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Autore: AxXx    13/10/2013    2 recensioni
Kail, principe esiliato, prigioniero e schiavo viene costretto a combattere un drago e scopre di avere un potere straordinario. La sua forza è tale da spaventare i più coraggiosi, ma qualcosa si muove nell'ombra, un potere oscuro che, in parte, condivide.
Un essere malvagio che vuole prendere il potere su tutto il Mondo Emerso, discendente della più antica delle razze.
Riuscirà a trovare la forza e la volontà di salvare coloro che lo odiano?
[Questa storia è uno spin-off della fanfiction Quando si Svegliano le Tenebre di Khallya98]
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                              L’UOMO CHE SCONFISSE IL DRAGO
 
 
 
 
 
 
 
“Vi prego, mio signore, non mi consegni!”
“Hai rubato nel Palazzo del Sole, il palazzo di mio padre!”
“No, vi prego, mi hanno costretta… dicevano che mi avrebbero ucciso se non avessi recuperato l’anello della regina!”
“Non ci provare, ti consegnerò a lui.”
“No, vi prego, mi ucciderà, conosco la pena per essersi introdotti nel castello, vi prego, abbiate pietà!”
Il pianto della ragazza era troppo disperato e lui non riuscì a ignorarlo.
Paura… orrore… colpa… desiderio di vivere… necessità… paura… la giovane dai capelli rossi aveva solo quello negli occhi.
“Vi prego…”
Una mano si allungò verso di lui.
La spada del giovane si abbassò.
“Vattene…”
 
