Capitolo XVIII
Tornare
alla clinica dopo aver passato due giorni in
compagnia di Bill era come risvegliarsi da un sogno e ritrovarsi nella
realtà:
terribile.
Avevo avuto un assaggio di cos’era la vita
“vera”, una vita senza
preoccupazioni, senza pensare alla malattia o ad altro. Mi ero sentita
come una
ragazza in vacanza con il fidanzato per la prima volta: allegra,
entusiasta,
felice, spensierata.
Non appena messo piedi a Colonia ero stata invasa da pesantezza, il
pensiero di
tornare ai vecchi ritmi mi faceva rabbrividire.
-E così il bello è finito- sospirai abbattuta una
volta oltrepassato il
cancello.
-Non è esattamente così- mi corresse Bill, -i due
giorni di vacanza sono
finiti. Può esserci il “bello” anche qua
dentro-
-La vedo difficile- mugugnai sbuffando, bisognava riprendere a fare
esami,
lezioni di scuola.. sbuffai nuovamente.
-Sembri la teiera del the, piantala su- mi sgridò divertito
dal mio
comportamento, -Se ci siamo divertiti tanto non era perché
ci trovavamo a
Berlino, bensì perché eravamo insieme.
Esattamente come ora- non replicai, mi
limitai ad abbracciarlo. Vedeva sempre il lato positivo di ogni
situazione, era
ottimista. Lo ammiravo per questo, ma non approvavo, io ero il
contrario:
preferivo essere negativa – realista anzi –
piuttosto di sperare e rimanere
delusa.
-Programmi per oggi?- domandò cambiando discorso, mentre
prelevava qualcosa
dalle macchinette.
-Fra mezz’ora ho una visita con il dottor Güllimber,
poi pranzo, dalle due alle cinque sono in biblioteca con la
professoressa
Damischt- difficile
mantenere il sorriso
quando ti si prospettava una giornata del genere; -Tu invece?-
-Per ora nulla, dopo pranzo ho una visita con Merken e successivamente
mi viene
a trovare Tom-
-Ci vediamo stasera da te allora?- annuì, -Buona giornata, a
più tardi quindi-
dissi lasciandogli un bacio, per poi recarmi in camera.
Ero stata lontana solamente due giorni eppure rimetterci piede mi
creava uno
stato di claustrofobia, tanto che mi vidi costretta a spalancare tutte
le
finestre, nonostante l’aria fuori non fosse calda. Accanto
all’armadio erano
state posizionate – probabilmente da Saki – le
borse accumulate durante le ore
di shopping col cantante, per tutte le cose acquistate probabilmente mi
serviva
un armadio nuovo, costatai.
Mi diedi una veloce ripulita e mi sistemai per scendere a fare il
solito
controllo-chiacchierata con il dottore.
-Buondì piccola Mel!- mi accolse sorridente, invitandomi a
prendere posto di
fronte alla sua scrivania disordinata e colma di fogli ovunque.
-Giorno!- ricambiai il sorriso.
-Allora, vedo che i due giorni con il signorino Kaulitz hanno avuti
buoni
risvolti sulla tua salute- commentò guardandomi
attentamente, mentre io cercavo
di trattenermi dal ridere di fronte all’espressione
“signorino Kaulitz”; -Sei
meno pallida, hai ripreso colore- notò soddisfatto.
-Già- risposi semplicemente.
-Per il resto come stai? Domani riprenderai la terapia, hai
più sentito
malesseri?- mi interrogò, scossi la testa.
-Bene, perfetto- controllò la cartella clinica, -Ci sono dei
miglioramenti-
-Speriamo sia la volta buona, stavolta- brontolai, non era la prima
volta che passavo
un periodo “tranquillo” pensando tutto si stesse
rimettendo a posto, poi
puntualmente tutte le speranze mi ricadevano addosso e con loro la mia
voglia
di pensare positivamente.
-Direi che è tutto, ci vediamo la settimana prossima-
Tornai in camera che era ora di pranzo, Rossella era già
là ad attenermi con il
vassoio pieno di cose da mangiare e un sorriso vagamente malizioso
stampato sul
viso.
-Salve Ross- salutai felice di rivederla.
-Ciao Mel- mi porse il piatto e si sedette sulla sedia di fianco a me.
