Non so nemmeno io come mai è venuta fuori
così..seria e complicata!
Penso perchè la Lenalee che è descritta qui non
è quella originale (secondo me) ma è una Lenalee
che potremmo odiare di meno!!X°°D
Basta, buona lettura!XD
Grazie a Duffy che l'ha letta e mi ha rassicurata che qualcosa si
capisce!XD
La canzone è Paradise di Vanessa Carlton
PARADISE -
. Crashed World . -
Once upon a year gone
by She saw herself give in
Toccò con la schiena il terreno arido.
No, non era terra, era acqua. Teneva gli occhi chiusi, ed era avvolta
da un dolce senso di abbandono. Quasi sembrava che si fosse lasciata
cadere sul suo letto morbido. Per un istante il suono provocato
dall'incontro tra il suo corpo e il liquido dai riflessi azzurrini le
riempì le orecchie. Piccole onde concentriche si allargarono
sempre più dal punto in cui era finita nell'abbraccio dello
specchio d'acqua. Acqua pura, illuminata d'argento sotto i raggi della
luna che sottolineavano ogni più piccola onda. Era azzurra,
pallida, verde chiaro, poi blu scura come il cielo soprastante; per un
attimo erano un tutt'uno.
Ma no, dopotutto era nera. O rossa. Sì, decisamente rossa,
come il granato.
Every time she closed
her eyes She saw what could have
been
Quel colpo non era tanto forte. Avrebbe potuto resistere, se solo
avesse avuto un pò di forza in più. In fondo,
qualcuno la credeva capace di farcela, e che diritto aveva di deluderli?
Anche costringendole a muoversi non succedeva nulla. Avrebbe
potuto sopportarlo, era sicuramente abbastanza forte.
Anche rendendosi conto di quante parti del corpo possono provare dolore
contemporaneamente, non c'era sempre qualcosa che faceva più
male? Era angosciante, ma dopotutto qualcuno le aveva detto che non era
poi così fragile.
Le nuvole scorrevano come un lampo sotto (sotto?) i suoi occhi. Il
fischio del vento nelle orecchie, il sapore del sangue sulla lingua. Il
luccicare dell'acqua sopra (sopra?) la sua testa.
Le costringeva a muoversi. Dovevano, dovevano assolutamente farcela.
I sogni non significano niente.
Well nothing hurts and
nothing bleeds When covers tucked in
tight
Era molto lontano il luogo che aveva desiderato. Non una sola volta era
riuscita a vederlo.
Ormai era l'ultima parte, l'ultima scena di quello spettacolo troppo
spesso riprodotto. Era la prima volta che lo recitava.
Avrebbe voluto un posto sereno, senza pianti, o rimpianti. Un sentiero
stretto ma ben spianato, con piccole siepi ai lati cariche di fiori. Un
sole tenero a riscaldare l'aria e una figura in controluce ad
aspettarla alla fine della lieve pendenza.
Un ragazzo che sorrideva, piano, non troppo, e una piccola gentilezza
come lasciarla sedere al suo fianco in silenzio al sorgere dell'ultimo
giorno.
Un amico che le portava un cesto di frutta appena raccolta, lungo il
sentierino per le campagne, dai frutteti dei vicini che l'avrebbero
rimproverato bonariamente fingendosi irrimediabilmente risentiti. Anche
la volta successiva non avrebbero chiesto nulla in cambio.
Lui che la guardava dolcemente, senza parlare. Non c'erano battute da
memorizzare, solo uno sguardo. La scena clou.
L'insistente scricchiolare dell'acqua, dolce come una risata
trattenuta per troppo tempo.
La sicurezza di una coperta avvolta attorno alle spalle la sera della
fine, quando vedeva scheggie di luna cercare di inghiottirla.
Riapriva gli occhi, ma orai era troppo tardi per riuscire a difendersi.
Funny when the bottom
drops How she forgets to
fight... to fight
Sentì qualcosa spezzarsi. Ossa, solo ossa. Non era grave,
potevano ancora essere usate. Poteva ancora essere usata.
