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Autore: puntoeacapo    19/10/2013    6 recensioni
E così avvenne, come l’inevitabile: la domanda più difficile come quella più semplice, un’unione micidiale in poche parole spese con educata curiosità.
«Se potessi scegliere di spendere l’eternità con lui, quale sarebbe la tua risposta?»
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Il diario del vampiro
Pairing: Bonnie McCullough/ Damon Salvatore
Personaggi
: Bonnie McCullough, Damon Salvatore, Elena Gilbert (secondaria), Stefan Salvatore (nominato), Nuovo personaggio.
Rating: Verde.
Beta: Nessuno
Chapters: 1/1.
Genere: angst, sentimentale.
Warning: One shot.
Words: 5.908 (secondo word).

Summary: E così avvenne, come l’inevitabile: la domanda più difficile come quella più semplice, un’unione micidiale in poche parole spese con educata curiosità.
«Se potessi scegliere di spendere l’eternità con lui, quale sarebbe la tua risposta?»

A/N:  Una fic che gironzolava nelle scartoffie del PC da un fracco di tempo e, come tutte le fic prese e riprese è terminata in modo completamente differente da quello che avevo programmato all’inizio X’DD
Vedrete Damon e Bonnie sotto una luce abbastanza strana – non metto l’avvertimento OOC perché nella mia testa è così che si sarebbero comportati in una situazione del genere, sottopressione e tutto il resto. Se avete un parere differente, però, sarò lieta di darvi credito a patto che sia giustificato con una spiegazione chiara e ragionevole.

Spero vi piaccia J
 
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono e non ci guadagno nulla, vabbuò?

way to demand

 

La vita è l'infanzia della nostra immortalità.
Johann Wolfgang von Goethe

 

Non poteva crederci. Dopo tutto quello che era successo negli ultimi anni, Bonnie McCullough era convinta che quella fosse la cosa più incredibile. Avevano affrontato Kitsune, vampiri, fantasmi e perfino mostri-albero, quindi non potevano esser davvero rimasti intrappolati a causa di una bambina.

Una bambina immortale, certo, ma pur sempre una ragazzina di otto anni.

Aveva i capelli rossi, di una sfumatura più simile all’arancio rispetto a quelli di fuoco della streghetta, ed erano raccolti in due trecce scomposte che le ricadevano sulle spalle esili; il viso era contornato da lineamenti dolci, fatta eccezione per quel naso a punta ricoperto di lentiggini. Gli occhi verdi, invece, erano brillanti e vivaci e - in quel preciso momento - estremamente divertiti.

«Non voglio farvi male» ripeté l’ennesima volta, raccogliendo la terza margherita e cominciando a staccare i petali bianchi mormorando una canzone intrisa di magia di cui non si riuscivano a distinguere le parole.

Lo sguardo di Bonnie venne attirato da un movimento brusco alla sua destra ma non fece in tempo a capire nulla che vide Damon a terra sofferente – un vampiro di cinquecento anni che sussultava per il dolore che quella ragazzina gli stava procurando.
Fu Elena a gridare un  «lascialo stare!»  che sembrava più un ordine impavido che un grido di preoccupazione, mentre Bonnie - in preda al panico più totale -cominciava a bisbigliare inconsciamente e sotto il proprio respiro, parole in un’antica lingua che non sapeva di conoscere. Vide il vampiro smettere di tremare quasi all’istante e, subito dopo, alzare gli occhi su di lei.

La strega non riuscì a decifrare la frase nascosta che celavano, ma se ne ritrovò incantata ugualmente – come al solito.

«E’ lui che ha attaccato la barriera» borbottò la bambina imbronciandosi. «Vi ho solo chiesto di stare fermi e giocare per un po’ assieme a me, non mi sembra molto» fece poi, mentre, con una tranquillità da brividi, alzava lo sguardo su Elena e la trafiggeva con due smeraldi arrabbiati.

Bonnie guardò per terra il cerchio magico di pietre che la teneva prigioniera, poi guardò Damon che stava provando ad alzarsi mentre i ciottoli che lo tenevano intrappolato tornavano al loro posto.
Elena alla sinistra del vampiro sembrava essersi ormai spazientita, ciononostante non poteva fare molto neanche con i suoi poteri d’Angelo, essendo bloccata esattamente come loro.

Ciò che faceva più rabbia alla rossa era che la colpa dell’intera situazione ricadeva ovviamente su di lei. Aveva visto quella bambina sola e sperduta e aveva accettato di aiutarla come un’idiota, solo per finire in trappola dopo. Non era riuscita a gestire la situazione e, come al solito, vinta da un istinto che non era riuscita a domare, aveva lanciato un’ondata di potere sperando che Damon la sentisse – e così era stato. Con lui era venuta anche Elena, solo che Bonnie non voleva neanche pensare a cosa stessero facendo per arrivare insieme e perché Stefan non fosse con loro al momento.

«Sei arrabbiata.»

Sentendosi chiamata in causa, Bonnie volse la sua attenzione alla bambina – senza riuscir neanche a balbettare una misera risposta.

