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Autore: G u i l l o t i n e    25/10/2013    2 recensioni
È una piccola luce che illuminerà non sono quella giornata, ma anche le altre a seguire. Non te ne dimenticherai così presto. Come potresti, infondo?
«Max?»
«Dimmi.»
«Mi stai aspettando?»
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Max Green, Ronnie Radke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un'altra OS. In poco tempo. Relativamente.
Boh, non so. Fate voi.
Chi arriva alla fine, vince (?).
G u i l l o t i n e.


~ You made my day.

«Radke?» La guardia ti chiama, ha la voce un po’ infastidita. Ti degni solamente di alzare la testa da quello che lì dentro è un letto, ma nella realtà è un semplice asse di legno sorretto da delle catene.
«Cosa c’è?» La voce bassa e roca, impastata. Da quando sei in prigione, è fin troppo se dici un “ciao” ogni tanto.
«Al telefono.» La cella si apre e sul tuo viso si dipinge un’espressione decisamente confusa. Nessuno ha mai chiamato, a parte tuo padre e qualche volta tuo fratello. A parte Nason, non viene nessuno a farti visita. E lui è già venuto questa settimana.
Non hai la più pallida idea di chi possa essere, ma ti alzi e la guardia di fa strada fino al telefono.
Non sai ancora che è lui.
Non sai ancora niente.
Prendi la cornetta in mano, la guardia è fuori dalla porta, l’unica entrata o uscita in quella stanza con qualche telefono attaccato al muro.
«Sì?» Dici piano, la voce è un po’ più chiara.
Quello che senti subito dopo potrebbe… ucciderti. Cioè, ti rende ancora più morto dentro di quello che già sei. E nemmeno ci credi che ti sta davvero parlando, non ci credi.
«Ronnie?» La sua voce è sempre uguale. Quella voce ti ha preso fin da subito, chiara e sincera.
«Max.»
«Ciao.» La conversazione è forzata.
Oddio, conversazione.
Non sai cosa dire, anche se forse è da sempre che aspetti questa telefonata. Adesso, non sai cosa dire. A dir poco paradossale.
«Come… come stai?» Dopo qualche minuto di silenzio, piuttosto imbarazzante, è Max che parla per primo.
Già, Ronnie, come stai? Distrutto, incompleto, a pezzi?
«Bene…» Il bugiardo che è in te, però, è ancora vivo. «E tu?» Aggiungi dopo.
«Anche.» Ecco, cala di nuovo il silenzio. Senti solo il respiro di Max dall’altra parte della cornetta. Se chiudi gli occhi, riesci a vederlo davanti a te. Dovrebbe avere i capelli più lunghi, speri di quel castano che aveva quand’era ancora un ragazzino. Ti piaceva da impazzire quel colore, ancora di più su di lui.
«Ci sei ancora?» Lo senti dire. Ha la voce più debole adesso, come se facesse fatica a uscirgli dalla gola.
«Sì. Sì, ci sono.» Quella domanda che vuoi fargli, proprio non ce la fai a dirla. Per fortuna, lui, ti risparmia lo sforzo.
« Ho chiamato perché…» Si blocca, di nuovo, sembra perdere la forza sul più bello. « Oggi è il 15, Ronnie. Volevo solo farti gli auguri.»
Ah.
È il giorno del tuo compleanno, del suo compleanno, e non te lo ricordi? Forse non è colpa tua. È che i giorni, lì, sono tutti uguali. Quasi non sai più quando è giorno e quando è notte.
«Grazie. Anche… anche a te. Auguri.»
«Come mai così poche parole? Ti hanno già mangiato la lingua?» Si sente dal tono che prova a scherzare, a sdrammatizzare, a fingere quell’intimità che, ormai, tra di voi è completamente sparita. E chissà se tornerà.
«Ma figurati. Sono praticamente io il capo, qui dentro.» Una lieve risatina ti alleggerisce il cuore. Lo immagini distendere le labbra, scoprire i denti bianchi. Lo vedi sorridere con gli occhi.
«Ah, certo. Ovvio.»
«Radke? Solo più altri cinque minuti.» La guardia si sporge dalla porta per avvisarti. Sono permessi solo dieci minuti per telefonata. E cinque sono già passati.
«Ron? Devi andare?» Chiede l’altro.
No, posso stare. Per altre due ore, due giorni, due anni. Per sempre.
È una piccola luce che illuminerà non sono quella giornata, ma anche le altre a seguire. Non te ne dimenticherai così presto. Come potresti, infondo?
«Max?»
«Dimmi.»
«Mi stai aspettando?» Quasi soffochi questa domanda, quasi non la vuoi fare per la semplice paura di quello che potresti sentire come risposta.
«Da sempre.» Dice subito lui. «Per sempre.»
Sorridi. Non sai se lui lo sa, non sai se lo percepisce. Ma ti senti meglio.
Ti sembra di essere lì da meno giorni, ti sembra tutto meno grigio, meno brutto, più  sopportabile.
Sai che lui c’è. Lo sai, te l’ha detto lui.
«Grazie.» Dici. «Grazie davvero.»
Automaticamente la linea cade. Sono scaduti gli ultimi cinque minuti.
Non sai se ha sentito le tue ultime parole, ma ti va bene lo stesso. Ti basta sapere che, nonostante tutto, nonostante il lungo periodo in cui non vi siete sentiti, lui c’è.
Nient’altro potrebbe renderti più forte, nient’altro potrebbe darti il coraggio di andare avanti.
La  cella è sempre quella, in quei pochi minuti non è cambiato niente. Ma a te sembra che qualcosa sia diverso. Ti sembra che sia più luminosa, e il perché lo sai benissimo.
Ti rimetti sulla branda proprio com’eri prima che la guardia venisse a chiamarti.
Ora, però, hai un sorriso sulle labbra che ti cambia il volto. Ti rende… radioso.
   
 
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