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Autore: Asu_chan    06/04/2008    3 recensioni
Non chiedeva di essere felice. Non per lei, non per sempre. Magari..meno triste, sì.
"LENALEE!"
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lenalee Lee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non so nemmeno io come mai è venuta fuori così..seria e complicata!
Penso perchè la Lenalee che è descritta qui non è quella originale (secondo me) ma è una Lenalee che potremmo odiare di meno!!X°°D
Basta, buona lettura!XD
Grazie a Duffy che l'ha letta e mi ha rassicurata che qualcosa si capisce!XD
La canzone è Paradise di Vanessa Carlton


PARADISE
- . Crashed World . -



Once upon a year gone by
She saw herself give in

Toccò con la schiena il terreno arido.
No, non era terra, era acqua. Teneva gli occhi chiusi, ed era avvolta da un dolce senso di abbandono. Quasi sembrava che si fosse lasciata cadere sul suo letto morbido. Per un istante il suono provocato dall'incontro tra il suo corpo e il liquido dai riflessi azzurrini le riempì le orecchie. Piccole onde concentriche si allargarono sempre più dal punto in cui era finita nell'abbraccio dello specchio d'acqua. Acqua pura, illuminata d'argento sotto i raggi della luna che sottolineavano ogni più piccola onda. Era azzurra, pallida, verde chiaro, poi blu scura come il cielo soprastante; per un attimo erano un tutt'uno.
Ma no, dopotutto era nera. O rossa. Sì, decisamente rossa, come il granato.

Every time she closed her eyes
She saw what could have been

Quel colpo non era tanto forte. Avrebbe potuto resistere, se solo avesse avuto un pò di forza in più. In fondo, qualcuno la credeva capace di farcela, e che diritto aveva di deluderli?
Anche costringendole a muoversi non succedeva nulla. Avrebbe potuto sopportarlo, era sicuramente abbastanza forte.
Anche rendendosi conto di quante parti del corpo possono provare dolore contemporaneamente, non c'era sempre qualcosa che faceva più male? Era angosciante, ma dopotutto qualcuno le aveva detto che non era poi così fragile.
Le nuvole scorrevano come un lampo sotto (sotto?) i suoi occhi. Il fischio del vento nelle orecchie, il sapore del sangue sulla lingua. Il luccicare dell'acqua sopra (sopra?) la sua testa.
Le costringeva a muoversi. Dovevano, dovevano assolutamente farcela.
I sogni non significano niente.

Well nothing hurts and nothing bleeds
When covers tucked in tight

Era molto lontano il luogo che aveva desiderato. Non una sola volta era riuscita a vederlo.
Ormai era l'ultima parte, l'ultima scena di quello spettacolo troppo spesso riprodotto. Era la prima volta che lo recitava.
Avrebbe voluto un posto sereno, senza pianti, o rimpianti. Un sentiero stretto ma ben spianato, con piccole siepi ai lati cariche di fiori. Un sole tenero a riscaldare l'aria e una figura in controluce ad aspettarla alla fine della lieve pendenza.
Un ragazzo che sorrideva, piano, non troppo, e una piccola gentilezza come lasciarla sedere al suo fianco in silenzio al sorgere dell'ultimo giorno.
Un amico che le portava un cesto di frutta appena raccolta, lungo il sentierino per le campagne, dai frutteti dei vicini che l'avrebbero rimproverato bonariamente fingendosi irrimediabilmente risentiti. Anche la volta successiva non avrebbero chiesto nulla in cambio.
Lui che la guardava dolcemente, senza parlare. Non c'erano battute da memorizzare, solo uno sguardo. La scena clou.
L'insistente scricchiolare dell'acqua, dolce come una risata trattenuta per troppo tempo.
La sicurezza di una coperta avvolta attorno alle spalle la sera della fine, quando vedeva scheggie di luna cercare di inghiottirla.
Riapriva gli occhi, ma orai era troppo tardi per riuscire a difendersi.