-Scusa, non devi lavorare?- chiesi tra un boccone e l’altro.
-Sono in pausa pranzo e ho deciso di farti compagnia- si
sistemò meglio seduta,
-non mi dici nulla?-
-Cosa vuoi che ti dica scusa?- evitai di guardarla.
-Ciccia, sono un po’ più vecchia di te –
giusto cinque o sei annetti nulla di
che! – e mi accorgo di certe
cose.
Appena ti ho visto stamattina mi sei sembrata radiosa, camminavi quasi
a tre
metri da terra- mi spiegò.
-Magari ti sbagli- scrollai le spalle, già sapendo dove
voleva andare a parare.
-No cara, non mi sbaglio.. mai.
Ora che hai finito di mangiare ti
metti tranquilla e racconti tutto a zia Ross- ghignò. Io
deglutì.
-E’ stato un bel week-end- continuava a fissarmi in attesa.
-Oh non l’avevo capito guarda!- esclamò
sarcastica.
-Okay, siamo andati al ristorante, all’opera, a fare shopping
e..- mi bloccai
arrossendo fino ai piedi.
-Oh, lo sapevo!- affermò allegra, abbracciandomi di colpo.
-Sei una piccola donna ora!- sembrava commossa,
in effetti da quando ero in clinica mi aveva fatto da seconda madre.
Borbottai
qualcosa di indefinito come risposta.
-Va bene ho capito, non indago oltre- fece l’occhiolino,
-sono contenta per te
comunque- sorrise affettuosa.
-Ah zia Ross- citai la sua frasi di prima usando lo stesso tono
civettuolo, -tu
sei sempre euforica, ma
è da un po’
che ti vedo più effervescente.
Centra
per causo un bel dottore dai capelli rossi?- ghignai mentre sprofondava
nella
sedia.
-NO!- negò, troppo, troppo velocemente.
-Ah, ormai ti conosco anche io! Avevo immaginato sarebbe successo prima
o poi!-
-Devo andare a lavoro, scusa, ciao!- mi baciò su una guancia
prima di sparire
ridacchiando fuori dalla camera.
A quanto pare non ero stata l’unica a essere colpita dalla
freccia di Cupido.
Non sapendo che fare impiegai un po’ di tempo sistemando i
vestiti comprati da
Bill nell’armadio, cercando di farci entrare tutto. Passata
una mezz’oretta
dovetti ripescare lo zaino e i libri di storia e tedesco, di
malavoglia. In
quei giorni ero stata concentrata su Bill e non avevo neanche pensato
agli
imminenti esami di maturità, che
palle!
Lentamente raggiunsi la biblioteca, puntuale la professoressa mi stava
aspettando racchiusa in un paio di jeans a vita troppo
alta e una camicia rossa, con una spilla vistosa attaccata
in alto.
-Buongiorno- mi accomodai di fronte a lei, cercando di non farle capire
quanto
volessi essere da un’altra parte.
-Buongiorno Melpomene- grugnì senza farmi sentire, non mi
piaceva esser chiamata
con il mio nome intero. Solo una persona poteva: Bill.
-Ti vedo in forma- commentò non badando al mio disappunto,
-meglio così: potrai
studiare meglio!- mi rimbeccò, -in questi mesi hai battuto
la fiacca, è ora di
mettersi di impegno, ne va del tuo futuro-
Futuro, sembrava scontato ne avessi uno.
-Tira fuori storia, devi farmi vedere l’argomento che hai
scelto per la tesina-
ordinò, via alla tortura.
Tre
ore, dieci romanzine, una ventina di urli silenziosi e
disperati dopo potei finalmente rientrare nella mia stanza. Quando una
giornata
inizia quasi bene, per proseguire benino-maluccio-male, non
può che peggiorare.
Era il giorno delle imboscate? Davanti al mio letto mi attendevano a
braccia
aperte mia madre e molto stranamente, anche mio padre.
-Cosa ci fate qui?- chiesi velocemente, dopo essermi districata
dall’abbraccio
in cui mi avevano coinvolta, contro il
mio volere.
-Volevamo vederti, è così strano?
L’ultima volta che ti ho vista, beh..
l’occasione non era delle migliori, concorderai con me-
intervenne Hans, mio
padre. In effetti la sua visita risaliva a quando ero finita in coma.
