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Autore: LittleBloodyGirl    20/10/2013    7 recensioni
In un giorno di sole, Katy, una bambina di nove anni, si perde nei boschi dove vive una creatura inquietante: lo Slender Man.
Il suo nome finisce tra quelli di tutti i bambini che sono scomparsi in quei giorni.
Ma Katy non è morta, non è perduta.
E' solo venuta a conoscenza... della vera, triste storia dello Slender Man.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Punti Dolenti
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Dopo quello che era successo, James Roosvelt, Jane Allison e Walter Reiligh avevano deciso di riunirsi privatamente per approfondire la situazione di quel particolare caso, essendo state le persone coinvolte maggiormente in quest'ultimo. Sul grande tavolo di vetro erano disposte in ordine foto segnaletiche, fogli che trattavano del caso e anche di tutti quelli collegati a esso, e ricerche sullo Slender Man. Il più importante obiettivo di quell'indagine era scoprire cosa avesse portato Katy a tornare dal mostro senza volto durante la sua fuga.
Non avevano dubbi sul fatto che, se l'avessero ritrovata, sarebbe stata ancora viva. Avevano compreso che il legame sbocciato tra lo Slender Man e la bambina era certamente più forte e diverso da qualsiasi altro rapporto tra rapitori e vittime, ma non riuscivano a chiarire quel mistero. Naturalmente avevano già avvertito i genitori di Katy che, ovviamente, si erano infuriati e avevano insultato le capacità delle forze dell'ordine. Fortunatamente, erano riusciti a evitare un forzato incontro con i due, che sarebbe di sicuro risultato disastroso. C'erano troppi misteri in quel caso e andava fatta luce su questi. Jane Allison si alzò in piedi e cominciò a girare per la stanza, commentando la faccenda.

<< Allora... Riassumiamo il caso: Katy Hudson, 9 anni, figlia di Madison e Isaac Hudson, il 10 Novembre scompare, divenendo un'altra vittima delle misteriose sparizioni che sono successe in questi anni. A eccezione di tutti i bambini scomparsi e mai ritrovati, Katy viene invece ritrovata e portata a casa sana e salva dopo tre settimane. >>
<< Ma qualcosa è cambiato in Katy. I genitori notano che non è più la stessa e credono che la bambina possa essere rimasta profondamente turbata da questa esperienza. >>

Aggiunse James Roosvelt, battendo le dita sulla superficie di vetro del tavolo.

<< Così decidono di mandarla da uno psichiatra infantile: Michael Needles, amico del padre. Ma si scopre che questo tizio è un dannato pedofilo e cerca di violentare Katy, che, però, riesce a fuggire e... Ritorna nella foresta... >>

Completò Reiligh con un sonoro sbuffo. La psicologa si fermò, poggiando le mani sul tavolo.

<< Ecco, questo è il punto. Perchè Katy, invece di scappare a casa, o chiamare aiuto, ha deciso di ritornare nella foresta? Sicuramente il suo desiderio principale era quello di tornare dallo Slender Man. Perchè? >>

I tre si guardarono sospirando, aspettando che qualcuno rompesse il silenzio. Jane riprese a parlare.

<< Da esperta psicologa quale sono, posso dire tranquillamente che quando i bambini si trovano in situazioni simili a quella in cui si è trovata Katy, per esempio durante una fuga da un rapitore, il primo pensiero che la loro mente focalizza è l'ambiente familiare; desiderano trovarsi a casa, con la madre e il padre. Quindi si dirigono quasi sempre verso casa, dove saranno al sicuro. >>
<< Ma questo, evidentemente, non rientra nel caso di Katy... >>
<< Già... Questa è una cosa a dir poco incredibile. Non sappiamo a cosa sia dovuto, ma sta di fatto che Katy, durante la sua fuga, ha focalizzato come ambiente familiare, non la sua casa, ma il bosco. Non i suoi genitori, ma lo Slender Man... >>
<< Non potrebbe semplicemente essere stato lo spavento? Magari la piccola ha pensato di tagliare per il bosco, o di nascondersi lì... >>

Intervenne Reiligh. Jane e James lo guardarono come se avesse raccontato una squallida barzelletta.

<< Cioè, Walter, secondo te, una bambina che è stata rapita dallo Slender Man, che ti rammendo, abita nel bosco, torna in quell'ambiente per sfuggire a un pedofilo... Per sbaglio? Perchè avrebbe pensato di arrivare a casa più facilmente?  >>
<< Bè... >>
<< Walter, non può essere successo questo! Nessuna persona sana di mente si addentrerebbe nuovamente in un bosco dopo essere stata tenuta in ostaggio da uno scheletro senza faccia, in giacca e cravatta! >>

Esplose Jane Allison, visibilmente infastidita dalla leggerezza con cui il collega prendeva la situazione. Reiligh roteò gli occhi, poggiò il mento sulla mano e decise di tacere. James Roosvelt scosse la testa, cercando di trattenere una risatina. Poi prese alcuni fascicoli che riguardavano lo Slender Man, lesse qualcosa su di esso e infine fece una considerazione.

<< Credo che dovremmo capire meglio chi è questo Slender Man... >>

I due poliziotti lo guardarono prestando attenzione.

<< Finora abbiamo dato per scontato che Slender Man sia una specie di pedofilo, o comunque un mostro, senza volto, vestito in modo elegante, che da la caccia ai bambini... Ma non ci siamo mai preoccupati di sapere perchè fa questo. Non abbiamo mai approfondito questa sua ossessione per i bambini. >>
<< Ora che mi ci fai pensare... >>
<< Cristo Santo! Siamo diventati dei Ghost Busters! >>

Senza dar retta a quel commento, James Roosvelt e la psicologa uscirono dalla stanza per indagare ulteriormente sulla leggenda dello Slender Man. Il poliziotto era convinto che dovesse esserci uno sfondo riguardo al rapporto tra Katy e lo Slender Man, e un sicuro legame con la mania del mostro di rapire e far sparire nel nulla gli infanti. E per svelare questo mistero, non restava che indagare fino in fondo a quella leggenda; per scoprire il motivo del comportamento di qualcuno era necessario scavare nella sua storia, e questo era il loro nuovo compito: rimettere alla luce la vera storia dello Slender Man.
Le ore passarono inarrestabili, il giorno si trasformò in notte e il sole in luna. Nella centrale regnava ormai il silenzio, a romperlo i pochi che erano rimasti nell'edificio per il turno notturno.
James, Walter e Jane erano tra questi. Erano rimasti in ufficio per tutto il giorno, cercando su internet le informazioni di cui necessitavano, senza successo. A volte credevano di essere finalmente arrivati alla verità, ma puntualmente la veridicità sulle origini dello Slender Man si rivelava infondata.
James Roosvelt sentiva gli occhi bruciare come tizzoni ardenti a causa della luce accecante del computer davanti cui era seduto da ore, insieme al sonno che cercava di tentarlo più volte. Buttò un'occhiata all'orario in basso a destra dello schermo del PC: mezzanotte.
Non aveva nemmeno avvertito sua moglie che non sarebbe rientrato quella sera, anche se immaginava che lo avesse già capito da sola.
Avrebbe comunque dovuto avvertire, nonostante fosse già preparato a una giusta sfuriata. Per la prima volta, comprese la preoccupazione della moglie. In fondo, il suo lavoro consisteva nello stare ogni giorno faccia a faccia con il crimine, e anche se amava il suo mestiere, non si poteva dire che non fosse pericoloso. La sua mente focalizzò il giorno in cui aveva avuto la pessima idea di addentrarsi nel bosco da solo a cercare Katy.
Ricordò la strana senzazione che aveva provato. Era come se avesse visto qualcun'altro al suo posto, era stato come se non fosse stato lui quello che stava per morire. Eppure era stato proprio egli stesso a trovarsi in quella situazione, e aveva rischiato di non tornare mai più dalla sua famiglia.
Prese il cellulare e digitò il numero di casa. Si stupì per la velocità con cui sua moglie rispose.

