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Autore: Briseide    05/04/2008    17 recensioni
"Sapevo solo che volevo che lei continuasse a guardarmi in quel modo anche per tutta la vita, non aveva importanza una carriera ministeriale o nella nazionale di Quidditich, potevo anche rinunciare al diploma, a mangiare e bere, persino dormire sarebbe stata una inutile perdita di tempo, perché bastava quello, avere i suoi occhi su di me".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Harry/Ginny, Harry/Hermione, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Disclaimer: Niente di tutto questo mi appartiene a parte il plot, lo stile e l'amore viscerale per Harry ed Hermione. Il resto è tutto digraziatamente copyright della Rowling. Scrivo per pura disperazione, non a fine di lucro.

Dedicato a: My. O Myiaki, che dir si voglia. Che condivide con me la disperazione per quanto accaduto e che non rinuncia al cuoricino Auror lo stesso.

Essere Weasley

Ginny.

È come amare qualcuno che non può amarti, o voler allungare una mano a prendere il vento. Per quanto possa farmi male, e rubarmi il respiro; per quanto si tratti di una continua caduta a testa bassa, e per quanto la ferita possa bruciare, non tirerò mai indietro quella mano, e non smetterò mai di pensare a lui con quella malinconia e quel tenero bisogno che mi è appartenuto per tutto questo tempo.

Non so come e quando ho iniziato ad amare Harry, è capitato che un giorno me ne sia accorta, quando ho chiuso gli occhi, lontano da lui durante l’inverno, e mi sono sentita persa. Completamente persa.
Harry non può amarmi, lui non può amare nessuno in verità, teso alla ricerca di qualcuno che lo guardi con occhi nuovi e con un sorriso che deve ancora scoprire. Io questo l’ho sempre saputo, e ho imparato a credere che il giorno in cui troverà quegli occhi e quel sorriso, sarà anche il giorno della mia definitiva serenità. Allora lo guarderò e finalmente riprenderò il mio posto, al suo fianco ma leggermente scostata da lui, quel tanto che basta a tendere una mano vedendolo cadere o sentendomi svenire, che però ci consenta di correre ognuno per la propria strada, vite parallele che non si incontreranno mai in quel punto dove ogni cosa si confonde ineluttabile, dove i desideri si incontrano e scontrano trovando il proprio compromesso. Dove le mie labbra toccherebbero le sue in un bacio delicato, e lui mi guarderebbe come se fossi l’unica cosa per cui valesse la pena tenere aperti gli occhi, come se fossi il suo gioiello, e fossi solo sua.

Io sono solo sua, ma non voglio che lui lo sappia, odio i condizionamenti, e non voglio neanche dover fare i conti con il suo rifiuto: l’idea di non poterlo avere, mai, in ogni caso, sarebbe in ogni modo dolorosa, e non è una sofferenza che sono disposta ad affrontare.

Questa guerra è spossante, e lo è per tutti; anche se non portano il suo nome e la pelle della loro fronte non è sfregiata da una cicatrice che rovina invece la cara perfezione del suo volto, sono stanca anche io di avere paura, e nascondere sospiri e singhiozzi nel cuscino.
Potrei piangere a ben pensarci, ma non c’è davvero niente di consolante in tutto quello che c’è qui fuori da me.

Ieri guardavo Hermione e la posa delle sue labbra, sottile e quasi invisibile. Guardava il libro che aveva davanti, studiando ancora, e portava nello sguardo la fierezza del proprio dolore. Harry Potter non avrebbe potuto essere suo, e lei non avrebbe più potuto sorridergli in quel modo. Sono una rabbia e un dolore che tiene per sé e non esterna mai, neanche con un sorriso malinconico, o una parola sfuggita per sbaglio alla rigida compostezza dei suoi discorsi. Vorrei che ogni tanto mi parlasse, e mi raccontasse di come è successo, che abbia smesso di amare mio fratello, o che abbia realizzato di non averlo mai amato, e come abbia fatto a reggere il colpo e lo sgomento.
Qualcosa deve averla sorretta, per forza, ed è un qualcosa che tiene segreto e non condividerà mai con nessuno. Probabilmente è la sua forza, e si sa, Hermione Granger non permette a nessuno di indebolirla.
È anche per questo, credo, che la piega delle sue labbra è così dura e adagiata in quella posa remota. Io ho perso e lei ha vinto. Io non ho smesso di pensare ad Harry, se amare è un termine troppo sincero e sconfortante, e ogni tanto tra le varie costanti della mia vita, mi chiedo se il mio sorriso o i miei occhi potranno mai sembrargli ancora (o di nuovo) quelli giusti.