-No, solo non me lo aspettavo- dissi, -mi fa piacere vedervi- continuai
per
rimediare alla maleducazione precedente.
-Non sembrava- ridacchiò mia madre.
-Dov’è questo Bill? Tua madre l’ha visto
e io no, non me lo presenti?- saltò
fuori mio padre, da quando in qua gli interessava la gente con cui
uscivo?
Qualcosa mi diceva si fosse attivata la gelosia patriarcale.
-Oggi pomeriggio è impegnato, ha un controllo e poi passa il
fratello a
trovarlo- sorrisi senza farmi vedere, meglio evitare
l’incontro. Papà non
sembrava della stessa opinione però.
-Va bene, sarà per un’altra volta..-
-Cambiando discorso,- intervenne lei, -Com’è
andata con Bill?- era
pericolosamente curiosa, anche lei.
-Bene- sorrisi sincera, -mi ha portata in un bel ristorante,
all’opera. Ah,
grazie mamma per avergli suggerito l’Aida, opera meravigliosa
come ricordavo!
Poi mi ha fatto sentire la sua nuova canzone e io ho contribuito
creandone la
musica al piano, si perché al Ritz la suite ha perfino
quello strumento! Che
bellezza, in effetti mi era mancato suonare- dissi tutto d’un
fiato,
gesticolando; -poi mi ha portato a fare shopping, mi ha comprato un
mucchio di
cose e non mi ha fatto pagare nulla! Infine siamo andati su un parco
molto
carino alla periferia di Berlino, abbiamo fatto tante foto e mi sono
divertita
come non mai- raccontai tutto brevemente, mentre mi guardavano felici e
soddisfatti.
-Questo Bill mi piace- confessò mio padre, -Da troppo non ti
vedevo così-
-Bill è fantastico- mugugnai imbarazzata.
-Hans, senti puoi andare a parlare con il dottor G.? Così
intanto Mel mi mostra
cos’ha comprato- appena papà sentì il
verbo “comprare” e “mostrare”
si dileguò
senza opporre resistenza, era allergico allo shopping, tutto
ciò che indossava
glielo comprava la mamma.
-Okay, ora che siamo sole- si sedette vicino a me, -mi racconti
ciò che hai
omesso. E sono certa tu abbia omesso qualcosa-
Oh no, ti prego anche lei, no! No!
-Mh..- evitai di guardarla.
-Dai, è stato come te lo aspettavi? Ha fatto male? Ti
è piaciuto? Dai
raccontami!- la sua voce sembrava quella di una bambina capricciosa,
nel mentre
diceva ciò io ero andata a nascondermi sotto il lenzuolo,
urlando un flebile e
imbarazzatissimo “mamma!”.
-Mamma un cavolo, sono stata adolescente anche io. Non è mica
passato tanto, sai?- tirai fuori
la testa solo per guardarla scettica.
-Non guardarmi così, su!- la conoscevo troppo bene per
sperare avrebbe
desistito, più mi mostravo reticente a parlare
più avrebbe insistito, tanto
valeva parlare subito. Che vergogna!
-Allora..- presi fiato, mentre lei si animava di
curiosità, -Non è stato
come me lo aspettavo, è stato meglio. Inizialmente ha fatto
male, poi non ci ho
più fatto caso. Mi è piaciuto, lui è
stato dolcissimo. Contenta?- parlai a
raffica.
-Di più! La prima volta deve essere speciale, e dal sorriso
ebete che hai in
faccia deduco che la tua è stata proprio così-
-Esatto! Ora, senti, cambiamo discorso? Sai che mi vergogno!- la pregai.
-So che non aggiungeresti altri dettagli..- sbuffò,
-piuttosto dimmi, che brano
hai scelto per lo show della settimana prossima?-
Segnale d’allarme da parte del mio cervello, show? Qualcosa
mi sfuggiva.
-Show?- domandai cauta, mentre lei ricambiò con sguardo
attonito.
-Non te ne sarai dimenticata!- sibilò scioccata, -Te ne
avevo parlato un paio
di mesi fa, e tu avevi acconsentito! Quello che organizza la clinica
ogni anno
per riunire i parenti e raccogliere fondi!- spiegò ovvia.
