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Autore: CamillaAngelotti    29/10/2013    1 recensioni
Una ragazza di diciassette anni, Camilla Ori, dopo essere stata trovata in una strada di montagna in situazioni drammatiche, sul punto di morte, si salva per miracolo, dopo quattro mesi di coma; al suo traumatico risveglio in un ospedale di Trento, si rende conto di non ricordare assolutamente niente del proprio passato, nonché della propria identità e si trova costretta ad accettare la convivenza con i misteri nascosti in un corpo a lei sconosciuto. Quando finalmente la situazione sembrerà migliorare, con l’inizio di una nuova vita, Camilla dovrà riuscire a lottare contro il dolore provocato da ricordi e immagini confuse del passato. La ragazza dovrà riunire tutte le proprie forze per capire chi fosse prima di essere trovata in quella strada il venti luglio del 2000, ma soprattutto dovrà imparare a guardarsi le spalle e a dare un nome alla malefica ombra che sembra non abbandonarla dai suoi ricordi più lontani…e che forse la segue ancora.
GENERE: GIALLO PSICOLOGICO
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chissà che stavo facendo in piedi davanti allo specchio… sola, immobile, le iridi castane fisse davanti a me.
Forse mi chiedevo solo cosa vedessi, mi chiedevo chi fosse l’immagine riflessa nei miei occhi, cercando disperatamente una risposta a tutte le mie domande.
Un lungo vestito in pizzo bianco donava al mio viso fresco e vellutato un’aria ancora più ingenua, dolce, splendida, e continuavo a fissare lo specchio, cercando semplicemente di leggere attraverso quegli occhi marroni così profondi, così bui, pieni di coraggio e di paura. I lunghi capelli castani ricadevano come una dolce cascata sulle mie spalle, coronando quel viso ingenuo dalle guance morbide e rosse, mentre le labbra di fuoco tentavano di sorridere senza sembrare bugiarde.
Gli occhi cercavano di trattenere delle lacrime da tanto,  troppo tempo.
E, lo sapevo, stavo mentendo a me stessa.
Perché rimanevo ferma? Stavo aspettando qualcosa?
C’era silenzio in quella stanza, fin troppo silenzio… le lancette dell’orologio risuonavano forti e decise, più spietate che mai, accrescendo la mia sensazione di inadeguatezza, insicurezza, panico. I miei polpastrelli sfiorarono le guance rosse, accarezzandone la purezza, come se non cercassi altro che una spiegazione, un qualsiasi conforto o, al contrario, un’incitazione.
E quel silenzio continuava ad incombere intorno a me, più tagliente e rumoroso che mai.
I miei occhi timidi si mossero con una certa accortezza verso destra… c’era una finestra, una grande finestra aperta e quello che potevo vedere attraverso il vetro non era altro che un vero paradiso. Un sole caldo e luminoso brillava nel cielo azzurro e donava calore agli immensi prati verdi, ai fiori colorati e al grande lago, mentre il canto dolce e melodico degli uccellini rendeva quella vista ancora più tenera… eppure il mio sguardo era strano, mi sentivo a disagio.
Le mie iridi scure continuarono a indagare quell’ambiente tristemente dolce che mi avvolgeva: al centro di quella camera c’era un letto rosa a baldacchino, pieno di pupazzi, di oggetti femminili e bellissimi, pieno di tutte quelle cose che qualsiasi bambina avrebbe desiderato. Ma io no. La mia camera era luminosa, colorata, sgargiante e felice in ogni suo particolare, ma i miei occhi non sembravano catturarne la bellezza; si soffermarono su una grande foto sopra il letto, invece.
Si trattava di me, mia sorella e di un uomo… il mio sguardo rimase immobile e vuoto per qualche secondo, quindi tornò a fissare lo specchio.
C’era un profumo dolce intorno a me, un variopinto profumo di lavanda e vaniglia, un’avvolgente fragranza che impregnava i muri color crema di quella tenerezza che il rossore delle mie guance lasciava trapelare. Eppure c’era qualcosa dentro di me, proprio nel mio piccolo cuore, che chiedeva aiuto… c’era un forte dolore dietro tutti quei colori, una lacrima nascosta in un sorriso che ero stanca di forzare.
Quanti anni avevo? Ah, chi più se lo ricordava?! Dieci? Sei? Dodici?
Ah, no… otto, ora ricordo. I miei non erano gli occhi di una bambina di otto anni, però… i miei erano gli occhi di un’adulta, di un’adulta che ha sofferto, di un’adulta che ha vissuto tanti anni, che ha conosciuto la vita in tutti i suoi aspetti. E quello sguardo, indossato da quella dolce figura infantile, faceva paura. Tanta paura. Faceva paura anche a me, riflessa in quello specchio ingannatore.
Le mie mani silenziose e accorte si allungarono sotto il letto e mi mossero goffamente nel tentativo di raggiungere qualcosa; mi inginocchiai e con un piccolo sforzo riuscii a tirare fuori da sotto il letto un grande bauletto rivestito in pizzo rosa. “Per la mia principessa” lessi su di esso… ah, doveva essere speciale! Mi guardai ancora intorno, come se temessi di essere spiata da qualcuno, quindi le dita veloci e piccole cercarono di aprire la serratura con una piccola chiave, nascosta sotto l’armadio. E per la prima volta dopo tanto tempo, in quel momento sembravo una bambina… una bambina entusiasta mentre apre un regalo. Quasi immediatamente spalancai il bauletto e ne feci uscire un piccolo diadema argentato… oh, era bellissimo! Esterrefatta, lo appoggiai delicatamente sulla testa e mi guardai ancora allo specchio; sorrisi per qualche secondo, il diadema brillò alla luce del sole… ma, nonostante la bellezza di quell’oggetto, le mie labbra si richiusero praticamente subito, una volta che quel regalo divenne banale, vecchio, noioso.
