Fandom:
Il diario del vampiro
Pairing: Bonnie McCullough/ Damon Salvatore
Personaggi: Bonnie McCullough, Damon
Salvatore, Elena Gilbert
(secondaria), Stefan Salvatore (nominato), Nuovo personaggio.
Rating: Verde.
Beta: Nessuno
Chapters: 1/1.
Genere:
angst, sentimentale.
Warning:
One shot.
Words: 5.908 (secondo word).
Summary:
E così avvenne, come
l’inevitabile: la domanda più difficile come
quella più semplice, un’unione
micidiale in poche parole spese con educata curiosità.
«Se potessi scegliere di spendere l’eternità
con lui, quale sarebbe la tua risposta?»
A/N:
Una fic che
gironzolava nelle scartoffie del
PC da un fracco di tempo e, come tutte le fic prese e riprese
è terminata in
modo completamente differente da quello che avevo programmato
all’inizio X’DD
Vedrete Damon e Bonnie sotto una luce abbastanza strana – non
metto
l’avvertimento OOC perché nella mia testa
è così che si sarebbero comportati in
una situazione del genere, sottopressione e tutto il resto. Se avete un
parere
differente, però, sarò lieta di darvi credito a
patto che sia giustificato con
una spiegazione chiara e ragionevole.
Spero
vi piaccia J
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono e non ci guadagno nulla,
vabbuò?
way
to demand
La
vita è l'infanzia della nostra immortalità.
Johann
Wolfgang von Goethe
Non
poteva crederci. Dopo tutto quello che era successo
negli ultimi anni, Bonnie McCullough era convinta che quella
fosse la cosa più incredibile. Avevano affrontato
Kitsune,
vampiri, fantasmi e perfino mostri-albero, quindi
non potevano esser davvero rimasti
intrappolati a causa di una bambina.
Una
bambina immortale, certo, ma pur sempre una ragazzina
di otto anni.
Aveva
i capelli rossi, di una sfumatura più simile
all’arancio rispetto a quelli di fuoco della streghetta, ed
erano raccolti in
due trecce scomposte che le ricadevano sulle spalle esili; il viso era
contornato da lineamenti dolci, fatta eccezione per quel naso a punta
ricoperto
di lentiggini. Gli occhi verdi, invece, erano brillanti e vivaci e - in
quel
preciso momento - estremamente divertiti.
«Non
voglio farvi male» ripeté l’ennesima
volta,
raccogliendo la terza margherita e cominciando a staccare i petali
bianchi
mormorando una canzone intrisa di magia di cui non si riuscivano a
distinguere
le parole.
Lo
sguardo di Bonnie venne attirato da un movimento
brusco alla sua destra ma non fece in tempo a capire nulla che vide
Damon a
terra sofferente – un vampiro di cinquecento
anni che sussultava per il dolore
che
quella ragazzina gli stava procurando.
Fu Elena a gridare un «lascialo
stare!» che
sembrava più un ordine impavido che un
grido di preoccupazione, mentre Bonnie - in preda al panico
più totale -cominciava
a bisbigliare inconsciamente e sotto il proprio respiro, parole in
un’antica
lingua che non sapeva di conoscere. Vide il vampiro smettere di tremare
quasi
all’istante e, subito dopo, alzare gli occhi su di lei.
La
strega non riuscì a decifrare la frase nascosta che
celavano, ma se ne ritrovò incantata ugualmente –
come al solito.
«E’
lui che ha
attaccato la barriera» borbottò la bambina
imbronciandosi. «Vi ho solo chiesto di
stare fermi e giocare per un po’ assieme a me, non mi sembra
molto» fece poi,
mentre, con una tranquillità da brividi, alzava lo sguardo
su Elena e la
trafiggeva con due smeraldi arrabbiati.
Bonnie
guardò per terra il cerchio magico di pietre che
la teneva prigioniera, poi guardò Damon che stava provando
ad alzarsi mentre i
ciottoli che lo tenevano intrappolato tornavano al loro posto.
Elena alla sinistra del vampiro sembrava essersi ormai spazientita,
ciononostante
non poteva fare molto neanche con i suoi poteri d’Angelo,
essendo bloccata
esattamente come loro.
Ciò
che faceva più rabbia alla rossa era che la colpa
dell’intera situazione ricadeva ovviamente su di lei. Aveva
visto quella
bambina sola e sperduta e aveva accettato di aiutarla come
un’idiota, solo per
finire in trappola dopo. Non era riuscita a gestire la situazione e,
come al
solito, vinta da un istinto che non era riuscita a domare, aveva
lanciato
un’ondata di potere sperando che Damon la sentisse
– e così era stato. Con lui
era venuta anche Elena, solo che Bonnie non voleva neanche pensare a cosa stessero facendo per
arrivare insieme e perché
Stefan non fosse con loro al momento.
«Sei
arrabbiata.»
Sentendosi
chiamata in causa, Bonnie volse la sua
attenzione alla bambina – senza riuscir neanche a balbettare
una misera
risposta.
«Ho
letto nei vostri cuori, nei vostri ricordi più
intimi»
annunciò poi lei, con i tratti del volto che si accordavano
alla strana luce di
quegli occhi verdi. In quel preciso istante a Bonnie parve di vedere
che cosa,
oltre i suoi eterni otto anni, vi si celasse dentro -
non riuscì ad evitare di chiedersi da quanto
tempo quella creatura stesse camminando sulla terra e quanto
ancora avrebbe potuto vivere senza impazzire.
