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Autore: unleashedliebe    23/10/2013    3 recensioni
2008, il tour dei Tokio Hotel viene interrotto a causa dei problemi alla gola del cantante Bill Kaulitz.
“-Tu sei musica- sussurrai guardandolo negli occhi, mentre il suo viso si apriva in un sorriso innamorato.
-Sembri un’illusione- sussurrai. -Sono qua, al tuo fianco- mormorò caldo, rabbrividì.
-Sei bello, troppo. È normale domandarsi se esisti veramente, sai? Tanta perfezione in una persona non è ammessa. Tu, tu sei l’eccezione alla regola Bill-"

L’amore colpisce all’improvviso, non si è padroni di scegliere la persona di cui ci si innamora, succede e basta. Questo Bill e Mel lo sanno bene.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(c)ADL

Capitolo XVIII 

Tornare alla clinica dopo aver passato due giorni in compagnia di Bill era come risvegliarsi da un sogno e ritrovarsi nella realtà: terribile.
Avevo avuto un assaggio di cos’era la vita “vera”, una vita senza preoccupazioni, senza pensare alla malattia o ad altro. Mi ero sentita come una ragazza in vacanza con il fidanzato per la prima volta: allegra, entusiasta, felice, spensierata.
Non appena messo piedi a Colonia ero stata invasa da pesantezza, il pensiero di tornare ai vecchi ritmi mi faceva rabbrividire.
-E così il bello è finito- sospirai abbattuta una volta oltrepassato il cancello.
-Non è esattamente così- mi corresse Bill, -i due giorni di vacanza sono finiti. Può esserci il “bello” anche qua dentro-
-La vedo difficile- mugugnai sbuffando, bisognava riprendere a fare esami, lezioni di scuola.. sbuffai nuovamente.
-Sembri la teiera del the, piantala su- mi sgridò divertito dal mio comportamento, -Se ci siamo divertiti tanto non era perché ci trovavamo a Berlino, bensì perché eravamo insieme. Esattamente come ora- non replicai, mi limitai ad abbracciarlo. Vedeva sempre il lato positivo di ogni situazione, era ottimista. Lo ammiravo per questo, ma non approvavo, io ero il contrario: preferivo essere negativa – realista anzi – piuttosto di sperare e rimanere delusa.
-Programmi per oggi?- domandò cambiando discorso, mentre prelevava qualcosa dalle macchinette.
-Fra mezz’ora ho una visita con il dottor G
üllimber, poi pranzo, dalle due alle cinque sono in biblioteca con la professoressa Damischt-  difficile mantenere il sorriso quando ti si prospettava una giornata del genere; -Tu invece?-
-Per ora nulla, dopo pranzo ho una visita con Merken e successivamente mi viene a trovare Tom-
-Ci vediamo stasera da te allora?- annuì, -Buona giornata, a più tardi quindi- dissi lasciandogli un bacio, per poi recarmi in camera.
Ero stata lontana solamente due giorni eppure rimetterci piede mi creava uno stato di claustrofobia, tanto che mi vidi costretta a spalancare tutte le finestre, nonostante l’aria fuori non fosse calda. Accanto all’armadio erano state posizionate – probabilmente da Saki – le borse accumulate durante le ore di shopping col cantante, per tutte le cose acquistate probabilmente mi serviva un armadio nuovo, costatai.
Mi diedi una veloce ripulita e mi sistemai per scendere a fare il solito controllo-chiacchierata con il dottore.
-Buondì piccola Mel!- mi accolse sorridente, invitandomi a prendere posto di fronte alla sua scrivania disordinata e colma di fogli ovunque.
-Giorno!- ricambiai il sorriso.
-Allora, vedo che i due giorni con il signorino Kaulitz hanno avuti buoni risvolti sulla tua salute- commentò guardandomi attentamente, mentre io cercavo di trattenermi dal ridere di fronte all’espressione “signorino Kaulitz”; -Sei meno pallida, hai ripreso colore- notò soddisfatto.
-Già- risposi semplicemente.
-Per il resto come stai? Domani riprenderai la terapia, hai più sentito malesseri?- mi interrogò, scossi la testa.