Funny when the bottom drops
How she forgets to fight... to fight

Sentì qualcosa spezzarsi. Ossa, solo ossa. Non era grave, potevano ancora essere usate. Poteva ancora essere usata.
Era più morbido il suono dell'ultima speranza infranta. Quasi liquido. Non sembrava tanto grave, forse poteva ancora credere, e non lasciarsi catturare.
Erano solo gambe quelle che sentiva strette dalla morsa di un'illusione che lei aveva creato perchè ci aveva creduto. Lei aveva visto, temuto e realizzato il momento in cui lo schiocco secco veniva generato. Ma poteva ancora reagire.
Reagire, solo, non sapeva. Non ricordava, l'ultima riga del romanzo. Spezzato, strappato, distrutto e poi abbandonato? O trattenuto, stretto, coccolato e infine liberato?
Quando non trovava una superficie sicura su cui alzarsi in piedi, cosa faceva? Credeva al sogno che le rubava il respiro la notte? O cercava una forza a cui aggrapparsi? Considerava sincera la paura e l'impotenza e l'inutilità dell'illusione, o la piccola flebile fatua luce dei suoi desideri?
Le orecchie potevano non sentire, potevano essere ingannate. Gli occhi potevano non vedere, potevano tradire.
Quando aveva saputo che rimaneva solo l'ultima carta da giocare, a quale frammento del mondo avrebbe deciso di rivolgersi?

And it´s one more day in paradise
One more day in paradise

Il vento ghiacciato strisciava sulla sua pelle, ormai scoperta, ormai irremedialmente ferita. Sembrava cercasse di scheggiarla, graffiarla.
Sentiva la presa decisamente troppo salda sul collo. Ancora non cercava di rapire l'ultimo respiro, movimento, contrattacco.
Stringeva solo con la forza disumana che ad esso pareva normale. La fissava solo con gli occhi neri che per esso erano normali. La derideva solo con il ghigno normale che esso portava. Il marchio inciso sulla fronte voleva ricordarle che sarebbe comunque morta, perchè non poteva paragonarsi ad esso.
Stringeva le dita, serrava i pugni fino a far sanguinare la mani (ma già non sanguinavano?).
Non poteva vedere lo specchio nero che metri e metri di aria immobile più sotto giaceva aspettando di accoglierla, stringendola tra le braccia.
Non poteva vedere quei piccoli puntini, le tessere del suo piccolo paradiso.
Sentiva le gambe come il vento che era come ghiaccio insinuato nelle sue ferite.
Le avvolse di quella luce azzurrina che aveva riilluminato tanto tempo prima il suo mondo caduto in rovina. Era un riquadro di quel personale paradiso.
Le convinse ad attaccare.

As darkness quickly steals the light
That shined within her eyes
She slowly swallows all her fear
And soothes her mind with lies

Con un movimento agile, attivando tutta la sua potenza, scattò verso il cielo. Una scia di luce azzurra che partiva dal lago per raggiungere la stella nera. Due figure risaltavano contro il cielo pallido e argentato.
Era uno scontro esclusivo, un duello. Un essere umano, un demone. Chi dei due?
Sentiva il sangue accellerare, scaldarsi. Vivere. Fu contro il suo obiettivo in pochi istanti, il tempo di individuare una stella cadente, senza desiderio. Non ti lascia la possibilità di esprimerlo.
Rinchiudeva le immagini di quel sogno il più in fondo possibile. Sbarrava loro la strada perchè non riaffiorassero proprio ora, che non poteva permettersi di dubitare. Di credere che potessero predire la verità, dopotutto.
Era una bugia. Solo, solo una stupida bugia. Era solo ciò che temeva. Un sogno non poteva decidere l'esito di una battaglia.
Placava i dubbi e ad ogni colpo inferto al nemico si convinceva sempre più disperatamente di dover sopravvivere.
Se avesse ceduto a ciò che aveva visto nella scena incontrollabile del sogno, non sarebbe forse stata troppo debole?
L'Akuma subì i suoi attacchi. Un minima pausa e potè ricambiare il trattamento. Le afferrò il collo, stringendo quel tanto che le impediva di respirare bene, lasciandola senza forze sospesa.