Sperò non
fosse già diventata esageratamente folle, o uscire da quella
situazione sarebbe
stato ancora più difficile.
«Trovato
qualcosa di divertente?» chiese acido Damon,
riportando il suo pettirosso alla realtà e facendo
accigliare la bambina.
«Non
dovresti essere così cattivo con me. Non mi piacciono
le persone cattive.» Si voltò verso Bonnie.
«E’ sua la colpa? Di questo cattivo
vampiro?»
In
risposta la strega corrugò la fronte, perplessa. Fece
per aprire bocca e chiedere una spiegazione migliore ma venne
interrotta da
Elena. «Perché l’hai fatto?
Perché viaggiare nei nostri ricordi?»
La
bambina fulminò l’Angelo senza troppi
tentennamenti.
«Stavo parlando con la tua amica, mi pare. Sei maleducata.
Non mi piacciono
neanche le persone maleducate»
finì di
parlare in un borbottio. Ciononostante non prese alcun provvedimento
contro
Elena e guardò ancora la strega, chiedendo con ancora
più trepidazione «Quindi?
E’ colpa del vampiro?»
«Non
so di cosa tu stia parlando ...» mormorò Bonnie in
risposta, cauta ma confusa. «Colpa riguardo cosa?»
«I
tuoi sentimenti» l’altra svelò
l’enigma. «Sono così contrastanti.
Così forti e confusi, è
difficile ... capire.»
Bonnie
sgranò gli occhi, sentendo una bolla di calore
esploderle in faccia e allo stesso tempo l’intero corpo
formicolare capendo
d’avere gli occhi dei suoi amici addosso.
La
bambina fece un passo avanti verso di lei. «Aiutami,
te ne prego ...»
«Non
posso.» La voce della strega si spezzò
sull’ultima
parola e gli occhi cominciarono a luccicarle, stanchi e per niente
abbastanza
forti da reggere la situazione.
«Bonnie,
che sta succedendo-?»
La
voce di Elena risuonò nella radura nello stesso tempo
in cui la streghetta scuoteva la testa con veemenza e ripeteva ancora
un «non posso» cercando di farlo sembrare
più forte e ostinato.
La
bambina sospirò «Va bene. Sei sincera e apprezzo
la
tua anima per questo.» Poi fece un paio di passi indietro con
il volto
deformato da una profonda tristezza; lo sguardo fisso sui tre petali
bianchi
rimasti attaccati al bottone della margherita che teneva ancora in
mano; solo dopo
quella che sembrò essere un’eternità
rialzò lo sguardo, e lo fece nella calma
più assoluta. «Ok, vi concedo la
libertà. Ma ad una condizione.»
Damon
scattò sull’attenti, guardingo.
«Quale?»
«Porrò
ad ognuno di voi una domanda. Se la risposta sarà
completamente onesta potrete andare.»
«E’
una stupidaggine che-»
«Che
vi porterà nuovamente alla libertà» lo
interruppe
lei, con voce più profonda rispetto a prima. «Se
uno di voi si ritira, la
possibilità cade anche per gli altri due.»
«Bastarda.»
La
bambina gli rivolse un sorriso enigmatico. «Lo prendo
come un sì, allora.» Poi roteò gli
occhi grandi e rotondi, facendoli scivolare
sulla figura di tutti e tre i prigionieri. Quella fiera e determinata
della
bionda, quella ancora rigida a capo chino e con il cuore a mille della
giovane
strega e l’ultima attenta del vampiro.
«Iniziamo
da te, vuoi?»
Damon
le rivolse il sorriso sghembo e ironico che ormai
facevano parte del suo marchio di fabbrica. «Farà
meglio a non essere una
domanda di storia: sarebbe troppo semplice.»
La
bambina rise apertamente prima di guardarlo allietata,
sembrava che l’antipatia provata per lui qualche momento
prima fosse scomparsa
del tutto. «Sono solo curiosa. Torneresti indietro?»
E
Damon sapeva a cosa si riferiva, nonostante non avesse
specificato nulla, e sapeva anche la risposta che avrebbe dovuto dare
per accontentare
quell’essere sadico.
«No»
rispose
semplicemente, con fermezza.
«Per
chi delle due, se posso chiedere?»
«Ah-ah.
Avevi detto una
domanda, mi sembra.»
La
bambina ridacchiò schioccando le dita «Quel che
giusto
è giusto.»
Le
pietre disposte in circolo che circondavano Damon vibrarono
in aria per qualche secondo prima di cadere nuovamente a terra,
sparpagliandosi
sul terreno vivo di primavera. Il tempo di rialzare lo sguardo e Damon
vide la
bambina rivolgersi ad Elena.
Il
vampiro trovò un momento per chiedersi perché
avesse
scelto lui per primo: era sicuramente il più forte tra i
suoi prigionieri e,
nonostante questo, lei si era in qualche modo fidata
- come se fosse convinta che lui non avrebbe attaccato una
volta libero.
«Non
riusciresti neanche a graffiarmi, vampiro.»
La voce della
bambina gli rimbombò in testa e appena lui la
guardò, la vide sorridere senza
neanche muovere le labbra.
«Ora
stai buono e fai fare alle tue ragazze la loro
parte. Ascoltare potrebbe perfino tornarti utile.»
E,
nel preciso istante in cui pronunciò a lui
l’ultimo
pezzo della frase, la bambina si rivolse al suo Angelo per la fatidica
domanda:
«Sai che nel profondo hai ragione. Sai che tutto questo non
è giusto. Eppure hai
deciso di ignorare
questa conoscenza per lui. Perché?»
