Prologo.
«Non
credi che sia rischioso salire su quel ciliegio, Kimmy?»
La
voce trillante di un ragazzo riverberò nel giardino di casa Clark dove una
bambina di dodici anni, Kimberly, era intenta a compiere una delle sue solite
bravate.
Le
scure sopracciglia aggrottate, il giovane Winter, di quattordici anni, scrutò
l’amica d’infanzia con la segreta speranza di non vederla scivolare dal ramo
dove ella si trovava per raccogliere alcune ciliegie particolarmente belle.
In
cuor suo, però, sapeva che il suo piede era troppo vicino a scivolare.
Un
attimo dopo, avvenne quanto temuto.
Kimmy
scivolò clamorosamente, le ciliegie volarono tutt’attorno in una pioggia
rossastra e Win, pronto, si lanciò in direzione dell’amica. Presala al volo,
ruzzolarono a terra sull’erba smossa impedendo, di fatto, il peggio.
Confusa
e, sì, spaventata per quella caduta, Kimmy si guardò intorno confusa notando
solo vagamente le ciliegie sparse per il prato. La sua attenzione era
interamente indirizzata al ragazzo che, tanto coraggiosamente, l’aveva salvata
da un brutto capitombolo.
Sdraiato
a terra e con un braccio saldamente trattenuto contro il torace, Win aveva i
denti digrignati, ma non stava lamentandosi neppure in misura minima.
Subito,
Kimmy gli fu accanto e, non appena sfiorò il suo braccio, Win si lasciò
sfuggire un grugnito e una lacrima.
Kimmy
allora iniziò a piangere a dirotto, dispiaciuta per il dolore causato all’amico
e Win, riaprendo gli occhi nel sentirla piagnucolare, borbottò: «Sono io che mi
sono fatto male, e tu piangi? Non ha senso!»
«Ti
ho fatto male io!» singhiozzò irrefrenabile Kimmy, cercando di asciugarsi le
lacrime dal viso.
Le
mani, macchiate d’erba, le colorarono di verde il viso e Win, nonostante il
dolore, si ritrovò a sorridere.
Facendosi
forza sul braccio sano, si avvicinò all’amica e, dandole un buffetto sul naso,
replicò: «Ho sbattuto il gomito sulla terra, non sei stata tu.»
«Ma
se fossi stata più attenta…» iniziò a lagnarsi Kimmy, subito interrotta da Win.
«…
non saresti più stata Kimmy. Va tutto bene. Lo sai che penso io a proteggerti
dalla tua testa matta, no?» terminò per lei Win, strizzandole un occhio con
complicità.
«Win!»
strillò affranta Kimmy, gettandogli le braccia al collo e minacciando di farlo
cadere nuovamente per la foga di quel gesto.
Il
ragazzino accusò il colpo con stoicismo e la strinse per un momento con il
braccio sano, dandole confortevoli pacche sulla schiena prima di avvertire un
sibilo nel suo cuore.
Accigliandosi,
ascoltò con maggiore attenzione e, solo quando fu certo di aver compreso bene,
si lasciò andare all’abbraccio di Kimmy e pianse.
La
bambina interpretò quella reazione come uno scoppio ritardato del dolore
causato dalla caduta, perciò si limitò a tenerlo ancora stretto a sé, tentando
con vuote parole di confortarlo.
Avrebbe
scoperto poco tempo dopo cosa, realmente, aveva scosso tanto l’amico
d’infanzia.
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N.d.A.:
Ciao! Con questo breve prologo ha inizio la storia del primo dei quattro
gemelli Hamilton. Ben presto farete conoscenza con tutti loro. Nel
frattempo, vi ringrazio fin d’ora per aver deciso di leggere la mia storia.