Era più morbido il suono dell'ultima speranza infranta.
Quasi liquido. Non sembrava tanto grave, forse poteva ancora credere, e
non lasciarsi catturare.
Erano solo gambe quelle che sentiva strette dalla morsa di un'illusione
che lei aveva creato perchè ci aveva creduto. Lei aveva
visto, temuto e realizzato il momento in cui lo schiocco secco veniva
generato. Ma poteva ancora reagire.
Reagire, solo, non sapeva. Non ricordava, l'ultima riga del romanzo.
Spezzato, strappato, distrutto e poi abbandonato? O trattenuto,
stretto, coccolato e infine liberato?
Quando non trovava una superficie sicura su cui alzarsi in piedi, cosa
faceva? Credeva al sogno che le rubava il respiro la notte? O cercava
una forza a cui aggrapparsi? Considerava sincera la paura e l'impotenza
e l'inutilità dell'illusione, o la piccola flebile fatua
luce dei suoi desideri?
Le orecchie potevano non sentire, potevano essere ingannate. Gli occhi
potevano non vedere, potevano tradire.
Quando aveva saputo che rimaneva solo l'ultima carta da giocare, a
quale frammento del mondo avrebbe deciso di rivolgersi?
And it´s one
more day in paradise One more day in paradise
Il vento ghiacciato strisciava sulla sua pelle, ormai scoperta, ormai
irremedialmente ferita. Sembrava cercasse di scheggiarla, graffiarla.
Sentiva la presa decisamente troppo salda sul collo. Ancora non cercava
di rapire l'ultimo respiro, movimento, contrattacco.
Stringeva solo con la forza disumana che ad esso pareva normale. La
fissava solo con gli occhi neri che per esso erano normali. La derideva
solo con il ghigno normale che esso portava. Il marchio inciso sulla
fronte voleva ricordarle che sarebbe comunque morta, perchè
non poteva paragonarsi ad esso.
Stringeva le dita, serrava i pugni fino a far sanguinare la mani (ma
già non sanguinavano?).
Non poteva vedere lo specchio nero che metri e metri di aria immobile
più sotto giaceva aspettando di accoglierla, stringendola
tra le braccia.
Non poteva vedere quei piccoli puntini, le tessere del suo piccolo
paradiso.
Sentiva le gambe come il vento che era come ghiaccio insinuato nelle
sue ferite.
Le avvolse di quella luce azzurrina che aveva riilluminato tanto tempo
prima il suo mondo caduto in rovina. Era un riquadro di quel personale
paradiso.
Le convinse ad attaccare.
As darkness quickly
steals the light That shined within her
eyes She slowly swallows all
her fear And soothes her mind
with lies
Con un movimento agile, attivando tutta la sua potenza,
scattò verso il cielo. Una scia di luce azzurra che partiva
dal lago per raggiungere la stella nera. Due figure risaltavano contro
il cielo pallido e argentato.
Era uno scontro esclusivo, un duello. Un essere umano, un demone. Chi
dei due?
Sentiva il sangue accellerare, scaldarsi. Vivere. Fu contro il suo
obiettivo in pochi istanti, il tempo di individuare una stella cadente,
senza desiderio. Non ti lascia la possibilità di esprimerlo.
Rinchiudeva le immagini di quel sogno il più in fondo
possibile. Sbarrava loro la strada perchè non riaffiorassero
proprio ora, che non poteva permettersi di dubitare. Di credere che
potessero predire la verità, dopotutto.
Era una bugia. Solo, solo una stupida bugia. Era solo ciò
che temeva. Un sogno non poteva decidere l'esito di una battaglia.
Placava i dubbi e ad ogni colpo inferto al nemico si convinceva sempre
più disperatamente di dover sopravvivere.
Se avesse ceduto a ciò che aveva visto nella scena
incontrollabile del sogno, non sarebbe forse stata troppo debole?
