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Autore: Claire DeLune    16/10/2013    1 recensioni
Brighton, UK.
Una ragazza. Un ragazzo. Un treno.
Lei, costretta a lasciare il fidanzato, è in partenza per l'Italia. Lui torna a casa dopo aver passato il weekend presso degli amici.
Il caso ha voluto farli incontrare, farli sedere l'una accanto all'altro e chiacchierare senza nemmeno presentarsi, per poi separarli, consci che non si rivedranno mai più.
E' possibile che un'ora casuale della giornata, coincidente con il momento più triste di quel dì, sia in grado di cambiare una persona? Anche se solo il suo stato umorale. E' possibile sentirsi sereni, nonostante si stia abbandonando una parte importante del proprio passato, grazie ad un cordiale estraneo?
L'unica cosa certa è che quel momento sul treno è stato perfetto nel sua semplicità e mortalità
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sfaccettature di Vita'
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Gradisco volentieri ogni tipo di critica e consiglio.

Spero che vi piaccia e che mi aiuterete a migliorare.

Siate liberi di farmi notare eventuali errori di battitura, grammatica o sintassi.

Mi auguro che il mio stile di scrittura sia piacevole.

Buona lettura :)

 

Un bell’incontro

 

   Eccomi qui. Alla stazione, infagottata come un neonato, con la sciarpa rosa antico fin sopra il naso e le valigie.

   E’ incredibile come voli il tempo quando sei felice. Mi sembra solo ieri di essermi imbarcata all’aeroporto di Milano Malpensa per raggiungere il mio ragazzo in Inghilterra, ed ora l’ho appena salutato per dirigermi a quello di Gatwick. 

   Già mi manca.

   Gli ho imposto di non accompagnarmi al volo per evitare scene strappalacrime da mediocre film-botteghino, e lui, seppure con un certo disappunto, mi ha assecondata. Entrambi preferiamo piangere in solitudine.

   “Ti accompagnerò al treno”, si limitò a dire matronale, con un tono che non ammetteva obiezioni, ed io gli sorrisi, perché infondo mi faceva piacere.

   Ci salutiamo taciti, con un abbraccio infinito, un bacio casto, adatto a due amanti che vogliono tenere la propria intimità per sé, e un’occhiata ricca di complicità. Mai con nessuno mi ero sentita, come quando quelle sicure iridi di ossidiana si puntano nella sfumatura simile delle mie.

   Non ci diciamo più niente, né un ti amo né un mi mancherai, i nostri sguardi lo gridano per noi.

   Striscio il biglietto nel dispositivo elettronico e le semibarriere automatiche si aprono. Lo guardo ancora, mentre le attraverso.

   Percorro il binario, sentendo i suoi occhi addosso e già gocce saline mi appesantiscono le palpebre. Salgo sul treno, scrutandolo per l’ennesima volta. Gli sorrido da lontano, agitando cheta una mano e lo lascio per sempre.

   All’interno il vagone diretto a Londra è pieno, quindi decido di rimanere in piedi. Non ho nessuna voglia di sedermi accanto a qualcuno.

   Ad un tratto, noto che un ragazzo slanciato sulla ventina mi osserva. Tento di evitare qualsiasi contatto visivo, ma egli si alza e mi chiede se ho bisogno di aiuto con la valigia.

   La sua cortesia scioglie un poco quello strato di ghiaccio che mi si sta costruendo attorno, perciò annuisco, ringraziandolo.

   M’invita ad occupare il sedile vicino al suo, prendo posto e tolgo una delle cuffie dalle orecchie, mentre continuo ad ascoltare i Nickleback con l’altra.

   “Stai andando in vacanza?”, ipotizza, vedendo la valigia.

   “Veramente sto tornando a casa”, sorrido mesta.

   “Di dove sei?”. 

   “Sono di Milano”.

   “Ah, sei italiana? Pensavo fossi britannica”. Probabilmente credeva che avessi parenti in Scozia o su di lì.

   “Davvero?”, chiedo soddisfatta di essere scambiata per una natia di quella Madre Patria. Apprezzo l’idea di potermi confondere con la popolazioni in cui mi trovo, mi fa sentire a casa, “Grazie”.