Bonnie
riuscì a percepire un leggero sobbalzo nel corpo
di Elena e la vide sgranare gli occhi all’inverosimile, prova
che quella
bambina l’aveva davvero sorpresa. E, conoscendo Elena
Gilbert, questo davvero
diceva qualcosa sull’essere che stavano affrontando.
Ad ogni modo, Elena provò a recuperare la sua
dignità e cercò di ridarsi un
tono con calcolata indifferenza. L’Angelo non aveva mai
espresso quel pensiero,
neanche nella sua testa; era rimasto una sensazione viscida nelle
profondità
dello stomaco ed Elena aveva fatto di tutto per ignorarla –
ignorarla dal primo
giorno in cui aveva capito cosa il suo ragazzo fosse in
realtà.
Nonostante
tutto, l’impeccabile Gilbert riuscì a non
scomporsi mentre si schiariva la gola.
«Lo
amo. E’ il mio tutto,
non potrei vivere sapendo di averlo cacciato solo perché non
è ordinario. Non mi
interessa il normale,
io voglio Stefan. L’ho sempre voluto e la sua natura non si
metterà tra me e il
mio amore per lui.»
«Però
sai che lui sarebbe dovuto morire secoli fa,
sai che non-»
Elena
ebbe il fegato d’interromperla una volta e per
tutte. «La mia anima e la sua sono nate per stare insieme;
non m’importa il
modo in cui il Fato ha deciso di muoversi.»
«Uh
...»
Un
altro schiocco di dita e anche il secondo cerchio era
stato disincantato.
Bonnie
era stata talmente sorpresa nel sentire l’aura di
Damon rimanere calma durante tutto quel discorso sull’amore, che quasi non si era accorta che
toccava a lei.
«Torniamo
a noi, vuoi?» la richiamò dolce la bambina,
sorridendole senza scherno. «Sai,
sono
piuttosto incuriosita dal contrasto
netto delle tue emozioni. Bianco e nero, giusto e sbagliato –
non ti sai proprio
decidere e avrei tanto voluto chiederti di
aiutarmi a capire tutta questa … umanità.
Purtroppo mi hai già rivelato
la tua incapacità nel farlo.»
Fermò per
qualche secondo il suo sproloquio per guardare alle spalle della
streghetta,
dove Elena e Damon si erano riavvicinati e guardavano Bonnie affrontare
quella
situazione da sola.
La fata sorrise divertita. «Quindi ti chiederò
qualcos’altro, qualcos’altro
che in realtà mi è stato
ispirato dalle parole della tua amica.»
Bonnie
deglutì a vuoto. Già prima aveva avuto un momento
assurdamente difficile con quell’essere e le sue domande; non
voleva di certo
ripetere l’esperienza. Tuttavia, qualcosa nel suo stomaco che
stringeva e
vibrava forte, l’istinto,
le stava
dicendo che era praticamente impossibile – e stava andando
sempre di più nel panico
più totale.
E
così avvenne, come l’inevitabile: la domanda
più
difficile come quella più semplice, un’unione
micidiale in poche parole spese
con educata curiosità.
«Se
potessi scegliere di spendere l’eternità
con lui, quale sarebbe la tua risposta?»
Per
qualche secondo puro in quella radura regnò il
più
totale silenzio; i respiri trattenuti e la mente vuota. Persino il
leggero
venticello di quella mattina aveva cessato il suo movimento tra le
fronde degli
alberi e attorno a loro la terra pareva aver smesso di vibrare.
Gli
occhi di Damon saettarono prima sulla figura
irrigidita del suo pettirosso poi su quella curiosa e attenta della
bambina e
trattenne a stento un ringhio. «Che razza di-»
«Zitto,
Damon. Non è il tuo momento per parlare.»
«Nessuno
mi ha mai fermato» rispose tra i denti il
vampiro. «Non puoi davvero pretendere una risposta. Come
può anche solo aver pensato,
come può sapere di
cosa-»
«Oh,
credimi» sottintese
la bambina con l’ennesimo sorriso. «Lei lo sa.»
Damon
aprì la bocca per ribattere ma non uscì nessun
suono, nella testa solo il rumore di un battito cardiaco troppo veloce
e un
respiro strozzato.
Bonnie
aveva gli occhi che le bruciavano, lucidi, le mani
tremanti chiuse a pugno e lo sguardo fisso a terra mentre cercava di
regolarizzare il cuore – non poteva averle fatto davvero una
domanda del
genere, non poteva davvero aver letto così a fondo.
«Ebbene?»
Bonnie
deglutì il vuoto, sentendo chiaramente tutto il
proprio corpo tremare dall’angoscia – non
riuscì neanche a guardarla in volto
mentre cercava da qualche parte il coraggio, la voce era talmente
flebile che
dubitava l’avrebbe mai sentita se fosse stata umana.
«Se decido … se decido di,
di non rispondere
…» provò a prendere
un grosso respiro ma questo le rimase bloccato in gola, quasi a
soffocarla;
mandò giù a fatica e finì
«Cosa succede se non ti rispondo?»
La
bambina la guardò attentamente, corrugando la fronte solo
in maniera impercettibile, inclinando leggermente il capo mentre il
tono di
voce rimaneva uguale a prima. «Sei una strega. Sei una delle
mie
sorelle,Bonnie, e ti amo per il dono del tuo cuore.» Nell’esatto
istante in cui pronunciò quelle
parole, qualcosa nei suoi occhi s’indurì,
impercettibile ma affilato e
congelante. «Ma nessuna natura è intransigente con
il patto di una fata: la
libertà ti verrebbe negata.»