L'Akuma subì i suoi attacchi. Un minima pausa e
potè ricambiare il trattamento. Le afferrò il
collo, stringendo quel tanto che le impediva di respirare bene,
lasciandola senza forze sospesa.
Well all she wants and
all she needs Are reasons to survive A day in which
the sun will take Her artificial light...
her light
Grazie alla sua Innocence poteva restare in piedi anche su una
superficie così traditrice. Non era importante che fosse
acqua. Forse poteva addirittura sfruttare allo stesso modo l'aria che
la circondava, guadagnando veramente quel titolo di "butterfly" che
qualcuno le aveva regalato.
Non lo trovava affatto rilevante. Non poteva permettersi di essere
"graziosa". In quel momento tutta la bellezza del mondo non avrebbe
significato nulla.
L'Akuma era fermo a mezz'aria, pronto ad attaccarla. Non doveva essere
"graziosa", doveva essere potente.
Doveva essere forte, resistere, sopravvivere. E se anche non ci fosse
riuscita, come quell'incubo non smetteva di predirle, c'era una cosa
molto più importante. Diverse cose. Piccoli frammenti, che
avrebbe ricomposto con cura. E se anche non ci fosse riuscita, a
restaurare quel ritratto dello specchio di un piccolo mondo che si
poteva considerare "paradiso", c'era qualcosa di
più importante. Li avrebbe protetti.
Se esisteva un solo motivo per non doversi abbandonare a un falso
presagio, era proprio la fiducia di poter un giorno abbandonare la luce
azzurra che ora la sosteneva.
Per poter un giorno svegliarsi in un luogo senza demoni, senza
innocenti usati come sacrificio.
Avrebbe volentieri abbandonato quella luce finta (non poteva davvero
credere che fosse "divina") per vedere un sorriso sincero sotto il
calore di un sole estivo.
E ora quella luce "benedetta" (ma non era forse una
maledizione?) era la sua unica speranza di non essere inghiottita dal
liquido calmo che la rifletteva scheggiata.
And it´s one
more day in paradise One more day in paradise It´s one more
day in paradise One last chance to feel
alright... alright
Tuttavia cercò di difendersi. L'Akuma era terribilmente
potente, più di quanto pensasse. La attaccava senza sosta e
lei riusciva appena a bloccarlo.
Per quanto i suoi colpi potessero ferirla, non avrebbe lasciato che
quel mostro si allontanasse, che scegliesse una vittima tra qualcuno
dei suoi compagni. Sentiva poco chiaramente le loro grida mentre si
battevano contro altre di quelle macchine create dal Conte.
Per quello che poteva, doveva aiutarli. Proteggerli.
Qual'era la cosa più importante? Vivere spensieratamente in
un piccolo paesino, in una casa bianca con suo fratello maggiore, e un
giardino pieno di fiori?
Sarebbe arrivato anche quel giorno, forse. Sarebbe arrivato se solo si
fosse sforzata un pò di più di combattere, e un
pò meno di piangere.
Non era poi così difficile, alla fine.
Un giorno felice. Anzi, non c'era davvero bisogno che fosse felice,
basta che fosse "non triste".
Un ultimo attacco che la spedì verso il lago. Non poteva
cadere. Davvero, sarebbe stato troppo debole. Aveva smesso di piangere,
per sentirsi lievemente bene anche quando non era proprio vero. In
fondo, era poca cosa, in confronto all'abilità della sua
Innocence di non affondare sull'instabilità dell'acqua.
Don´t pretend
to hold it in just let it out Don´t pretend
to hold it in just push it out Don´t you try
to hold it in just let it out and Don´t you try
to hold it in you hold it in
Non aveva bisogno di essere protetta. Anzi, era tutto il contrario.
Voleva essere lei a proteggere qualcun'altro, ora. Dimostrarsi forte e
determinata non era nemmeno importante come dimostrare di non essere
una bambola fragile, che tutti devono ammirare e temere di toccare, da
salvaguardare.
Non poteva essere lei, per una volta, a salvarli?