 
Kail si svegliò da quel sogno che per lui era un incubo.
“Seryna…” Sussurrò il giovane, mentre una lacrima gli solcava il viso martoriato.
Li odiava, li odiava tutti, era solo per colpa dei suoi familiari. Ma non si sarebbe mai inginocchiato davanti a loro. Nell’arene avrebbe dimostrato di essere più forte di qualsiasi cosa gli avrebbero fatto affrontare.
Dopo pochi minuti la porta si aprì e da essa emerse un uomo massiccio, vestito di pelle di giaguaro, con un ascia in una mano e una frusta nell’altra. Il padrone e mercante di schiavi Gardanr.
“Alzati, principino… hai un incontro da sostenere. Un peccato perdere un gladiatore forte come te, ma a un re non si nega nulla, no?” Fece l’uomo ghignando e aprendo la cella.
Con una frustata lo tenne lontano, mentre apriva la catena per poterlo condurre all’arena. Fu un viaggio breve: costretto a salire su un carro di ferro completamente chiuso e scortato da almeno trenta cavalieri, tutti armati. Per le strade la gente osservava il gruppo di soldati in silenzio. A quanto pareva la notizia che il Principe Patricida avrebbe combattuto nell’arena per intrattenere il fratello maggiore si era diffusa e non pochi volevano vedere quanto fosse crudele il destino.
Kail non si mosse, concentrandosi su se stesso. Era importante, che mantenesse la concentrazione prima di uno scontro. Regolare il respiro, mantenere la calma. Una preparazione psicologica era necessaria per vincere. Mantenere la propria mente concentrata, i pensieri e le preoccupazioni a bada. Ogni fibra del suo corpo doveva avere come obbiettivo una sola cosa: sconfiggere l’avversario, indipendentemente dalla stazza, dalla forza e dall’esperienza di quest’ultimo.
Aveva imparato a proprie spese che spesso la sconfitta non era dovuta alla propria abilità, ma da quanti errori commetteva l’avversario. Una posizione sbagliata, un movimento ritardato, una parata debole e lo scontro era perso, insieme alla propria vita.
Il percorso fino all’arena fu particolarmente silenzioso, nessuno voleva esultare o insultare Kail. Tutti conoscevano la sua storia e il Re precedente, come il suo successore, erano noti per una grande crudeltà e malvagità. Il problema era che a nessuno piacevano gli assassini. Nemmeno se regicidi.
L’arena, invece, era pieno di persone vocianti e esultanti. Nobili, cortigiani, mercanti, sicofanti. Tutti decisi a dimostrarsi ben disposti nei confronti del sovrano. Leccapiedi pronti a soddisfare ogni suo desiderio se significava esultare nel veder morire una persona.
Fu fatto scendere in mezzo all’arena, senza armi e senza protezioni.
‘uno scontro a mani nude? Strano… di solito i nobili apprezzano il sangue su una lama.’ Rifletté kail sorpreso. Forse era uno scontro speciale o volevano farlo combattere spada contro mani nude; non era tanto raro e aveva già provato, sopravvivendo più volte.
Alle sue spalle vi era il seggio reale, occupato da Re Jarrod, il Gran Re Taor e il Comandante supremo dei Cavalieri di Draghi Kartar. Accanto a loro c’era un quarto soldato che, su ordine del Re dei re, iniziò ad annunciare gli sfidanti.  
“Signore e signori, popolo di Makrat! Oggi il nostro amato sovrano compie gli anni. Per lui è stato indetto un grande banchetto, ma non possiamo celebrare un evento così importante senza un degno sacrificio. Oggi un pericoloso criminale è stato consegnato alla giustizia! Il Principe Regicida Kail. Oggi egli sarà punito per la fine di suo padre! Sarà obbligato a combattere a mani nude contro un drago!”  
In quell’istante un enorme drago senza un ala fece il suo ingresso. Era enorme, con zanne lunghe come coltelli, zampe grosse come colonne, un corpo robusto, massiccio, grande come una casa. Gli occhi rossi, malefici, erano fissi su kail e dalle sue profonde narici fuoriuscivano leggere volute di fumo. Le dure e potenti squame dorate scintillavano al sole accecando Kail ch faceva fatica a tenere d’occhio l’avversario.
‘Dei, ma scherziamo!? A mani nude lo devo affrontare!?’ Si chiese sorpreso, squadrando la bestia incatenata per evitare che assalisse il pubblico.
“Se il principe chiederà pubblicamente scusa a Re Jarrod, potrà abbandonare il campo di battaglia, altrimenti dovrà combattere all’ultimo sangue!”
La gente subito iniziò ad esultare e a incitarlo a combattere. Kail, però non sentiva suoni, non sentiva paura, non sentiva nulla. Lui vedeva solo suo fratello che, dall’alto lo squadrava con scherno, come se fosse certo che lui avrebbe chiesto perdono.
Non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione.
“Bene, lucertolone… divertiamoci.” Sussurrò, il ragazzo, avvicinandosi all’enorme bestia che ruggì contrariata da tanta spavalderia.
La gente sugli spalti iniziò a lanciare urla e grida di al drago. Kail capiva il perché: molti avevano scommesso sul drago ed erano tutti desiderosi di veder vincere quella bestia. D’altro canto chi era così sciocco da scommettere su un uomo disarmato?
Ma Kail avrebbe dato battaglia fino in fondo.
Il drago lanciò subito una fiammata che il giovane evitò destrezza, rotolando di lato. Subito si lanciò contro l’animale e, gettò una manciata di sabbia nell’occhio sinistro dell’avversario nel tentativo di distrarlo. Un tentativo disperato, ma funzionò, il dragò fu costretto a chiudere la palpebra per non essere accecato e Kail ne approfittò per andargli alle spalle.
Il dragò si agitò irritato, cercando di localizzare il suo nemico, ma le catene gli impedivano di girarsi completamente, dando al giovane un punto cieco dove ripararsi. Certo era il pur sempre in pericolo: la coda frustava crudelmente il terreno vicino rischiando di ucciderlo con un solo colpo.
Il pubblico esultava e vociava urlando sempre più ebbro di violenza. Jarrod stesso osservava con interesse lo scontro e sembrava discutere con il Gran Re di qualcosa, ma Kail non ebbe tempo per capire di cosa, troppo impegnato a schivare i letali movimento del drago.