-Bene, perfetto- controllò la cartella clinica, -Ci sono dei miglioramenti-
-Speriamo sia la volta buona, stavolta- brontolai, non era la prima volta che passavo un periodo “tranquillo” pensando tutto si stesse rimettendo a posto, poi puntualmente tutte le speranze mi ricadevano addosso e con loro la mia voglia di pensare positivamente.
-Direi che è tutto, ci vediamo la settimana prossima-
Tornai in camera che era ora di pranzo, Rossella era già là ad attenermi con il vassoio pieno di cose da mangiare e un sorriso vagamente malizioso stampato sul viso.
-Salve Ross- salutai felice di rivederla.
-Ciao Mel- mi porse il piatto e si sedette sulla sedia di fianco a me.
-Scusa, non devi lavorare?- chiesi tra un boccone e l’altro.
-Sono in pausa pranzo e ho deciso di farti compagnia- si sistemò meglio seduta, -non mi dici nulla?-
-Cosa vuoi che ti dica scusa?- evitai di guardarla.
-Ciccia, sono un po’ più vecchia di te – giusto cinque o sei annetti nulla di che! – e mi accorgo di certe cose. Appena ti ho visto stamattina mi sei sembrata radiosa, camminavi quasi a tre metri da terra- mi spiegò.
-Magari ti sbagli- scrollai le spalle, già sapendo dove voleva andare a parare.
-No cara, non mi sbaglio.. mai. Ora che hai finito di mangiare ti metti tranquilla e racconti tutto a zia Ross- ghignò. Io deglutì.
-E’ stato un bel week-end- continuava a fissarmi in attesa.
-Oh non l’avevo capito guarda!- esclamò sarcastica.
-Okay, siamo andati al ristorante, all’opera, a fare shopping e..- mi bloccai arrossendo fino ai piedi.
-Oh, lo sapevo!- affermò allegra, abbracciandomi di colpo.
-Sei una piccola donna ora!- sembrava commossa, in effetti da quando ero in clinica mi aveva fatto da seconda madre. Borbottai qualcosa di indefinito come risposta.
-Va bene ho capito, non indago oltre- fece l’occhiolino, -sono contenta per te comunque- sorrise affettuosa.
-Ah zia Ross- citai la sua frasi di prima usando lo stesso tono civettuolo, -tu sei sempre euforica, ma è da un po’ che ti vedo più effervescente. Centra per causo un bel dottore dai capelli rossi?- ghignai mentre sprofondava nella sedia.
-NO!- negò, troppo, troppo velocemente.
-Ah, ormai ti conosco anche io! Avevo immaginato sarebbe successo prima o poi!-
-Devo andare a lavoro, scusa, ciao!- mi baciò su una guancia prima di sparire ridacchiando fuori dalla camera.
A quanto pare non ero stata l’unica a essere colpita dalla freccia di Cupido. Non sapendo che fare impiegai un po’ di tempo sistemando i vestiti comprati da Bill nell’armadio, cercando di farci entrare tutto. Passata una mezz’oretta dovetti ripescare lo zaino e i libri di storia e tedesco, di malavoglia. In quei giorni ero stata concentrata su Bill e non avevo neanche pensato agli imminenti esami di maturità, che palle!
Lentamente raggiunsi la biblioteca, puntuale la professoressa mi stava aspettando racchiusa in un paio di jeans a vita troppo alta e una camicia rossa, con una spilla vistosa attaccata in alto.
-Buongiorno- mi accomodai di fronte a lei, cercando di non farle capire quanto volessi essere da un’altra parte.
-Buongiorno Melpomene- grugnì senza farmi sentire, non mi piaceva esser chiamata con il mio nome intero. Solo una persona poteva: Bill.
-Ti vedo in forma- commentò non badando al mio disappunto, -meglio così: potrai studiare meglio!- mi rimbeccò, -in questi mesi hai battuto la fiacca, è ora di mettersi di impegno, ne va del tuo futuro-
Futuro, sembrava scontato ne avessi uno.
-Tira fuori storia, devi farmi vedere l’argomento che hai scelto per la tesina- ordinò, via alla tortura.

Tre ore, dieci romanzine, una ventina di urli silenziosi e disperati dopo potei finalmente rientrare nella mia stanza. Quando una giornata inizia quasi bene, per proseguire benino-maluccio-male, non può che peggiorare. Era il giorno delle imboscate? Davanti al mio letto mi attendevano a braccia aperte mia madre e molto stranamente, anche mio padre.