<< Pronto, James! >>
<< Ciao, Lauren... >>
<< "Ciao, Lauren"?! E' mezzanotte, in uno di quei giorn in cui saresti dovuto rientrare a casa per cena e tu mi dici solo "Ciao, Lauren"?! >>
<< Si, scusa, è che ho avuto tanto da fare e ho perso la cognizione del tempo... >>

Dall'altro capo del telefono si sentì un sospiro.

<< Lauren...? >>
<< Si, sono qui. >>
<< Sei arrabbiata? >>
<< ... No... Ma lo sai che voglio che mi avvisi quando fai tardi, lo sai che mi preoccupo... >>
<< Hai ragione, ma è il mio lavoro... Anche se ultimamente ha deciso di farmi diventare un indagatore del paranormale più che un poliziotto. >>
<< Ti riferisci al caso di quell'uomo senza viso che rapisce i bambini? >>
<< Si, hai presente la bambina che era stata ritrovata? Ecco, cercando di scappare da un pedofilo, è tornata di nuovo nel bosco, che è l'ambiente in cui vive quest'uomo. >>
<< E perchè? >>
<< E' questo il punto, non lo so. La mia collega pensa che sia dovuto al classico legame tra rapitore e vittima, ma questo è un caso abbastanza particolare... Sono parecchio confuso... >>
<< Bè, in effetti... E' strano. Forse perchè i bambini sono più ingenui. Può darsi che lei si sia affezzionata particolarmente a questo "mostro" e che il mostro in questione non sia poi così cattivo come pensi. >>
<< Ci ho pensato... Ma voglio capire quale rapporto si è venuto a creare tra loro. Non è uno di quei tanti rapporti rapitore-vittima... E' qualcosa di più... Qualcosa che ha spinto la piccola a tornare da lui perchè sapeva che sarebbe stata al sicuro... >>
<< Io indagherei sul passato di quest'uomo. Forse, più che la bambina, è lui che non può fare a meno di lei... >>
<< Ho pensato anche a questo, ecco perchè mi sono soffermato a lavoro. Proprio adesso sto cercando possibili informazioni sulla storia di questo Slender Man, ma quelle che ho trovato sono tutte bagianate. >>

Quella discussione aveva preso una strana piega. Sembrava che entrambi fossero due poliziotti a discutere di quel caso, quando la vera ragione per cui l'agente aveva chiamato era per avvertire semplicemente la moglie del fatto che non sarebbe rientrato a casa quella sera. Mentre parlava al telefono, Roosvelt continuava a fare ricerche quando qualcosa attirò la sua attenzione. Nei sottotitoli dei risultati ottenuti lesse le parole: "... Bambino morto in un incendio...".
Qualcosa scattò nel suo cervello.
Fu come un flash, un ricordo confuso.
Controllò il titolo del risultato e quando constatò che si trattava di una delle tanti versioni della storia dello Slender Man decise di controllare.

<< Lauren, credo di aver scoperto qualcosa. Ci sentiamo domattina. >>

Senza aspettare la risposta della moglie, chiuse la telefonata. Si sentì nuovamente sveglio, come se una forte scarica elettrica gli avesse trapassato il cervello, facendo attivare qualcosa che fino a quel momento era rimasto sepolto sotto la polvere del passato, come un orologio che era stato fermo per molto tempo, ma che grazie a una chiave di volta aveva nuovamente ripreso a funzionare.
La prima parte era una vera e propria descrizione dello Slender Man, le sue caratteristiche, il suo aspetto e presunti poteri. Ma fu la parte in cui veniva raccontata la sua storia a render sempre più attiva la mente dell'agente.
E più leggeva quel che aveva trovato, più i suoi ricordi si illuminavano e diventavano più chiari.

Si crede che lo Slender Man fosse, anticamente, il padre di un bambino morto in un incendio, e che, nel tentativo di salvarlo, il fuoco gli abbia sfigurato il volto                  (Ecco perchè è privo di tratti facciali)
Da allora questo presunto padre vaga alla ricerca del suo bambino.

Quello che lesse fu più che soddisfacente. Stampò il file e uscì di corsa dalla stanza per dirigersi al piano superiore: il reparto dei casi archiviati. Ce n'era uno tra quelli che pur essendo stato sospeso e archiviato non aveva mai smesso di tormentarlo.
Una volta lì, si rivolse al collega che presiedeva il piano quella notte.

<< Nigel, mi servono tutti i fascicoli di casi riguardanti bambini deceduti a causa di incendi nel periodo tra gli anni 80 e gli anni 90. Fai in fretta, per favore. E' urgente. >>

L'agente fece il saluto militare e corse nella sala degli archivi. Nel frattempo, James contattò via radio i due colleghi, chiedendo di vedersi tra un'ora nella sala riunioni. Dopo circa mezz'ora, il custode degli archivi tornò con una decina di fascicoli. Roosvelt li controllò tutti sul posto. Sapeva che doveva essercene uno che gli interessava particolarmente. Scartò i primi cinque che riguardavano casi completamente risolti e passò all'altro gruppo.
Il primo riguardava un caso di incendio doloso di cui il colpevole era stato arrestato, il secondo trattava un incendio boschivo in cui erano morti delle guardie forestali insieme a un ragazzino, e il terzo...
Lo afferrò e corse giù, lasciando in disordine tutti gli altri fascicoli con gran disappunto del collega. Anticipò la riunione con Jane e Walter e si procurò tre caffè prima di cominciare. Una volta in sala, James chiuse la porta e sbattè il fascicolo sul tavolo di vetro, insieme al file che aveva stampato, sotto lo sguardo interrogativo e interessato degli altri due colleghi.

<< Questo è un caso a cui ho partecipato esattamente nove anni fa. Nonostante sia stato archiviato, non è stato pienamente risolto. Si tratta di un incendio scoppiato in una casa in periferia in cui persero la vita una madre e suo figlio di nove anni, rispettivamente Sarah Wigler e Jack Hadley. L'incendio è stato archiviato come incidente. Vicino al corpo carbonizzato del bambino, però, c'era anche una macchia di fuliggine dalle dimensioni di una persona adulta. >>

La notizia catturò maggiormente la psicologa e il poliziotto.

<< Probabilmente, sul luogo dell'incidente era presente anche una terza persona. E non avevo torto. >>

Roosvelt prese dal fascicolo una foto di un uomo giovane, dai capelli neri e gli occhi celesti.

<< Dal giorno dell'incidente, Mark Hadley, padre di Jack e marito di Sarah, è scomparso nel nulla. >>
<< Aspetta un momento... Hai detto che la macchia di fuliggine è stata ritrovata vicino al corpo del bambino? >>

Chiese Jane Allison, guardando la foto. James allungò il documento stampato e sorseggiò il suo caffè.

<< Per ulteriori chiarimenti, vi consiglio di leggere questo. >>

Seguirono il suo consiglio e cominciarono a leggere il foglio. Il giovane agente premise che non era sicuro dell'attendiblità della fonte da cui aveva ricavato quella notizia. La loro espressione diventava sempre più sconcertata mano a mano che leggevano il documento. 