Sapeva bene che vincere era un impresa immane, ma non necessariamente impossibile. Doveva trovare un punto debole dove colpire per bloccarlo, paralizzarlo o indebolirlo. Provò a colpire a pugni le giunture delle zampe con il solo risultato di rompersi le nocche che iniziarono a sanguinare.
“Maledizione… come diavolo faccio ad ammazzarti?” Chiese indietreggiando, mentre il drago, finalmente riusciva a girarsi. Ormai le catene si stavano allentando e i suoi potenti muscoli gli permettevano ogni tipo di movimento.
Per un ora intera Kail e la creatura si affrontarono rimanendo in stallo: ogni colpo, ogni fiammate veniva evitata. Lui scappava via, si nascondeva, rotolava. Tuttavia era chiaro che non avrebbe mai potuto vincere in quel modo. Il drago alla fine l’avrebbe preso e, una volta fatto, sarebbe morto. Doveva passare all’attacco.
Si allontanò rapidamente, iniziando ad osservare ogni parte del corpo del suo avversario alla ricerca di un punto debole, ma non ne vide. Ormai era certo di essere morto quando il drago aprì la bocca per sputare fuoco.
Fu lì che vide la sua unica speranza.
Un dente. Un canino, per la precisione, che ciondolava dalla mandibola superiore, probabilmente una vecchia cicatrice di guerra o forse dovuta a un tentativo di bloccargli la bocca finito male. Quello che sapeva, però, era che un dente poteva rivelarsi un arma, se solo avesse potuto metterci le mani sopra.
‘Grandioso… prima non avevo possibilità di ammazzarlo, adesso, per riuscirci, invece, devo andargli in bocca.’ Pensò ironicamente, mentre rotolava via, schivando l’ennesima fiammata.
“Ti avverto! Non sono un piatto saporito, io!” Urlò Kail, prendendo la rincorsa, diretto proprio in bocca al drago.
Forse la mossa più stupida che un uomo potesse fare, infatti li drago aprì la bocca e lanciò una vampata di fuoco contro il giovane che, appena la vide arrivare, scivolò a terra, passando proprio tra le fiamme e il terreno.
Fu quasi più sorpreso lui degli spettatori di essere sopravvissuto e, con uno slanciò riuscì ad aggrapparsi alla bocca dell’avversario. Le sue mani si avvolsero entrambe intorno al dente, combaciando miracolosamente, permettendogli una presa salda.
Il Dragò si dimenò con violenza, cercando di liberarsi della presa del ragazzo, ma senza successo. Kail tirava, tirava e tirava. Anche se la bocca veniva chiusa, lui si aggrappava a una delle squame del naso, per poi tornare a tirare, cercando di estirpare il dente dalla carnosa mandibola del drago che ruggiva e si agitava. Sentiva ogni muscolo del proprio corpo tendersi nello sforzo. Ogni tendine urlava il proprio dolore e ogni fibra del suo corpo gridava. Gli sembrava impossibile avere successo in quell’impresa titanica, eppure, con un ultimo sforzo, poco prima di essere investito da una fiammata, riuscì a strapparlo via.
Il dente estratto era lungo quanto il suo avambraccio e la parte interna della radice, anche se spezzata e sanguinante era sufficiente da dargli una buona presa.
Tra le urla e le grida del pubblicò il drago si dimenò per qualche secondo per il dolore, ma quando riprese il controllo, nei suoi occhi vi era la folle luce della vendetta.
I due avversari si osservarono, pronti a colpire. Kail era allo stremo, ma ora aveva una possibilità concreta di vittoria ed era deciso a non sprecarla. Di parte sua la bestia era decisa a vendicarsi del disonore subito: nessun umano poteva permettersi di ferirlo e farla franca.
Di nuovo si slanciarono entrambi l’uno contro l’alto. Il ragazzo evitò altre fiammate e si portò alle spalle della creatura. Con un unico movimento evitò la coda che cercava di spazzarlo via e si ritrovò sotto di lui. Si mise a strisciare e rotolare per non essere schiacciato, dopodiché si spinse con le mani fino a sotto il collo dell’animale: il punto dove le sue squame  erano più sottili.
Urlò, quando con entrambe le mani sollevò la sua arma improvvisata e infilzò quel punto.
Il dragò ruggì di dolore, mentre dalla ferita iniziava a sgorgare sangue nero e viscido. Kail continuò ad infierire in più punti, evitando le zampate che la creatura tirava nel tentativo di liberarsi di lui, senza successo. Dopo un’altra ora, indebolita dalle tante ferite, cadde su un lato con un gemito di dolore.
Kail era distrutto. Non sentiva più le braccia, aveva decine di piccole ferite lungo tutto il corpo, e in profondo taglio al fianco, dove un artiglio era riuscito a colpirlo.
Ma aveva vinto.
La folla era caduta nel silenzio, sorpresa e spaventata. Persino i due Re mostravano apertamente la loro sorpresa e il loro shock nel vedere un gladiatore trionfare a mani nude contro una bestia di tali dimensioni.
Kail si avvicinò al corpo morente del drago e, alzando il dente, lo colpì al cuore. Dalla ferita uscì un’ondata di sangue che finì con l’investirlo completamente e un po’ gli finì in bocca.
Non ci volle molto perché il drago morisse dissanguato sotto gli occhi attoniti del pubblico.
“Uccidetelo!” Ordinò subito jarrod, temendo che il fratello, ripresosi tentasse la fuga. Non se lo sarebbe lasciato sfuggire tanto facilmente.
Kail vide un plotone di soldati farsi avanti e deglutì, timoroso, deciso a dare battaglia fino all’ultimo. Non si era reso conto che, in quel modo, aveva ingoiato un po’ di sangue del drago.
Le guardie lo tennero a distanza con le lance, per non farlo avvicinare, rimanendo in linea compatta. Il ragazzo capì di non aver vie di fuga, così decise di ritirarsi ancora un po’. Ma proprio quando si voltò per darsi alla fuga sentì un forte bruciore al petto che lo paralizzò.
Ogni fibra del suo corpo si bloccò e cadde a terra, mentre spasmi incontrollabili di dolore lo attraversavano. Così, senza maglia, coperto di sangue, attraversato da spasmi, sembrava posseduto da un demonio, tanto che i soldati non osarono avanzare.
A Kail parve che passare un’eternità quando, finalmente, il dolore cessò consegnandolo ad un oblio senza sogni.
 