«Ho letto nei vostri cuori, nei vostri ricordi più intimi» annunciò poi lei, con i tratti del volto che si accordavano alla strana luce di quegli occhi verdi. In quel preciso istante a Bonnie parve di vedere che cosa, oltre i suoi eterni otto anni, vi si celasse dentro -  non riuscì ad evitare di chiedersi da quanto tempo quella creatura stesse camminando sulla terra e quanto ancora avrebbe potuto vivere senza impazzire. Sperò non fosse già diventata esageratamente folle, o uscire da quella situazione sarebbe stato ancora più difficile.

«Trovato qualcosa di divertente?» chiese acido Damon, riportando il suo pettirosso alla realtà e facendo accigliare la bambina.

«Non dovresti essere così cattivo con me. Non mi piacciono le persone cattive.» Si voltò verso Bonnie. «E’ sua la colpa? Di questo cattivo vampiro?»

In risposta la strega corrugò la fronte, perplessa. Fece per aprire bocca e chiedere una spiegazione migliore ma venne interrotta da Elena. «Perché l’hai fatto? Perché viaggiare nei nostri ricordi?»

La bambina fulminò l’Angelo senza troppi tentennamenti. «Stavo parlando con la tua amica, mi pare. Sei maleducata. Non mi piacciono neanche le persone maleducate»  finì di parlare in un borbottio. Ciononostante non prese alcun provvedimento contro Elena e guardò ancora la strega, chiedendo con ancora più trepidazione «Quindi? E’ colpa del vampiro?»

«Non so di cosa tu stia parlando ...» mormorò Bonnie in risposta, cauta ma confusa. «Colpa riguardo cosa?»

«I tuoi sentimenti» l’altra svelò l’enigma. «Sono così contrastanti. Così forti e confusi, è difficile ... capire.»

Bonnie sgranò gli occhi, sentendo una bolla di calore esploderle in faccia e allo stesso tempo l’intero corpo formicolare capendo d’avere gli occhi dei suoi amici addosso.

La bambina fece un passo avanti verso di lei. «Aiutami, te ne prego ...»

«Non posso.» La voce della strega si spezzò sull’ultima parola e gli occhi cominciarono a luccicarle, stanchi e per niente abbastanza forti da reggere la situazione.

«Bonnie, che sta succedendo-?»

La voce di Elena risuonò nella radura nello stesso tempo in cui la streghetta scuoteva la testa con veemenza e ripeteva ancora un «non posso»  cercando di farlo sembrare più forte e ostinato.

La bambina sospirò «Va bene. Sei sincera e apprezzo la tua anima per questo.» Poi fece un paio di passi indietro con il volto deformato da una profonda tristezza; lo sguardo fisso sui tre petali bianchi rimasti attaccati al bottone della margherita che teneva ancora in mano; solo dopo quella che sembrò essere un’eternità rialzò lo sguardo, e lo fece nella calma più assoluta. «Ok, vi concedo la libertà. Ma ad una condizione.»

Damon scattò sull’attenti, guardingo. «Quale?»

«Porrò ad ognuno di voi una domanda. Se la risposta sarà completamente onesta potrete andare.»

«E’ una stupidaggine che-»

«Che vi porterà nuovamente alla libertà» lo interruppe lei, con voce più profonda rispetto a prima. «Se uno di voi si ritira, la possibilità cade anche per gli altri due.»

«Bastarda.»

La bambina gli rivolse un sorriso enigmatico. «Lo prendo come un sì, allora.» Poi roteò gli occhi grandi e rotondi, facendoli scivolare sulla figura di tutti e tre i prigionieri. Quella fiera e determinata della bionda, quella ancora rigida a capo chino e con il cuore a mille della giovane strega e l’ultima attenta del vampiro.

«Iniziamo da te, vuoi?» 

Damon le rivolse il sorriso sghembo e ironico che ormai facevano parte del suo marchio di fabbrica. «Farà meglio a non essere una domanda di storia: sarebbe troppo semplice.»

La bambina rise apertamente prima di guardarlo allietata, sembrava che l’antipatia provata per lui qualche momento prima fosse scomparsa del tutto. «Sono solo curiosa. Torneresti indietro

E Damon sapeva a cosa si riferiva, nonostante non avesse specificato nulla, e sapeva anche la risposta che avrebbe dovuto dare per accontentare quell’essere sadico.

 «No» rispose semplicemente, con fermezza.

«Per chi delle due, se posso chiedere?»

«Ah-ah. Avevi detto una domanda, mi sembra.»

La bambina ridacchiò schioccando le dita «Quel che giusto è giusto.»

Le pietre disposte in circolo che circondavano Damon vibrarono in aria per qualche secondo prima di cadere nuovamente a terra, sparpagliandosi sul terreno vivo di primavera. Il tempo di rialzare lo sguardo e Damon vide la bambina rivolgersi ad Elena.

Il vampiro trovò un momento per chiedersi perché avesse scelto lui per primo: era sicuramente il più forte tra i suoi prigionieri e, nonostante questo, lei si era in qualche modo fidata - come se fosse convinta che lui non avrebbe attaccato una volta libero.

«Non riusciresti neanche a graffiarmi, vampiro.»

 La voce della bambina gli rimbombò in testa e appena lui la guardò, la vide sorridere senza neanche muovere le labbra.

«Ora stai buono e fai fare alle tue ragazze la loro parte. Ascoltare potrebbe perfino tornarti utile.»