«E
i miei amici?»
Questa
volta la bambina non ebbe il tempo di rispondere
perché la voce di Damon risuonò in quei pochi
istanti di silenzio, imperiosa e
calma nel suo ordine. «Non fare sciocchezze,
Bonnie.»
La
strega sussultò, per niente abituata a sentirsi
chiamare per nome da lui, e obbligò se stessa ad ingoiare le
lacrime di
frustrazione.
Doveva rispondere
ad una domanda, and una stramaledettissima
domanda – e lei stava rischiando tutto per la
risposta.
Sapeva perfettamente quanto potesse sembrare patetico
dall’esterno, ma –
davvero- non ci poteva fare nulla: dare una risposta a quella domanda
avrebbe
fatto diventare reale quella
verità, sarebbe
stato troppo – troppo per lei, troppo da sopportare. Era
letteralmente schiacciata
dalle proprie emozioni.
«Il
cuore di un essere magico, in qualche bizzarro e
interessante modo, è molto simile a quello di una creatura
notturna. Sebbene ne
sia anche l’opposto, certamente.» La voce calma
della bambina avrebbe avuto un
effetto estremamente calmante su Bonnie, se non fosse stato per le
parole dette
– quando la fata continuò, la strega a malapena si
rese conto di star
trattenendo il respiro. «Quale pensi sia il punto debole
d’entrambe le razze,
cara Bonnie?»
Accettare
sentimenti, amplificati al massimo in entrambe le specie, sarebbe
stata la risposta perfetta che la rossa non sarebbe mai riuscita a dire
ad alta
voce.
«Adesso
basta!» Elena gridò. «Per
l’amor del Cielo Bonnie,
rispondi e liberati!»
La
bambina scrollò le spalle, ammettendo senza problemi «non ho dato
limiti di tempo, Ragazza Angelo.»
Poi imbronciò le labbra per qualche secondo. «La
tua amica dovrebbe solo tener
conto delle pietre magiche che assorbono la sua linfa vitale ma comunque è un lento processo:
ha tutto
il tempo che desidera.»
«Maledizione.»
Bonnie
riuscì a sentire il ringhio di Damon forte e chiaro
e sussultò più per quello che per lo sviluppo
dell’intera faccenda.
Aprì
la bocca per rispondere, doveva
farlo. Non pensarci,
non pensarci, non pensarci-
«A
volte il pensiero è tutto, pettirosso.»
La
bambina rise a Damon per quella sua scoccata, gli
lanciò un’occhiatina estremamente divertita ma non
parlò.
Bonnie si voltò di scatto verso il vampiro per capire cosa
volesse dire e non
ci volle molto prima di ritrovarsi incatenata a due occhi neri
determinati e
forti – stavano cercando di dirle qualcosa, ma … cosa?
La
sua mente si stava indebolendo, ne era conscia, ma la
stanchezza doveva essere arrivata al punto da far cadere le schermate
protettive se Damon era riuscito a leggerle la mente; era sempre
più
vulnerabile e lentamente si sentiva sempre più fiacca
– e non andava bene, non
andava per niente bene.
A
volte il pensiero è tutto, pettirosso.
I
pensieri rimanevano nella mente, bloccati in un limbo
d’irrealtà fin quando non venivano pronunciati ad
alta voce – una prova erano i
pochi incantesimi che aveva imparato: le rimanevano in testa e intorno
a lei
c’era il bianco, ma appena li pronunciava ad alta voce un
fiore riusciva a
sbocciare nel bel mezzo della notte d’inverno più
fredda. Era ad un passo dal
capire, dall’afferrare la soluzione – e salvare la
propria anima oltre che la
propria vita.
A
volte il pensiero è tutto.
Bonnie
sgranò gli occhi. Il petto che le faceva male da
quanto il battito cardiaco era accelerato, sembrava che il cuore le
volesse
sfracellare le ossa della gabbia toracica nella maniera più
violenta.
Chiuse
gli occhi, stringendo le palpebre, forte,
e poi diede la sua risposta,
nella privacy di un pensiero che arrivò dritto nella mente
della fata – che
aveva aperto i cancelli della propria mente, pronta già da
un pezzo ad
accettare la soluzione, senza schermarsi e del tutto tranquilla.
Passarono
pochi ma eterni secondi, nei quali Bonnie era
riuscita a sentire solo il battito del proprio cuore nelle orecchie,
nella gola,
nello stomaco – il petto che si alzava e abbassava frenetico,
ormai vinto dalla
spossatezza.
Riuscì a malapena a vedere il sorrisetto soddisfatto della
bambina e a sentire
lo schioccare delle sue dita nello sciogliere l’incanto, che
tutto
improvvisamente divenne nero e le gambe non ressero più il
suo peso.
Le
ultime cose che Bonnie avrebbe mai ricordato di
quell’incontro sarebbero state due braccia forti che la
stringevano e una vaga
sensazione di sicurezza e speranza nell’insieme di quei pochi
istanti.
***
Quando
Bonnie si svegliò già sapeva di non trovarsi
nella
sua camera. Le faceva male la testa, si sentiva tutti i muscoli
intorpiditi, ma
era calma.
Strizzò le palpebre, cercando di capire cosa fosse successo.
Come
da programma ricordò tutto in una botta sola: la
bambina, la trappola, Damon, una domanda che esigeva una risposta
troppo
pericolosa. Poi il nero.