-Cosa ci fate qui?- chiesi velocemente, dopo essermi districata dall’abbraccio in cui mi avevano coinvolta, contro il mio volere.
-
Volevamo vederti, è così strano? L’ultima volta che ti ho vista, beh.. l’occasione non era delle migliori, concorderai con me- intervenne Hans, mio padre. In effetti la sua visita risaliva a quando ero finita in coma.
-No, solo non me lo aspettavo- dissi, -mi fa piacere vedervi- continuai per rimediare alla maleducazione precedente.
-Non sembrava- ridacchiò mia madre.
-Dov’è questo Bill? Tua madre l’ha visto e io no, non me lo presenti?- saltò fuori mio padre, da quando in qua gli interessava la gente con cui uscivo? Qualcosa mi diceva si fosse attivata la gelosia patriarcale.
-Oggi pomeriggio è impegnato, ha un controllo e poi passa il fratello a trovarlo- sorrisi senza farmi vedere, meglio evitare l’incontro. Papà non sembrava della stessa opinione però.
-Va bene, sarà per un’altra volta..-
-Cambiando discorso,- intervenne lei, -Com’è andata con Bill?- era pericolosamente curiosa, anche lei.
-Bene- sorrisi sincera, -mi ha portata in un bel ristorante, all’opera. Ah, grazie mamma per avergli suggerito l’Aida, opera meravigliosa come ricordavo! Poi mi ha fatto sentire la sua nuova canzone e io ho contribuito creandone la musica al piano, si perché al Ritz la suite ha perfino quello strumento! Che bellezza, in effetti mi era mancato suonare- dissi tutto d’un fiato, gesticolando; -poi mi ha portato a fare shopping, mi ha comprato un mucchio di cose e non mi ha fatto pagare nulla! Infine siamo andati su un parco molto carino alla periferia di Berlino, abbiamo fatto tante foto e mi sono divertita come non mai- raccontai tutto brevemente, mentre mi guardavano felici e soddisfatti.
-Questo Bill mi piace- confessò mio padre, -Da troppo non ti vedevo così-
-Bill è fantastico- mugugnai imbarazzata.
-Hans, senti puoi andare a parlare con il dottor G.? Così intanto Mel mi mostra cos’ha comprato- appena papà sentì il verbo “comprare” e “mostrare” si dileguò senza opporre resistenza, era allergico allo shopping, tutto ciò che indossava glielo comprava la mamma.
-Okay, ora che siamo sole- si sedette vicino a me, -mi racconti ciò che hai omesso. E sono certa tu abbia omesso qualcosa-
Oh no, ti prego anche lei, no! No!
-
Mh..- evitai di guardarla.
-Dai, è stato come te lo aspettavi? Ha fatto male? Ti è piaciuto? Dai raccontami!- la sua voce sembrava quella di una bambina capricciosa, nel mentre diceva ciò io ero andata a nascondermi sotto il lenzuolo, urlando un flebile e imbarazzatissimo “mamma!”.
-
Mamma un cavolo, sono stata adolescente anche io.  Non è mica passato tanto, sai?- tirai fuori la testa solo per guardarla scettica.
-Non guardarmi così, su!- la conoscevo troppo bene per sperare avrebbe desistito, più mi mostravo reticente a parlare più avrebbe insistito, tanto valeva parlare subito. Che vergogna!
-
Allora..- presi fiato, mentre lei si animava di curiosità, -Non è stato come me lo aspettavo, è stato meglio. Inizialmente ha fatto male, poi non ci ho più fatto caso. Mi è piaciuto, lui è stato dolcissimo. Contenta?- parlai a raffica.
-Di più! La prima volta deve essere speciale, e dal sorriso ebete che hai in faccia deduco che la tua è stata proprio così-
-Esatto! Ora, senti, cambiamo discorso? Sai che mi vergogno!- la pregai.
-So che non aggiungeresti altri dettagli..- sbuffò, -piuttosto dimmi, che brano hai scelto per lo show della settimana prossima?-
Segnale d’allarme da parte del mio cervello, show? Qualcosa mi sfuggiva.