E, nel preciso istante in cui pronunciò a lui l’ultimo pezzo della frase, la bambina si rivolse al suo Angelo per la fatidica domanda: «Sai che nel profondo hai ragione. Sai che tutto questo non è giusto. Eppure hai deciso di ignorare questa conoscenza per lui. Perché?»

Bonnie riuscì a percepire un leggero sobbalzo nel corpo di Elena e la vide sgranare gli occhi all’inverosimile, prova che quella bambina l’aveva davvero sorpresa. E, conoscendo Elena Gilbert, questo davvero diceva qualcosa sull’essere che stavano affrontando.

Ad ogni modo, Elena provò a recuperare la sua dignità e cercò di ridarsi un tono con calcolata indifferenza. L’Angelo non aveva mai espresso quel pensiero, neanche nella sua testa; era rimasto una sensazione viscida nelle profondità dello stomaco ed Elena aveva fatto di tutto per ignorarla – ignorarla dal primo giorno in cui aveva capito cosa il suo ragazzo fosse in realtà.

Nonostante tutto, l’impeccabile Gilbert riuscì a non scomporsi mentre si schiariva la gola.

«Lo amo. E’ il mio tutto, non potrei vivere sapendo di averlo cacciato solo perché non è ordinario. Non mi interessa il normale, io voglio Stefan. L’ho sempre voluto e la sua natura non si metterà tra me e il mio amore per lui.»

«Però sai che lui sarebbe dovuto morire secoli fa,  sai che non-»

Elena ebbe il fegato d’interromperla una volta e per tutte. «La mia anima e la sua sono nate per stare insieme; non m’importa il modo in cui il Fato ha deciso di muoversi.»

«Uh ...»

Un altro schiocco di dita e anche il secondo cerchio era stato disincantato.

Bonnie era stata talmente sorpresa nel sentire l’aura di Damon rimanere calma durante tutto quel discorso sull’amore, che quasi non si era accorta che toccava a lei.

«Torniamo a noi, vuoi?» la richiamò dolce la bambina, sorridendole senza scherno.  «Sai, sono piuttosto incuriosita dal contrasto netto delle tue emozioni. Bianco e nero, giusto e sbagliato – non ti sai proprio decidere e avrei tanto voluto chiederti  di aiutarmi a capire tutta questa … umanità. Purtroppo mi hai già rivelato la tua incapacità nel farlo.»  Fermò per qualche secondo il suo sproloquio per guardare alle spalle della streghetta, dove Elena e Damon si erano riavvicinati e guardavano Bonnie affrontare quella situazione da sola.
La fata sorrise divertita. «Quindi ti chiederò qualcos’altro, qualcos’altro che in realtà mi è stato ispirato dalle parole della tua amica.»

Bonnie deglutì a vuoto. Già prima aveva avuto un momento assurdamente difficile con quell’essere e le sue domande; non voleva di certo ripetere l’esperienza. Tuttavia, qualcosa nel suo stomaco che stringeva e vibrava forte, l’istinto, le stava dicendo che era praticamente impossibile – e stava andando sempre di più nel panico più totale.

E così avvenne, come l’inevitabile: la domanda più difficile come quella più semplice, un’unione micidiale in poche parole spese con educata curiosità.

«Se potessi scegliere di spendere l’eternità con lui, quale sarebbe la tua risposta?»

Per qualche secondo puro in quella radura regnò il più totale silenzio; i respiri trattenuti e la mente vuota. Persino il leggero venticello di quella mattina aveva cessato il suo movimento tra le fronde degli alberi e attorno a loro la terra pareva aver smesso di vibrare.

Gli occhi di Damon saettarono prima sulla figura irrigidita del suo pettirosso poi su quella curiosa e attenta della bambina e trattenne a stento un ringhio. «Che razza di-»

«Zitto, Damon. Non è il tuo momento per parlare.»

«Nessuno mi ha mai fermato» rispose tra i denti il vampiro. «Non puoi  davvero pretendere una risposta. Come può anche solo aver pensato, come può sapere di cosa-»

«Oh, credimi» sottintese la bambina con l’ennesimo sorriso. «Lei lo sa.»

Damon aprì la bocca per ribattere ma non uscì nessun suono, nella testa solo il rumore di un battito cardiaco troppo veloce e un respiro strozzato.

Bonnie aveva gli occhi che le bruciavano, lucidi, le mani tremanti chiuse a pugno e lo sguardo fisso a terra mentre cercava di regolarizzare il cuore – non poteva averle fatto davvero una domanda del genere, non poteva davvero aver letto così a fondo.

«Ebbene?»

Bonnie deglutì il vuoto, sentendo chiaramente tutto il proprio corpo tremare dall’angoscia – non riuscì neanche a guardarla in volto mentre cercava da qualche parte il coraggio, la voce era talmente flebile che dubitava l’avrebbe mai sentita se fosse stata umana. «Se decido … se decido di, di non rispondere …» provò a prendere un grosso respiro ma questo le rimase bloccato in gola, quasi a soffocarla; mandò giù a fatica e finì «Cosa succede se non ti rispondo?»