Si
alzò di scatto guardandosi attorno freneticamente; era
buio e l’unica luce proveniva dalla porta-finestra alla sua
sinistra ma era
comunque fioca, di quella particolare sfumatura tipica della notte.
Ci mise qualche istante in più a notare qualcosa, in un
angolo infondo alla
camera, più scuro rispetto al resto, che si avvicinava
lentamente.
Trattenne
il fiato. Sapeva perfettamente chi era, ormai
avrebbe riconosciuto la sua presenza dappertutto.
Si
fermò davanti a lei, poggiandosi con una spalla alla
colonna del baldacchino infondo al letto matrimoniale. Teneva le
braccia
incrociate al petto e la luce flebile della luna illuminava abbastanza
il suo
volto da far capire a Bonnie di trovarsi nei guai perché
Damon era decisamente arrabbiato.
La
streghetta si ritrovò a deglutire, nervosa e un po'
spaventata, sotto gli occhi neri e furenti del vampiro.
«Fai
bene ad essere intimorita, pettirosso» soffiò lui
dopo qualche secondo.
Bonnie
corrugò la fronte, provando a concentrarsi per
tirar fuori un tono di voce che fosse quantomeno decente
«Smetti-» si bloccò e
fallì, spezzando la frase a metà. «Non
… non leggermi
nella testa, per favore.»
«Non
ne ho bisogno
streghetta» rispose Damon all’istante, sibilando
con disprezzo. «Ormai mi basta
guardarti in faccia per capire cosa pensi.»
«Cos’è
successo?» chiese lei in un sussurro, anche se
sembrava più un “perché
sei tanto furioso
con me?” che il vampiro sembrò percepire
comunque.
«La
fata Turchina ha detto che sarebbe tornata» la
informò senza perdersi in giri di parole. «Ha
detto che era curiosa riguardo la
tua stramaledetta scelta.»
Bonnie
si ritrovò ad ingoiare la rabbia di quelle parole
quando queste la colpirono in pieno petto, non riuscì ad
evitare di abbassare
lo sguardo – si sentiva più vulnerabile del
solito, stanca e appesantita
da
tutti i ricordi di quella radura che non riusciva a cancellare dalla
mente.
Nonostante fosse venuta a patti con la sua indole debole tempo
addietro,
continuava ad odiare sentirsi così e Damon – in
quel preciso istante- sembrava
stesse calpestando e colpendo tutte le sue debolezze di proposito e
senza
provare il minimo rimpianto.
«Hai
intenzione di stare lì a piagnucolare senza dire una
parola?» chiese acido lui, strappandola poco delicatamente
dai suoi pensieri.
Bonnie
strinse i denti, tirando fuori a forza un «No»
«Bene» rispose.
«Perché credo sia ora che tu cresca un
po’ Bonnie e abbandoni il tuo stupido
mondo fatto di favole e principi Azzurri ,prima di farci trovare ancora
in una
posizione assurda come quella di questo pomeriggio.»
«Mi
spiace aver messo in pericolo te ed Elena» si
scusò
lei, provando un leggero fiotto di nausea alla bocca dello stomaco;
perché
doveva essere sempre lei quella a scusarsi? Era stanca di chinare la
testa.
«Scusati
piuttosto per la tua idiota ingenuità!»
sbottò
finalmente Damon. «Che razza di patetica, ottusa bambina
pensa ancora che
l’eternità sia come quella descritta in penosi
libri romanzati!?»
Dopo
quello Bonnie non poté evitare d’alzare il capo
sgranando gli occhi all’inverosimile, completamente presa
alla sprovvista. «Di
che- di che parli?»
Damon
serrò la mascella e la streghetta sobbalzò quando
si ritrovò il volto del vampiro ad un millimetro dal suo,
una mano a
sbriciolare la testata del letto mentre si chinava su di lei ficcando
gli occhi
nei suoi con determinazione. «Della tua stupida risposta sbagliata» sibilò
lui, infine.
La
ragazza si ritrovò incatenata a quegli occhi neri
senza volerlo davvero, poi deglutì «Non ricordo
d’aver risposto alla fata.»
«Oh,
ma fammi il piacere» Damon si rialzò,
allontanandosi
dal letto. «Te l’ho dato io
quel
suggerimento» fece, voltandosi verso di lei aprendo
leggermente le braccia in
modo ironico. «Non provarci neanche a prendermi in
giro.»
«Mi
hai letto nei pensieri?» chiese allora, provando un
leggero moto di delusione dentro al petto.
Damon
alzò gli occhi al cielo «Anche se non
l’avessi
fatto, la tua reazione sarebbe stata come un’insegna al neon
sopra la tua
testolina.»
«Non
dovevi. Non sono affari tuoi» mormorò lei, dopo
qualche secondo interminabile di silenzio.
«Sì
che mi riguarda, streghetta. Soprattutto se una cosa
immaginaria che hai nella testa ci rende i pupazzetti di una bambina
annoiata»
ribatté il vampiro, guardandola attentamente senza curarsi
più di tanto
dell’oscurità ancora presente nella stanza.
Bonnie
ci mise poco meno di tre secondi a rendersi conto
d’essere più incazzata di quanto aveva mai
creduto; spostò le coperte di seta
nera da un lato e si alzò con uno scatto, puntando
l’indice contro il vampiro,
più temeraria che mai. «Ehi, non chiamare quella
cosa “immaginaria” perché
questo no,
non lo accetto!»