<< Woah, woah! Freniamo! Quindi Mark Hadley sarebbe lo Slender Man?! >>
<< Molto probabilmente si. >>
<< Ma certo, è chiaro! Mark Hadley trova la sua casa in fiamme, vede sua moglie e capisce che per lei è troppo tardi, ma il figlio urla e lui comprende che è ancora vivo e tenta di salvarlo. Probabilmente riesce a raggiungerlo, ma nel tentativo di fuggire si ustiona al volto. Ma non può permettere che il figlio muoia insieme a lui, così cercano nuovamente di uscire dalla casa in fiamme... Senza successo... >>
<< Ma il giorno dopo, durante l'ispezione, vengono ritrovati soltanto i corpi di Sarah e di Jack. Nessuna traccia di Mark. >>
<< Probabilmente, ricorda che suo figlio si trovava insieme a lui al momento della morte e adesso lo sta cercando... >>
<< Ma quindi lo Slender Man è vivo o è morto? >>

Quella domanda ebbe la capacità di far scendere nella stanza un silenzio assordante. Nessuno dei tre sapeva come rispondere a quella domanda. Le circostanze della sparizione dell'uomo poteva voler dire che fosse ancora vivo. Però l'aspetto stesso dello Slender Man lasciava intendere il contrario. Jane finì di bere il suo caffè, premette i polpastrelli sulle palpebre per riprendersi dal sonno e riprese a parlare.

<< D'accordo. Almeno abbiamo capito perchè lo Slender Man fa quel che fa. Torniamo a Katy... Cos'ha di speciale questa bambina? E' l'unica ad essere stata ritrovata ancora viva sebbene sia stata rapita dal mostro, e l'unica che è tornata da lui durante la fuga da un pedofilo. Ora, resta da chiarire se davvero il legame tra Katy e lo Slender Man è leggermente più forte degli altri, o se effettivamente c'e dell'altro. >>

James Roosvelt si sedette nuovamente al tavolo, finì il suo caffè e riprese in mano il fascicolo del caso che aveva rivelato loro chi fosse lo Slender Man, ma non era ancora finita; rimaneva da risolvere il mistero di Katy. Nel fascicolo era presente il cronologio di Jack Hadley, la più giovane vittima dell'incendio. Era davvero un bel bambino. I capelli biondo cenere tagliati regolarmente, con un grande ciuffo davanti, ma erano gli occhi la sua caratteristica più affascinante: grandi e lucenti di un bel colore verde smeraldo. Era davvero un peccato che la sua vita fosse stata troncata così presto...
Poggiò il fascicolo sul tavolo, vicino a una foto segnaletica di Katy. Anche lei era una bambina bellissima, ma a differenza di Jack, i suoi occhi emanavano una perpetua malinconia.

<< ...? >>

All'improvviso notò qualcosa in quelle due foto. Le prese in mano entrambe e le avvicinò al viso, studiandole con la massima cura. La sua personalità si isolò. Le voci di Jane e Walter risuonavano come echi lontane. C'era un particolare che aveva attirato una parte inconscia della sua mente in quelle fotografie. Passò lo sguardo da una foto all'altra.
Jack e Katy.
Katy e Jack.
I capelli, il volto, gli occhi...
Gli occhi!
Quei due bambini avevano esattamente gli stessi occhi. Ma non era solo quello. La cosa che più lo aveva colpito era stata l'incredibile somiglianza tra i due. Una somiglianza assolutamente certa. Scattò in piedi sotto lo sguardo incuriosito della psicologa e del collega e sventolò le foto davanti a loro.

<< Voglio sapere se Mark Hadley aveva una figlia! >>
<< Cosa? >>
<< Indaghiamo più a fondo sul passato di quest'uomo! Devo sapere se la famiglia Hadley aveva un'altra figlia oltre a Jack. >>
<< Scusa, perchè quest'ordine improvviso? >>
<< Guardate queste foto. Non notate niente? >>

Allison e Reiligh presero le foto e le studiarono attentamente, rendendosi conto della somiglianza che c'era tra i due bambini. Walter imprecò meravigliato e frustrato allo stesso tempo, mentre la psicologa sgranò gli occhi, essendo rimasta a bocca aperta. Poi riguadagnò il suo aspetto da professionista e senza ulteriore indugio, uscì dalla stanza seguita dal collega, mentre James Roosvelt si diresse nuovamente al piano superiore.
Nonostante la notte fosse più buia e tentatrice del solito, i passi avanti che erano stati fatti nel caso avevano funzionato più del caffè per i tre agenti di polizia. L'adrenalina, la curiosità e la volontà di chiudere il mistero una volta per tutte aveva dato loro l'energia necessaria per affrontare l'oscurità del cielo nero.
Purtroppo, videro il sorgere dell'alba senza successo. Avevano indagato a fondo dulla vita di Mark Hadley e sulle origini di Katy, eppure non erano riusciti a ricavare niente di nuovo. Quando Jane Allison si presentò nello studio di Roosvelt, rivelò la semplice verità.

<< James, abbiamo preso un granchio. Tra le famiglie Hadley e Hudson non c'è assolutamente alcuna parentela. >>
<< Ne sei sicura? >>
<< Si. Non c'è niente che noi non sappiamo. Katy appartiene alla propria famiglia e Jack alla sua. Mark Hadley e sua moglie non hanno avuto altri figli... Credo che non ne abbiano avuto il tempo... >>

James sospirò deluso, portandosi una mano al volto.

<< Com'è possibile? Eppure tra i due c'è una spaventosa somiglianza... >>
<< Bè, non è una gran notizia che due persone si assomiglino... >>
<< Si, ma hai visto quei due bambini? La somiglianza è enorme! Se non fossero due persone diverse si potrebbe dire che siano gemelli! >>
<< ... >>

La donna si spostò un ciuffo di capelli dal volto e si schiarì la voce. Non aveva mai messo in dubbio le capacità del collega, che in tutta la centrale era considerto il miglior agente tra tutti, nè tantomeno la similitudine tra Katy e Jack che era davvero impressionante. Ma era ovvio che quella storia non potesse concludersi così facilemente, e lei, durante le ricerche senza risultati, aveva formulato un pensiero più che bizzarro, tremendamente esoterico...
Si era ben vista dal parlarne, soprattutto in presenza del collega Walter, ma dopo essere stata testimone dell'esistenza di una leggenda come lo Slender Man e aver scoperto che questi, prima di divenire un mostro senza volto, era stato un comune uomo, forse era arrivato il momento di dar voce ai suoi pensieri. E non c'era persona migliore a cui parlarne se non James Roosvelt, il quale si era trovto faccia a faccia con lo Slender Man, rischiando addirittura di rimanervi ucciso.
Prese fiato e puntò lo sguardo su di lui.

<< Senti, James... Io ho riflettuto su quello che abbiamo scoperto e sul caso che abbiamo condotto fino adesso. Siamo arrivati ad scontrarci con qualcosa di molto più grande di noi, e sono arrivata a pensare che questo mistero non possa avere una spiegazione logica... >>
<< Che vuoi dire? >>
<< Pensaci un momento, da quando abbiamo cominciato a lavorare sul caso dei bambini scomparsi non siamo mai riusciti a dare nè una spiegazione nè un colpevole da consegnare al giudice, e per ironia della sorte, a causa di questo qualcuno comincia a mettere in giro voci che parlano di un mostro senza volto, in giacca e cravatta che rapisce i bambini. Noi, da poliziotti quali siamo, non crediamo a questa leggenda. Eppure, grazie a un ignobile scherzo del destino, Katy scompare e ci porta testimoniare che il solo e unico colpevole di queste sparizioni e proprio lo Slender Man. >>
<< E allora? >>
<< Allora nessun colpevole, nessuna logica in tutta l'indagine, soltanto la certezza che una leggenda altro non è che pura verità. E come se non bastasse, per completare il quadro del paranormale, adesso salta fuori che il mostro un tempo era un comune uomo che per salvare suo figlio perde quasi la vita in un incendio e, come ogni storia di fantasmi, non si arrende all'idea che sia morto e lo cerca... James, niente di tutto questo si può spiegare con logicità, abbiamo abbandonato quella strada già da tempo, ormai.  >>
<< Dove vuoi arrivare? >>

Jane sospirò, chiuse gli occhi per un momento e li riaprì.