Well all she wants and all she needs
Are reasons to survive
A day in which the sun will take
Her artificial light... her light

Grazie alla sua Innocence poteva restare in piedi anche su una superficie così traditrice. Non era importante che fosse acqua. Forse poteva addirittura sfruttare allo stesso modo l'aria che la circondava, guadagnando veramente quel titolo di "butterfly" che qualcuno le aveva regalato.
Non lo trovava affatto rilevante. Non poteva permettersi di essere "graziosa". In quel momento tutta la bellezza del mondo non avrebbe significato nulla.
L'Akuma era fermo a mezz'aria, pronto ad attaccarla. Non doveva essere "graziosa", doveva essere potente.
Doveva essere forte, resistere, sopravvivere. E se anche non ci fosse riuscita, come quell'incubo non smetteva di predirle, c'era una cosa molto più importante. Diverse cose. Piccoli frammenti, che avrebbe ricomposto con cura. E se anche non ci fosse riuscita, a restaurare quel ritratto dello specchio di un piccolo mondo che si poteva considerare "paradiso", c'era qualcosa di più importante. Li avrebbe protetti.
Se esisteva un solo motivo per non doversi abbandonare a un falso presagio, era proprio la fiducia di poter un giorno abbandonare la luce azzurra che ora la sosteneva.
Per poter un giorno svegliarsi in un luogo senza demoni, senza innocenti usati come sacrificio.
Avrebbe volentieri abbandonato quella luce finta (non poteva davvero credere che fosse "divina") per vedere un sorriso sincero sotto il calore di un sole estivo.
E ora quella luce "benedetta" (ma non era forse una maledizione?) era la sua unica speranza di non essere inghiottita dal liquido calmo che la rifletteva scheggiata.

And it´s one more day in paradise
One more day in paradise
It´s one more day in paradise
One last chance to feel alright... alright

Tuttavia cercò di difendersi. L'Akuma era terribilmente potente, più di quanto pensasse. La attaccava senza sosta e lei riusciva appena a bloccarlo.
Per quanto i suoi colpi potessero ferirla, non avrebbe lasciato che quel mostro si allontanasse, che scegliesse una vittima tra qualcuno dei suoi compagni. Sentiva poco chiaramente le loro grida mentre si battevano contro altre di quelle macchine create dal Conte.
Per quello che poteva, doveva aiutarli. Proteggerli.
Qual'era la cosa più importante? Vivere spensieratamente in un piccolo paesino, in una casa bianca con suo fratello maggiore, e un giardino pieno di fiori?
Sarebbe arrivato anche quel giorno, forse. Sarebbe arrivato se solo si fosse sforzata un pò di più di combattere, e un pò meno di piangere.
Non era poi così difficile, alla fine.
Un giorno felice. Anzi, non c'era davvero bisogno che fosse felice, basta che fosse "non triste".
Un ultimo attacco che la spedì verso il lago. Non poteva cadere. Davvero, sarebbe stato troppo debole. Aveva smesso di piangere, per sentirsi lievemente bene anche quando non era proprio vero. In fondo, era poca cosa, in confronto all'abilità della sua Innocence di non affondare sull'instabilità dell'acqua.