 
 
 
 
 
 
All’interno di un grande edificio vi erano sette uomini. Incredibilmente erano tutti diversi. Due erano elfi, due gnomi, un mezzelfo e due umani. Erano tutti seduti a gambe incrociate in cerchio e tutti portavano una tunica simile: rossa con un drago dorato cucito sopra. Sotto di loro un cupo mosaico che raffigurava un’elfa e un drago intenti a distruggere la città, lei con poteri magici il mostro con le sue fiamme. Nel punto in cui i due poteri si incontravano era raffigurato un bambino umano, ma con fattezze di drago: gli occhi erano rossi e il corpo era ricoperto di squame.
Sembravano in preghiera, ma era difficile comprendere cosa stessero venerando, dato che non intonavano nemmeno un salmo. Semplicemente stavano a gambe incrociate e mani giunte a terra, toccando, ognuno, un’estremità dell’immagine.
Poi, nello stesso istante, tutti e sette piegarono le loro teste all’indietro, lanciando quello che sembrava proprio un ruggito. Per un attimo i loro volti assunsero le fattezze di un rettile, per poi tornare normali.
“È nato uno di noi?” Chiese uno degli gnomi voltandosi squadrando uno ad uno i suoi compagni.
“Kasharia. Trovalo e portalo da noi.” Ordinò semplicemente il mezzelfo, senza nemmeno alzare il capo.
L’umana si alzò in piedi senza dire una parola e se ne andò lasciando i propri fratelli a pensare.
 
 
 
 
 
 
 
Risalve, ci ho messo poco, vero? Indovinate perché? Perché questo capitolo è, probabilmente il più importante e quindi volevo mostrarlo. Come vedete sta per succedere qualcosa, ma siccome sono un figlio di Pu****a non ve lo dico.
Mi piacerebbe ricevere le recensioni di chi legge questa storia, anche se brevi e non particolarmente profonde, ma mi farebbe piacere.
AxXx
PS: Ringrazio ancora Khallya98 che mi ha dato il permesso di scrivere questo piccolo Spin-Off.

 
  
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