La bambina la guardò attentamente, corrugando la fronte solo in maniera impercettibile, inclinando leggermente il capo mentre il tono di voce rimaneva uguale a prima. «Sei una strega. Sei una delle mie sorelle,Bonnie, e ti amo per il dono del tuo cuore.»  Nell’esatto istante in cui pronunciò quelle parole, qualcosa nei suoi occhi s’indurì, impercettibile ma affilato e congelante. «Ma nessuna natura è intransigente con il patto di una fata: la libertà ti verrebbe negata.»

«E i miei amici?»

Questa volta la bambina non ebbe il tempo di rispondere perché la voce di Damon risuonò in quei pochi istanti di silenzio, imperiosa e calma nel suo ordine. «Non fare sciocchezze, Bonnie.»

La strega sussultò, per niente abituata a sentirsi chiamare per nome da lui, e obbligò se stessa ad ingoiare le lacrime di frustrazione.

 Doveva rispondere ad una domanda, and una stramaledettissima domanda – e lei stava rischiando tutto per la risposta.
Sapeva perfettamente quanto potesse sembrare patetico dall’esterno, ma – davvero- non ci poteva fare nulla: dare una risposta a quella domanda avrebbe fatto diventare reale quella verità, sarebbe stato troppo – troppo per lei, troppo da sopportare. Era letteralmente schiacciata dalle proprie emozioni.

«Il cuore di un essere magico, in qualche bizzarro e interessante modo, è molto simile a quello di una creatura notturna. Sebbene ne sia anche l’opposto, certamente.» La voce calma della bambina avrebbe avuto un effetto estremamente calmante su Bonnie, se non fosse stato per le parole dette – quando la fata continuò, la strega a malapena si rese conto di star trattenendo il respiro. «Quale pensi sia il punto debole d’entrambe le razze, cara Bonnie?»

Accettare sentimenti, amplificati al massimo in entrambe le specie, sarebbe stata la risposta perfetta che la rossa non sarebbe mai riuscita a dire ad alta voce.

«Adesso basta!» Elena gridò. «Per l’amor del Cielo Bonnie, rispondi e liberati!»

La bambina scrollò le spalle, ammettendo senza problemi  «non ho dato limiti di tempo, Ragazza Angelo.» Poi imbronciò le labbra per qualche secondo. «La tua amica dovrebbe solo tener conto delle pietre magiche che assorbono la sua linfa vitale ma comunque è un lento processo: ha tutto il tempo che desidera.»

«Maledizione.»

Bonnie riuscì a sentire il ringhio di Damon forte e chiaro e sussultò più per quello che per lo sviluppo dell’intera  faccenda.

Aprì la bocca per rispondere, doveva farlo. Non pensarci, non pensarci, non pensarci-

«A volte il pensiero è tutto, pettirosso.»

La bambina rise a Damon per quella sua scoccata, gli lanciò un’occhiatina estremamente divertita ma non parlò.
Bonnie si voltò di scatto verso il vampiro per capire cosa volesse dire e non ci volle molto prima di ritrovarsi incatenata a due occhi neri determinati e forti – stavano cercando di dirle qualcosa, ma … cosa?

La sua mente si stava indebolendo, ne era conscia, ma la stanchezza doveva essere arrivata al punto da far cadere le schermate protettive se Damon era riuscito a leggerle la mente; era sempre più vulnerabile e lentamente si sentiva sempre più fiacca – e non andava bene, non andava per niente bene.

A volte il pensiero è tutto, pettirosso.

I pensieri rimanevano nella mente, bloccati in un limbo d’irrealtà fin quando non venivano pronunciati ad alta voce – una prova erano i pochi incantesimi che aveva imparato: le rimanevano in testa e intorno a lei c’era il bianco, ma appena li pronunciava ad alta voce un fiore riusciva a sbocciare nel bel mezzo della notte d’inverno più fredda. Era ad un passo dal capire, dall’afferrare la soluzione – e salvare la propria anima oltre che la propria vita.

A volte il pensiero è tutto.

Bonnie sgranò gli occhi. Il petto che le faceva male da quanto il battito cardiaco era accelerato, sembrava che il cuore le volesse sfracellare le ossa della gabbia toracica nella maniera più violenta.

Chiuse gli occhi, stringendo le palpebre, forte, e poi diede la sua risposta, nella privacy di un pensiero che arrivò dritto nella mente della fata – che aveva aperto i cancelli della propria mente, pronta già da un pezzo ad accettare la soluzione, senza schermarsi e del tutto tranquilla.

Passarono pochi ma eterni secondi, nei quali Bonnie era riuscita a sentire solo il battito del proprio cuore nelle orecchie, nella gola, nello stomaco – il petto che si alzava e abbassava frenetico, ormai vinto dalla spossatezza.
Riuscì a malapena a vedere il sorrisetto soddisfatto della bambina e a sentire lo schioccare delle sue dita nello sciogliere l’incanto, che tutto improvvisamente divenne nero e le gambe non ressero più il suo peso.

Le ultime cose che Bonnie avrebbe mai ricordato di quell’incontro sarebbero state due braccia forti che la stringevano e una vaga sensazione di sicurezza e speranza nell’insieme di quei pochi istanti.

***

Quando Bonnie si svegliò già sapeva di non trovarsi nella sua camera. Le faceva male la testa, si sentiva tutti i muscoli intorpiditi, ma era calma.
Strizzò le palpebre, cercando di capire cosa fosse successo.

