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Autore: sunonshame    18/10/2013    3 recensioni
".....dovessero essere con o senza di te." Disse in fine, prima di girarmi le spalle e volare via.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arriane Alter, Roland Sparks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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'Till the end





Forse passeggiare per il bosco all’una del mattino non era un’idea buona, ma ne sentivo il bisogno.
Volevo riempire i polmoni di aria pulita ed assaggiare le golose fragole che il bosco possedeva gelosamente.
La Luna era alta nel cielo e quella sera sembrava più vicina del solito, quasi stesse per precipitare sulla Terra. A guardarla attentamente sembrava avesse assunto un espressione triste e malinconica, proprio come la mia da qualche tempo.
Essa scintillava lassù nel cielo, non curante di niente, ma sempre così triste. Avvicinarmi un po’ di più sarebbe stato fantastico, anche se già lo facevo tutti i giorni.
Lasciai uscire dalle due piccole fessure sulle scapole le mie ali infinite, che brillarono assieme alla luce della Luna e fecero muovere le varie piante intorno a me.
Mi alzai di scatto in volo, prendendo una bella spinta. In pochi battiti di ali mi ritrovai nel cielo scuro della notte, vicino le stelle luminose e la Luna triste.
Mi fermai lì davanti e l’ammirai in tutta la sua bellezza, chiedendomi se avesse mai trovato un giorno felice, dove quell’espressione sarebbe cambiata.
Non mi rendevo conto che mi stavo indirettamente paragonando a lei, trasmettendole tutti i miei sentimenti, pregi e difetti, usandola semplicemente come un esempio.
Cos’era che mi rendeva così? Perché ero ridotta così? Sola e triste. Abbandonata.
Eppure avevo tanta gente attorno a me. Tanta gente che non faceva altro che ripetermi quanto mi amasse.
Afferrai nervosamente una ciocca di capelli rossi e l’arrotolai su un dito, domandandomi cosa c’era che non andava.
Pensai affondo, respirai profondamente varie volte e capii cos’era a rendermi così. L’amore.
A quella parola le mie gambe tremarono, le guance si arrossarono ed i denti subito finirono a mordere con forza le labbra, che sanguinarono in un secondo, per poi richiudere la ferita in un altro secondo.
In mente subito riaffiorarono quei momenti. I nostri momenti.
Il suo sorriso così sincero e puro. Le sue mani sempre curate e morbide. Il suo odore irresistibile. La sua voce angelica. Le sue ali bianche e screziate di dorato. Tutto questo era completamente e maledettamente meraviglioso.
Mi trovai a precipitare lentamente, come una busta di plastica dopo il cessare del vento.
Dondolando a destra e sinistra lasciai che le lacrime cadessero chissà dove e volassero assieme all’aria forte che racchiudeva quella serata.
Delicatamente mi poggiai al suolo e rimasi a guardare le stelle così lontane.
Lei era la mia stella. La mia unica stella vicina. Ora è tutto così lontano. È tutto maledettamente lontano ed irraggiungibile.
I pensieri ed i complessi lasciarono spazio ad un violento pianto, ricco di singhiozzi e spasmi.
Le guance erano completamente bagnate e qualche ciuffetto di capelli si ritrovò appiccicato ad esse. Erano fastidiose, ma non avevo neanche la forza di continuare a piangere.
Poco dopo sentii uno strano sfruscio sul suolo: qualcuno stava camminando verso la mia direzione.
Sentivo chiaramente l’erba strapparsi dalla terra ed i rami spezzarsi. Qualcuno con le ali.
Scattai subito in piedi e mi nascosi dietro un tronco lì vicino, chiudendo le ali attorno il mio corpo, a mo’ di coperta. I soffici petali di esse mi rassicuravano e mi scaldavano.
-Arianne! Arianne, dove sei?”- Qualcuno strillò a gran voce. Intravidi la sua sagoma avvicinarsi sempre di più. Che fosse stata Luce? Quella ragazza si preoccupava troppo per gli altri e poco per sé stessa. Eppure lei sa bene delle mie uscite notturne e sa bene che non voglio assolutamente essere disturbata.