Per ora questa sconfitta non mi pesa, mi piace in un certo senso stare male per Harry, delle volte è un ottimo rimedio alla tristezza di questi tempi. Quando non riesco a piangere per l’ennesimo compagno perso, o il peso dell’angoscia non mi fa dormire, penso ad Harry, che non potrà essere mio, e allora sì che piango, come una bambina di fronte alla prima grande delusione della sua vita.
Forse sono ancora una bambina di fronte alla prima grande delusione della mia vita.

Harry.

C’è stato un momento in cui ho desiderato di poterla amare. In cui ho pensato, nel bel mezzo di una guerra, che non c’era nient’altro che potessi veramente fare se non amarla, che solo quello fosse in mio potere, guardarla negli occhi e dirle in qualche modo che ero suo.
L’amicizia è un sentimento forte, ma non ti riempie come l’amore.
E Ginny era ancora lì, l’unica ad essere rimasta in piedi quando tutto il resto era caduto, anche la convinzione di potercela fare, di essere capaci in qualche strano modo di andare avanti anche senza importanti parti di sé perse lungo la strada. Ed io nel tempo mi ero convinto di essere ormai abituato a camminare da solo, sapendo di mentire vergognosamente a me stesso. Da che ho memoria, non c’è stato un solo passo che ho compiuto senza di lei e l’orma dei suoi passi. Hermione era sempre alle mie spalle.

E io mi fingevo infastidito alle volte, di averla sempre lì con il fiato sul collo.
La sua voce molto spesso era fastidiosa, mi parlava di cose che per me erano insopportabili, mi sembrava sempre di non essere all’altezza del mio compito, fino a quando non ho capito che il timore era quello di non essere all’altezza delle aspettative di Hermione. Sembrava vedere così tanto in me, troppo, cose delle quali io non mi sospettavo in grado di fare, ma lei sì, lei poteva sempre dirmi con un sorriso inaspettato per quei suoi modi di fare “Lo sapevo Harry”. Me lo diceva spesso. Lo sapevo, Harry.
Ogni volta che glielo sentivo dire, per il successivo quarto d’ora ero in pace con me stesso. Non c’era una guerra lì fuori, e io non avrei dovuto combatterla, niente poteva distruggermi, perché Hermione sapeva che io sarei riuscito in qualcosa.

Non so come è successo. È del tutto sfuggito al mio controllo, non mi sono accorto di niente. Fino a quando Hermione ha smesso di parlarmi e ha iniziato a sorridermi. Spiazzante. Non ero abituato ai suoi silenzi, e persino lei sembrava essere a disagio con la sua mancanza di parole. Delle volte mi guardava a lungo senza dire niente, come se io non fossi stato realmente lì davanti a lei, e per quanto mi sentissi in imbarazzo, ed estremamente a disagio, non c’era modo di convincere me stesso a voltarmi da un’altra parte, a non ricambiare quello sguardo, ad alzarmi e inventare una scusa per lasciare la stanza. Inerme davanti a quegli occhi, che d’improvviso avevano un loro linguaggio, che io scoprii di poter capire. Allora tutto quel disagio non divenne altro che sollievo.
È stato allora che io ed Hermione abbiamo smesso di parlare. Ed è stato allora che ho pensato di essere innamorato di lei.

Non lo sapevo in realtà, cosa volesse dire essere innamorati. Nessuno mi aveva mai guardato né toccato con amore. Sapevo solo che volevo che lei continuasse a guardarmi in quel modo anche per tutta la vita, non aveva importanza una carriera ministeriale o nella nazionale di Quidditich, potevo anche rinunciare al diploma, a mangiare e bere, persino dormire sarebbe stata una inutile perdita di tempo, perché bastava quello, avere i suoi occhi su di me. Fino a quando non era più sufficiente neanche guardarla. Un pomeriggio era entrata nella stanza, e si era seduta tra me e Ron. Inavvertitamente, il suo bacino aveva sfiorato il mio. E la presenza di Ron per la prima volta mi era parsa ingombrante. Da sempre era stata la mia spalla, ed io ero stato la sua, pronti a difenderci da Hermione e la sua severità, dai suoi rimproveri, dal peso che un suo sguardo minaccioso poteva lanciare su tutti e due. In quel momento però, con una vaga sensazione di nausea, mi resi conto che non volevo la spalla di Ron, quanto più che Hermione continuasse a sfiorarmi in quel modo, inconsapevole, e per questo sarei potuto diventare matto.
Volevo rimanere solo con lei, e non volevo difese.

Hermione.

