, perché
è quello che succede se diventi un mostro.
In te non
c’è niente di speciale.
In te c’era
qualcosa di speciale. C’era un intero ed immenso mondo di
cose speciali, dentro
di te.
Quando la tua
pelle era rosea e le tue guance potevano
arrossire.
Sai che non
c’era niente di più bello di quel rossore in
quelle tue guance?
In te
c’era un modo di cose speciali, perché tu lo eri.
Sprizzavi colori e naturalezza e spensieratezza e gioventù e
tutto quello che
di giusto c’è.
E il sole ti
baciava come se fossi il suo prediletto, e quei
tuoi grandi occhi diventavano di un colore più chiaro, e
quasi raggiungevi
l’oro.
Ora il sole ti
guarda e punta i suoi raggi su di te, e
corrucciato si chiede perché non bruci.
Perché
tu non bruci solo perché Jace ti ha dato quel sangue,
Simon. Sennò lo faresti: sennò
bruceresti.
E ora prendi
quello specchio, e poggialo bene al muro.
Prendi i cocci di vetro e buttali nella pattumiera, e no, non guardarti
perché
sei ancora arrabbiato, e non sai cosa potresti fare. Quindi stai fermo,
e calma
quella cascata di lava che hai dentro di te.
E smettila di
sentirti bruciare, perché non puoi.
Smettila di
autocommiserarti, perché la colpa è solo tua, caro.
Se
solo non
l’amassi in questo modo. Se solo la smettessi di amarla
così.
In questo modo
così devastante, che non te ne può fregar di
meno se è solo dare e non ricevere. Che non te ne frega
davvero niente che lei
ami un altro con la stessa intensità con la quale tu ami
lei, perché il tuo
cuore non batte ma quando c’è lei lo fa, e non sai
come possa essere possibile,
e i tuoi occhi esplodono di colori quando lei è vicina, e
davvero, dovresti
smetterla.
Smettila di dare
il tuo cuore, la tua anima, il tuo corpo,
la tua vita, per lei.
Non ti
amerà mai come tu ami lei. E non è che se
continui a
farlo lei cambia idea.
Non lo
farà.
E non
è colpa sua. Perché, Simon, sai come si sente in
colpa?
Sai quanto
vorrebbe schiaffeggiarsi a sangue quando vede
quei buchi e ti abbraccia e non sente niente?
Sai quante volte
si chiude in quella palestra e lo fa?
Sai quante volte
si maledice?
Quante volte
spera che tu te ne vada e la lasci sola?
Perché
sa di aver sbagliato. Sa di aver fatto
affidamento su di
te anche quando non
doveva farlo. Soprattutto quando
non
doveva farlo.
E sa di aver
sbagliato. Sa di averti chiesto troppo, e
sapeva il perché dei tuoi sì.
Quindi, mentre
piange, perché solo il pensiero di te lontano
da lei la devasta, capisce che è l’unica cosa che
tu debba fare.
E te ne parla,
un giorno.
Un giorno viene
da te, da
Jordan, e si siede sul letto.
Non sbuffa, e fa
strano.
Si gira verso di
te e prende le tue mani nelle sue, e tu
sai, sai che ora inizierà a parlare e straparlare. Le
lacrime si formano di
già.
Prova a non
guardarti negli occhi, ma tu le stringi più
forte le mani e la obblighi ad incatenare i suoi occhi ai tuoi. Ed
inutile
negarlo, riesci ancora a pensare di non aver visto niente di
più bello.
«Che
c’è?» le chiedi, esitante. Non sai bene
se vuoi saperlo
o no.
«Ho
sbagliato. Ho sbagliato fin troppo con te. Devi
andartene. Lontano. Via da me, da questo mondo. Createne un altro, ma
vattene,
vattene da me. Non ti faccio vivere.» ti spiega, con le
lacrime che formano una
tempesta e azzarderesti dicendo di aver visto pure un fulmine,
lì dentro.
Boccheggi; anche
se non hai mica bisogno di ossigeno per
vivere. Ma lo fai, lo stesso, perché senti un pugnale nel
tuo cuore morto che pare essere
rinato solo per
sentire dolore. E ne senti, ne senti tantissimo.
Ne senti e fai
no con la testa, veloce. Sbatti i capelli da
una parte all’altra, fai cadere gli occhiali che metti solo a
casa, per sentirti un po’ normale,
e questi
cadono sul letto.
Lei li prende in
mano, lasciando le tue.