Come da programma ricordò tutto in una botta sola: la bambina, la trappola, Damon, una domanda che esigeva una risposta troppo pericolosa. Poi il nero.

Si alzò di scatto guardandosi attorno freneticamente; era buio e l’unica luce proveniva dalla porta-finestra alla sua sinistra ma era comunque fioca, di quella particolare sfumatura tipica della notte.
Ci mise qualche istante in più a notare qualcosa, in un angolo infondo alla camera, più scuro rispetto al resto, che si avvicinava lentamente.

Trattenne il fiato. Sapeva perfettamente chi era, ormai avrebbe riconosciuto la sua presenza dappertutto.

Si fermò davanti a lei, poggiandosi con una spalla alla colonna del baldacchino infondo al letto matrimoniale. Teneva le braccia incrociate al petto e la luce flebile della luna illuminava abbastanza il suo volto da far capire a Bonnie di trovarsi nei guai perché Damon era decisamente arrabbiato.

La streghetta si ritrovò a deglutire, nervosa e un po' spaventata, sotto gli occhi neri e furenti del vampiro.

«Fai bene ad essere intimorita, pettirosso» soffiò lui dopo qualche secondo.

Bonnie corrugò la fronte, provando a concentrarsi per tirar fuori un tono di voce che fosse quantomeno decente «Smetti-» si bloccò e fallì, spezzando la frase a metà. «Non … non  leggermi nella testa, per favore.»

«Non ne ho bisogno streghetta» rispose Damon all’istante, sibilando con disprezzo. «Ormai mi basta guardarti in faccia per capire cosa pensi.»

«Cos’è successo?» chiese lei in un sussurro, anche se sembrava più un “perché sei tanto furioso con me?” che il vampiro sembrò percepire comunque.

«La fata Turchina ha detto che sarebbe tornata» la informò senza perdersi in giri di parole. «Ha detto che era curiosa riguardo la tua stramaledetta scelta.»

Bonnie si ritrovò ad ingoiare la rabbia di quelle parole quando queste la colpirono in pieno petto, non riuscì ad evitare di abbassare lo sguardo – si sentiva più vulnerabile del solito, stanca e appesantita da tutti i ricordi di quella radura che non riusciva a cancellare dalla mente.
Nonostante fosse venuta a patti con la sua indole debole tempo addietro, continuava ad odiare sentirsi così e Damon – in quel preciso istante- sembrava stesse calpestando e colpendo tutte le sue debolezze di proposito e senza provare il minimo rimpianto.

«Hai intenzione di stare lì a piagnucolare senza dire una parola?» chiese acido lui, strappandola poco delicatamente dai suoi pensieri.

Bonnie strinse i denti, tirando fuori a forza un «No»

«Bene» rispose. «Perché credo sia ora che tu cresca un po’ Bonnie e abbandoni il tuo stupido mondo fatto di favole e principi Azzurri ,prima di farci trovare ancora in una posizione assurda come quella di questo pomeriggio.»

«Mi spiace aver messo in pericolo te ed Elena» si scusò lei, provando un leggero fiotto di nausea alla bocca dello stomaco; perché doveva essere sempre lei quella a scusarsi? Era stanca di chinare la testa.

«Scusati piuttosto per la tua idiota ingenuità!» sbottò finalmente Damon. «Che razza di patetica, ottusa bambina pensa ancora che l’eternità sia come quella descritta in penosi libri romanzati!?»

Dopo quello Bonnie non poté evitare d’alzare il capo sgranando gli occhi all’inverosimile, completamente presa alla sprovvista. «Di che- di che parli?»

Damon serrò la mascella e la streghetta sobbalzò quando si ritrovò il volto del vampiro ad un millimetro dal suo, una mano a sbriciolare la testata del letto mentre si chinava su di lei ficcando gli occhi nei suoi con determinazione. «Della tua stupida risposta sbagliata» sibilò lui, infine.

La ragazza si ritrovò incatenata a quegli occhi neri senza volerlo davvero, poi deglutì «Non ricordo d’aver risposto alla fata.»

«Oh, ma fammi il piacere» Damon si rialzò, allontanandosi dal letto. «Te l’ho dato io quel suggerimento» fece, voltandosi verso di lei aprendo leggermente le braccia in modo ironico. «Non provarci neanche a prendermi in giro.»

«Mi hai letto nei pensieri?» chiese allora, provando un leggero moto di delusione dentro al petto.

Damon alzò gli occhi al cielo «Anche se non l’avessi fatto, la tua reazione sarebbe stata come un’insegna al neon sopra la tua testolina.»

«Non dovevi. Non sono affari tuoi» mormorò lei, dopo qualche secondo interminabile di silenzio.

«Sì che mi riguarda, streghetta. Soprattutto se una cosa immaginaria che hai nella testa ci rende i pupazzetti di una bambina annoiata» ribatté il vampiro, guardandola attentamente senza curarsi più di tanto dell’oscurità ancora presente nella stanza.

Bonnie ci mise poco meno di tre secondi a rendersi conto d’essere più incazzata di quanto aveva mai creduto; spostò le coperte di seta nera da un lato e si alzò con uno scatto, puntando l’indice contro il vampiro, più temeraria che mai. «Ehi, non chiamare quella cosa “immaginaria” perché questo no, non lo accetto!»

