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Autore: EmmaStarr    28/10/2013    2 recensioni
Firenze, 1427. Che cosa ci fa il ricchissimo Ren Tao in giro per la città a notte fonda, in pieno Inverno? E se capitasse in una certa bottega, magari quella di un pittore capace di leggere nel cuore delle persone?
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Il ragazzo inclinò il capo. – Tutto bene? Oh, che sciocco, non mi sono ancora presentato! – rise, avvicinandosi e conducendo Ren verso una rampa di scale che portava al piano superiore. – Io mi chiamo Yoh Asakura, e faccio il pittore. Questa è la mia bottega, ma qui fa freddo. Abito al piano superiore con Anna, laggiù possiamo scaldarci un po'. Su, dai!
Ren semplicemente si lasciò trascinare, troppo sconvolto dal susseguirsi degli avvenimenti. Non aveva nemmeno messo in conto che potesse esistere qualcuno che non lo conosceva! Una parte di lui era stizzita: come si permetteva quel pittore da quattro soldi di trattarlo alla stregua di una persona qualunque?
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Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Kyoyama, Ren Tao, Yoh Asakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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IL PITTORE




But I see your true colors
Shining through
I see your true colors


 

 

 

Ren Tao era una persona complicata sotto molti aspetti, questo bisognava riconoscerglielo. Insomma, non era certo cosa da tutti passeggiare completamente soli per le vie di una Firenze innevata, in piena notte.

Era il primo dell'anno. Il millequattrocentoventisette era iniziato già da almeno ventidue ore, e lui era ancora per strada.

Se non si fosse trattato di Ren Tao, la cosa sarebbe anche potuta sembrare normale. O almeno, non del tutto folle. Ma lui era una persona troppo importante, troppo ricca, troppo altezzosa, troppo... Insomma, questo era quello che dicevano di lui.

Perché era un Tao, ed era inevitabile che si spettegolasse sul suo conto.

La famiglia Tao era nobile, ricca e decisamente odiata dalla società: come dimenticare i mille soprusi, le infinite umiliazioni, i tanti segni di disprezzo che i componenti di quella famiglia ostentavano verso tutto il popolo? I Tao erano ricchi, sì, ma l'ammirazione della gente non si compra con i soldi.

Ren questo non lo sopportava: d'accordo, aveva tutto; ma allo stesso tempo sentiva di non avere niente. Ad esempio, nessuno della sua famiglia gli aveva ancora detto “buon compleanno”. Il primo Gennaio, esatto. La sua solita sfortuna: non aveva mai sopportato l'Inverno.

Eppure la cosa era anche di dominio pubblico, in realtà. C'era stato quello stupido ricevimento a casa della granduchessa Iron Maiden Jeanne, ma a parte il fatto che più che il suo compleanno si festeggiava l'ingresso in società di quel Marco tanto amico della granduchessa, i suoi parenti non vi avevano partecipato. E comunque quegli idioti gli davano solo sui nervi.

Era troppo chiedere che suo padre si scomodasse per fargli gli auguri, in un giorno simile? Sua madre? I suoi nonni?

Ed ora si trovava a camminare per le vie innevate di un quartiere desolato di Firenze, senza nessuno per strada. Che ci faceva in un luogo come quello? Ma niente, in realtà. Era il suo personale regalo di compleanno, in fin dei conti: cammina un po' per la città, Ren. Fa' finta di essere come tutti gli altri. Fa' finta di poter camminare in questo modo anche di giorno, senza gli sguardi di ostilità della gente, senza i mendicanti che ti lanciano addosso i sassi, senza gli uomini che si voltano indispettiti e le ragazzine che cambiano precipitosamente strada appena si accorgono di te.

Fa' finta, Ren.

Inizia a nevicare. Prima piano, poi così forte che non si può più andare avanti. Eppure gliel'aveva detto, Bason, di prendere il mantello, ma Ren non l'aveva ascoltato. Non ti preoccupare, tanto torno subito... Sì, subito un corno. E adesso?

D'istinto si infilò in una bottega misteriosamente ancora aperta, sbuffando.

Tutta quella storia era assurda. Che gli importava, poi, di poter camminare indisturbato per le strade? Perché non se n'era rimasto a casa?

Forse semplicemente perché voleva fare qualcosa di diverso, il suo compleanno.