«Simon, sai che è la
cosa giusta da fare.» continua.
«Non
voglio fare la cosa giusta! Non posso andarmene! Non
posso…. Non posso lasciarti!» urli, cercando di
farti capire, di farti sentire.
Però
ora è lei a negare con la testa.
E guarda in
faccia la realtà, Simon. Guarda che quello
specchio rotto.
Non
ha
tutti i torti, e lo sai. Ecco
perché fa così male.
«No…
dove dovrei andare, spiegami? Come farei? E mia
sorella? E tu? Non posso, è ridicolo.»
«Dove
vuoi tu. Vai a Londra, a Parigi, a Roma, a
Venezia…»
quando dice Venezia la sua voce si incrina di più,
ricordando tutto quello che
è successo in quella città.
E forse
è questa la goccia che fa traboccare il vaso. Forse
è quella piccola inclinazione di voce che spacca tutti gli
argini che ti sei
costruito, e semplicemente scoppi.
Scoppi
perché lei ti sta dicendo addio, ma non riesce a non
pensare a lui.
Scoppi
perché semplicemente non è giusto, e finalmente
vedi
un difetto in tutto quel perfetto rosso che vedevi.
E noti le sue
occhiaie, e proprio non ti piace quel colore.
«Va
bene.», rispondi, con la voce ferma. Lei dilata gli
occhi, e ti guarda come se fossi un altro.
Non sa cosa
dire, e prende a giocherellare con le tue dita.
Ti senti tremare dentro, e vorresti solo che quelle mani ti toccassero
per
sempre.
Ma non puoi.
Perché questo è un amore ad una sola direzione,
e non puoi obbligarla. Non puoi perché questo è
quello che tutti chiamano un
amore non ricambiato. Quello dove puoi pure ucciderti, e
tu l’hai fatto davvero, ma niente cambia.
Quindi ti godi
quelle carezze, piangendo.
Di slancio ti
abbraccia, ed è inutile di nuovo, perché
è
come se ti sentissi protetto da un salvagente in un oceano tempestoso.
E capisci che
lei sarà sempre il tuo cuore, la tua anima.
Sarà sempre il primo e vero e infinito amore,
sarà sempre la tua migliore
amica, la persona più importante della tua vita,
sarà sempre quel rosso e verde
che tanto ami, quelle lentiggini che cerchi in tutti ma che non donano
ad altri
tranne che a lei.
Sarà
sempre il primo pensiero, e l’ultimo. Sarà sempre
il
motivo di quel sorriso scappato a metà, mentre parli di
tutt’altro. Sarà sempre
quel ricordo che ti cullerà, e le braccia che sognando ti
abbracceranno.
Capisci che lei
sarà sempre il tuo cuore, la tua anima. E
vorresti davvero vivere questo amore. Essere felice, felice davvero.
Ma non si
può avere tutto dalla vita, quindi le chiedi se ti
può aiutare a fare i bagagli, e lei singhiozza
e non riesce ad alzarsi.
Ma poi lo fa, ti
sorride, e ti chiede scusa.
«Scusa,
Simon. So
di averti rovinato la vita, so di averti… so di aver
sbagliato tutto, con te.
Spero che tu sarai felice, ovunque tu voglia andare.»
Tu annuisci, e
le dai un bacio in guancia così
vicino alle labbra e il mostro dentro
di te urla perché ci mancherebbe così poco per
prenderle ed assaggiarle.
Non sai ancora
dove vuoi andare, ma intanto pieghi tutte le
tue magliette, e sorridi, perché forse tutto questo
finirà, o almeno sarà
sopportabile.
E Jordan ti da
numeri di vampiri e tu lo guardi storto,
chiedendoti come diavolo faccia a conoscere questi nascosti, ma il suo
sguardo
ti dice tutto e niente, e a te va bene così. Lo ringrazi e
prendi le tue cose.
Guardi lo specchio all’ingresso, quello che hai ricomprato, e
per una volta non
guardi quei due buchini con disgusto.
È
solo una nuova fase della tua vita, e tutto ciò che
c’era
di speciale in te è ritornato. Bastava così poco,
per riaverlo indietro. Solo
accettarti, Simon.
E ora che
l’hai fatto puoi volare lontano, puoi fare quello
che vuoi.
Passi per casa
tua, e con gli occhi pieni di lacrime scuoti
la mano a mo’ di saluto.
E
non
noti tua madre che scuote la mano anche lei.
E Simon,
Simon… ora sei libero.
Spicca il volo.