-Arianne, diamine! So che sei qui, non nasconderti, odioso angioletto dei miei stivali- A quel nomignolo andai su tutte le furie ed uscii dal mio nascondiglio spingendolo dalle spalle e facendolo crollare a terra.
-Come ti permetti di chiamarmi così, sotto specie di cosa uscita male?!- urlai girandolo verso di me. Roland.
-Hey, calma! Sono io! Sapevo che istigandoti ti avrei fatta uscire allo scoperto.- Disse rialzandosi in piedi e pulendosi i jeans strappanti e sistemando i suoi intoccabili dread lock neri.
-Calma un cavolo, Roland. Perché sei qui?- Domandai infine poggiandomi su una gamba ed inarcando un sopracciglio. Mi diede un leggero buffetto sulla guancia.
-Dovrei essere io a chiederlo a te. Ero venuto semplicemente a cercarti- Gli diedi le spalle camminai per qualche metro, non curante della sua presenza.
La sua mano si posò su una mia spalla, bloccando subito la mia camminata. Sentii un profondo sospiro.
-C’è qualcosa che non va?- chiese titubante e preoccupato. Chinai la testa e guardai gli stivaletti grigi che portavo ai piedi, fingendomi interessata ad essi. Volevo evitare quella domanda, ma la sua presa si fece più insistente, facendomi capire che voleva a tutti i costi una risposta.
Mi girai lentamente ed alzai lo sguardo, puntandolo dritto nei suoi occhi. Essi brillavano contro la luce della Luna e la cosa mi colpì. Non avevo mai notato il loro splendore.
Il suo sguardo, però, era duro e severo. Voleva assolutamente delle spiegazioni.
Non riuscii a mantenere il contatto visivo. Era capace di spogliarmi. Ed infatti crollai in un pianto e lasciai che Roland vedesse e sentisse tutte le mie emozioni, tutto ciò che stavo provando.
Rimasi ferma a singhiozzare, ma durò poco. Qualcosa di caloroso e morbido mi avvolse con cura e una sospettosa ravvicinanza era stata annusata dal mio corpo. Mi aveva stretta a sé.
Posò una mano dietro la mia testa e la condusse piano sul suo petto, accarezzando poi i corti capelli rossi.
Il mio orecchio era perfettamente posato sul suo petto e potevo sentire il battere del suo cuore.
Niente mi parve più soave che quel suono così rilassante e tranquillante.
I singhiozzi diminuirono e pian piano riuscii a calmarmi.
Roland mi teneva ancora stretta a sé e di tanto in tanto mi spostava qualche ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Ancora avvolti nel nostro bozzolo protettivo, Roland chiese:
-Non ti ho mai vista in questo stato e spero di non vederti mai più così. Luce mi ha accennato qualcosa e..- bloccai il suo discorso e sbuffai infastidita.
-Quella ragazzina me la pagherà, giuro- dissi diretta, staccando la testa dal suo petto ed alzandola per incontrare i suoi occhi. Sorrise e riprese a parlare.
-So come ti senti, Arianne. Tu sai meglio di chiunque altro cos’ho dovuto passare io.- All’ultima frase si morse il labbro, come a trattenere, anche lui, uno sfogo di pianto.
-Roland, non capisci. Era tutto per me. La mia aria. La mia ragione di vita. Non riesco a dimenticarla.- Tagliai corto in fine. Sospirò e posò le grandi mani sulle mie spalle.
-Sono passati secoli, Ar. Basta con i brutti ricordi, basta con tutta questa negatività- Mi scosse leggermente come ad incoraggiarmi, ma io mi sentivo più sconsolata di prima.
-Non è facile! Nessuno mi amerà come ha fatto lei, nessuno.- sbottai togliendo bruscamente le sue mani da me. Spezzai l’atmosfera che si era creata e mi scansai da lui, costringendolo a riaprire le ali. Gli voltai le spalle per andarmene, ma lui mi bloccò per un polso. Girai appena la testa e notai una lacrima lucida attraversargli la guancia arrossata.