<< James, non c'è più nessuna spiegazione plausibile in tutta questa storia. Dobbiamo accettare le cose per come stanno. Katy non ha nessun rapporto con la famiglia scomparsa di Mark Hadley, eppure somiglia tremendamente al figlio che costui ha perduto. E tra i bambini che in tutti questi anni sono scomparsi a causa di quella bestia, Katy è l'unica a sopravvivere, non per sua volontà, ma per quella di Slender Man. Non ti dice niente? >>

Il giovane agente passò lo sguardo accigliato da Jane al pavimento, dal pavimento a Jane. Socchiuse le labbra in un gesto di lenta comprensione, mentre un barlume risplendeva nella sua mente. Le risposte a quegli anni di domande sembravano essergli passate davanti così velocemente da sembrare terribilmente confuse. Si appoggiò sulla scrivania di mogano, senza alzare lo sguardo sulla collega. Non aveva il coraggio di farle vedere quanto era stato stolto a cercare una soluzione nella vita reale, lasciando così che tutte quelle piccole vittime venissero trasformate in fantasmi delicati e freddi come la neve.
Tutti tranne una....
Intorno alla quale ruotava il mistero della sua sopravvivenza alla coltre gelida della terra.
E ora tutto aveva senso.

<< Mio dio, Jane... >>


Il rumore soffuso dell'automobile non poteva competere con la voce assordante e confusa dei pensieri. Non una parola volava all'interno della vettura. Il lavoro di James Roosvelt e dei suoi colleghi era quello di avvertire la famiglia di Katy di quello che era successo e della rivelazione del caso, ma il poliziotto aveva la strana sensazione di stare commettendo un grande sbaglio. Conoscendo i genitori della bambina, immaginava quali potessero essere le loro reazioni e ciò non contribuiva a farlo stare più tranquillo. Lo stomaco sembrava contorcersi, le sue dita si stringevano nervosamente sul manico dello sportello, i suoi occhi osservavano un punto inarrestabile della strada che li avvicinava sempre di più a quella famiglia ossessiva. Jane Allison, alla guida, a volte spostava lo sguardo vitreo dalla strada al collega a fianco a lei. Non aveva bisogno di immaginare i suoi pensieri. Erano esattamente gli stessi che provava lei. Ai fianchi dell'auto che faceva loro da scudo, il bosco si estendeva infinito. Che Katy e Slender Man fossero nei paraggi? Probabile e da escludere.
Ormai che avevano compreso la verità, erano sicuri di essere stati preceduti dalla mente sveglia della bambina dagli occhi di smeraldo. Per lei non ci sarebbe stato motivo di tornare da Slender Man se non avesse già capito tutto. Nessun normale bambino lo farebbe.
Ma Katy non era una normale bambina.
Katy era molto di più di un fragile corpicino tenuto in riga dalle mani di quelli che tutti credevano fossero i suoi genitori.
Katy era l'incarnazione della verità e dell'incredibile, della bellezza e del mistero, della bontà e dell'ostinazione.
E il suo gesto era stranamente comprensibile; era tornata dal suo papà.
Jane ci era arrivata per esclusione. Nessuna parentela tra le famiglie di Hadley e di Katy, nulla che facesse pensare ad un possibile contatto. E allora perchè Katy somigliava così tanto a Jack Hadley, il figlio perduto di Slender Man?
Dopo l'incontro con la creatura senza volto, ogni cosa era cambiata. Non aveva più senso continuare a cercare nella logicità.
Katy era la reincarnzaione inconsapevole del figlio di Mark Hadley, divenuto crudelmente famoso con il nome di Slender Man, il mostro senza volto in giacca e cravatta. E in tutti quegli anni di brutali sparizioni di anime innocenti, Slender Man aveva probabilmente cercato invano il suo figlioletto.
Con un sospiro che nascondeva un velo di preoccupazione e di incertezza, Jane arrestò la macchina davanti alla villetta degli Hudson. Lei e James scesero dalla macchina in contemporanea e bussarrono al campanello. Il rumore di passi veloci dietro la porta si fece sempre più vicino.

<< Oh... Buongiorno... >>

Li accolse la voce stanca e debole di Madison Hudson, la mamma di Katy. Addosso aveva una camicia da notte viola, talmente elegante che sembrava indossasse un vestito. Il suo volto sembrava stanco. I due colleghi risposero imbarazzati al saluto della donna, e si lanciarono una rapida occhiata, domandandosi se il suo aspetto fosse dovuto alla preoccupazione per la figlia. L'accoglienza non fu delle più calorose. La nonna di Katy era già sveglia, mentre non si vedeva Isaac, il padre, che probabilmente stava ancora dormendo. Dopotutto erano solo le sette di sabato mattina.
Gli venne offerto del te con biscotti secchi che non vennero toccati e James decise di andare subito al sodo.

<< Signora Hudson, ci dispiace disturbarvi a quest'ora, ma dobbiamo darle una notizia importante. >>
<< Riguarda Katy? >>

Chiese Madison, priva di emozioni, mentre versava del te nella sua tazza.

<< Bè... Si, ma è una storia piuttosto complicata. >>


La brezza gelida dell'inverno aveva mosso i primi rami e donato i primi brividi. Faceva freddo, ma il cuore di Katy era caldo come il sole. Tra le mani stringeva la copertina donatale da Slender Man come fosse un gioiello prezioso e guardava il cielo azzurro leggermente infestato dalle nubi grigi. Sorrise al pensiero di essere finalemente libera. Non le sembrava passato nemmeno un minuto da quando aveva scoperto tutta la verità, si sentiva leggera come piuma nel vento. Sentì una presa forte e allo stesso tempo familiare lungo i fianchi tirarla su e farla volare per un momento. Scoppiò a ridere, aggrappandosi alla giacca di Slender Man. Ma per lei quell'uomo non era più Sender Man; era suo padre.
Il suo volto, fino a poco tempo prima inesistente, adesso era bellissimo e di nuovo umano. I suoi occhi azzurri splendevano di nuovo per lei, le sue labbra sorridevano per la gioia di aver finalmente terminato la sua eterna ricerca. Incarnato nel corpo di una bellissima bambina,  c'era lo spirito di suo figlio, riconoscibile dagli occhi smeraldini. Gli stessi occhi di sua madre, che adesso, probabilmente, li stava aspettando dall'altra parte del cielo.
Un soffio di vento spirò più forte del normale e Slender Man strinse a sè Katy per riscaldarla. Ma nonostante Katy fosse felice per aver finalmente ritrovato la sua famiglia, c'era qualcosa che la turbava. E quel qualcosa riguardava la sua vecchia famiglia.
Che cosa stavano tramando adesso i suo falsi genitori? Sarebbero di nuovo andati a prenderla, o si sarebbero rassegnati all'idea di aver perso la loro figlia di nuovo?
O meglio... Per sempre?