Non stava fingendo, non si stava sforzando di recitare una parte.
Il primo Akuma si era avvicinato a loro. E lei non aveva fatto altro
che avanzare, e concentrandosi su di esso, solo esclusivamente su
nient'altro che esso, aveva attaccato per prima.
Non si era fermata a chiedersi cosa avrebbero pensato gli altri, cosa
avrebbero fatto al suo posto, quanto si sarebbero sforzati per
proteggere altre vite.
Aveva solo agito, con la fredda determinazione di chi voleva opporsi
con tutte le sue forze a ciò che la indeboliva dall'interno.
Perciò aveva attivato la sua Innocence, e l'aveva attaccato.
Ma si accorse ben presto che non era al suo livello, che nemmeno
sentiva i suoi colpi, che si divertiva immaginando già il
momento in cui avrebbe risposto.
Non attese molto, e lei davvero non era al suo livello.
And it´s one
more day in paradise One more day in paradise It´s one more
day in paradise One last chance to feel
alright... alright
Stavano passeggiando in riva a un lago. In realtà, era
già parecchio buio. E loro non stavano davvero passeggiando.
Stavano tornando alla città più vicina.
Sarebbero presto tornati a "casa". Tutti e quattro insieme.
Le piaceva pensare che avrebbero riso per tutto il viaggio, nonostante
l'ostinazione di Kanda di non voler partecipare. Ma Lavi lo stuzzicava
così favolosamente che era impossibile non sentirsi bene.
Non erano risate forzate indispensabili per andare avanti. Non
servivano per mascherare le lacrime. Non ne aveva più,
già da un pò.
Non era un pò come un paradiso? Insieme e sorridenti, tanti
piccoli pezzi vicini e luccicanti.
Non tremò, e non esitò nemmeno quando furono
circondati.
Akuma. Pensavano di aver finito. Forse, si erano illusi troppo presto
di trovare un minimo di pace, un ristretto momento migliore degli altri.
Li accolsero già pronti ad attaccarli, e assaggiare il
sangue di Esorcista.
Ebbe l'impressione che i ragazzi si fossero sistemati in modo da
lasciarla indietro.
Once upon a year gone by She saw herself give in Every time she closed
her eyes She saw what could have
been
Sognava spesso in quelle notti agitate di trovarsi in mezzo a
quella che era in realtà acqua, nera come nero era
il cielo quasi quanto era bianca la luna. Aveva spesso quell'incubo,
diverso, che non le prediceva la scomparsa dei suoi compagni,
ma la sua precipitosa caduta nel lago tranquillo, perdeva ogni residuo
delle sue forze e si lasciava catturare per sempre dalla silenziosa
oscurità che la stringeva, prima ancora di aprire la bocca
in cerca d'aria e inghiottire solo acqua dal sapore dolciastro e
leggermente ferroso.
___._,†,_.___
Si voltò verso la ragazza.
La vedeva combattere, resistere, ma non poteva vincere. Subiva i colpi
nemici cercando di reagire, anche quando la stringeva per la gola e
spezzava la parte di lei che indossava l'arma sua nemica, prima di
essere colpita con violenza e spedita dalla parte opposta del lago.
Cadeva con una rapidità così impressionante che
era difficile vederla. Si schiantava con la superficie liquida creando
un alto getto d'acqua gelida che ricadeva, pioveva sopra di lei.
Spariva inghiottita dall'oscurità più profonda di
quello specchio, spezzato dalla luna in mille scheggie. E non era
più puro e di cristallo. Era rosso, rosso scuro come una
pietra preziosa. Come sangue.
La voce dell'ultimo, del primo frammento del paradiso. Bianco, argento,
a volte azzurro. Una stella rossa e un una croce d'oro.
Corse al limite dello specchio d'acqua, più veloce che
poteva eppure, ogni momento era dilatato come al rallentatore. Gli
occhi sbarrati e la gola stretta dall'angoscia.
Lo sapevi? Il suono del mondo che va in frantumi, assomiglia a un grido
terrorizzato.