Ah, ora ricordo! Era il mio compleanno... chissà perché ero sola nel giorno del mio compleanno. Forse me lo stavo proprio chiedendo o forse già lo sapevo e cercavo solo di non pensarci. Ecco perché quel diadema non mi aveva reso troppo felice: era bello, molto bello… ma cosa se ne fa un cuore di un corpo senza un’anima?
Ancora i miei occhi indagarono la stanza, forse cercando un divertimento, forse cercando una spiegazione ai miei dolori. Ero bellissima con quel vestito, con quel diadema e con quel viso pulito, puro e ancora privo di un’evidente sofferenza. La camera era ricca, colorata, eccezionale… ah, probabilmente una grande festa mi aspettava, tanti amici e parenti a complimentarsi per il mio bel viso di cera! Mi ero preparata per una festa, per divertirmi… per celebrare il giorno più bello dell’anno, probabilmente! O forse no. O forse non c’era una vera ragione per cui avevo indossato quell’abito, se non per fingere che niente negli ultimi tempi fosse cambiato nella mia vita.
Sapete cosa successe dopo? Dopo che, intendo, mi fui guardata allo specchio ancora una volta, quasi soddisfatta per il mio aspetto?
Rimisi la coroncina nel bauletto, mi sfilai il vestito e sciolsi la deliziosa mezzacoda che raccoglieva i miei capelli. La mia festa era finita. Ripiegai il delizioso abito e lo rimisi nell’armadio… era l’unico bello che avevo. Gli altri erano vecchi, non mi stavano neppure più. Indossai un morbido pigiama bianco e il mio piccolo corpo saltellò, cercando di non piegarsi, fino al letto.
E sapete cosa feci?
Iniziai a saltare. Feci un paio di salti: uno, due, tre. Ma quel silenzio buio e gelido continuava a regnare intorno a me, e quelle lancette spietate e crudeli continuavano a muoversi… il tempo passava inesorabilmente, ed io rimanevo lì, sola e rinchiusa nella trappola dei miei stessi pentimenti.
Tuttavia saltai ancora un po’: quattro, cinque, sei salti. Mi fermai, sorrisi, cercai di ricordare come ci si sentisse ad essere felici… e poi scesi di nuovo. No, non ero felice.
Mi sedetti sul grande letto, alzai teneramente le spalle con un piccolo sorriso. E poi osservai un grande peluche proprio di fianco a me e sorrisi, parlando con una voce dolce e buona, eppure strozzata dal dolore:
-Tanti auguri- mormorai con un piccolo sorriso, che si spense spietatamente troppo, davvero troppo presto -Buonanotte- sussurrai ancora. Ero sola, non avevo niente.
Ero un angelo. Un angelo soffocato dal dolore, un angelo racchiuso in una trappola mortale, un angelo condannato a una vita crudele. Ero morta, non esistevo più.
Un tempo, forse un tempo ero stata una bambina felice, ma il mio sorriso si era spento terribilmente presto e i miei occhi si erano chiusi quando ancora ero troppo piccola per riuscire a difendermi.
Eppure, nonostante tutto, è così che, ad occhi chiusi, sono arrivata ai miei trent’anni… e mi sono salvata. Ce l’ho fatta. Incredibile, ma vero: dopo tutto quello che ho patito, sono diventata una donna, mi sono ripresa la vita che meritavo e che mi apparteneva.
Il mio nome è Camilla Ori, ho esattamente ventinove anni, ma ho l’impressione di aver vissuto cento vite… spesso mi illudo di conoscere tutto di me stessa, della vita, di ciò che ci circonda… ma non smetto mai di sorprendermi, in realtà. Tutti cambiamo, tutti cresciamo, ma a volte è impossibile liberarsi del proprio passato… a volte è impossibile dimenticare i dolori, sorridere, andare avanti. Spesso il cuore è così ferito che diventa difficile riuscire a guarirlo… ma io ci sono riuscita, e sono fiera, orgogliosa di me stessa. Gli errori che ho fatto sono acqua passata, la persona che sono stata per tanti anni è ormai sepolta: il tempo passa in  fretta, ma non lo temo più. Ho imparato ad alzarmi dopo essere caduta, ho imparato a difendermi tanto quanto ho imparato ad attaccarmi e a riconoscere le mie colpe.
La mia vita cambiò di colpo intorno ai miei sei anni, mi chiusi involontariamente in una trappola mortale, infinita, in un intreccio di paure impossibile da sciogliere, in un tunnel nero e soffocante… e ho sofferto, ho sofferto molto. Tutte le lacrime che ho versato sono state dolorose e crudeli, ma ora ho di nuovo la mia vita e ho capito che andare avanti, sorridere e accettare il proprio passato è l’unico modo per sentirsi bene con sé stessi.
Quindi, con la mani tremanti, continuo a scrivere, nonostante il dolore, e a ripercorrere, passo dopo passo, la mia vita; voglio che ogni singola parte di me ricada sulle pagine bianche e le riempia con tutte quelle sensazioni che per tanti anni mi hanno inseguito e soffocato e che ricordo ancora fin troppo bene.
Non so perché stia scrivendo in realtà, ma penso che anche la testimonianza di una sola vita sia un patrimonio troppo prezioso per essere buttato al vento… ed è così che ho deciso di raccontare la mia grande avventura. L’avventura di un’ombra minacciosa e nascosta, di un dolore soffocato, di un segreto mai confessato… l’avventura di un angelo, di un piccolo angelo a cui tanti anni fa furono spezzate le ali.
  
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