CAMPO DI GRANO
Una volta mi era stato detto che la
vita è anche morte e che
non c’è una vera fine ad essa, noi siamo eterni.
Come idea mi aveva sempre
affascinato ed avevo finito per sostenerlo anche io. Nei tempi di
guerra me lo
ripetevo spesso “Non devo aver paura di morire, è
solo una tappa successiva.”
Anche quando finii al fronte lo ripetevo ai miei compagni, che spesso
mi
deridevano. Ero il più esile ed il più fragile, e
forse la mia forza stava
nella mia mente, nei miei valori; agli altri bastava la forza fisica e
la
tattica, che probabilmente in quella circostanza era più
utile. In ogni caso la
sorte mi fece tornare vivo dalla guerra e finalmente sposai Serena, una
dolce
morettina con gli occhi verdi. Negli anni seguenti nacquero Giacomo e
Sara,
entrambi ereditarono gli occhi della madre e il mio fisico esile. La
mia vita
era tranquilla, tranquilla fino ad una mattina della primavera 1978. La mia adorata Serena
morì per mano di un
pirata della strada. Ricordo ogni singola lacrima mia e dei miei figli.
Sara
era solo una ragazzina e cadde in una forte depressione, da quel
momento il suo
carattere mutò radicalmente: ancora oggi se si riescono a
scambiare due parole
con lei bisogna ritenersi fortunati.
Passarono dieci lunghi anni, il mio subconscio non mi
regalò mai un
sogno con lei protagonista, mai mi fece accarezzare i suoi morbidi
capelli
corvini, mai mi fece sentire di nuovo la sua delicata risata. Una
notte, dieci
anni dopo, la mia mente mi fece questo dono. Andai a letto tardi
perché avevo
passato tutto il giorno a casa di Giacomo per godermi Matteo, il mio
primo
nipote. Dopo una breve lettura mi addormentai profondamente.
Un’ immenso campo di grano
si apriva davanti ai miei occhi,
in cielo il sole estivo riempiva il panorama di felicità ed
allegria. Stavo
giusto per perdermi in quel panorama quando scorsi in mezzo alle spighe
una
figura che ben conoscevo, Serena. Ancora ventenne danzava a piedi
scalzi nel
grano e ridendo metteva in risalto le fossette ai lati della bocca. Mi
avvicinai con il cuore a mille, cosa che non faceva bene alla mia ormai
veneranda età.
-Serena?- la ragazza si
fermò di colpo e appena mi vide mi
abbracciò energicamente, avevo le lacrime agli occhi: non
ricordavo più il suo
profumo di lavanda e la sua pelle morbida e candida.
- Si sono io chi ti aspettavi?- sorrisi anche io e la
abbracciai
amorevolmente.
-Ne è passato di tempo, mi
sei mancata così tanto..- Serena
mi prese la mano e mi trascinò con lei vicino ad un albero.
Ci sedemmo.
-che mi racconti di nuovo? Mi sono
persa qualcosa?- i suoi
occhi brillavano, proprio come tanti anni fa.
-
i ragazzi sono
cresciuti sai? Ora è da poco nato Matteo, il figlio di
Giacomo, il nostro primo
nipotino..- lei curvò la testa, era confusa.
-Ma che dici? Ti sembro una nonna io?
Dai non scherzare! E
poi Giacomo chi è?- non ricordava, in effetti nel mio sogno
non sembrava avere
più di vent’anni.
- E’ il nostro
primogenito.. e Sara? La ricordi?- Si
alzò di
colpo irritata cominciò ad
allontanarsi, la inseguii e la tirai per un braccio costringendola a
guardarmi
negli occhi.
- Non andartene… tu non
ricordi proprio i nostri figli?- i
suoi occhi divennero di nuovo lucidi, ma furono accompagnati da lacrime
e
singhiozzi.
-Li ricordo… solo
che…. Volevo far finta che non fosse
successo… volevo essere ancora giovane e avere ancora tutta
la vita davanti..-
la abbracciai come facevo con Sara quando si faceva male o quando era
triste,
era da tanto che non abbracciavo in
quel
modo. Serena si
distaccò piano
dall’abbraccio e quando le vidi di nuovo il volto era
più maturo, era la Serena
dell’ultimo anno passato con lei. Insieme alzammo la testa
verso il cielo e
notammo con meraviglia che si era già fatta notte e le
regine della scena ora
erano le stelle che brillavano serene.
Uno di fianco all’altra ci
coricammo sul prato di grano e
osservammo il cielo.
-Ne sei ancora convinto?- Girai il
volto verso di lei,
Serena continuava ad osservare il cielo.
-Di cosa?- un angolo della bocca si
alzò sul suo volto in
quell’istante indossava un’ombra di
malinconia.
-del fatto che la vita comprenda
anche la morte- Non ci
avevo più pensato, almeno non dopo la morte di Serena. Lo
sostenevo per me più
che per gli altri, me lo ripetevo per farmi passare la paura della
morte, per
non vederla come una “fine”.
-Non l’ho mai considerata
per una persona che non fossi io-
se pensavo alla morte di Serena mi veniva solo rabbia, e
l’unico aggettivo che
accostavo al triste evento era “ingiusto”, non
pensavo che mia moglie fosse
passata alla tappa successiva, per me non c’era
più; non era più nella mia
realtà.
- Quindi non ne sei più
convinto?-
-No.-
In molti dicono che una persona amata
rimarrà per sempre nel
proprio cuore, e quindi non scomparirà mai del tutto, certo
è vero, ma ormai mi
sono aggrappato così tanto ai ricordi con lei che come carta
si stanno piano
piano logorando, e inoltre la mia età non aiuta.
Ci tenemmo mano nella mano fino a che
uno squillo lontano si
fece strada nelle mie orecchie.
-Lo senti anche tu?-
-Cosa?- poi capii, era troppo presto.
Dieci anni non
potevano essere riempiti da una notte.
- La sveglia.. io mi sto
svegliando…- il campo di grano già
cominciava a scomparire e la mano di Serena nella mia era quasi
impercettibile.
-Non voglio andare, no…..-
- Vai vivi la tua vita, la nostra
vita. Prima o poi ci
ritroveremo, io ti aspetterò..-
Mi ritrovai nel mio letto, deluso e
amareggiato. Cercai di
liberarmi dalle coperte per spegnere la sveglia, ma mi fermai di colpo
sorpreso
di stringere qualcosa in mano… una spiga di grano.
Spazio Autrice:
Beh in effetti non ho molto da dire se non: Grazie per aver letto il mio racconto :) Spero di ricevere qualche recensione.
Alla prossima!
Angelica