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Autore: Margaret24    19/10/2013    3 recensioni
Il primo incontro tra il dottor Pierce e Lewicki. In una puntata, 'Nemesi', Daniel dice di aver conosciuto Max nell'ospedale psichiatrico in cui era ricoverato, mentre il ragazzo era inserviente...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"La realtà è un parto della vostra immaginazione. [...] Se quello che percepiamo è spesso sbagliato, come distinguiamo il reale...da ciò che non lo è?"
Dr. Daniel Pierce
 
"Ti sei cacciato in un bel guaio, Daniel" disse una voce nella sua testa. O forse erano i suoi stessi pensieri, ormai non distingueva neanche più una cosa dall'altra.
"E ora come farai, Daniel?"
Già, come avrebbe fatto? La sua mente era scivolata in un abisso dal quale non poteva risalire. Come sarebbe riuscito a distinguere il reale dall'allucinazione? È vero, non aveva allucinazioni da giorni. Ma se questo significasse che tutto, tutto quello che vedeva e sentiva, la percezione stessa dei suoi cinque sensi... era irreale?
Forse tutta la sua vita non era che una menzogna. I suoi cari, i suoi conoscenti, non erano che personaggi nella sua stessa mente.
Dov'era Natalie? Gli mancava terribilmente. Aveva bisogno di lei, della sua razionalità e lucidità.
Non sapeva cosa fare, tranne che starsene seduto lì a rimuginare i suoi tetri pensieri, un'ossessione continua che non si placava. Era bloccato.
 
 
Trovarono il dottor Pierce seduto in un angolo del corridoio al terzo piano. Aveva le ginocchia piegate contro il petto e le braccia strette attorno alle gambe. Si dondolava e borbottava qualcosa tra sé e sé, mentre le dita della mano destra si muovevano freneticamente come per un tic nervoso.
"Chiamate un dottore" disse Max con voce sicura agli altri due inservienti. Uno di loro lo guardò preoccupato, poi si voltò e corse a chiamare un superiore. Max sapeva perché il collega era così in ansia. Era stato lui a farsi sfuggire Pierce, mentre gli portava le medicine. Aveva commesso il madornale errore di lasciare la porta aperta, anche se era rimasto nella stanza con lui: a Pierce era bastato spintonarlo via per approfittare della momentanea via di fuga.
Ora erano rimasti in due con il paziente. Max si inginocchiò davanti a lui.
"Dottor Pierce?" lo chiamò. Lui non rispose, ma continuò a guardare fisso davanti a sé, l'espressione terrorizzata.
"Daniel?" riprovò Max. "Daniel, mi sente?"
Finalmente l'uomo smise di dondolarsi e voltò lo sguardo verso di lui, poi lentamente anche la testa. Sussurrò qualcosa.
"Come?" chiese Max.
"T-tu sei reale?" domandò Pierce un po' più forte.
In un primo momento Max fu colto alla sprovvista, e fu sul punto di chiedergli se lo stesse prendendo in giro. Poi si ricordò di essere in un ospedale psichiatrico e rammentò qual era la diagnosi di Pierce: schizofrenia paranoide.
"Sì, dottor Pierce" rispose cauto. "Io sono reale"
 