«E
come diavolo dovrei chiamarla, uh? Per una stupida
cotta senza fondamenta ci hai quasi fatti uccidere, te ne rendi conto o
no,
sciocca ragazzina?»
Bonnie
allargò gli occhi ma non provò a calmarsi neanche
un po’. Era da troppo che aspettava quel momento, il suo momento.
«Non ti azzardare, Damon.
Non hai idea di quali
siano i miei sentimenti, non davvero, quindi fai un favore a tutti e chiudi il becco!»
Dopo
quello, nella camera scese il
silenzio più totale. Mentre Bonnie cercava
di regolarizzare il respiro Damon ammetteva lentamente a se stesso che,
in
cinquecento anni di non-vita, quella era una delle rarissime volte in
cui
qualcuno era riuscito a sorprenderlo.
«Wow»
si risolse a dire, dopo quello che parve un secolo.
«La gattina ha tirato fuori gli artigli.»
La
strega dovette ingoiare un bel po’ del proprio
respiro, prima di riuscire a rispondere senza distogliere lo sguardo.
«A quanto
pare hai l’innata capacità di far innervosire
chiunque ti stia attorno per più
di cinque minuti.»
«Beh,
le sorprese non finiscono mai.»
Ancora
una volta il silenzio scese per qualche istante,
ma stavolta fu Bonnie a romperlo con un sussurro. «Non ho
intenzione di
chiedere scusa per quello che provo, non mi puoi costringere a farlo.
Non su questo.»
«Perché?»
chiese lui, con una calma straordinaria,
soprattutto se paragonato a poco prima. «L’hai
detto anche tu: ho l’innata
capacità di far innervosire chiunque mi stia attorno per
più di cinque minuti, eppure
tu vorresti passare l’eternità al
mio fianco.» Allargò le braccia e le fece ricadere
sui fianchi subito dopo,
lasciando cadere qualunque maschera avesse mai avuto sul viso e
mostrandosi
esattamente com’era: confuso. «Perché
dovresti mai volere una maledizione del
genere?»
Bonnie
a quel punto avvampò, arrossendo fino alla punta
dei capelli, ma senza aver il coraggio d’abbassare lo
sguardo. «Non è una cosa
che posso controllare, Damon» mormorò infine, come
sconfitta. «E non è qualcosa
che voglio, la mia risposta alla fata non è stata
questa.»
«Cosa?»
corrugò la fronte lui, perplesso.
Di
riflesso anche Bonnie si ritrovò ad aggrottare le
sopracciglia «Pensavo mi avessi letto la mente, questo
pomeriggio.»
Il
vampiro alzò gli occhi al cielo «Non
l’ho fatto.
Trilli deve avermi tagliato fuori con la sua polvere
irritante» borbottò.
La
strega non riuscì a reprimere il sorriso, captando
all’istante la bugia e sentendo il cuore battere ancora
più forte alla
realizzazione che alla fine,sì,
Damon
aveva rispettato la sua privacy anche in quella situazione.
«Lo
farei se lui me lo chiedesse.»
Damon
la fissò, perplesso «Scusami?»
Bonnie
continuò a sorridere mestamente «E’
quello che ho
risposto alla fata: lo farei se lui me lo chiedesse.»
«Perché?»
Lei
fece spallucce, come a voler minimizzare. Era
straordinario come ammetterlo, renderlo reale, adesso sembrasse
così facile
solo perché era lui che voleva saperlo, solo lui che la
guardava, solo lui.
«Accetterei
l’immortalità con te solo
se fossi tu a volerlo. A volermi»
confessò Bonnie alla fine, sentendo il cuore pompare sempre
più veloce il sangue nelle vene. «Sarà
stupido come dici ma-»
All’improvviso
Damon le afferrò le spalle con entrambe le
mani, costringendola a fissarlo negli occhi ad una distanza davvero
ridicola.
«Dimmi perché» ordinò.
«Perché
ti amo.»
Lo
aveva detto. Bonnie era finalmente riuscita a dirlo,
glielo aveva confessato dopo così tanto
tempo e non credeva – davvero non credeva che la sensazione
potesse essere così
liberatoria e piacevole.
Provò un sorriso e non riuscì a resistere:
allungò le braccia nonostante lui la
stesse ancora tenendo per le spalle, e gli sfiorò con
delicatezza gli zigomi,
perdendosi a guardarlo in volto con occhi lucidi e sorridenti.
Lo amava. Diamine, lo amava così
tanto.
Quella
bolla di felicità e sollievo si ruppe bruscamente quando
Damon si ritirò al contatto, allontanandosi di scatto da
lei, dandole le spalle
mentre si passava una mano sulla bocca e stringeva le palpebre con
forza.
«No» sussurrò
lui, fermo e deciso, alzando in progressione la voce. «No,
no, no. Non intendo accettarlo.»
Bonnie
sentì il cuore scheggiarsi in piccolissimi frammenti
e fece cadere le braccia lungo i fianchi, costringendo se stessa a
ricacciare
indietro le lacrime a costo d’ingoiarle con la forza. Si
schiarì la voce,
scuotendo leggermente la testa «Non voglio che tu ricambi,
tranquillo. La
situazione mi è perfettamente
chiara,
so che sei innamorato d’Elena quindi-»
«Io
ed Elena abbiamo chiarito la nostra situazione settimane
fa, streghetta» la bloccò
Damon, voltandosi nuovamente verso di lei con il viso nascosto da una
maschera
impenetrabile. «Probabilmente ti rovinerò la
sorpresa ma oggi, prima della tua
prodigiosa richiesta d’aiuto, mi stava giusto dicendo che si
sposeranno a
Dicembre.»