È stata la cosa più comica e tragica della mia vita, la più imbarazzante e sensuale, la più inaspettata e desiderata con ansia e terrore quasi da sempre. Volere lui.

Qualche parte di me deve averlo saputo da molto tempo, ma io non ho mai voluto dare ascolto a quella sensazione. Una volta mi dicevo che erano stati i suoi occhi, e quel verde, brillavano incredibilmente da dietro le lenti degli occhiali, quel giorno sul treno.
O forse era stato il modo in cui aveva puntato la bacchetta contro il Troll nel bagno femminile. Era un mostro orribile, e puzzava come il fondo del cassetto dei calzini di Charlie Weasley, ma lui sembrava brandire un’arma invincibile contro un mostro fiero e altrettanto indomabile.
Harry è stato la mia prima sensazione di protezione.

Mi sentivo incredibilmente stupida a pensare di poter essere in qualche modo ricambiata. A stento mi concedevo di potermi ritenere una amicizia un po’ più importante delle altre per lui. E anche quando succedeva, mi ritrovavo sempre a combattere contro un senso di spossante insoddisfazione, e un sorriso che tuttavia spuntava fuori, al pensiero che va bene, non era tutto, non era l’assoluto che volevo io, ma era qualcosa, una piccola parte di Harry e delle sue attenzioni.
Del resto, nei miei comportamenti non ho mai lasciato ad intendere che potessi volergli bene in maniera talmente esclusiva da poter ammettere di amarlo.
Non c’era mai tenerezza nelle parole che gli rivolgevo, a stento certi giorni riuscivo a guardarlo negli occhi e fargli un complimento, dovevo sempre abbassare lo sguardo, o minimizzare, con qualche parola di lode che risultava sempre scialba al mio orecchio, al pensiero dell’elogio di lui che invece avrei voluto saper fare.
Il suono delle parole che avrei voluto dirgli suonavano sempre male nella mia testa. Era imbarazzante immaginare me stessa nel pronunciarle, e mi sentivo scottare al solo pensiero di dovergliele dire e al contempo guardarlo negli occhi. Quindi non le dicevo mai. E un giorno ho smesso direttamente di parlare, perché non sopportavo quella mia totale incapacità comunicativa. Ho iniziato a guardarlo, che era meno imbarazzante ma di certo più compromettente.
Solo che non me ne accorgevo. Non potevo rendermene conto, perché ero troppo presa a raccontare storie a me stessa su quanto fosse patetico e banale avere certi pensieri sul proprio migliore amico.

Ma io non lo avevo scelto come migliore amico. Non ho mai pensato ad Harry in certi termini. Lo è diventato agli occhi dell’opinione pubblica, quando tutti hanno capito prima di me e prima di Harry che Ronald Weasley aveva una cotta per me. Fu terribile scoprirlo. Mi veniva da ridere, perché l’idea di poter piacere a qualcuno in certi termini mi sembrava assurda, e arrossivo anche, perché dopotutto ero una ragazza e la mia femminilità vanesia ne era lusingata. E Harry continuava a non guardarmi, e tutti a ripetere che trio formidabile fossimo, a scommettere su me e Ron, ad invidiare a me la possibilità di essere tanto vicina ad Harry Potter, di essere la sua migliore amica. Fingevo di arrabbiarmi per la mitizzazione di Harry, quando in realtà sentivo lo stomaco bruciare al pensiero che agli occhi di tutti non ero abbastanza per essere immaginata accanto ad Harry in altre vesti.

In ogni caso, è andata a finire che qualsiasi fossero quelle vesti, Harry un giorno me le ha tolte. Il ricordo delle sue dita sulla pelle è una di quelle cose che porterò sempre con me, e per la quale infosserò la testa nel cuscino anche il giorno dei miei sessanta anni, con lo stesso tremore di allora. Come sempre non avevamo detto niente, lui si era avvicinato e io lo avevo lasciato fare.
Non sapeva dove mettere le mani e io non sapevo come dirgli che non doveva temere niente, ovunque le avesse messe, sarebbe stato il posto giusto.
Per il semplice fatto che eravamo così vicini, e che lui mi voleva. Ricordo che a dispetto del rossore che avevo sulle guance e del caldo che sentissi, il mio corpo tremava, incontrollabile e incontrollato. Tremava come le mani di Harry.
Quando poi le dita si erano adagiate, e la forma del mio corpo aveva trovato corrispondenza con il palmo della sua mano, tutto sembrò andare bene, come se fosse una strada già tracciata. Avevo paura, perché era la prima volta che qualcuno mi era vicino in quel modo, tanto privato, tanto invasivo. Ma non volevo che si fermasse, per niente al mondo.