Forse perché nemmeno sua madre si era ricordata di fargli gli auguri, e Jun era lontana, col suo nuovo marito di trent'anni più vecchio di lei.

Forse perché sentiva un forte senso di sbagliato, in tutto quello che faceva.

Solo il giorno prima era andato con la sua famiglia a riscuotere un debito esagerato ad un contadino, e gli avevano portato via tutto, tutto. Lo sguardo di quell'uomo aveva colpito Ren per davvero, perché non pensava che potesse esistere tanto odio in una persona sola.

Non pensava che potesse essere rivolto a lui, tutto quell'odio.

– Ehi, chi è?

Ren sobbalzò, mentre si accendeva una luce.

Davanti a lui stava un giovane ragazzo più o meno della sua età: indossava uno strano cappello e un grembiule sporco di sbafi di pittura: anche il volto era tutto colorato, come se si fosse passato la mano sporca di pittura sul viso senza accorgersene.

Il ragazzo sorrise, gentile. – La bottega è chiusa, ma se vuoi stare qui al caldo per un po' non c'è problema, eh! Mettiti comodo!

Ren spalancò leggermente gli occhi. Non... non lo aveva riconosciuto?

Il ragazzo inclinò il capo. – Tutto bene? Oh, che sciocco, non mi sono ancora presentato! – rise, avvicinandosi e conducendo Ren verso una rampa di scale che portava al piano superiore. – Io mi chiamo Yoh Asakura, e faccio il pittore. Questa è la mia bottega, ma qui fa freddo. Abito al piano superiore con Anna, laggiù possiamo scaldarci un po'. Su, dai!

Ren semplicemente si lasciò trascinare, troppo sconvolto dal susseguirsi degli avvenimenti. Non aveva nemmeno messo in conto che potesse esistere qualcuno che non lo conosceva! Una parte di lui era stizzita: come si permetteva quel pittore da quattro soldi di trattarlo alla stregua di una persona qualunque?

Ma un'altra parte di lui, quella più grande e dominante, era solo tanto confusa.

Il ragazzo di nome Yoh lo trascinò su per le scale fino ad un piccolo appartamento. – Anna, abbiamo ospiti! – gridò forte, chiudendosi la porta alle spalle.

– Io sono a letto, Yoh! Falli tu gli onori di casa, ma visto che oggi non hai fatto la spesa in dispensa non c'è niente! – gridò una voce dall'interno della casa.

Yoh ridacchiò. – Tranquilla, ci penso io. Dormi pure! – strizzò l'occhio a Ren, avvicinandosi al camino. – Anna è mia moglie. È davvero una brava persona, mi aiuta con la bottega, ma la sera è molto stanca. Ti prego, siediti pure.

Ren si guardava intorno, sospettoso. La stanza non era molto ricca, ma neanche troppo povera: dava l'impressione di essere molto curata, e si capiva benissimo che era l'abitazione di un pittore. I quadri erano sparsi un po' ovunque, appesi alle pareti o semplicemente appoggiati dove capitava. Varie tavolozze secche stavano un po' dappertutto, e schizzi e bozzetti riempivano i tavoli macchiati di colore.

Yoh seguì il suo sguardo e sorrise. – Sì, Anna dice sempre che dovrei pulire il tavolo dopo aver dipinto, ma tanto poi lo sporco di nuovo, quindi non ho mai voglia... Ci sediamo? – e lo condusse davanti al fuoco.

Ren si sedette, circospetto. La situazione era davvero strana: insomma, lui era entrato nella bottega solo perché nevicava troppo per stare fuori. Sperava di poter rimanere laggiù finché non smetteva, ed ecco che si ritrovava nella casa di un pittore mai visto prima che non l'aveva riconosciuto davanti al camino. Insomma, assurdo.

– Allora... tu come ti chiami? – chiese Yoh dopo un po'.

Ecco. E me lo chiede dopo avermi fatto sedere davanti al suo camino. Pensò Ren, scuotendo la testa. – Io sono Ren. – disse dopo un po', omettendo volutamente il cognome.

Yoh non chiese di più. – Senti un po', Ren... – disse dopo un po'. – Ma perché eri là fuori a quest'ora?

Se l'aspettava. Insomma, nessuno poteva essere così scemo da non farsi una domanda del genere. – Stavo.... facendo una passeggiata. – rispose, evasivo.