L'unico rumore che si sentiva in tutta la casa era il ticchettio di un orologio a pendolo che scandiva gli inarrestabili secondi della giornata. Nessuno fiatava. James Roosvelt e Jane Allison avevano appena terminato di raccontare la sconvolgente verità ai presenti, eppure nessuno aveva mosso una parola o assunto un'espressione tale da far capire che tutto ciò era assurdo e che, come sarebbe stato tipico della signora Hudson, non credevano a una sola parola di quello che avevano detto. La vecchia donna, la nonna di Katy, sorseggiava tranquillamente il suo tè, i suoi occhi grigi fissavano i due agenti di polizia senza lasciar intendere la minima emozione, e lo stesso si poteva dire di Madison Hudson; gli occhi vuoti fissi sul tè nella tazza che teneva tra le mani, la testa china e il corpo abbandonato sul tavolo. Tentò di parlare, ma si accorse di non aver nulla da dire e richiuse le labbra. I due poliziotti si scambiarono un'occhiata fugace, stupiti dalla reazione delle due donne. Che la fuga volontaria di Katy le avesse già fatto intendere il perchè di tutta quella storia? Fuori il vento si era alzato ed emetteva un triste lamento, esso aveva portato con se le nuvole, sue compagne fedeli, le quali oscurarono il sole e resero l'atmosfera ancora più tetra di quanto già non fosse.

<< Dovrei stupirmi? >>

Chiese ad un tratto Madison interrompendo il silenzio e attirando l'attenzione di tutti i presenti. I due agenti si scambiarono un'occhiata confusa e cercarono maggiori informazioni riguardo la domanda della donna, la quale continuava a tenere il volto basso sulla tazza di tè nemmeno sfiorata. Persino la nonna di Katy sembrava sconvolta dalla reazione della figlia. Forse credeva di essere l'unica ad aver capito tutto?

<< Mia figlia ha perso ogni emozione da quando l'abbiamo riportata a casa... Anzi, forse non ha mai avuto delle vere emozioni... E' sempre stata fredda, disinteressata alle questioni che riguardavano la nostra famiglia, nessun interesse a fare amicizia con gli altri bambini... Persino la prima volta che ha aperto gli occhi... Non ha emesso un solo lamento, i suoi occhi non hanno versato alcuna lacrima, nè le sue labbra donato un solo sorriso. Quando divenne più grande la portammo ai parchi giochi perchè potesse fare amicizia, ma nessuno aveva intenzione di essere suo amico... Perchè lei non aveva intenzione di farsi degli amici... E poi... >>

Fece una pausa in cui i suoi occhi si illuminarono per un istante. James Roosvelt non seppe dire se quel bagliore fosse più sinistro o accattivante.
 
<< Quel... Mostro... >>

L'ultima parola fu intervallatta da un'espressione di disgusto e rabbia, seguito da un tremolio insolito di furore, che portò Madison a sbattere violentemente i pugni sul tavolo e a stringerli fino a far sbiancare le nocche.

<< All'inizio credevamo che fosse colpa di quella... Cosa senza faccia... Credevamo che le facesse un qualche lavaggio del cervello affinchè ritornasse da lui ogni volta... Ma adesso ho capito che, per questa ragione così surreale, l'affetto di Katy è nato soltanto per quell'uomo... E costui ricambia a sua volta. Forse lo merita molto di più di noi. Dopotutto, da quello che mi state dicendo, noi siamo stati solo dei... Babysitter in questi nove anni. >>

Le parole di Madison si fecero sempre più flebili e amare. James e Jane si guardarono spaesati, stupiti dal fatto che la donna non avesse gridato contro i due, esclamand0 di piantarla e di andare a fare il loro mestiere piuttosto che raccontare cose insulse. I suoi occhi vuoti e l'espressione esausta davano l'impressione di aver ormai gettato la spugna e di essere pronta ad accettare qualsiasi spiegazione, anche la più insolita. La casa ricadde nel silenzio sancito dal ticchettìo dell'orologio a pendolo. La vecchia donna continuava a sorseggiare il suo tè come se nulla fosse successo. Nei suoi occhi argentei si leggeva una mera soddisfazione, forse dovuta alla rassegnazione della figlia a quella storia.
James Roosvelt osservò a lungo Madison Hudson. Si chiese come avrebbe reagito lui al posto della giovane madre. Amava i suoi figli più della sua stessa vita e non voleva nemmeno pensare di perderli ed essere rimpiazzato con qualcun altro. Per la prima volta si ritrovò a pensare che probabilmente non avrebbe avuto la stessa forza di quella donna. Non sarebbe riuscito ad accettare tutto, si sarebbe disperato come la terra devastata da un potente uragano.
Insieme a questo, ciò che teneva la sua mente occupata era il pensiero di Isaac Hudson, il padre di Katy. Di solito era Madison a prendere in mano le redini della discussione e a mostrare un insolito carattere di ferro, mentre Isaac era sempre rimasto in secondo piano. James Roosvelt aveva avuto la sensazione che fosse succube della moglie, ma probabilmente era solo una... sensazione, appunto. Come avrebbe preso quella notizia? Madison avrebbe avuto il coraggio di parlargli?
Lui e Jane avevano da fare, non potevano certo trattenersi lì, senza sapere quando il giovane padre si sarebbe fatto vivo.
Un enigma che non tardò a concludersi.

<< E così... Quel mostro sarebbe il "padre" di Katy? >>

Con un sobbalzo James e la collega si volsero indietro e il loro sguardo incontrò quello indecifrabile di Isaac Hudson. Gli occhi erano fissi a terra e il suo corpo tremava mentre stringeva i pugni. Da quanto tempo era lì? Madison si alzò di scatto e gli andò incontro mormorando parole spezzate. Lo stesso fece la vecchia, sul cui volto apparve un'espressione preoccupata. Sembrava spaventata tutto ad un tratto e James avvertì una brutta sensazione, richiamando alla mente quello che aveva pensato poco prima. 
Nessuna parola usciva dalla bocca di Isaac. Jane guardò il collega e mostrò una visibile agitazione che cercò comunque di mascherare. Entrambi si avvicinarono all'uomo, fermo come una statua nonostante l'impercettibile tremolio scuotesse ancora il suo corpo. Era quello a preoccupare Jane.
Essendo una psicologa, era capace di capire la personalità di qualcuno solo guardandolo negli occhi, abbastanza da poter intuire che Isaac Hudson stava tirando fuori tutte le emozioni trattenute in quel periodo. Era sempre stato calmo e silenzioso, quasi impaurito, aveva sempre lasciato fare tutto alla moglie. Ma la rivelazione della verità aveva toccato il punto di rottura della sua mente, che lentamente si stava incrinando e liberando la psiche sigillata divenuta pericolosa a causa di quella prigionia.
Madison, le mani premute sulle spalle del marito, sussurrava parole confuse e gesticolava nervosamente mentre Isaac rimaneva impassibile, ma con una rabbia interna che stava per esplodere. Sembrava che la situazione si fosse all'improvviso ribaltata, ora era Madison a recitare la parte della moglie in pensiero e apprensiva, e questo era preoccupante. Isaac lanciò uno sguardo ai due agenti di polizia che deglutirono per la sua intensità.

<< E' questo quello che avete da dire dopo quasi un mese dalla scomparsa di mia figlia? >>

Rimarcò la parola mia come se volesse sottolineare la possessione della bambina da parte sua. Jane Allison ebbe un invisibile brivido, ma non sfuggì agli occhi del collega, il cui cuore cominciò a battere e lo stomaco a contorcersi, tipico delle situazioni che erano sul rischio di degenerare.