-Show?- domandai cauta, mentre lei ricambiò con sguardo attonito.
-Non te ne sarai dimenticata!- sibilò scioccata, -Te ne avevo parlato un paio di mesi fa, e tu avevi acconsentito! Quello che organizza la clinica ogni anno per riunire i parenti e raccogliere fondi!- spiegò ovvia.
-Oh- mi venne in mente qualcosa, frammenti della conversazione. Tutt’al più ricordavo lei che parlava, e parlava, e parlava, poi ogni tanto mi domandava qualcosa e io annuivo distrattamente. Fra tutte quelle domande probabilmente c’era la richiesta di esibirmi, e io intelligentemente avevo dato una risposta affermativa senza neanche prestare attenzione a ciò che blaterava.  –Ora ricordo- circa, aggiunsi mentalmente.
-Oggi ha chiamato la direzione per ricordarci dell’evento, per fortuna te ne ho parlato!- esclamò, -tanto non avrai problemi a preparare qualcosa in sette giorni, sei mia figlia in fondo!- sorrise ammiccando. Che consolazione.
-Mamma…- inziai con tono implorante, anche se sapevo non avrebbe ceduto.
-Niente mamma Melpomene!- mi ammonì, -Ora vado, ci vediamo la settimana prossima!- fece l’occhiolino e mi abbracciò, prima di andarsene assieme a papà, arrivato in quel momento.
Mi buttai all’indietro premendo la testa contro il cuscino.
-Fantastico.. io che non riesco neanche a parlare con una persona dovrò cantare davanti a tutti.. tzè! Voglio vedere cosa succede, sicuramente inciamperò giù dal palco o stonerò.. oppure dimenticherò la canzone! Oh scheisse! La canzone! Devo scegliere pure quella! Che schifo, che palle! Che stranzio!- borbottavo sbuffando ad ogni parola.
-Da quando parli da sola Mel? Due giorni e già impazzisci? Cerchi di soffocarti con un cuscino?-
No, quella voce no! Sapevo cosa significava la sua presenza nella stanza, avrei subito un interrogatorio. Ancora. Di nuovo.
-Ciao Julia- mormorai alzandomi di malavoglia e lasciandole spazio vicino a me.
-Ti vedo poco felice di vedermi. Non ti sono mancata?- disse con tono teatrale, -ah, certo che no! Scommetto che Billuzzo ti ha tenuta particolarmente impegnata!- ammiccò esageratamente nella mia direzione.
-COSA DICI?- sbottai tentando di coprirla con un cuscino.
-Oh dai, non sono nata ieri! Sono tua amica, è obbligatorio raccontare certe cose, anche i dettagli!- odiavo quando tirava fuori l’arma dell’amicizia, perché se non facevo quello che mi chiedeva mi venivano i sensi di colpa.
-So il programma delle giornate, però voglio sapere come si sono svolte. Allora, primo giorno: arrivo al Ritz e all’opera: com’è stato, cos’hai fatto. Parla parla!-  mi esortò porgendo un pacchetto di caramelle, credeva di essere al cinema forse?
-Ma scusa, la sera mi hai chiamata, sai già tutto-
-No, non so cosa è successo dopo, una volta tornati all’hotel- mi contraddisse sicura.
Non avevo scampo.
-Ha scritto una canzone per il nuovo album, me l’ha fatta leggere. Mi ha detto gli mancava la musica perché voleva avesse un sound diverso, così mi sono offerta di aiutarlo e così una mia composizione al piano è diventata la base di “Zoom” – la canzone- dissi.
Mi fermai, il suo sguardo però era deciso: dovevo continuare.
-Ci siamo baciati, e..- arrossì, mentre lei spalancava la bocca sorpresa, -abbiamofattol’amore- soffiai velocemente.
-AAAAAAAAAAAAH!- saltò facendo uscire parecchie caramelle dalla confezione.
-Sei cretina?- le tappai la bocca, il mio viso doveva aver assunto una graduazione del viola.
-Ora ti faccio le domande base a cui devi rispondere, pronta?- annuì, anche se non lo ero per niente. Ingoiai qualche dolcetto per darmi coraggio.