   “Sai, sono stato a Milano una volta - avevo fatto scalo una notte con degli amici, durante un viaggio in Grecia. E’ una città molto cara”. Come dargli torto. E’ la pura verità.

   La conversazione sta per perire lì, quando la mia attenzione viene catturata dal libro che tiene in grembo. In copertina, sotto il titolo in inglese, compare la foto di Che Guevara e subito in me cresce la voglia di sostenere ancora un po’ qual breve dialogo con il gentile giovane uomo al mio fianco.

   “Cosa stai leggendo?”.

   Il giovanotto dai capelli bruni, in contrasto con l’incarno diafano e gli occhi cilestrini, mi sorride accondiscendente, chiudendo il volume con un dito tra le pagine, “Parla delle sommosse in Sud America”. Risposta scontata.

   “Studi storia?”.

   “No”, sorride ancora, “ho appena preso il master in biologia”.

   “Caspita! E’ una materia difficile”, provo a fare due calcoli, “Quindi hai... 25 anni?”.

   “23”. Sembra offeso.

   Ridacchio, “Scusami, io e la matematica non andiamo molto d’accordo”.

   “E tu? Che università fai, lingue?”.

   “Sono al penultimo anno delle superiori. Liceo delle Scienze Sociali”.

   Sembra sorpreso, dall’età presumo.

   Strano, tutti pensano che io sia più giovane.

   “Scienze sociali... Pedagogia, psicologia, sociologia, giusto?”.

   “Non proprio. Diamo più uno sguardo antropologico. Ma dipende dall’argomento”.

   “Hai già deciso cosa fare dopo?”.

   “Ho qualche mezza idea, ma niente di concreto”.

   “Come mai sei venuta in Inghilterra?”.

   Coltello nella piaga. Percepisco la mia espressione indurirsi.

   “Sono venuta a passare il mio compleanno con il mio ragazzo”.

   “Ah”, adesso è la sua mimica facciale a raffreddarsi, “Happy birthday! E’ inglese?”.

   “No, è italiano ma fa l’università a Londra”.

   “Cosa?”.

   “Marketing e Finanza”.

   “Gli piacciono i soldi”, ironizza.

   Ridi piano, “Già”.

   “Era la prima volta che venivi a Brighton”.

   “No, ci sono stata quest’estate per un mese. Mi è piaciuta talmente tanto che non vedevo l’ora di tornarci. Tu vivi qui?”.

   “No, ho passato il weekend da degli amici. Io sono irlandese, mi sono trasferito da Dublino per studiare”.

   “Wow! Non sono mai stata in Irlanda, ma mi hanno sempre detto che è molto bella, molto verde”.

   “Sì, ma è poco abitata. Pensa che nella capitale c’è solo un aeroporto, mentre a Londra ce ne sono tre”.

   In effetti detta così, sempre un’isola disabitata. Solo in Lombardia ci sono quattro aeroporti internazionali!

   Improvvisamente sorride, pensando a qualche strano stereotipo che mi riguardi.

   “Allora, come te la cavi in cucina?”. Appunto...

   “Ehm... io e i fornelli preferiamo evitarci”.

   Strabuzza lo sguardo divertito, “Ma come? Sei italiana e non sai cucinare?!”.

   “Hai appena incontrato un'italiana in grado solo di sopravvivere quando è strettamente necessario”.

   Sghignazziamo assieme alla battuta, quando...

   ♪Next stop Gatwick Airport. Doors open on the right.♪

   “E’ la mia fermata”, affermi, avvertendo la tristezza montare di nuovo.

   “Ti aiuto a prendere la valigia”, si alza e solleva il bagaglio dallo scompartimento apposito.

   Il ragazzo mi accompagna alle porte automatiche, attende che si aprono e mi porge la mano, “Sean”.

   La stringo, “E’ stato un piacere conoscerti”.

   “Anche per me. Buon viaggio”.

   Sorrido, “Buona lettura”.

   Quell’attimo di serenità in mezzo alla tempesta di forti emozioni termina così, con una stretta di mano e un sorriso. Nessuno scambio di numeri o cognomi per cercarci in qualche social network, solo il romantico ricordo di due estranei che non si rincontreranno mai. 

   Un bell’incontro, perfetto e naturale nella sua mortalità.

 

   

 

    

   
 
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