Prologo
Màiri: amarezza,
bisogno, distacco
La
prima volta che vidi Bright avevo solo quattordici anni.
Ero
andata nel bosco, il mio posto preferito dopo la mia casa, per
ascoltare le
piante che mi parlavano in quel linguaggio speciale che avevo imparato
a
decifrare. Mia nonna mi aveva insegnato tutto sulla floromanzia,
l’arte di
leggere il futuro nei fiori, e su come capire ciò che le
piante sussurrano a
chi sa ascoltare. I fiori non avevano mai parlato a mia madre. Forse,
se avesse
imparato anche lei, avrebbe potuto salvarsi.
La
brezza mi portava profumi freschi misti all’odore della
pioggia. Sentivo il
bosco muoversi, scricchiolare, respirare come un unico essere. I
sussurri erano
così tanti, mi dicevano di continuare a camminare, anche se
ormai il sole stava
per tramontare e la selva si preparava alla notte.
A un
tratto sentii un lamento e un pianto e corsi in fretta nella direzione
di
quella voce.
Nella
piccola radura rotonda poco lontana dal sentiero scorsi un ragazzo, un
ragazzo
bellissimo. Aveva capelli dorati e occhi color vinaccia pieni di
lacrime. Si
teneva il braccio e parlava in tono dolce a un cavallo bianco.
-Vuoi
che chiami qualcuno?- gli chiesi timidamente.
Lui
si girò sorpreso e mi fissò a lungo. Poi
annuì col capo. –Sì, per favore. Sono
caduto da cavallo e credo di essermi rotto il braccio. Voi come vi
chiamate?-
-Sono
Rein, Rein Bluesilvae, ma tutti mi chiamano Reinette-
Lui
mi sorrise dolcemente. –Reinette, “Piccola
Regina”, grazie-
Mi
voltai, arrossendo furiosamente, e corsi il più in fretta
possibile verso casa.
Avevo visto nei suoi occhi i solleoni, anche detti i “fiori
del principe”.
Erano fiori dorati e carmini, con uno stelo lungo e foglie sottili e
aggraziate. Significava bellezza o coraggio. Oh, era così
bello. E sicuramente
doveva essere anche coraggioso. Indubbiamente era un nobile, visti i
suoi abiti
pregiati.
-Camelot!
Camelot!-
-Reinette,
cosa c’è?-
-Un
ragazzo… nel bosco…- dissi, cercando di
riprendere fiato, -…si è fatto male…
ha
bisogno di aiuto. Ti prego, Camelot, manda Auler ad aiutarlo!-
-Va
bene Reinette, ma promettimi che tu non ti muoverai da qui!- disse con
sguardo
severo.
-Cosa?
Ma perché?-
-Niente
domande-
-Ma
potrei dare una mano…! Oh, e va bene, lo prometto- cedetti
vedendo
l’espressione inflessibile di Camelot.
Così
mi ritrovai a dover spiare dalla porta d’ingresso
l’arrivo di quel bellissimo
ragazzo ferito, non molto più grande di me che mi sembrava
un vero principe.
I
miei fiori mi dicevano che sarebbe stato bene e avevo trovato due
solleoni
solitari in giardino che mi avevano infuso dolcezza.
La
nonna mi aveva insegnato che ad ogni persona corrisponde un fiore. Io
posso vederli
negli occhi di ognuno e spesso me ne rivelano il carattere oltre che il
futuro.
I
miei fiori sono i suimettes. Sono piccoli fiori azzurri, con radici
forti e
resistenti alle intemperie. Ne crescono tantissimi a Lythbend, la mia
terra,
soprattutto a picco sul mare, proprio sotto la torre che si affaccia
sulla
scogliera.
Sentii
i nitriti di un cavallo e la voce di Auler di ritorno.
Mi
affacciai e lo rividi, una smorfia sofferente in faccia, ma niente
lacrime. Si
stavano dirigendo verso le scuderie.
Non
era la prima volta che disobbedivo a Camelot e rompevo una promessa,
perciò non
mi sentii troppo in colpa.
Una
volta mi ero arrampicata sulla torre nonostante il divieto di salirci,
perché
volevo inviare tanti baci alla mia mamma, convinta che da lì
sopra sarebbero
arrivati al cielo più in fretta, ma Camelot mi aveva
scoperta a metà strada.
Stava per sgridarmi ben bene, ma quando le spiegai perché le
avevo disubbidito,
mi accompagnò fino in cima.
Mi
affacciai alla porta della stalla e subito mi ritrassi arrossendo. Poi
mi
affacciai di nuovo lentamente.
Gli
avevano tolto la camicia ed era a torso nudo. Aveva dei graffi sul
petto e glieli
stavano pulendo, ma lui sembrava più interessato alle sorti
del suo cavallo che
alle sue ferite.
Corsi
via prima che potessero scoprirmi e mi diressi nella mia stanza. Il
cuore mi
batteva forte e non era per la corsa, la pelle delle guance era
bollente.
Tirai
fuori da sotto il cuscino un sacchetto blu di velluto e ne svuotai il
contenuto
sul letto.
C’erano
un po’ di soldi, un libro e un anello. Presi i soldi e rimisi
il resto a posto.