-Allora, primo: ti ha chiesto la conferma o è partito spedito?-
-Mi ha chiesto la conferma, due volte- risposi senza guardarla.
-Okay, questo gli da qualche punto in più. Ora, ti sei lasciata andare o sei rimasta immobile dalla tensione?-
-Insomma.. cosa vuoi che ti dica?- mi coprì il viso con le mani, -ovviamente ero nervosa all’inizio, poi mi sono lasciata andare!-
-Bene- disse soddisfatta, -Preliminari?- annuì.
-E’ bravo a letto?- mi squadrò maliziosa, mentre mi trattenevo dal risponderle male.
-Non ho altri termini di paragone sai- inarcai un sopracciglio, -però… sì- mormorai.
 -Ultima domanda..- fece una pausa d’effetto, -sei..- la bloccai prima che dicesse altro.
-Non chiedere quello che stai per chiedere!- la ammonì categorica, facendola ridacchiare.
-Va beeeene!  Ora, vediamo.. il giorno dopo: shopping e parco? Dimmi-
Faticai a trattenere il sorriso pensando a quella giornata, soprattutto al magnifico risveglio.
-Ci siamo svegliati abbracciati- raccontai con tono dolce, -Poi.. avevamo bisogno di una doccia, entrambi..- lasciai la frase volutamente in sospeso, i suoi occhi si allargarono a dismisura, era incredula e presa alla sprovvista.
-Cioè, nella vasca?- chiese conferma, io risposi positivamente, guardando con insistenza il letto.
-Esatto- confermai, probabilmente senza parole si limitò a darmi una pacca sulla spalla.
-E brava la ragazzina pudica- ignorai il commento e continuai a snocciolare i fatti della giornata.
-Mi ha trascinato per quasi tre ore all’interno del KaDeWe, ti giuro: dopo ero esausta! Una volta usciti abbiamo raggiunto il parco e siamo rimasti lì fino a sera, chiacchierando e scattando fotografie, ne ho fatte un sacco, una più bella dell’altra- esposi fra le nuvole.
-Poi voglio vederle, mi raccomando! Quindi Bill ti ha fatto proprio contenta, deduco-
-Ho passato i momenti più belli della mia vita in sua compagnia- confessai.
-Ora sono io a chiedere di cambiare discorso, altrimenti mi deprimo visto che sono sigle e sola- esibì una faccia fintamente disperata, simulando un pianto convulso e facendomi scuotere la testa, era assurda.
-Lo show della clinica- proposi in un grugnito non molto femminile.
-Ah giusto! Me ne stavo dimenticando!- come me, quindi.. –Oggi sono passate le liste dei partecipanti, come mai non mi hai detto sei iscritta?-
-Perché me n’ero completamente dimenticata! Se non fosse stato per mia madre neanche mi veniva in mente!- cercai di giustificarmi.
-Bill ti ha proprio fottuto! In tutti i sensi- scoppiò a ridere della sua stessa battuta.
-Simpatica! Non ho neppure pensato a una canzone, mi prende l’ansia già adesso!-
-Dai non è così difficile, ci sarà un testo che ti piace più degli altri, magari che sai già visto che non hai tempo per provare tanto.. visto che te ne sei dimenticata- mi prese in giro, -poi potresti anche suonare, no?-
Pensai a qualcosa di adatto, le mie conoscenze musicali comprendevano artisti di musica classica e ultimamente.. i Tokio Hotel. All’improvviso mi venne un’idea, una canzone che studiavo prima di entrare in clinica.
-Ho trovato!- saltai per l’illuminazione, allegra.
-Quale?- domandò interessata.
-Sorpresa!- feci l’occhiolino, -tu piuttosto, partecipi?-
-Non mi vedrai di certo cantare, considerando sono stonata peggio di una campana, se non peggio- si grattò la testa, -avrò uno stand con tutti i miei trucchi, curerò il make-up della gente che c’è qua.. tutti così sciatti- continuò lamentandosi.
-Figo, sei brava. Ricordati che sei prenotata come stylist- le ricordai.
-Certo! Ora vado, ti lascio riposare.. anche se sono convinta correrai subito da Bill- in effetti era mia intenzione. Si alzò dirigendosi verso la porta.