-Oh- mi venne in mente qualcosa, frammenti della conversazione.
Tutt’al più
ricordavo lei che parlava, e parlava, e parlava, poi ogni tanto mi
domandava
qualcosa e io annuivo distrattamente. Fra tutte quelle domande
probabilmente
c’era la richiesta di esibirmi, e io intelligentemente avevo
dato una risposta
affermativa senza neanche prestare attenzione a ciò che
blaterava. –Ora
ricordo- circa, aggiunsi
mentalmente.
-Oggi ha chiamato la direzione per ricordarci dell’evento,
per fortuna te ne ho
parlato!- esclamò, -tanto non avrai problemi a preparare
qualcosa in sette
giorni, sei mia figlia in fondo!- sorrise ammiccando. Che consolazione.
-Mamma…- inziai con tono implorante, anche se sapevo non
avrebbe ceduto.
-Niente mamma Melpomene!- mi ammonì, -Ora vado, ci vediamo
la settimana
prossima!- fece l’occhiolino e mi abbracciò, prima
di andarsene assieme a papà,
arrivato in quel momento.
Mi buttai all’indietro premendo la testa contro il cuscino.
-Fantastico.. io che non riesco neanche a parlare con una persona
dovrò cantare
davanti a tutti.. tzè! Voglio vedere cosa succede,
sicuramente inciamperò giù
dal palco o stonerò.. oppure dimenticherò la
canzone! Oh scheisse! La canzone!
Devo scegliere pure quella! Che schifo, che
palle! Che stranzio!- borbottavo sbuffando ad ogni parola.
-Da quando parli da sola Mel? Due giorni e già impazzisci?
Cerchi di soffocarti
con un cuscino?-
No, quella voce no! Sapevo cosa significava la sua presenza nella
stanza, avrei
subito un interrogatorio. Ancora. Di nuovo.
-Ciao Julia- mormorai alzandomi di malavoglia e lasciandole spazio
vicino a me.
-Ti vedo poco felice di vedermi. Non ti sono mancata?- disse con tono
teatrale,
-ah, certo che no! Scommetto che Billuzzo ti ha tenuta particolarmente
impegnata!- ammiccò esageratamente nella mia direzione.
-COSA DICI?- sbottai tentando di coprirla con un cuscino.
-Oh dai, non sono nata ieri! Sono tua amica, è obbligatorio
raccontare certe
cose, anche i dettagli!- odiavo quando tirava fuori l’arma
dell’amicizia,
perché se non facevo quello che mi chiedeva mi venivano i
sensi di colpa.
-So il programma delle giornate, però voglio sapere come si
sono svolte.
Allora, primo giorno: arrivo al Ritz e all’opera:
com’è stato, cos’hai fatto.
Parla parla!- mi
esortò porgendo un
pacchetto di caramelle, credeva di essere al cinema forse?
-Ma scusa, la sera mi hai chiamata, sai già tutto-
-No, non so cosa è successo dopo,
una
volta tornati all’hotel- mi contraddisse sicura.
Non avevo scampo.
-Ha scritto una canzone per il nuovo album, me l’ha fatta
leggere. Mi ha detto
gli mancava la musica perché voleva avesse un sound diverso,
così mi sono
offerta di aiutarlo e così una mia composizione al piano
è diventata la base di
“Zoom”
– la canzone- dissi.
Mi fermai, il suo sguardo però era deciso: dovevo continuare.
-Ci siamo baciati, e..- arrossì, mentre lei spalancava la
bocca sorpresa,
-abbiamofattol’amore- soffiai velocemente.
-AAAAAAAAAAAAH!- saltò facendo uscire parecchie caramelle
dalla confezione.
-Sei cretina?- le tappai la bocca, il mio viso doveva aver assunto una
graduazione del viola.
-Ora ti faccio le domande base a cui devi rispondere, pronta?-
annuì, anche se
non lo ero per niente. Ingoiai qualche dolcetto per darmi coraggio.
-Allora, primo: ti ha chiesto la conferma o è partito
spedito?-
-Mi ha chiesto la conferma, due volte- risposi senza guardarla.