«E come diavolo dovrei chiamarla, uh? Per una stupida cotta senza fondamenta ci hai quasi fatti uccidere, te ne rendi conto o no, sciocca ragazzina?»

Bonnie allargò gli occhi ma non provò a calmarsi neanche un po’. Era da troppo che aspettava quel momento, il suo  momento. «Non ti azzardare, Damon. Non hai idea di quali siano i miei sentimenti, non davvero, quindi fai un favore a tutti e chiudi il becco

Dopo quello, nella camera scese  il silenzio più totale. Mentre Bonnie cercava di regolarizzare il respiro Damon ammetteva lentamente a se stesso che, in cinquecento anni di non-vita, quella era una delle rarissime volte in cui qualcuno era riuscito a sorprenderlo.

«Wow» si risolse a dire, dopo quello che parve un secolo. «La gattina ha tirato fuori gli artigli.»

La strega dovette ingoiare un bel po’ del proprio respiro, prima di riuscire a rispondere senza distogliere lo sguardo. «A quanto pare hai l’innata capacità di far innervosire chiunque ti stia attorno per più di cinque minuti.»

«Beh, le sorprese non finiscono mai.»

Ancora una volta il silenzio scese per qualche istante, ma stavolta fu Bonnie a romperlo con un sussurro. «Non ho intenzione di chiedere scusa per quello che provo, non mi puoi costringere a farlo. Non su questo

«Perché?» chiese lui, con una calma straordinaria, soprattutto se paragonato a poco prima. «L’hai detto anche tu: ho l’innata capacità di far innervosire chiunque mi stia attorno per più di cinque minuti, eppure tu vorresti passare l’eternità al mio fianco.» Allargò le braccia e le fece ricadere sui fianchi subito dopo, lasciando cadere qualunque maschera avesse mai avuto sul viso e mostrandosi esattamente com’era: confuso. «Perché dovresti mai volere una maledizione del genere?»

Bonnie a quel punto avvampò, arrossendo fino alla punta dei capelli, ma senza aver il coraggio d’abbassare lo sguardo. «Non è una cosa che posso controllare, Damon» mormorò infine, come sconfitta. «E non è qualcosa che voglio, la mia risposta alla fata non è stata questa.»

«Cosa?» corrugò la fronte lui, perplesso.

Di riflesso anche Bonnie si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia «Pensavo mi avessi letto la mente, questo pomeriggio.»

Il vampiro alzò gli occhi al cielo «Non l’ho fatto. Trilli deve avermi tagliato fuori con la sua polvere irritante» borbottò.

La strega non riuscì a reprimere il sorriso, captando all’istante la bugia e sentendo il cuore battere ancora più forte alla realizzazione che alla fine,, Damon aveva rispettato la sua privacy anche in quella situazione.

«Lo farei se lui me lo chiedesse.»

Damon la fissò, perplesso «Scusami?»

Bonnie continuò a sorridere mestamente «E’ quello che ho risposto alla fata: lo farei se lui me lo chiedesse.»

«Perché

Lei fece spallucce, come a voler minimizzare. Era straordinario come ammetterlo, renderlo reale, adesso sembrasse così facile solo perché era lui che voleva saperlo, solo lui che la guardava, solo lui.

«Accetterei l’immortalità con te solo se fossi tu a volerlo. A volermi» confessò Bonnie alla fine, sentendo il cuore pompare sempre più veloce il sangue nelle vene. «Sarà stupido come dici ma-»

All’improvviso Damon le afferrò le spalle con entrambe le mani, costringendola a fissarlo negli occhi ad una distanza davvero ridicola. «Dimmi perché» ordinò.

«Perché ti amo.»

Lo aveva detto. Bonnie era finalmente riuscita a dirlo, glielo aveva confessato dopo così tanto tempo e non credeva – davvero non credeva che la sensazione potesse essere così liberatoria e piacevole.
Provò un sorriso e non riuscì a resistere: allungò le braccia nonostante lui la stesse ancora tenendo per le spalle, e gli sfiorò con delicatezza gli zigomi, perdendosi a guardarlo in volto con occhi lucidi e sorridenti.
Lo amava. Diamine, lo amava così tanto.

Quella bolla di felicità e sollievo si ruppe bruscamente quando Damon si ritirò al contatto, allontanandosi di scatto da lei, dandole le spalle mentre si passava una mano sulla bocca e stringeva le palpebre con forza.

«No» sussurrò lui, fermo e deciso, alzando in progressione la voce. «No, no, no. Non intendo accettarlo.»

Bonnie sentì il cuore scheggiarsi in piccolissimi frammenti e fece cadere le braccia lungo i fianchi, costringendo se stessa a ricacciare indietro le lacrime a costo d’ingoiarle con la forza. Si schiarì la voce, scuotendo leggermente la testa «Non voglio che tu ricambi, tranquillo. La situazione mi è perfettamente chiara, so che sei innamorato d’Elena quindi-»

«Io ed Elena abbiamo chiarito la nostra situazione settimane fa, streghetta» la bloccò Damon, voltandosi nuovamente verso di lei con il viso nascosto da una maschera impenetrabile. «Probabilmente ti rovinerò la sorpresa ma oggi, prima della tua prodigiosa richiesta d’aiuto, mi stava giusto dicendo che si sposeranno a Dicembre.»

