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Autore: lucifromearth    21/10/2013    2 recensioni
"Ho sempre voluto scrivere, sai?
E non per quei fini eroici e strappalacrime che molti scrittori fingono di prefissarsi...
E nemmeno per la ricchezza e la fama...
Semplicemente per dimostrare che le parole sono vive, indipendenti, anzi, molte volte siamo noi succubi di loro... Le parole sono libere, come il vento, come la sua voce..."
Una vecchia macchina da scrivere.
Un'anima condannata.
A volte macchiarsi le mani con il sangue sembra l'unica soluzione.
In una storia dove la morte e la danza si accompagnano allo stesso tempo.
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Emma era nel vuoto.
Vuoto.
Completamente vuoto.
Non c'era niente di niente.
Niente.
Vuoto.
Che parole orribili.
La ragazza a volte si chiedeva perché esistessero parole tanto brutte, strazianti e desolate.
Si alzò in piedi e una fitta di dolore le attraversò la gamba. Non ci badò più di tanto dato che il suo problema principale era: dove si trovava in quel momento?
Iniziò a girare per quel posto che probabilmente non aveva nè inizio nè fine. Erano passate ore e a lei sembrava di essere ancora al punto di partenza.
Iniziò ad avere paura.
Il suo battito cardiaco aumentò vertiginosamente.
No! Doveva stare calma, solo stare calma.
Sarebbe finito tutto.
Si impose di ricacciare indietro le lacrime che le pizzicavano gli occhi sia per il terrore che stava lentamente prendendo possesso di lei, che per il dolore alla gamba che si stava facendo sempre più forte.
Cercò di tranquillizzarsi ancora una volta: in fondo, finchè lì c'era solo lei, non c'era neanche nessuno che l'avrebbe attaccata, ferita o peggio.
Annuì, come ragionamento non faceva una piega, si sentiva molto soddisfatta, almeno finché una risata amara non la fece trasalire.
Una risata di scherno che metteva i brividi.
Emma sentì il suo cuore chiudersi in una morsa e di colpo iniziò a correre e a scappare il più lontano possibile da lì, ovunque si trovasse.
La gamba ora le faceva malissimo, ma a lei non importava, voleva solo allontanarsi da quella terribile risata.
Il suo piano non aveva però nessuna intenzione di funzionare, la risata continuava a starle dietro e più che andarsene, pareva avvicinarsi sempre di più.
Ad un tratto una mano le afferrò il polso costringendola a fermarsie lei si sentì perduta.
Si voltò lentamente, preparandosi al peggio.
-Finn?!-
La ragazza lo abbracciò d'istinto.
-Ehi, perché non ti fermavi?- chiese lui stupito. Aveva il respiro affannato, probabilmente aveva corso per raggiungerla.
-Ma come non l'hai sentita?! Quella risata, sì! Era terribile!
Della risata non c'era più traccia.
-Io non ho sentito niente...
La guardò scettico, probabilmente pensava stesse impazzendo.
Probabilmente aveva ragione.
I due si sedettero uno di fanco all'altro, un po' per la stanchezza, un po' perché dovevano trovare una spiegazione logica a tutto quello che era appena successo.
Infatti, anche Finn si era ritrovato in quella landa desolata e quando aveva visto Emma aveva provato a chiamarla, ma lei era scappata. Emma non accennò neanche alla risata e al dolore alla gamba che, almeno per il momento, sembrava essersi placato.
Rimasero un po' a ragionare sul da farsi e arrivarono alla conclusione che stare lì a non far nulla era terribilmente inutile e che ,probabilmente, la cosa migliore era alzarsi e muoversi verso un qualsiasi posto.
Si erano appena alzati, e la gamba di Emma aveva appena ricominciato a dolergli, quando la ragazza sentì un rumore indistinto, troppo simile all'inizio di una risatina, troppo.
Deglutì nervosamente e strinse i pugni, ignorando la gamba che pulsava dal gran male, cercando di pensare che si era sbagliata, che non era nulla.
Tutto inutile.
La risata tornò più terribile di prima.
Emma impallidì e rimase impietrita.
Terrorizzata, guardò verso Finn che però sembrava non essersi accorto di nulla, lui era come sempre.
Tranne che per un particolare: un piccolo foro sulla camicia.
Il foro aveva cominciato ad espandersi con l'aumentare delle risate, per questo le ci volle poco per capire che non era un semplice foro su di una semplice camicia...
Pareva che qualcosa stesse bruciando il ragazzo, come se lui fosse un semplice foglio di carta, era la cosa peggiore che lei avesse mai visto.
Emma impallidì e gridò, terrorizzata: Finn sembrava non accorgersi di nulla, nè della terribile risata, nè del fatto che lui stesse scomparendo, nè del dolore terribile alla gamba della ragazza che l'aveva costretta ad inginocchiarsi.
Emma gridava sempre più forte, era un incubo, non capiva più nulla, immagini di persone attorno a lei, altre grida, sirene e poi...

Poi si svegliò.
Era davvero un incubo.
Impiegò un po' di tempo per capire che non si trovava a casa sua...
Quel letto era molto meno comodo del suo e la camera troppo illuminata per i suoi gusti, ma allora dov'era?
Fece per mettersi seduta e si accorse solo allora di avere qualcosa sul braccio che le dava fastidio: una flebo.
Vide sua madre seduta su una sedia con la testa appoggiata al tavolino di fronte, appisolata, vicino ad un armadietto con all'interno quelli che sembravano dei medicinali e a fianco al suo letto, su un comodino, dei fiori freschi e profumati.
Per un'attimo la chiarezza apparve lampante davanti ai suoi occhi.
-Ma... Ma sono in osp...
Non riuscì a finire la frase che Alice, che si era alzata di scatto, le si fiondò al collo per abbracciarla e scoppiò a piangere, felice.
-Stai bene! Ti sei svegliata! Bambina mia, non sai che spavento mi hai fatto prendere! Ti prego non farlo mai più! Ma devo chiamare il dottore! Tu non ti devi assolutamente riaddormentare, stai tranquilla, non ti alzare e... Aspetta!
Poi corse via, veloce come un fulmine; sbattendo la porta e lasciando Emma con un'espressione sbalordita sul volto.
Parlandole, l'aveva riempita di abbracci, baci, baci, abbracci, non che le dispiacesse ma...
Era impazzita?!

***

Nel frattempo, molto lontano da Emma e dai suoi problemi, in una casa semidistrutta e arroccata un uomo accendeva tranquillamente una sigaretta.
Saranno state più o meno le undici di sera, alla luce luce di una candela scriveva quella che sembrava una lettera di dimissioni.
Quando terminò, imbustò la lettera e l'appoggiò sul tavolo, riprendendo la sigaretta tra l'indice e il medio e assaporò il fumo appoggiandosi allo schienale della sedia.
Un ghigno si dipinse sul suo volto: tutto stava procedendo secondo i suoi piani.



N.d.A. Ehm, ok, lo so sono sparita per più di due mesi e mi dispiace, molto ma... Non avevo idee!
Comunque se vi piace, se non vi piace, se volete dirmi che devo ritirarmi, almeno fatemelo sapere!
RIngrazio i lettori silenziosi dell'ultimo capitolo e... Niente, spero di riuscire presto ad aggiornare.
Baci, Vera

  
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