-Okay, questo gli da qualche punto in più. Ora, ti sei
lasciata andare o sei
rimasta immobile dalla tensione?-
-Insomma.. cosa vuoi che ti dica?- mi coprì il viso con le
mani, -ovviamente
ero nervosa all’inizio, poi mi sono lasciata andare!-
-Bene- disse soddisfatta, -Preliminari?- annuì.
-E’ bravo a letto?- mi squadrò maliziosa, mentre
mi trattenevo dal risponderle
male.
-Non ho altri termini di paragone sai- inarcai un sopracciglio,
-però… sì-
mormorai.
-Ultima domanda..-
fece una pausa
d’effetto, -sei..- la bloccai prima che dicesse altro.
-Non chiedere quello che stai per chiedere!- la ammonì
categorica, facendola
ridacchiare.
-Va beeeene! Ora,
vediamo.. il giorno
dopo: shopping e parco? Dimmi-
Faticai a trattenere il sorriso pensando a quella giornata, soprattutto
al
magnifico risveglio.
-Ci siamo svegliati abbracciati- raccontai con tono dolce, -Poi..
avevamo
bisogno di una doccia, entrambi..- lasciai la frase volutamente in
sospeso, i
suoi occhi si allargarono a dismisura, era incredula e presa alla
sprovvista.
-Cioè, nella vasca?- chiese conferma, io risposi
positivamente, guardando con
insistenza il letto.
-Esatto- confermai, probabilmente senza parole si limitò a
darmi una pacca
sulla spalla.
-E brava la ragazzina pudica- ignorai il commento e continuai a
snocciolare i
fatti della giornata.
-Mi ha trascinato per quasi tre ore all’interno del KaDeWe,
ti giuro: dopo ero
esausta! Una volta usciti abbiamo raggiunto il parco e siamo rimasti
lì fino a
sera, chiacchierando e scattando fotografie, ne ho fatte un sacco, una
più
bella dell’altra- esposi fra le nuvole.
-Poi voglio vederle, mi raccomando! Quindi Bill ti ha fatto proprio
contenta,
deduco-
-Ho passato i momenti più belli della mia vita in sua
compagnia- confessai.
-Ora sono io a chiedere di cambiare discorso, altrimenti mi deprimo
visto che
sono sigle e sola- esibì una faccia fintamente disperata,
simulando un pianto
convulso e facendomi scuotere la testa, era assurda.
-Lo show della clinica- proposi in un grugnito non molto femminile.
-Ah giusto! Me ne stavo dimenticando!- come me, quindi..
–Oggi sono passate le
liste dei partecipanti, come mai non mi hai detto sei iscritta?-
-Perché me n’ero completamente dimenticata! Se non
fosse stato per mia madre
neanche mi veniva in mente!- cercai di giustificarmi.
-Bill ti ha proprio fottuto! In tutti i sensi- scoppiò a
ridere della sua
stessa battuta.
-Simpatica! Non ho neppure pensato a una canzone, mi prende
l’ansia già
adesso!-
-Dai non è così difficile, ci sarà un
testo che ti piace più degli altri,
magari che sai già visto che non hai tempo per provare
tanto.. visto che te ne
sei dimenticata- mi prese in giro, -poi potresti anche suonare, no?-
Pensai a qualcosa di adatto, le mie conoscenze musicali comprendevano
artisti
di musica classica e ultimamente.. i Tokio Hotel.
All’improvviso mi venne
un’idea, una canzone che studiavo prima di entrare in clinica.
-Ho trovato!- saltai per l’illuminazione, allegra.
-Quale?- domandò interessata.
-Sorpresa!- feci l’occhiolino, -tu piuttosto, partecipi?-
-Non mi vedrai di certo cantare, considerando sono stonata peggio di
una
campana, se non peggio- si grattò la testa, -avrò
uno stand con tutti i miei
trucchi, curerò il make-up della gente che
c’è qua.. tutti così sciatti-
continuò lamentandosi.
-Figo, sei brava. Ricordati che sei prenotata come stylist- le
ricordai.
-Certo! Ora vado, ti lascio riposare.. anche se sono convinta correrai
subito
da Bill- in effetti era mia intenzione. Si alzò dirigendosi
verso la porta.
-Ah Julia?- la richiamai, -Grazie per aver aiutato Bill ha organizzare
tutto
e..- feci una pausa, -La risposta è sì- strizzai
l’occhio, lei uscì dalla mia
stanza riempiendo il corridoio della sua risata cristallina e gioiosa.