-Ah Julia?- la richiamai, -Grazie per aver aiutato Bill ha organizzare tutto e..- feci una pausa, -La risposta è sì- strizzai l’occhio, lei uscì dalla mia stanza riempiendo il corridoio della sua risata cristallina e gioiosa.
Era quasi ora di cena perciò ne approfittai per fare una lunga doccia – sentivo già la mancanza del bagno super accessoriato dell’hotel – e mi sedetti prendendo un libro a caso per leggere qualcosa e passare il tempo.
E’ cosa universalmente nota che, quando vuoi qualcosa, i minuti si dilatano a proprio piacimento, le lancette dei secondi rallentano fino quasi a fermarsi e sembra di essere intrappolati in una dimensione statica, immobile. ”
Die Zeit läuft, halt sie auf! Zeit läuftMi misi a canticchiare piano mentre giocavo con un pezzo di pomodoro nel piatto, lo infilzai con la forchetta e lo abbandonai lì non appena mi arrivò un messaggio di Bill, anche lui si stava annoiando come me, così mi chiedeva di raggiungerlo e io – ovviamente – eseguì l’”ordine”.

Bussai e mi bloccai davanti alla porta di fronte all’immagine che mi si presentava davanti, Bill era venuto ad aprirmi ma in versione decisamente più “casalinga”: portava una tuta arancione scuro che cadeva debolmente sul suo fisico, evidenziandone la magrezza e facendolo sembrare un cucciolo indifeso. Aveva il viso completamente struccato, né fondotinta né un’ombra di ombretto o matita nera, i capelli li teneva legati in una disordinata coda, probabilmente era appena uscito dalla doccia poiché intravidi le punte leggermente arricciate. Mi riscossi salutandolo con un bacio e lasciandomi accogliere da quelle braccia che, seppur magre e gracili, mi facevano sentire protetta e a casa:  Casa è dove si trova il cuore”.
-Buonasera principessa- salutò portandomi sul letto assieme a lui.
-‘Sera superstar- poggiai la tasta sul suo collo e facendomi inebriare dal suo dolce profumo.
-Com’è andata oggi?- domandò accarezzandomi un braccio.
-E’ stata una giornata pesante, credevo avesse raggiunto il culmine dopo la lezione con la prof, poi però sono arrivati i miei genitori, mia madre mi ha fatto il terzo grado, successivamente ci si è aggiunta Julia, la prima però è stata Rossella- sbuffai, facendolo ridere.
-Non è divertente!- ribattei piccata.
-Si invece- esclamò, -Tom ha fatto lo stesso, se ti consola-
Mi raccontò di come l’avesse assalito non appena si erano incontrati, voglioso di conoscere tutti i dettagli, alla fine mi ritrovai a pensare che era messo anche peggio di me, perché il gemello non gli aveva risparmiato nessuna domanda.
-Con il medico, invece?- chiesi.
-Tutto bene, la riabilitazione procede. Nessuna complicazione, posso tornare a cantare come prima- mi informò con un’espressione felice; -Domani ho un altro controllo e poi devo sentire David. Oggi poi è venuto a “trovarmi” il direttore della clinica e mi ha chiesto di cantare allo show della settimana prossima, non sapevo neanche ci fosse questo show! Comunque ho accettato, ho visto che partecipi anche tu!-
-Ti prego, non ricordarmelo! Mi ha iscritta mia madre un paio di mesi fa, me n’ero completamente scordata, per fortuna me l’ha riportato in mente lei questo pomeriggio! Insomma.. già mi vergogno a parlare con le persone, come farò a cantare davanti a tutti? Ho già messo in conto cadrò oppure steccherò- mi sfogai muovendo le mani nervosamente e guardando il soffitto. Mi sorprese prendendomi tutte e due le braccia e voltando il volto verso il suo, così da fissarlo bene negli occhi.
-Mel, rilassati- soffiò sul mio viso, -Sei brava, non devi preoccuparti- posò le sue labbra sulle mie.
E così le preoccupazioni sparirono. E così smisi di pensare. E così le cose attorno a noi si offuscarono.

Bill, grazie per tutto. C’è un ‘ti amo’ che
aleggia nella mia mente. Chissà, un giorno te lo dirò.
Ehi Bill, sei diventato la mia vita”

 

   
 
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