<< Forse non vi è chiaro.... Io ho fatto sì che Katy nascesse, io l'ho vista crescere. Io ho lavorato per mantenerla e garantirle ogni bene. Io le compravo i giocattoli! Io le cantavo la ninna nanna ogni notte per farla addormentare! Io le ho fatto muovere i primi passi e l'ho portata al parco a giocare!! Io sono il padre di Katy!! >>

La sua voce era un crescendo continuo insostenibile, tanto da terrorizzare la stessa Madison che chiuse gli occhi e indietreggiò. James portò d'impulso la mano alla pistola nascosta sotto il cappotto, la portava sempre per ogni evenienza. Aveva il timore che quell'uomo avrebbe fatto qualcosa di stupido.
Perchè era impazzito. O almeno, lo stava diventando.

<< Katy è mia figlia... Lei è mia figlia! E' mia figlia!!! >>

Gridò stringendo i pugni così forte da far sbiancare le nocche. Il volto era arrossato dal furore e gli occhi erano spalancati, lasciando intravedere le pupille ristrette. Se Jane non lo avesse conosciuto bene, avrebbe immediatamente scritturato la clinica psichiatrica. La rabbia poteva essere fatale, se tirata fuori all'improvviso. La vecchia nonna sbattè le mani sul tavolo, facendo sobbalzare i presenti. Il suo sguardo vitreo non lasciava intendere alcuna emozione, ma nonostante questo si avvicinò ad Isaac e lo fissò negli occhi.
Sembrava quasi che stessero avendo un contatto telepatico, perchè nessuno dei due distoglieva gli occhi. Poi la mano dell'anziana lanciò uno schiaffo al giovane padre ormai putativo. Jane, convinta che fosse stata una pessima idea, si aggrappò d'istinto a James.
Isaac si massaggiò la guancia colpita e con lo sguardo furioso interrogò la vecchia donna senza parlare.

<< Falla finita, idiota! Non ti sei mai fatto avanti per comprendere quanto grande fosse la realtà che ti si presentava davanti agli occhi. Tu non hai mai conosciuto Katy. Eri sempre a lavoro, lavoro, lavoro! Eri così lontano da lei che quando trovavi una giornata libera eri così impacciato che la lasciavi da sola con i suoi pensieri! Un vero padre non vedrebbe l'ora di passare un po' di tempo con il proprio figlio! Ma non è stato il tuo caso! E vuoi sapere perchè? >>

Fece una pausa, senza distogliere lo sguardo dal genero, che stava tremando dalla rabbia.

<< Perchè Katy non è mai stata tua figlia! Adesso la rivendichi come fosse una tua proprietà, un oggetto tuo. Ma non è così, Isaac! Arrenditi all'evidenza! Lo spirito che alberga nel corpo di Katy ha finalmente trovato il suo vero padre, e adesso nessuno potrà separarli di nuovo. Nessuno! >>

Fu un attimo.
Con un colpo violento, Isaac scaraventò a terra l'anziana madre di Madison, la quale gettò un urlo e si gettò sul suo corpo inerme, poichè aveva perso i sensi. James tirò fuori la pistola d'istinto e la puntò verso Isaac e lo stesse fece Jane. Isaac corse fuori di casa, inseguito dai due agenti che gli gridavano di fermarsi. Si fermarono sul pianerottolo di casa e si guardarono intorno, scrutando il silenzio. Isaac non c'era. Sparito.
Si scambiarono uno sguardo confuso. Non poteva essere svanito nel nulla.
Poi sentirono il rumore di una porta sbattuta violentemente e corsero sul retro, notando l'uomo che, con un fucile a doppia canna in mano, correva via dallo sgabuzzino forzato e si dirigeva velocemente verso il bosco.

<< Cazzo! E' impazzito! >>

Imprecò Jane sparando un colpo in aria, nel tentativo di intimorirlo, ma Isaac sparì tra gli alberi neri della foresta. James prese il cellulare e digitò il numero della centrale. Gli rispose Walter Reiligh.

<< Walter! Siamo nei guai! Manda una scorta alla periferia di Beverly Hills, nei pressi del bosco. Fate in fretta, o si consumerà una tragedia immane! >>



Grazie al sole, la mattina si riscaldò e il bosco rivelò la rugiada sui suoi steli d'erba, i suoi figli più piccoli, tanti e numerosi. Per Mark Hadley, invece, esisteva un solo figlio, tornato da lui nel corpo di una meravigliosa bambina.
Era come un regalo di natale: l'esterno una scatola bellissima che nascondeva un prezioso regalo.
Da quando lo aveva ritrovato, era tornato se stesso. Poteva smettere di farsi chiamare Slender Man, il cielo lo aveva finalmente graziato. Finalmente poteva lavare via tutto il sangue rimasto impresso nella sua anima fino a quel momento.

<< Papà! >>

La voce di Jack, camuffata in quella di Katy, gli giunse come una timida melodia. Katy corse verso di lui, in mano reggeva un fiore bianco: un bucaneve. Mark sospirò, avvertendo un balzo nel suo petto. Si chinò fino a raggiungere il viso della bambina e le diede un bacio sulla fronte, prendendo il bucaneve. Era insolito che fiorisse in quel periodo.

<< E' l'unico di tutto il bosco! Sono stata fortunata! >>

Mark rise e la prese in braccio.
No, non era stata fortuna. Era stata Katy a rendere possibile l'impossibile. Niente e nessuno poteva più separarli.
Niente e nessuno.



<< Squadra tre, predente posizione. Circondate il bosco, nessuno deve uscirvi! Squadra cinque e sei, seguitemi nel bosco. Occhi bene aperti! Il soggetto è armato: un fucile a doppia canna Winchester Mod. Calibro 10. Autorizzazione a sparare a vista! Ripeto: Autorizzazzione a sparare a vista! >>

La voce di James Roosvelt echeggiava nella trasmittente come un grido disperato. Di solito non lasciava mai che il panico si impadronisse di lui, ma questa volta la posta in gioco era altissima e lui non aveva potuto fare a meno di agitarsi. Jane era vicino a lui e cercava di calmarlo, sebbene il timore si fosse impossessato anche di lei.

<< Vedrai che ce la faremo. >>

Disse, più per convincere se stessa che James.

<< Lo fermeremo, ne sono certa. >>
<< Già, lo spero tanto... >>

Fece una pausa.