«Cosa?» esclamò lei, abbastanza sconvolta, . «E tu che-»

«Non farò da testimone, sia mai, ma rovinare la vita a mio fratello si sta rivelando essere sempre più noioso col passare dei secoli» ribatté lui, tranquillo, mentre incrociava le braccia al petto.

Bonnie, ancora sottosopra dalla notizia del matrimonio, riuscì ad afferrare il succo del concetto con qualche istante di silenzioso ritardo. Poi capì: non c’entrava Elena, non era per la sua Principessa delle Tenebre che lui aveva sempre ignorato i suoi palesi sentimenti. Semplicemente non voleva lei, l’imbranata e goffa Bonnie senza alcuna esperienza nella vita.

«Ok» provò a sorridere per nascondere la fitta di dolore che minacciò di gelarla sul posto. «La situazione non cambia» sospirò infine «non intendi accettarlo e va bene così, io ho solo risposto ad una domanda. Sembra andare di moda nelle ultime ore» tentò dì ironizzare alla fine, abbassando lo sguardo e provando a superarlo per raggiungere la porta e uscire da quella camera.

Non sapeva quanto ancora poteva resistere quando, l’unica cosa che voleva fare in quel momento, era andare a rifugiarsi sotto le proprie coperte e piangere tutto il dolore che aveva accumulato, sperando di sfogarsi e gettare le basi per ricominciare daccapo e andare avanti dopo quella giornata che era da bruciare dalla pagina del calendario.

Damon però, maledetto torturatore, la bloccò a metà strada afferrandola per il gomito e facendola girare rischiando persino di farla cadere tanto lei era fragile in quell’istante. «Dove vai?» mormorò lui, aggrottando le sopracciglia di fronte a quell’espressione spaesata e ferita.

Bonnie non rispose, sapendo che se lo avrebbe fatto non sarebbe più riuscita a trattenere le lacrime, e si limitò a scuotere con vigore la testa – scompigliandosi ancora di più tutti i boccoli rossi.

Appena provò a liberarsi dalla sua presa, Damon afferrò l’antifona ma, com’era suo solito fare, la ignorò bellamente e spinse la streghetta contro la prima parete a disposizione, fermandola una volta e per tutte. «Non dovresti farlo.»

«Sono stanca»mormorò lei in tono di scuse, suo malgrado con voce rotta, evitando di guardare il suo sguardo nero. «Vorrei solo andare a casa.»

«Non dovresti amarmi» ripeté Damon, stavolta con tono più fermo – quasi ad impartire un ordine- fissandola dritto negli occhi mentre serrava la mascella. «Non posso permettertelo.»

A quel punto cedette, Bonnie giunse al suo personale punto di rottura e non poté più trattenere le lacrime che iniziarono a scendere, infinite e bollenti, senza alcuna pietà; non singhiozzò, il suo era un pianto silenzioso mentre poggiava la testa alla parete dietro di lei, guardando in alto, il soffitto che sembrava troppo vicino e la sensazione di soffocare sempre più forte.
«E’ una sfortuna che tu non possa … che tu non possa davvero impedirmelo» sussurrò lei in un momento imprecisato di silenzio, esausta, senza fare alcuna ironia, pensando davvero che avrebbe di gran lunga preferito che quell’amore doloroso fosse un bottoncino che poteva spegnere in qualsiasi momento.

Lei non vide Damon corrugare la fronte o scuotere la testa, ma lo sentì all’istante quando poggiò la fronte sul suo petto sopra la canotta bianca che indossava «Tu non capisci» sibilò. «Stupida streghetta.»

Bonnie provò a guardarlo, confusa, ma la posizione non aiutava affatto; riusciva solo a percepire la zazzera nera del vampiro che era in ogni caso qualcosa di terrorizzante: non lo aveva mai visto così, come fosse sconfitto, schiacciato da chissà quale convinzione o pensiero. Bonnie non aveva idea di quello che stesse succedendo, la mente completamente vuota, solo una leggera scia d’adrenalina scorrere nelle sue vene, nella più assurda delle situazione.

Damon non si mosse per quelli che sembravano minuti, ore, poi alzò il capo e, stavolta, poggiò la propria fronte su quella della streghetta – le palpebre strette con forza e la mascella contratta.

Bonnie trattenne il respiro ma non sentì alcun calore esplodergli in faccia – era tutto così statico, così calmo, come se Damon stesse chiedendo all’intero universo di rallentare per potersi calmare e l’universo gli volesse concedere questo ed altro.

«Non posso» ripeté per l’ennesima volta, aprendo gli occhi con una lentezza esasperante «Devi capire.»

«Cosa stai dicendo?» mormorò lei, senza più fiato, non capendo nulla, drogata dalla sua vicinanza, dal suo profumo, odiando non riuscire davvero a capire cosa lui voleva dirle con tanta fatica.
Non sembrava più lui, non c’era più alcuna spavalderia nella voce, alcuna sicurezza nella postura, nessun divertimento negli occhi che pian piano stavano perdendo la lucentezza che lei aveva sempre attribuito loro; sembrava un’altra persona, così umano, eppure era lui, così vero.