Don´t pretend to hold it in just let it out
Don´t pretend to hold it in just push it out
Don´t you try to hold it in just let it out and
Don´t you try to hold it in you hold it in

Non aveva bisogno di essere protetta. Anzi, era tutto il contrario. Voleva essere lei a proteggere qualcun'altro, ora. Dimostrarsi forte e determinata non era nemmeno importante come dimostrare di non essere una bambola fragile, che tutti devono ammirare e temere di toccare, da salvaguardare.
Non poteva essere lei, per una volta, a salvarli?
Non stava fingendo, non si stava sforzando di recitare una parte.
Il primo Akuma si era avvicinato a loro. E lei non aveva fatto altro che avanzare, e concentrandosi su di esso, solo esclusivamente su nient'altro che esso, aveva attaccato per prima.
Non si era fermata a chiedersi cosa avrebbero pensato gli altri, cosa avrebbero fatto al suo posto, quanto si sarebbero sforzati per proteggere altre vite.
Aveva solo agito, con la fredda determinazione di chi voleva opporsi con tutte le sue forze a ciò che la indeboliva dall'interno.
Perciò aveva attivato la sua Innocence, e l'aveva attaccato. Ma si accorse ben presto che non era al suo livello, che nemmeno sentiva i suoi colpi, che si divertiva immaginando già il momento in cui avrebbe risposto.
Non attese molto, e lei davvero non era al suo livello.

And it´s one more day in paradise
One more day in paradise
It´s one more day in paradise
One last chance to feel alright... alright

Stavano passeggiando in riva a un lago. In realtà, era già parecchio buio. E loro non stavano davvero passeggiando. Stavano tornando alla città più vicina.
Sarebbero presto tornati a "casa". Tutti e quattro insieme.
Le piaceva pensare che avrebbero riso per tutto il viaggio, nonostante l'ostinazione di Kanda di non voler partecipare. Ma Lavi lo stuzzicava così favolosamente che era impossibile non sentirsi bene.
Non erano risate forzate indispensabili per andare avanti. Non servivano per mascherare le lacrime. Non ne aveva più, già da un pò.
Non era un pò come un paradiso? Insieme e sorridenti, tanti piccoli pezzi vicini e luccicanti.
Non tremò, e non esitò nemmeno quando furono circondati.
Akuma. Pensavano di aver finito. Forse, si erano illusi troppo presto di trovare un minimo di pace, un ristretto momento migliore degli altri.
Li accolsero già pronti ad attaccarli, e assaggiare il sangue di Esorcista.
Ebbe l'impressione che i ragazzi si fossero sistemati in modo da lasciarla indietro.

Once upon a year gone by
She saw herself give in
Every time she closed her eyes
She saw what could have been

Sognava spesso in quelle notti agitate di trovarsi in mezzo a quella che era in realtà acqua, nera come nero era il cielo quasi quanto era bianca la luna. Aveva spesso quell'incubo, diverso, che non le prediceva la scomparsa dei suoi compagni, ma la sua precipitosa caduta nel lago tranquillo, perdeva ogni residuo delle sue forze e si lasciava catturare per sempre dalla silenziosa oscurità che la stringeva, prima ancora di aprire la bocca in cerca d'aria e inghiottire solo acqua dal sapore dolciastro e leggermente ferroso.


___._,†,_.___





Si voltò verso la ragazza.
La vedeva combattere, resistere, ma non poteva vincere. Subiva i colpi nemici cercando di reagire, anche quando la stringeva per la gola e spezzava la parte di lei che indossava l'arma sua nemica, prima di essere colpita con violenza e spedita dalla parte opposta del lago.
Cadeva con una rapidità così impressionante che era difficile vederla. Si schiantava con la superficie liquida creando un alto getto d'acqua gelida che ricadeva, pioveva sopra di lei. Spariva inghiottita dall'oscurità più profonda di quello specchio, spezzato dalla luna in mille scheggie. E non era più puro e di cristallo. Era rosso, rosso scuro come una pietra preziosa. Come sangue.

La voce dell'ultimo, del primo frammento del paradiso. Bianco, argento, a volte azzurro. Una stella rossa e un una croce d'oro.
Corse al limite dello specchio d'acqua, più veloce che poteva eppure, ogni momento era dilatato come al rallentatore. Gli occhi sbarrati e la gola stretta dall'angoscia.
Lo sapevi? Il suono del mondo che va in frantumi, assomiglia a un grido terrorizzato.

-LENALEE!-



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