Era quasi ora di cena perciò ne approfittai per fare una
lunga doccia – sentivo
già la mancanza del bagno super accessoriato
dell’hotel – e mi sedetti
prendendo un libro a caso per leggere qualcosa e passare il tempo.
E’ cosa universalmente nota che, quando vuoi qualcosa, i
minuti si dilatano a
proprio piacimento, le lancette dei secondi rallentano fino quasi a
fermarsi e
sembra di essere intrappolati in una dimensione statica, immobile.
”Die Zeit läuft, halt sie auf! Zeit
läuft“ Mi
misi a canticchiare piano mentre giocavo con
un pezzo di pomodoro nel piatto, lo infilzai con la forchetta e lo
abbandonai
lì non appena mi arrivò un messaggio di Bill,
anche lui si stava annoiando come
me, così mi chiedeva di raggiungerlo e io –
ovviamente – eseguì
l’”ordine”.
Bussai
e mi bloccai davanti alla porta di fronte all’immagine
che mi si presentava davanti, Bill era venuto ad aprirmi ma in versione
decisamente più “casalinga”: portava una
tuta arancione scuro che cadeva
debolmente sul suo fisico, evidenziandone la magrezza e facendolo
sembrare un cucciolo indifeso.
Aveva il viso
completamente struccato, né fondotinta né
un’ombra di ombretto o matita nera, i
capelli li teneva legati in una disordinata coda, probabilmente era
appena
uscito dalla doccia poiché intravidi le punte leggermente
arricciate. Mi
riscossi salutandolo con un bacio e lasciandomi accogliere da quelle
braccia
che, seppur magre e gracili, mi facevano sentire protetta e a casa: “Casa
è
dove si trova il cuore”.
-Buonasera principessa- salutò portandomi sul letto assieme
a lui.
-‘Sera superstar- poggiai la tasta sul suo collo e facendomi
inebriare dal suo
dolce profumo.
-Com’è andata oggi?- domandò
accarezzandomi un braccio.
-E’ stata una giornata pesante, credevo avesse raggiunto il
culmine dopo la
lezione con la prof, poi però sono arrivati i miei genitori,
mia madre mi ha
fatto il terzo grado, successivamente ci si è aggiunta
Julia, la prima però è
stata Rossella- sbuffai, facendolo ridere.
-Non è divertente!- ribattei piccata.
-Si invece- esclamò, -Tom ha fatto lo stesso, se ti consola-
Mi raccontò di come l’avesse assalito non appena
si erano incontrati, voglioso
di conoscere tutti i dettagli,
alla
fine mi ritrovai a pensare che era messo anche peggio di me,
perché il gemello
non gli aveva risparmiato nessuna domanda.
-Con il medico, invece?- chiesi.
-Tutto bene, la riabilitazione procede. Nessuna complicazione, posso
tornare a
cantare come prima- mi informò con un’espressione
felice; -Domani ho un altro
controllo e poi devo sentire David. Oggi poi è venuto a
“trovarmi” il direttore
della clinica e mi ha chiesto di cantare allo show della settimana
prossima,
non sapevo neanche ci fosse questo show! Comunque ho accettato, ho
visto che
partecipi anche tu!-
-Ti prego, non ricordarmelo! Mi ha iscritta mia madre un paio di mesi
fa, me
n’ero completamente scordata, per fortuna me l’ha
riportato in mente lei questo
pomeriggio! Insomma.. già mi vergogno a parlare con le
persone, come farò a
cantare davanti a tutti? Ho già messo in conto
cadrò oppure steccherò- mi
sfogai muovendo le mani nervosamente e guardando il soffitto. Mi
sorprese
prendendomi tutte e due le braccia e voltando il volto verso il suo,
così da
fissarlo bene negli occhi.
-Mel, rilassati- soffiò sul mio viso, -Sei brava, non devi
preoccuparti- posò
le sue labbra sulle mie.
E così le preoccupazioni sparirono. E così smisi
di pensare. E così le cose
attorno a noi si offuscarono.
“Bill, grazie per tutto. C’è un
‘ti amo’ che
aleggia nella mia mente. Chissà, un giorno te lo
dirò.
Ehi Bill, sei diventato la mia vita”