A Bonnie girava la testa. Probabilmente se non ci fossero stati Damon, o il muro, le ginocchia avrebbe ceduto da un pezzo, facendola cadere a terra senza forze.

Dopo qualche istante lui le circondò il voltò con entrambe le mani, senza allontanarsi, asciugando con i pollici i fantasmi delle sue lacrime e scuotendo leggermente la testa «Sarebbe un colpo troppo basso anche per me, Bonnie»

«Dam-»

«Non posso rovinarti, non posso ok?»

«Cos-?»

Venne interrotta di nuovo ma stavolta non ci furono più parole, sembrava che il tempo per quelle fosse finito da un pezzo, quindi ci furono solo le labbra di Damon sulle sue, forti e calde, chiuse nel bacio più casto e arrabbiato che lei avesse mai ricevuto.

Damon piantò entrambe le mani ai lati della sua testa, sulla parete, con così tanta forza che probabilmente creò anche qualche nuova crepa, e si distaccò troppo presto, guardandola come se non avesse idea di come fosse finito in quella situazione.
Bonnie, dal canto suo, completamente sconvolta ma con il sottile presentimento di star cominciando a capire il motivo che si celava dietro tutti quei comportamenti così lunatici, tentò un sorriso e poggiò una mano sul suo petto, lentamente, come se avesse timore di farlo scappare con un gesto troppo brusco.

«Calmati, vuoi?» fece lei, sottovoce, passando la lingua tra le labbra con il cuore ancora a mille. «Non sei obbligato a fare nulla, Damon.»

Lui mantenne lo sguardo fermo nei suoi occhi, provando a tornare ad essere se stesso di nuovo, prima che questo gli cadde sulle labbra della rossa e tutti i pensieri s’ingarbugliarono di nuovo.

«Come fai ad essere tu quella calma in questa situazione?» chiese lui, a bruciapelo, ancora leggermente confuso ma sollevato poiché la nebbia che gli aveva offuscato la mente nell’ultima ora stava iniziando a diradarsi.

Bonnie sorprendentemente si mise a ridere e il suono di quella risata parve liberatorio ad entrambi, colò sui nervi del vampiro ad effetto calmante e lui non poté evitare di guardarla sorpreso mentre la streghetta si portava l’altra mano sul suo di petto, vicino al cuore «Davvero non lo senti?»

Damon corrugò la fronte ma non ci mise molto a sentire il battito cardiaco più frenetico di sempre, e sorrise in modo così naturale che Bonnie arrossì pure.

A quel punto il vampiro si decise ad allontanarsi di un paio di passi per permettere al suo pettirosso di tornare a respirare regolarmente e tranquillizzarsi prima di farsi venire un infarto in piena regola. Non lo evitò e sorrise nuovamente, stavolta nel modo un po’ sghembo che era il suo solito marchio di fabbrica, e aspettò il tempo necessario prima di vederla sospirare rumorosamente e alzare il capo con le guance arrossate, imbarazzata.

«A posto?»

Lei si limitò ad annuire, passandosi entrambe le mani sulle guance per cercare di tornare ad un colorito che fosse diverso dal rosso fragola.

«Non possiamo stare insieme, Bonnie.»

La strega annuì lentamente, senza più sorridere, con un’espressione a metà tra il rassegnato e il sereno «Lo avevo capito» sospirò, poi fece spallucce «credo che stasera abbiamo dato entrambi il peggio di noi, eh?»

«E’ stata una giornata parecchio lunga, già» concordò lui, stranamente formale.

Bonnie accennò un sorriso spento alzando la mano ferma in saluto «Sarà meglio che vada allora, ci vediamo in giro Damon.»

Ormai era quasi alla porta quando la voce del vampiro la gelò sul posto «Che ne dici di domani, verso le otto?»

Bonnie si voltò di scatto «Cosa?»

Damon ammiccò nella sua direzione, avvicinandosi a grandi passi «Domani alle otto» ripeté. «Ho intenzione di portarti fuori a cena.»

«Ma che-?»

«Si chiama appuntamento, pettirosso.» la prese in giro lui, sorridendo storto al rossore tornato alla carica sulle sue guance.

«Ma avevi detto che non-»

«Beh, non puoi mica avere tutto e subito streghetta!» esclamò lui, finto - indignato, prendendo una sua ciocca riccia e rigirandosela tra le lunghe dita pallide, lo sguardo assorto su di lei, completamente concentrato ad ogni minima reazione. «Allora? Accetti o no?»

L’unica cosa razionale che Bonnie riuscì a fare fu sbatacchiare gli occhi, del tutto presa in contropiede, e annuire, ancora leggermente confusa.

Damon sorrise «Ora ti mostro come si ringraziavano le fanciulle ai miei tempi.»

E, quando Damon le prese la mano destra in un perfetto baciamano con tanto d’inchino, il sole stava appena sorgendo dietro le montagne di Fell’s Church, colorando appena il cielo di rosa e arancione; e questo magari non era il perfetto lieto fine di una favola qualunque, ma s’adattava perfettamente a loro due: un sorriso sornione e un viso a forma di cuore arrossato.

 

 

   
 
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