<< Perchè altrimenti succederebbe una catastrofe... E non avremmo più scampo... >>

Corse nel bosco, circondato dai poliziotti armati di fucili e con occhi aperti scrutava tutti i possibili nascondigli degli alberi e dei rami morti. La pistola tesa in avanti, all'altezza del suo volto. Durante le spedizioni il suo cuore batteva sempre all'impazzata e gocce di sudore colavano giù dalla fronte. Non era tanto la paura di fallire la missione, quanto quella che aveva di trovarsi faccia a faccia con il nemico.
In quelle situazioni, James Roosvelt si rendeva di quanto avesse paura della morte. Aveva il terrore di non riuscire a premere il grilletto in tempo per fermare il fuggitivo, che avrebbe invece agito con rapidità e lo avrebbe finito senza pensarci due volte.
Ma adesso il vero motivo per cui aveva paura era quello che Katy potesse rimanere gravemente ferita dal delirio di Isaac... E la conseguente ira di Slender Man che si abbatteva sui presenti... E su tutti i malcapitati bambini che sarebbero entrati nel girone infernale indetto dall'uomo senza volto.
No... Non poteva lasciare che accadesse una cosa del genere.
Mark Hadley aveva semplicemente cercato suo figlio per tutti questi anni, e adesso che lo aveva ritrovato di certo non aveva alcuna intenazione di lasciarlo andare.
I cecchini correvano saltando di albero in albero come antilopi agili e veloci, attenti a qualsiasi presenza si aggirasse nelle vicinanze. James Roosvelt faceva lo stesso. Parallelamente a lui vi erano Walter e Jane, dotati di una Infinity 9, calibro 45 ACP: la più usata dagli agenti di polizia americani. Anche lui aveva quella pistola, era una delle sue marche preferite.
Ma avrebbe tanto preferito che fossero solo dei giocattoli, in quanto essendo armi, servivano ad uccidere o, nel migliore dei casi, a ferire una persona.
E Isaac Hudson era in possesso di una delle armi più pericolose appartenenti a quella serie. Aveva intenzione di usarla?
James continuò a muoversi in direzione degli alberi, scrutando ogno angolo del bosco, cercando di individuare il folle senza successo. Sentiva il suo respiro perdersi nell'immensità dell'aria fredda, il suo cuore salire in gola e riscendere in petto, compiendo un movimento snervante, il panico gli divorava lo stomaco e la mente era offuscata dal terribile pensiero di non arrivare in tempo.
Poi, insieme ai colleghi, si ritrovò al confine del bosco. Slender Man e Katy erano lì, avvolti in un tenero abbraccio tra padre e figlia, incoscienti del pericolo che correvano. L'intera squadra operativa si fermò a osservare i due protagonisti di quella incredibile fiaba gotica. Un mostro senza volto e una bambina che giocavano come fossero migliori amici, ma la loro sintonia era di gran lunga maggiore essendo quella di un genitore e di un figlio. Katy rideva e correva intorno, James era sicuro di non averla mai vista tanto allegra, e Slender Man era seduto per terra, la osservava. L'agente poteva ben dire che stesse sorridendo.
Si sentì in colpa a chiamarlo ancora Slender Man. Ormai conosceva la sua identità. E la sua storia.
Poteva quasi rivedere il volto dell'uomo dietro quella distesa pallida senza espressione. Ma Katy sicuramente lo vedeva bene il volto di suo padre...
La bambina continuò a correre intorno finchè il papà non arrestò la sua corsa giocosa abbracciandola e facendola cadere per terra, provocando una sonora e tenera risata.
A quella visione, James potè capire quanto folle era stato a cercare di portare via Katy dal suo stesso padre. Lei probabilmente lo aveva già capito la prima volta in cui si erano incontrati nel bosco salvandogli la vita. Qualsiasi bambino sarebbe stato felice di andare via da quel luogo, mentre lei era ritornata nel bosco. Più di una volta. Non c'era altra spiegazione.
Katy poggiò una manina sul volto di Slender Man e rise.
Ma la sua risata si trasformò presto in un urlo agghiacciante.
Il rumore assordante di uno sparo squarciò il silenzio del bosco e mise in allarme la squadra operativa. Lo sguardo di James Roosvelt cadde su Katy. Non sebrava ferita, ma era chiaro che non era lei ad essere stata colpita. Infatti, si accorse che Slender Man si teneva il braccio sinistro con la pallida mano ossuta, e si rese conto di chi doveva essere in realtà la vittima di Isaac Hudson.

Katy guardò il papà afferrare velocemente il braccio. Non usciva sangue, ma sembrava che stesse provando un gran dolore. Mark Hadley la guardò e le fece cenno di entrare nel vecchio edificio. La bambina, in un primo momento scosse la testa.

<< Entra dentro e non uscire finchè non mi vedi tornare! Vai! >>

L'ordine fu irremovibile. Katy fuggì nella struttura, ma la sua mente la riportava ancora al pensiero del padre. Si affacciò alla finestra dell'edificio e lo osservò alzarsi lentamente, come se non avesse subito alcuna ferita, e inoltrarsi nel bosco. Katy sentì le farfalle allo stomaco.
Chi poteva essere stato a sparare quel colpo?
Aveva una brutta sensazione...


<< Mettetevi al riparo! >>

Gridò James Roosvelt mentre la squadra operativa correva via dal margine del bosco all'arriva della creatura senza volto. Se li avesse visti con i fucili in mano avrebbe pensato che fossero stati loro a sparare e sarebbe successa una strage. Tuttavia, continuava a tenere gli occhi aperti. Isaac doveva essere nei paraggi e non poteva essere al sicuro finchè era a piede libero.
Si fermò. Posò la pistola nella fodera e prese la ricetrasmittente.

<< A tutte le unità, ritirata! Ritirata! >>

Al ricevimento dell'ordine arrivarono varie proteste, tra cui anche quelle di Jane e Walter Reiligh. Ma Isaac aveva ormai attirato l'attenzione di Slender Man e non poteva permettere che avenisse un simile, inutile massacro.

<< Tornate alla centrale! Ritirata, ho detto! >>

Chiuse la comunicazione. Si accertò che tutti i colleghi avessero obbedito all'ordine e tornò nel bosco.

Slender Man si guardava intorno, cercava il responsabile di quella pallottola che lo aveva colpito, inutilmente, nel braccio. Non provava dolore ovviamente, ma era stato abbastanza per farlo preoccupare. Probabilmente era ancora quell'agente di polizia venuto a portare nuovamente via Katy da lui.
Aveva promesso alla bambina che non avrebbe più fatto del male a nessuno, ma se avesse scoperto che si trattava di lui, non avrebbe avuto pietà quella volta.
Continuò a camminare e a guardarsi intorno dalla sua altezza. Non vedeva nessuno.
Poi un altro sparo, un altro proiettile dritto nella sua schiena. Slender Man si voltò e si stupì nel trovarsi di fronte Isaac Hudson, armato di un fucile a doppia canna.
Che cosa ci faceva lui lì?
Il suo sguardo era quello di un uomo furibondo, bramoso di vendetta e col cervello impazzito. Completamente un altro uomo rispetto a quello che si era ritrovato davanti la prima volta che aveva cercato di sottrargli Katy.

<< E così tu saresti il padre di Katy?! >>

Gridò. Avvertiva la differenza d'altezza. Forse aveva paura che non riuscisse a sentirlo? In altre occasioni lo avrebbe ucciso subito, ma Slender Man si dimostrò disposto ad ascoltare quel folle.

<< Bè... Ho una brutta notizia per te. Lei è mia figlia!!! E' mia figlia!! >>

La sua voce era talmente forte e disperata che sembrò scuotere gli alberi del bosco. E insieme a essi, l'anima di Mark Hadley.
Un'imprevista incertezza accompagnata da una trepida preoccupazione lo portarono a pensare alla bambina. Quell'uomo rivoleva indietro sua figlia...
Non era forse quello che aveva sempre voluto anche lui...?
Ma... C'era una differenza...
Katy era solo un corpo in cui albergava l'anima di Jack. Non era altro che un velo sotto cui si celva qualcosa di estremamente prezioso.
Qualcosa che lui aveva cercato per tanto tempo.
E non avrebbe concesso a nessuno di riportarglielo via.
Scatenò i suoi tentacoli dalla schiena e li fece strisciare come petrolio giu lungo gli alberi e lungo il terreno infesto di rami e foglie secche. Isaac Hudson sobbalzò e sparò uno, due, tre colpi contro i tentacoli, che schivarono abilmente i colpi, prima di spararne un ultimo contro l'uomo smilzo, il quale, all'impatto, non si scompose minimamente.
Isaac indietreggiò. Aveva già sprecato cinque colpi e non poteva permettersi di sprecarne altri che avrebbero potuto essergli utili.
Uno dei tentacoli aveva quasi raggiunto la sua caviglia, ma lui se ne accorse in tempo e lo schivò, schiacciandolo con il cane del fucile.
Un verso simili ad un grido sfuggì dal mostro in giacca e cravatta, cosa che portò Isaac ad alzare gli occhi verson di lui. Velocmente aveva ritirato i tentacoli, come se avesse provato un immenso dolore. Il giovane sorrise.