Doveva cambiare argomento, e in fretta: d'accordo, si trovava in casa di questo Yoh, ma niente lo obbligava a raccontare dei fatti suoi. – E... questi quadri li hai fatti tutti tu?

Più si guardava intorno, più notava i quadri. Erano dappertutto, appesi alle pareti o soltanto accatastati a terra. Erano belli, doveva riconoscerlo.

– Sì, li faccio io. Non sono molto costante, nel senso che faccio fatica a disegnare quello che la gente vuole che disegni. Se ho voglia, vado. Ho scelto di fare il pittore perché è un mestiere che posso fare in casa e al mattino ho il permesso di dormire quanto voglio!

Sorrise soddisfatto, e Ren lo fissò sconvolto: possibile che si scegliesse un mestiere per ragioni simili? Una vita comoda e tranquilla, tutto qua?

– Però è strano. – obiettò, lo sguardo fisso su un quadro particolare posto davanti a lui: raffigurava un ruscello in mezzo ad un bosco, e in qualche modo ispirava sia tranquillità che forza, voglia di vivere. La sua prima impressione fu che avrebbe voluto quel quadro in camera sua, davanti al letto. – Sei bravo, potresti andare a vivere a corte, se lo volessi. Che ci fai ancora qui?

Yoh sbuffò. – Te l'ho detto, a me piace la vita tranquilla. Qui ho i miei amici, Anna, e non ho problemi di soldi. Quindi che problema c'è? Sono felice.

Felice.

Ren si sentiva male quasi fisicamente: possibile che quel ragazzo assurdo fosse felice, mentre a lui questa prerogativa era negata? Cos'aveva fatto di male perché persino uno squattrinato pittore fosse messo meglio di lui?

Fece un respiro e si calmò. Non avrebbe dovuto perdersi in simili pensieri, non era da lui, si disse. – Boh, come credi. – commentò, noncurante. – Era tanto per dire.

Quando alzò lo sguardo, Yoh lo fissava. – C'è... qualcosa che non va? Intendo, che non va davvero. C'è qualcosa che ti turba?

Ren spalancò leggermente gli occhi, impressionato. La prima cosa che aveva imparato dalla sua famiglia era la freddezza, l'impassibilità: e allora perché quel ragazzo aveva colto il suo malessere con tanta facilità? – E tu come...

– È il tuo colore. – rispose in fretta il ragazzo.

Ren inarcò le sopracciglia. – Il mio... colore?

– Esatto. Ogni persona ha un colore. O un miscuglio di colori, questo dipende. Per quanto sia rilassante e non necessiti un grande sforzo, il mio lavoro consiste in questo: nel cogliere il vero colore intrinseco di ogni persona. – sorrise, infervorato. – Anna, ad esempio, è rosso fuoco. Perché è attiva, viva, coraggiosa. Il rosso è il colore della forza, della passione, dell'emozione e della rabbia. Il rosso è quando sei così pieno di voglia di fare che vorresti correre per la città a gridare. Capisci? – Ren lo fissava, ipnotizzato, e Yoh continuò. – Appena ti ho visto mi sei sembrato molto grigio, invece. Grigio come quando piove, grigio come la rassegnazione. Non ti sarai mica rassegnato, vero? Sembravi uno che si è appena perso.

Perso. Oh, Yoh non poteva avere più ragione: Ren si era perso davvero.

– M-ma io non...

Yoh sorrise. – Non importa, cioè, non sei mica tenuto a dirmelo. L'ho solo pensato, poi posso sbagliarmi. Soltanto, noi pittori siamo qui apposta per rivelare il vero colore di ciascuna persona.

Ren era ancora senza parole, quando Yoh si chinò in avanti verso il tavolino che stava davanti al camino. – Senti, ti dispiace se vado avanti a disegnare? Stavo lavorando ad una cosa, sai... Tu puoi metterti comodo, eh!

Ren annuì, frastornato, e Yoh prese a disegnare in silenzio.

In un altro frangente, magari Ren avrebbe protestato, perché era assurdo che fosse stato appena liquidato in quel modo, e perché era solo un onore poter parlare con Ren Tao.

Ma in quel momento non si capacitava ancora di quello che stava accadendo: era davvero finito nella stanza di questo strano pittore che sapeva leggere all'interno delle persone? Era davvero seduto lì davanti al fuoco a quell'ora di sera?

Forse era un sogno, sì... solo un sogno dal quale presto si sarebbe risvegliato. E infatti tutto cominciava a diventare sfocato e distante, distante e sfocato...