Poi tornai giù di corsa e fermai il giardiniere proprio
prima che partisse per
il paese.
-Cosa
c’è, signorina Reinette?-
-Vi
ricordate che avevo detto che non volevo che prendessi nulla dal
mercato
stavolta?-
-Avete
cambiato idea?-
Gli
sorrisi calorosamente e gli porsi il denaro.
Una
settimana più tardi il Principe, come l’avevo
soprannominato visto che nessuno
mi voleva dire il suo nome a causa delle minacce di Camelot, venne a
farci
visita.
Scoprii
che si chiamava Bright e che era il figlio della casata Shinerock che
reggeva
le terre limitrofe a Lythbend.
Mi si
presentò, mi ringraziò e mi invitò a
una passeggiata. Camelot era assolutamente
contraria, ma non poté rifiutare a lungo.
Le
passeggiate diventarono una routine quasi quotidiana. Io mi scoprivo
sempre più
innamorata di lui e lui assecondava ogni mio capriccio.
Bright
era un vero gentiluomo, ma, nonostante la rigida istruzione ricevuta,
non poté
resistere a lungo alle mie preghiere.
Mi
baciò dietro il roseto e il mio primo bacio non poteva
essere più romantico. Mi
disse che non erano stati i vestiti, i gioielli o il profumo a renderlo
innamorato di me, ma la mia dolcezza, i miei occhi e i miei lunghi
capelli, i
“capelli di una principessa o di una ninfa dei
boschi”.
Camelot
era preoccupata. Aveva visto questo amore crescere e divampare in me
come un
fuoco e si era rassegnata del tutto quando aveva scoperto che avevo
fatto
comprare e piantare al giardiniere un’aiuola di solleoni di
cui mi prendevo
personalmente cura.
Poi
arrivò, totalmente inaspettata, in un giorno di settembre.
Bright
mi aveva invitata a una passeggiata a cavallo e mi aveva riaccompagnata
prima
di pranzo, lasciandomi con un lungo bacio e una rosa rossa
all’imboccatura del
viale.
Ero
così felice, così serena, così piena
di progetti e speranze per il futuro.
Avevo solo quattordici anni.
In
quella lettera, che Camelot mi aveva letto con un’espressione
triste,
Ero
distrutta. Non potevo evitarlo, non potevo non andare.
Lo
salutai in lacrime, ma Bright mi promise che mi avrebbe aspettata, che
ci
saremmo rivisti, che mi avrebbe scritto.
Così
dissi addio al mio amore, alla mia casa e ai miei fiori per un tempo
molto più
lungo di quanto mi aspettassi.
//Angolo
Autrice:
Nella
prima versione del Prologo queste note si trovavano
all’inizio, ma poi ho
pensato fosse meglio lasciarle alla fine.
Anzitutto
questa long è un esperimento. Non è la prima
BlueMoon che scrivo, e non la
ritengo un tradimento della RedMoon. Degli scrittori dicono che quando
raccontano una storia che costa loro fatica, spesso è una
delle migliori che
scrivono. Voglio sapere se è vero. E questo me lo potrete
confermare solo
voi.
Gran
parte della trama prende spunto dal romanzo “La lettrice di
fiori” di Elizabeth
Loupas. Diversi particolari sono stati però ritoccati e il
resto della storia,
come anche alcuni personaggi, sono di mia invenzione.
Una
seconda cosa di cui devo avvertirvi è che il rating della
storia potrebbe
variare per esigenze narrative.
Una
terza cosa è che il banner della storia è opera
di Fear, alias Miku o il Lupo
Cattivo, che ringrazio ancora un milione di volte.
Fatemi
sapere cosa ne pensate. =)
Un
bacio,
Giulia
Dedico
questa
storia a sette ragazze:
a Chiara, la mia
parte allegra,
l’anima ottimista e positiva di tre lunghi anni di liceo.
Grazie per essermi
stata accanto;
a Elisabetta, la mia
parte dolce, con cui
condivido la passione per Mr. Darcy, per le serate pizza e film e per
l’Inghilterra. Grazie per avermi sostenuta;
a Angel, la mia
sorellina virtuale,
la mia parte fiduciosa, che mi ha ascoltata con tanta premura e che mi
ha
regalato consigli e affetto. Grazie per avermi incoraggiata;
a Jaspy, la mia
parte NaruxHina, che
riesce a creare una storia a partire da un bunsen ricordandomi che la
creatività può trasformare qualcosa di ordinario
in qualcosa di magico. Grazie
per avermi aperto nuovi orizzonti;
ad Alice, la mia
scrittrice RedMoon
preferita, la mia parte romantica, che mi regala immensi interi di
emozioni e
mi ricorda quanta poesia c’è nell’amore.
Grazie per avermi ispirata;
e a Miku, alla
mia Reinette, che è
grazia, forza, talento, dolcezza, freddo, calore, ispirazione, che
indossa il
cielo, che è un Angelo, che è un Lupo Cattivo
delle Grandi Foreste del Nord,
che è la mia parte speciale. Grazie semplicemente di esserci
in qualunque
occasione.
Grazie di
tutto
con tutto il cuore.