«Cosa?» esclamò
lei, abbastanza sconvolta, sì.
«E tu
che-»
«Non
farò da testimone, sia mai, ma rovinare la vita a
mio fratello si sta rivelando essere sempre più noioso col
passare dei secoli»
ribatté lui, tranquillo, mentre incrociava le braccia al
petto.
Bonnie,
ancora sottosopra dalla notizia del matrimonio,
riuscì ad afferrare il succo del concetto con qualche
istante di silenzioso
ritardo. Poi capì: non c’entrava Elena, non era
per la sua Principessa delle
Tenebre che lui aveva sempre ignorato i suoi palesi sentimenti.
Semplicemente
non voleva lei,
l’imbranata e goffa
Bonnie senza alcuna esperienza nella vita.
«Ok»
provò a sorridere per nascondere la fitta di dolore
che minacciò di gelarla sul posto. «La situazione
non cambia» sospirò infine
«non intendi accettarlo e va bene così, io ho solo
risposto ad una domanda.
Sembra andare di moda nelle ultime ore» tentò
dì ironizzare alla fine,
abbassando lo sguardo e provando a superarlo per raggiungere la porta e
uscire
da quella camera.
Non
sapeva quanto ancora poteva resistere quando, l’unica
cosa che voleva fare in quel momento, era andare a rifugiarsi sotto le
proprie
coperte e piangere tutto il dolore che aveva accumulato, sperando di
sfogarsi e
gettare le basi per ricominciare daccapo e
andare avanti dopo quella giornata
che era da bruciare dalla pagina del calendario.
Damon
però, maledetto torturatore, la bloccò a
metà
strada afferrandola per il gomito e facendola girare rischiando persino
di
farla cadere tanto lei era fragile in quell’istante.
«Dove vai?» mormorò lui,
aggrottando le sopracciglia di fronte a quell’espressione
spaesata e ferita.
Bonnie
non rispose, sapendo che se lo avrebbe fatto non
sarebbe più riuscita a trattenere le lacrime, e si
limitò a scuotere con vigore
la testa – scompigliandosi ancora di più tutti i
boccoli rossi.
Appena
provò a liberarsi dalla sua presa, Damon afferrò
l’antifona ma, com’era suo solito fare, la
ignorò bellamente e spinse la
streghetta contro la prima parete a disposizione, fermandola una volta
e per
tutte. «Non dovresti farlo.»
«Sono
stanca»mormorò lei in tono di scuse, suo malgrado
con voce rotta, evitando di guardare il suo sguardo nero.
«Vorrei solo andare a
casa.»
«Non
dovresti amarmi»
ripeté Damon, stavolta con tono più fermo
– quasi ad impartire un ordine-
fissandola dritto negli occhi mentre serrava la mascella.
«Non posso
permettertelo.»
A
quel punto cedette, Bonnie giunse al suo personale
punto di rottura e non poté più trattenere le
lacrime che iniziarono a
scendere, infinite e bollenti, senza alcuna pietà; non
singhiozzò, il suo era
un pianto silenzioso mentre poggiava la testa alla parete dietro di
lei,
guardando in alto, il soffitto che sembrava troppo vicino e la
sensazione di
soffocare sempre più forte.
«E’ una sfortuna che tu non possa … che
tu non possa davvero impedirmelo»
sussurrò lei in un momento imprecisato di silenzio, esausta,
senza fare alcuna
ironia, pensando davvero che avrebbe di gran lunga preferito che
quell’amore
doloroso fosse un bottoncino che poteva spegnere in qualsiasi momento.
Lei
non vide Damon corrugare la fronte o scuotere la
testa, ma lo sentì all’istante quando
poggiò la fronte sul suo petto sopra la
canotta bianca che indossava «Tu non capisci»
sibilò. «Stupida streghetta.»
Bonnie
provò a guardarlo, confusa, ma la posizione non
aiutava affatto; riusciva solo a percepire la zazzera nera del vampiro
che era
in ogni caso qualcosa di terrorizzante: non lo aveva mai visto così, come fosse sconfitto,
schiacciato
da chissà quale convinzione o pensiero. Bonnie non aveva
idea di quello che
stesse succedendo, la mente completamente vuota, solo una leggera scia
d’adrenalina scorrere nelle sue vene, nella più
assurda delle situazione.
Damon
non si mosse per quelli che sembravano minuti, ore,
poi alzò il capo e, stavolta,
poggiò la propria fronte su quella della streghetta
– le palpebre strette con
forza e la mascella contratta.
Bonnie
trattenne il respiro ma non sentì alcun calore
esplodergli in faccia – era tutto così statico,
così calmo, come se Damon
stesse chiedendo all’intero universo di rallentare per
potersi calmare e
l’universo gli volesse concedere questo ed altro.
«Non
posso» ripeté per l’ennesima volta,
aprendo gli
occhi con una lentezza esasperante «Devi
capire.»
«Cosa
stai dicendo?» mormorò lei, senza più
fiato, non
capendo nulla, drogata dalla sua vicinanza, dal suo profumo, odiando
non
riuscire davvero a capire cosa lui voleva dirle con tanta fatica.
Non sembrava più lui, non c’era più
alcuna spavalderia nella voce, alcuna
sicurezza nella postura, nessun divertimento negli occhi che pian piano
stavano
perdendo la lucentezza che lei aveva sempre attribuito loro; sembrava
un’altra
persona, così umano,
eppure era lui, così vero.