"Ecco il tuo punto debole, dunque!"

Senza aspettare, ricaricò il fucile e sparò contro i tentacoli, colpendoli in pieno. Slender Man non ebbe nemmeno il tempo di riprendere il controllo. Il dolore era lancinante e lo portò a indietreggiare.
Non sapeva che i suoi tentacoli potessero rappresentare una così grande fonte di dolore. Nessuno aveva mai provato ad aizzare un arma contro di lui, o almeno, non ne aveva avuto il tempo. Era come ricevere numerose pugnalate nello stesso punto e rigirare la lama nella ferita. Da quanto non provava un dolore così forte?
In un' altra situazione, forse, ne sarebbe stato felice...
Isaac sparò l'ultimo colpo, e schioccò la lingua in un atteggiamento di delusione quando si accorse che le cartucce erano finite. Controllò rapidamente in tasca e tirò fuori l'ultimo proiettile. Osservò attentamente la liscia superficie di metallo, splendente e fatale come la rosa di una spina.
Caricò il fucile con quell'ultimo proiettile e rivolse il suo sguardo a Slender Man che era ripiegato su se stesso dal dolore. Un sorriso amaro comparve sulle sue labbra.

<< Sai, in un primo momento ho pensato che avrei usato la mia ultima pallottola per ucciderti... Ma credi che sarebbe inutile... Tu sei una creatura infernale... E le creature infernali sono immortali. >>

Si interruppe, assaporando il lamento del mostro senza volto davanti a lui e la sensazione di forza e potenza che questo gli trasmetteva.

<< Ma credo che ti distruggerei in un modo più efficiente... Portandoti via quello che ami... >>

Mark Hadley sobbalzò, nonstante le ferite facessero ancora male. Le parole di quel pazzo avevano aperto uno squarcio nella sua anima che aveva concesso alla paura di farsi strada e annegare il suo cuore. Fece appena in tempo ad alzare il volto e a vederlo correre verso il cuore del bosco e svanire come una nuvola che viene spazzata via dal vento. Cercò di riprendersi e utilizzare il suo teletrasporto, ne era sempre stato capace, ma quella volta era troppo debole. Quei colpi gli erano stati fatali. Doveva raggiungere Katy al più presto!

Da un po' di tempo, Katy non sentiva più niente, alcun rumore dal bosco. Attendeva con preoccupazione il ritorno del padre che non arrivava mai. Eppure non poteva essere successo nulla di grave. Insomma, suo padre era Slender Man. Era diventato un essere immortale.
Giusto...?
All'improvviso, nel silenzio dell'edificio abbandonato risuonò l'eco di alcuni passi. Katy sorrise e corse verso l'entrata.

<< Papà! >>

Ma ammutolì quando, davanti a lei, vide apparire l'uomo che per quella vita sarebbe dovuto essere stato suo padre, e non si era dimostrato tale. Il suo sorriso si capovolse e divenne un'espressione confusa e impaurita, quando realizzò che Isaac teneva in mano il fucile che usava quando andavano a caccia nei weekend.
A Katy non era mai piaciuta la passione per la caccia di Isaac, e adesso stava avendo modo di sperimentarlo.
L'uomo la guardava con un sorriso sornione, ma lo sguardo tradiva un velo di tristezza.

<< Si, Katy. Sono papà... >>

Si chinò fino ad arrivare alla stessa altezza della bambina e tese una mano verso di lei, la quale però indietreggiò per evitare di farsi toccare. Il sorriso sul volto di Isaac svanì.

<< Che c'è, piccola? Non riconosci più il tuo papà? >>

Katy non parlava. La voce le si era congelata. Avrebbe voluto piangere, ma le lacrime erano bloccate in un fastidioso nodo nella gola. Isaac si avvicinò, il dito della mano sinistra era tenuto costantemente sul grilletto del fucile.

<< Katy... >>
<< Lasciami stare! Tu non sei mio padre! >>
<< Come...?! >>

Katy capì che quella era stata la peggior idea mai avuta. Lo sguardo di Isaac mutò in un tripudio di rabbia e follia e si sollevò nuovamente, rivolgendo alla bambina un'occhiata assassina e crudele. Katy indietreggiò ma nella paura cadde a terra e cercò di rimettersi in piedi, strisciando sul pavimento.

<< Io sono tuo padre Katy! Io sono tuo padre!! >>

Isaac gridò in preda alla furia e puntò il fucile contro la bambina paralizzata dalla paura, gli occhi verdi puntati sulla doppia canna dell'arma.

<< E' quel mostro che ti ha soggiogato, non è vero? Ora stammi bene a sentire, Katy... Sono stato al tuo fianco e ti ho amato fin dal primo giorno che hai aperto gli occhi in questo miserabile mondo! Tu sei mia figlia, Katy, e i figli non si possono condividere. Se non posso averti io... Allora non sarai la figlia di nessun altro!! >>

 Katy si rialzò velocemente e corse via, cercando una via di fuga dall'edificio. Arrivò nella stanza con la finestra e si arrampicò per cercare di scavalcarla. Proprio quando i passi di Isaac si fecero più vicini, Katy riuscì ad uscire e ad atterrare fuori dalla struttura abbandonata, fuggendo nel bosco. Le lacrime avevano cominciato a scendere lungo il suo viso e il fiato si cristallizzava nella coltre fredda del mattino. Si guardava indietro per vedere se il suo aguzzino la stesse seguendo e ogni volta che lo vedeva avanzare verso di lei, il suo cuore batteva all'impazzata e implorava di uscire fuori dal suo petto.
Con lo sguardo offuscato dal pianto scrutava tra gli alberi in cerca di suo padre, ma tutto sembrava imprigionata da una folta nebbia calata in quei pochi minuti. Non molto dopo, Katy realizzò di essere smarrita nel bosco.
La nebbia si stava infittendo e più si guardava intorno, più il paesaggio intorno a lei spariva. Rimase ferma in silenzio, in attesa di un suono o di un movimento sospetto o familiare.
Nulla.
Solo il rumore del vento tra gli alberi.
Una calma inquietante.
Improvvisamente, la massa pesante di Isaac le piombò addosso facendole levare un grido assordante. Si dimenò disperatamente cercando di fugire via, ma venne stordita da un potente schiaffo da parte dell'uomo.
Perse sensibilità e coscienza. Si sentì sollevata e leggera.
Isaac non era più steso su di lei, si era rimesso in piedi e le puntava contro il fucile.

<< Speravo di non dover arrivare a tanto, amore mio... >>

La sua voce era affaticata, nessun segno di tristezza o di incrinazione in essa. Katy lo guardò negli occhi, voleva essere sicura di ciò che stava per succederle. Voleva vedere in faccia il suo assassino, vedere in faccia la sua stessa morte. Insicura se fosse mai nuovamente rinata per tornare di nuovo da suo padre, aspettò il colpo che avrebbe dovuto mettere fine alla sua prigionia in quel corpo da bambina.

Il suono secco di uno sparo rimbombò nel bosco.

  
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