Ero pervasa da un’impazienza che non mi riconoscevo. L’ho attirato a me e gli ho silenziosamente chiesto di baciarmi. Non potevo credere di averlo fatto davvero, non potevo credere che lui lo avrebbe fatto, che lo avesse desiderato a lungo quanto me, che stesse accadendo davvero. Mi sentivo spoglia ancora prima di essere nuda. Non avevo grande dimestichezza con il mio corpo, ma glielo concessi, affidandoglielo con un sorriso che doveva avere qualcosa di terribilmente virginale allora.
Fu dopo, che niente fu minimamente virginale.

Perdemmo totalmente il controllo. Onestamente, non lo avevo mai creduto possibile, ma sentivo che ogni restrizione che mi ero inflitta da sola per tutto quel tempo, stava scivolando via, insieme alla scia di baci che Harry aveva posato con le labbra sul mio collo. Ed ero perfettamente a mio agio con quella nuova libertà, con i miei polsi liberi da quelle catene.
D’improvviso ci sembravano ridicole le incertezze di un momento prima. Come se fosse davvero fosse stato possibile per Harry non conoscere le curve del mio corpo, e per me non sapere che ogni osso sporgente del suo corpo fosse lì perché io potessi premervi le dita, nell’attirarlo a me.

Fu una confusione di baci e di carezze, di scoperte e di conferme, l’imbarazzo era un ricordo piacevole, sapeva già di tenerezza, sembrava già di essere esperti, e quando venne il momento sentii mio Harry come se lo fosse da una vita. Mi crogiolai nel pensiero che sarebbe stato così, da allora in poi. Nessun altro ha conosciuto la persona che ha avuto Harry. Io sono stata solo sua e di nessun altro, il mio pensiero più segreto porta ancora il suo nome, la carezza più tenera reca l’impronta delle sue dita, il desiderio di qualcuno che ti langue dentro, quella necessità ancestrale di volere condividere tutta se stessa con un altro uomo, non l’ho sentito con altri che con lui.

A lui ho offerto tutto quello che avevo da offrire. Senza più timore dopo il primo tocco, senza pensieri, con la certezza di star facendo qualcosa di inevitabile, perché il suono della sua voce che diceva parole incomprese vicino al mio orecchio mentre le sue mani mi stringevano forti e gentili vicino al cuore, era irrimediabilmente quello giusto.
Non c’era niente di sbagliato, niente che potesse andare storto, perché Harry era mio, e la vita avrebbe potuto chiedermi qualsiasi cosa, qualunque sacrificio o affronto, ormai mi sembrava di non aver niente da perdere, perché il bene più caro lo stavo già dando ad Harry, e gli sarebbe appartenuto per sempre.

Anche se poi la vita mi ha chiesto altro, forse di più crudele, quella promessa è stata mantenuta. Harry conserva ancora la parte più importante di me, anche se ora mi è lontano, e la custodisce con amore, forse con devozione al pensiero, e con cura, e questo spiega senza che ce ne sia realmente bisogno per me, come sia successo che lo abbia amato, e che lo ami ancora, e che non riesca a smettere di amarlo. Anche se tutti hanno creduto all’inganno che per un attimo ho pensato di poter tendere anche a me stessa, e a lui. Con noi non ha funzionato.

Ron.

Delle volte invidio mia sorella e la sua capacità di accettare le ingiustizie della vita.
Si è dedicata anni al suo culto di Harry. Poi ha dovuto affrontare la sofferenza della distruzione del castello di certezze, e con tutti i cocci sotto i piedi è stata costretta ad ammettere che non fosse il dio giusto in cui credere, il fulgente cavaliere sempre puntuale a salvare la sua dama. Ha dovuto fare i conti con gli incidenti di percorso, con il fatto che il cavallo dell’eroe si è azzoppato lungo il tragitto, o che il cavaliere ha sbagliato la direzione da prendere al bivio.
Allora ha cucito con una forza d’animo che ora mi appare uno spreco di tempo e di energie, gli strappi del suo cuore, ci ha messo una toppa e si è presa cura delle proprie ferite, a tal punto che al ritorno del cavaliere, sembrava essere più bella di prima, fulgente anche lei, e non il fantasma della bella principessa che era, con gli occhi gonfi di pianto e le vesti macchiate dall’usura del tempo.

Non è bastato neanche questo. Perché il cavaliere, una volta riposto il cavallo nella stalla, non si è accorto di aver lasciato la cosa più importante al bivio. Cuore e desiderio. È successo anche ad Hermione, non solo ad Harry.