 
"No, non è vero" disse la voce nella sua testa. "Mente"
"N-non sei reale" balbettò. "Nessuno lo è"
"Ascolti, Dottor Pierce" disse quello strano ragazzo di colore con gli occhiali. "Non starei qui a rassicurarla se non fossi reale, non crede?"
Parte del suo cervello gli disse che le allucinazioni potevano rassicurarlo eccome. Nessuno era in grado di provare che un'allucinazione a trecentosessanta gradi non era tale, nessuno. Eppure quel ragazzo... C'era qualcosa in lui che lo tranquillizzava. Si accorse solo in quel momento che il proprio respiro irregolare era rallentato. Ma l'adrenalina era ancora in circolo.
"Non d-dire sciocchezze, r-ragazzo" disse, gesticolando nervosamente. Non riusciva a smettere di tremare. "Sei c-come tutti gli altri. Finto" precisò.
"Ah, sarei finto?" chiese il giovane in un moto di stizza. "Se sono finto, allora, come faccio a fare questo?"
Prima che Daniel potesse fermarlo, l'altro gli diede un pizzicotto a tradimento sul braccio.
"Ahia!" si lamentò. "Ma che ti salta in mente?!"
"Max!" esclamò l'inserviente dietro il ragazzo che Daniel non aveva notato prima.
"Allora? Sono ancora finto?" chiese Max con un sorrisetto.
"Ma tu non esisti!" insisté Daniel.
"Allora mi spieghi come ho fatto" disse il ragazzo con una tranquillità disarmante.
"T-tu...tu..." Daniel non riuscì a replicare. Dopo qualche secondo in cui scavò nella sua mente in cerca di una risposta, dovette ammettere che la sua presunta allucinazione aveva fatto proprio una bella mossa. Forse non era un'illusione, dopo tutto...
"Come ti chiami?" gli chiese con voce stanca. Si sentiva d'un tratto spossato.
"Max Lewicki, signore" rispose il giovane, tendendogli la mano. Daniel esitò a lungo, diffidente. Poi la strinse, e gli sembrò il gesto più familiare del mondo.
"Posso chiamarti 'Lewicki'?" domandò. Era un cognome particolare. Gli piaceva.
Se questa è un'allucinazione, beh, si disse, non sapevo di essere così creativo con i nomi.
"Certo, Doc" rispose Max. Anche quel soprannome gli piaceva, ma non l'avrebbe mai ammesso. Se ne sarebbero approfittati in troppi.
"Lewicki, secondo te un’allucinazione può provocare dolore?" chiese con lo stesso tono di un professore che fa una domanda ad un allievo.
"Me lo dica lei, Doc" disse Max semplicemente.
Daniel udì dei passi, e subito dietro il ragazzo comparvero altre tre figure. Una di loro era il suo psichiatra, le altre non le riconobbe.
"Si è calmato" sentì Max sussurrare all'orecchio del dottore.
"Andiamo, Dottor Pierce" disse quest'ultimo. "La sua stanza non è lontana, per fortuna" aggiunse, volgendo un'occhiataccia all'inserviente che prima gli aveva portato le medicine. Lo prese delicatamente per le spalle e lo aiutò ad alzarsi.
Daniel si sentiva stranamente svuotato. Camminava a piedi nudi senza rendersene conto, lasciandosi sospingere dal suo psichiatra, che teneva salda la presa sulle sue braccia. Una volta entrato nella sua stanza – non ricordava nemmeno il numero – lo aiutarono a sdraiarsi sul letto. Qualcuno gli tirò su una manica, poi sentì una leggera puntura sul braccio. Il suo ultimo pensiero, prima di chiudere gli occhi, fu che la morte non era poi così male.
 
 

Angolo autrice:
Salve! Questa Ff parla del primo incontro tra il dr. Pierce e Lewicki. Mi sono chiesta come si fossero conosciuti e perché Daniel lo usi come punto di riferimento per distinguere il reale dall’allucinazione, e ho dato sfogo all'immaginazione.
E' la prima volta che scrivo una Fanfiction del genere, su un tema tanto delicato come la paranoia. Premetto che non so quasi nulla di psichiatria, quindi perdonatemi se ho scritto qualche stupidaggine: ad esempio non so se basti un pizzicotto a riportare alla realtà un paranoico. Tuttavia, credo che chiunque abbia visto "Matrix" si sia chiesto cose del tipo "E se il mondo in cui vivo non fosse reale?". Tutti la scartano come ipotesi, ma...per Daniel è una domanda essenziale, in effetti. Aggiungo che l'ultima frase non significa che Daniel muore, né che vuole suicidarsi: è solo in uno stato talmente confusionale e paranoico che pensa che stia morendo.
Spero che la storia vi sia piaciuta ^^ Le recensioni sono sempre graditissime! Grazie!

 
  
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