A
Bonnie girava la testa. Probabilmente se non ci fossero
stati Damon, o il muro, le ginocchia avrebbe ceduto da un pezzo,
facendola
cadere a terra senza forze.
Dopo
qualche istante lui le circondò il voltò con
entrambe le mani, senza allontanarsi, asciugando con i pollici i
fantasmi delle
sue lacrime e scuotendo leggermente la testa «Sarebbe un
colpo troppo basso
anche per me, Bonnie»
«Dam-»
«Non
posso rovinarti, non
posso ok?»
«Cos-?»
Venne
interrotta di nuovo ma stavolta non ci furono più
parole, sembrava che il tempo per quelle fosse finito da un pezzo,
quindi ci
furono solo le labbra di Damon sulle sue, forti e calde, chiuse nel
bacio più
casto e arrabbiato che lei avesse mai ricevuto.
Damon
piantò entrambe le mani ai lati della sua testa,
sulla parete, con così tanta forza che probabilmente
creò anche qualche nuova
crepa, e si distaccò troppo presto, guardandola come se non
avesse idea di come
fosse finito in quella situazione.
Bonnie, dal canto suo, completamente sconvolta ma con il sottile
presentimento
di star cominciando a capire il motivo che si celava dietro tutti quei
comportamenti così lunatici, tentò un sorriso e
poggiò una mano sul suo petto,
lentamente, come se avesse timore di farlo scappare con un gesto troppo
brusco.
«Calmati,
vuoi?» fece lei, sottovoce, passando la lingua
tra le labbra con il cuore ancora a mille. «Non sei obbligato
a fare nulla,
Damon.»
Lui
mantenne lo sguardo fermo nei suoi occhi, provando a
tornare ad essere se stesso di nuovo, prima che questo gli cadde sulle
labbra
della rossa e tutti i pensieri s’ingarbugliarono di nuovo.
«Come
fai ad essere tu
quella calma in questa situazione?» chiese lui, a bruciapelo,
ancora
leggermente confuso ma sollevato poiché la nebbia che gli
aveva offuscato la
mente nell’ultima ora stava iniziando a diradarsi.
Bonnie
sorprendentemente si mise a ridere e il suono di
quella risata parve liberatorio ad entrambi, colò sui nervi
del vampiro ad
effetto calmante e lui non poté evitare di guardarla
sorpreso mentre la
streghetta si portava l’altra mano sul suo di petto, vicino
al cuore «Davvero
non lo senti?»
Damon
corrugò la fronte ma non ci mise molto a sentire il
battito cardiaco più frenetico di sempre, e sorrise in modo
così naturale che
Bonnie arrossì pure.
A
quel punto il vampiro si decise ad allontanarsi di un
paio di passi per permettere al suo pettirosso di tornare a respirare
regolarmente e tranquillizzarsi prima di farsi venire un infarto in
piena
regola. Non lo evitò e sorrise nuovamente, stavolta nel modo
un po’ sghembo che
era il suo solito marchio di fabbrica, e aspettò il tempo
necessario prima di
vederla sospirare rumorosamente e alzare il capo con le guance
arrossate,
imbarazzata.
«A
posto?»
Lei
si limitò ad annuire, passandosi entrambe le mani
sulle guance per cercare di tornare ad un colorito che fosse diverso
dal rosso
fragola.
«Non
possiamo stare insieme, Bonnie.»
La
strega annuì lentamente, senza più sorridere, con
un’espressione a metà tra il rassegnato e il
sereno «Lo avevo capito» sospirò,
poi fece spallucce «credo che stasera abbiamo dato entrambi
il peggio di noi,
eh?»
«E’
stata una giornata parecchio lunga, già»
concordò
lui, stranamente formale.
Bonnie
accennò un sorriso spento alzando la mano ferma in
saluto «Sarà meglio che vada allora, ci vediamo in
giro Damon.»
Ormai
era quasi alla porta quando la voce del vampiro la
gelò sul posto «Che ne dici di domani, verso le
otto?»
Bonnie
si voltò di scatto «Cosa?»
Damon
ammiccò nella sua direzione, avvicinandosi a grandi
passi «Domani alle otto» ripeté.
«Ho intenzione di portarti fuori a cena.»
«Ma
che-?»
«Si
chiama appuntamento,
pettirosso.» la prese in giro lui, sorridendo storto al
rossore tornato alla
carica sulle sue guance.
«Ma
avevi detto che non-»
«Beh,
non puoi mica avere tutto e subito streghetta!»
esclamò lui, finto - indignato, prendendo una sua ciocca
riccia e rigirandosela
tra le lunghe dita pallide, lo sguardo assorto su di lei, completamente
concentrato ad ogni minima reazione. «Allora? Accetti o
no?»
L’unica
cosa razionale che Bonnie riuscì a fare fu
sbatacchiare gli occhi, del tutto presa in contropiede, e annuire,
ancora
leggermente confusa.
Damon
sorrise «Ora ti mostro come si ringraziavano le
fanciulle ai miei tempi.»
E,
quando Damon le prese la mano destra in un perfetto
baciamano con tanto d’inchino, il sole stava appena sorgendo
dietro le montagne
di Fell’s Church, colorando appena il cielo di rosa e
arancione; e questo
magari non era il perfetto lieto fine di una favola qualunque, ma
s’adattava
perfettamente a loro due: un sorriso sornione e un viso a forma di
cuore
arrossato.