Ren non sapeva quanto tempo fosse passato, ma improvvisamente sentì che lo stavano chiamando. – Arrivo, Bason, dammi altri due minuti. – mormorò, girandosi dall'altro lato del letto.

Però... sbagliava, o quello era troppo piccolo per essere il suo letto?

Una voce rise poco sopra di lui. – Su, sveglia. Ha smesso di nevicare.

Ren aprì gli occhi di colpo, e ci mise un po' a realizzare dove si trovasse: era a casa del pittore, quello strano personaggio che l'aveva fatto entrare in casa. – Quanto ho... – chiese, colto da un terribile dubbio.

– Oh, non hai dormito molto. È quasi mezzanotte, e ha smesso di nevicare proprio ora. Ho pensato, insomma, magari qualcuno ti aspetta, a casa tua...

Bason!, sembrava gridargli una voce nella testa. Torno subito, gli aveva detto! Chissà come doveva essere preoccupato!

Si alzò di colpo e fece per uscire. – Santo cielo, è tardissimo!

Yoh lo rincorse. – Aspetta! – gridò, ma Ren era già sull'uscio della bottega.

– Grazie di tutto, davvero, ma devo proprio andare! – fece il ragazzo, facendo per uscire, quando Yoh gli posò una mano sulla spalla.

– Prima volevo darti questo. – Ren si voltò e vide il giovane pittore porgergli un foglio arrotolato. – Per il tuo colore. Magari, non so, questo ti si addice di più.

Rientrò in bottega e salì le scale fino a casa, mentre Ren rimaneva lì con un palmo di naso. Lentamente, srotolò il foglio che Yoh gli aveva dato, e rimase di stucco: quello era lui.

Yoh gli aveva fatto un ritratto davvero somigliante in così poco tempo, cogliendo la sua aria fiera e vagamente altezzosa, ma c'era un nonsoché negli occhi che faceva venir voglia di piangere e ridere nello stesso tempo, per quanto il ritratto era veritiero. C'era talento, in quel pittore: aveva colto alla perfezione la vera essenza di Ren.

Ma la cosa più emozionante era un altro dettaglio ancora più incredibile: Yoh l'aveva detto, il colore...

Ren alzò lo sguardo verso il vecchio orologio della chiesa davanti alla bottega: mezzanotte meno uno. Un minuto alla fine del suo compleanno. Quello era il miglior regalo che...

– Ehi, Ren!

Yoh si era affacciato alla finestra di casa sua, sopra la bottega, e si stava sbracciando.

– Grazie, Yoh, sul serio, non- – attaccò Ren, commosso. Oltre che essere un ritratto perfetto, quello era...

– Mi stavo per dimenticare una cosa! – gridò Yoh, concitato. – Che scemo, per poco non te lo dicevo! Tanti auguri, Ren Tao! Buon compleanno!

Ren alzò lo sguardo di scatto, troppo incredulo anche solo per parlare: ma allora, allora Yoh sapeva! Sapeva chi era lui, l'aveva riconosciuto subito, e nonostante ciò l'aveva trattato in quel modo, come un suo pari!

Yoh sapeva che Ren era abbastanza ricco per rovinarlo, ma non si era fatto nessuno scrupolo a parlare con lui in maniera così naturale, raccontandogli tutte quelle cose sui colori e insinuando tutti quei dettagli sul suo stato d'animo.

Ma Ren non si sentiva offeso, anzi. Non sarebbe potuto essere più felice. – Grazie! Grazie mille! – gridò, mentre l'orologio batteva la mezzanotte.

Il suo compleanno era finito, ma tra le mani stringeva il regalo più bello che avesse mai ricevuto: un suo ritratto colorato di ogni sfumatura di verde.

Verde come la speranza, i sogni, la tranquillità. Verde come la vita, come la forza di non arrendersi e di non rassegnarsi mai.

– Grazie di cuore, Yoh. – sussurrò quasi tra sé e sé, avviandosi verso casa propria. Sentiva che non era l'ultima volta che percorreva quella via. Sentiva che non sarebbe più stato lo stesso, dopo quella sera.

– Di nulla. – ribatté l'altro con lo stesso tono di voce, chiudendo delicatamente la finestra.

Oltre le nuvole, si cominciavano ad intravedere le prime stelle.

 

 

  
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