-Se solo potessi leggermi nel pensiero- disse ad alta voce involontariamente. Aggrottai le sopracciglia e lo guardai interrogativa. Si accorse dell’errore e sbarrò gli occhi.
-Roland, cosa c’è che non va?- Deglutì e lasciò la presa dal polso. Si avvicinò pericolosamente e poggiò una mano sulla mia guancia, raffreddandola. Di getto era diventato completamente freddo. Strano. Questo stava a significare che era molto agitato e nervoso.
Tutto successe nel giro di pochi secondi. Mi aveva attratta a sé e mi aveva baciato.
Rimasi spiazzata e in un primo momenti rimasi con gli occhi sgranati che fissavano i suoi chiusi e speranzosi di un non rifiuto. Era innamorato. Era innamorato di me.
Come faccio a dirlo? Mi aveva parlato di una ragazza, dell’amore che provava per lei, del fatto che lei lo avesse aiutato a superare una ferita passata. Non credevo fossi io. Eppure solo all’ora mi accorsi che tutti quei suoi modi di fare verso di me erano così perché era innamorato.
Ed io? Io cos’ero? Cos’era per me Roland? Un amico? Un compagno? Un..un…
-Ti amo, Arianne. Ti amo come non ho mai amato nessuno. Ti amo come il Sole ama il mattino e la Luna ama le stelle. Ti amo com..- lo bloccai posandogli due dita sulle labbra. Scossi la testa.
-Perché proprio io? Lo sai che non possiamo. Non è nel nostro destino.- Strinse i denti e guardò in basso.
-Siamo noi a scriverlo il nostro destino, così come fanno gli umani. Niente è già scritto per noi, così come per loro.- Avvampai.
-Sono confusa. Io non so..tu mi ami..cioè..io..- Rise debolmente e mi accarezzò la testa.
-Che strano vederti così impacciata. Tu che sei così determinata e schietta.- Allungai un piccolo sorriso.
-Proviamoci. Provaci.- m’incoraggiò alzandomi in mento e costringendomi a guardarlo dritto negli occhi.
Anche se ero fissa nel suo sguardo, potevo intravedere le sue ali meravigliose. Ognuno di noi aveva delle ali spettacolari. Roland, però, mi trasmetteva quel qualcosa in più.
-Non posso. Non puoi prendermi così alla sprovvista, Roland!- gridai in fine. Mi strattonai da lui e me ne andai.
-Arianne, aspetta!- gridò correndo verso di me, ma io presi la spinta e volai dritta nel cielo.
Mi seguì, ma non riuscì a fermarmi. Ero troppo veloce. Nel mio volto mettevo rabbia e questo aumentava la velocità.
Riuscì a raggiungermi e fermarmi.
-Ti ho detto che..- Mi girai e lo trovai ansimante. La fronte gli brillava dal sudore e le labbra, anche se buio, gli erano diventate rosso mela. Gli occhi erano appannati. Appannati di lacrime.
-Ma tu stai piangendo- Sussurrai. Le lacrime spezzavano tutto ciò che mostrava fuori. Un tipo tutto rasta e vandalismo, tanto per dire, che stava piangendo. Per me.
-Ti amo e ti amerò fino alla fine dei miei giorni, dovessero essere con o senza di te.- Disse in fine, prima di girarmi le spalle e volare via.
 
 
-Arianne!Arianne!- Sentii scuotermi violentemente. Sbarrai gli occhi e mi ritrovai il volto di Luce in lacrime. Dov’ero?
-Arianne! Roland!! Arianne!- urlava come una dissennata.
Ero su un letto. Mi alzai con un busto e tentai di zittirla.
-Luce, non gridare, cavolo! Cosa vuoi?- Tolsi la mano dalla sua bocca e solo all’ora notai che piangeva.
-Arianne!- gridò in fine abbracciandomi e stringendomi più forte che poteva – Roland è morto.-
 
 
“…fino alla fine dei miei giorni, dovessero essere con o senza di te, Arianne Alter”

  
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