Ieri Ginny è venuta a cena da me, mi ha portato una scatola di cioccolatini e ha preparato la cena. Harry ed Hermione erano a lavoro, gli impieghi ministeriali li impegnano molto, per quanto siano già impegnati da soli a fuggire dal rimpianto di non essere insieme, e a rincorrere la irrealizzabile conquista di un loro ritorno vicini. Sono molto presi a domandarsi come sia possibile che ora non sono insieme. E nel frattempo, si impegnano anche ad amare noi, come possono.
“Ci sono tanti modi di amare, vero?” Mi ha chiesto Ginny. Ho trovato molto interessante la cadenza con cui le carote affettate cadessero nella ciotola di insalata.
“Già”, ho risposto cercando di distrarmi dal pensiero.
“E il loro modo di amarsi è più forte del loro modo di amare noi”. Ha proseguito mia sorella, impietosa della mia incapacità di accettare quella situazione. Io non sono bravo come lei.

Io vorrei che Hermione fosse mia come ha detto di essere, e come ha creduto, per poco, di poter essere. Vorrei poterla accarezzare e tenere stretta a me e vorrei che Harry non avesse già fatto tutte quelle cose. Mi piacerebbe anche essere capace di fare a meno di averla accanto, di essere una volta per tutte coerente e rispettoso nei confronti di me stesso e mettere fine a quell’amore a metà.
“Credo di sì”. È tutto quello che riesco a dire, e so già che la cena mi resterà sullo stomaco, come mi è rimasta quella del mio matrimonio, quando Ginny ha tenuto il discorso, sorridendo con il calice di champagne tra le dita, e parlando dell’amore e della sua bellezza, e più la sentivo parlare del vero amore, più mi rendevo conto che era il discorso per il matrimonio sbagliato.

“Comunque. Sono felice che un po’ siano riusciti ad amare anche noi” la sento dire, e vorrei che la smettesse di tagliare le carote e che mi dicesse apertamente che vorrebbe avvelenare l’insalata e poi farla mangiare ad Harry ed Hermione.
“Si anche io” aggiungo versando l’olio nell’insalata, mentre lei la mescola con cucchiaio e forchetta.

… è per questo che vorrei avvelenarli.
Ed è per questo, che li amo ancora, e che li perdonerò sempre.

Fine.

Poche piccole note.
Ho scritto questa "cosa" solo perchè ne avevo bisogno u_u Non ci sono riferimenti temporali precisi proprio per questo. Nel mio immaginario è successo nell'arco di anni di conoscenza, un processo naturale, insomma. Così ho in qualche modo messo un punto e fatto pace con me stessa in merito alla tragica conclusione del settimo libro. Harry ed Hermione non stanno insieme. Ciò non toglie, che per me avrebbero dovuto e avrebbero potuto =P Ecco qui. Se non siete d'accordo con la ship, tenetevelo per voi, grazie :) Conosco l'oggettività storica del libro, non serve che crudelmente me la ricordiate XD
Ultima nota: avendo scoperto l'esistenza del LJ, probabilmente pubblicherò anche lì eventuali fic, se vi capita quindi potete controllare anche qui http://galway-girl3.livejournal.com

Edit: Giusto perchè mi sembrava il caso di concedere una illuminante risposta a Jane_ :
Scusami, non ho idea di chi tu sia e non so neanche se è appropriato usare lo spazio recensioni, perchè trovo già abbastanza imbarazzante dover dare una risposta a un concetto tanto cristallino. Comunque. Cito dal testo madre: "Ecco qui. Se non siete d'accordo con la ship, tenetevelo per voi, grazie :) Conosco l'oggettività storica del libro, non serve che crudelmente me la ricordiate XD". E fin qui, ci siamo. Sempre dal testo madre: "Così ho in qualche modo messo un punto e fatto pace con me stessa in merito alla tragica conclusione del settimo libro. Harry ed Hermione non stanno insieme". Mi sembra che la mia fosse una perifrasi per dire che la Rowling ha deciso che la coppia fosse Fanon. Ultima citazione: "Ho scritto questa "cosa" solo perchè ne avevo bisogno" ". Quindi, alla luce di questo, non capisco il senso della tua recensione. In ultimo: "mi sono stancata di capitare in almeno una dozzina di Harmony ogni volta che digito nel motore di ricerca Ron/Hermione...": per amore di cronaca, in questa fic Ron ed Hermione di fatto sono insieme. Dunque, dipende da che punto di vista la vedi. Cordiali saluti, una fanon!shipper.
E già che ci sono un grazie a tutti gli altri recensitori =) /

Enjoy your day!

Bri.

  
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