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Autore: QueenVLondon    30/10/2013    3 recensioni
Il rapporto di Alex Karev con la sua famiglia è sempre stato delicato e conflittuale. Tuttavia quando suo padre Jimmy è riapparso nella sua vita per un breve momento aveva pensato che riallacciare un rapporto fosse possibile... La realtà purtroppo è ben diversa e Alex si troverà a ricordare tutti i loro momenti oscuri.
Dal testo:
"La cosa più assurda era che quando aveva constato che quell’uomo ricoverato in pronto soccorso era davvero suo padre per un attimo si era sentito quasi sollevato e nel momento in cui lui gli aveva parlato in quell’ascensore, mentre stava lasciando l’ospedale, per una frazione di secondo una piccola, minuscola parte di lui aveva desiderato che quell’uomo, suo padre, lo riconoscesse.
Ma chiaramente non era successo".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alex Karev
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
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Ciao a tutti!!!
Stavolta ho deciso di approfondire un po' la storia di Alex Karev. Nelle varie serie sono stati seminati pochi pezzettini della sua vicenda passata, ma con l'arrivo di suo padre magari le cose cambieranno.
Nel frattempo ho provato a dare voce ai pensieri e alle riflessioni del protagonista sul suo passato e sul rapporto conflittuale con il padre. La scena si inserisce dopo la puntata 10x06.
Buona lettura!
Baci
Vale




Mentre fissava il buio della sua camera da letto con occhi sbarrati, Alex si sentiva ribollire di rabbia, un’ira incontrollabile minacciava di farsi di nuovo strada dentro di lui.

Per diciotto anni aveva vissuto fingendo che suo padre fosse morto, poiché per lui era come se lo fosse. Aveva quasi dimenticato di avere un altro genitore, sempre che si potesse definire tale un uomo che non aveva altro merito se non quello di essersene andato, lasciandoli finalmente in pace. Forse però quella di suo padre non era stata esattamente una “scelta”.

Una scarica di adrenalina percorse il suo corpo, mentre i suoi pensieri tornavano a quella notte. La notte in cui tutto era finito, o forse solo iniziato, perché la scomparsa di quel mostro era stata una salvezza sia per lui che per sua madre.

Era solamente poco più di un ragazzino allora, ma questo non gli aveva impedito di difendere se stesso e la sua genitrice da quell’essere ripugnante. Non appena aveva iniziato a colpirla quella volta, qualcosa in lui era scattato: ormai non era più un bambino, aveva imparato a difendersi e non avrebbe lasciato che lui la sfiorasse ancora.

Gli era letteralmente saltato addosso e lo aveva allontanato da lei. Era stato sorprendentemente facile: il suo vecchio era ubriaco come al solito e lui aveva accumulato così tanta rabbia dentro di sé che restituirgli tutto il dolore e le botte gli era sembrato quasi naturale, inevitabile.

Se non glielo avessero tolto di dosso quell’essere sarebbe morto quella notte e probabilmente sarebbe stato meglio per tutti, compresa la famiglia che si era ricreato e che certamente aveva mandato in pezzi nel medesimo modo.

Era stato un idiota a dare ascolto alle parole di Joy: se avesse continuato a fingere che lui fosse morto non si sarebbe ritrovato da solo quella sera con lo stomaco arrovellato e il cuore a pezzi.

Quell’uomo non era mai stato un padre per lui: lo aveva cresciuto in un bar, non gli aveva mai permesso di avere degli amici; si era preso la sua infanzia e gli anni migliori di sua madre, troppo spaventata e innamorata di quel mostro per allontanarlo o per scappare.

Fece un respiro profondo, le sue mani prudevano ancora.

La cosa più assurda era che quando aveva constato che quell’uomo ricoverato in pronto soccorso era davvero suo padre per un attimo si era sentito quasi sollevato e nel momento in cui lui gli aveva parlato in quell’ascensore, mentre stava lasciando l’ospedale, per una frazione di secondo una piccola, minuscola parte di lui aveva desiderato che quell’uomo, suo padre, lo riconoscesse.

Ma chiaramente non era successo.

Joy non c’entrava nulla, per quanto trovare un capro espiatorio sarebbe stato piacevole. Era stato lui a recarsi ogni sera in quel bar per ascoltarlo suonare. Era stata una sua decisone e non poteva incolpare nessuno tranne che se stesso per essere stato così debole e stolto.

Quando si erano messi a chiacchierare del più e del meno per qualche minuto Alex si era sentito quasi un bambino: era così sbagliato voler rivedere suo padre?

Evidentemente lo era. Aveva commesso un grosso errore.

Nel momento in cui suo padre gli aveva proposto di suonare qualche pezzo insieme era come se le cose avessero riacquistato un senso, come se tutto quello che era accaduto fosse un segno: la ricomparsa di suo padre sul suo posto di lavoro poteva significare una seconda chance per il loro rapporto?

Per quanto fosse difficile ammetterlo persino con se stesso era stata questa la ragione che lo aveva spinto ad andare lì, sera dopo sera e mentre suonavano si era sentito di nuovo quel ragazzino che strimpella la chitarra insieme al suo vecchio.

Sentirsi raccontare dell’incidente avvenuto da bambino di cui non ricordava nulla l’aveva sorpreso e quando suo padre aveva detto di essere pentito di aver lasciato andare la sua famiglia, di sentire la mancanza di suo figlio e di portare addirittura una sua foto sempre con sé… Beh, in quel momento Alex Karev aveva commesso un altro terribile, terribile errore.

Perché per un secondo aveva lasciato che la sua mente vagasse, immaginasse come sarebbe stato avere un padre. Si era trattato di una frazione di secondo, ma era stata sufficiente affinché una nuova ondata di dolore lo trafiggesse.

Poiché quell’uomo, quel mostro, suo padre, non era cambiato affatto. Anzi, aveva un’altra famiglia, un’altra moglie, un altro figlio e di certo aveva picchiato anche loro e ferito anche loro come aveva fatto tanti anni prima con lui e sua madre.

Non c’era niente di buono, niente di recuperabile in quell’essere abominevole. Non meritava di respirare ancora e in quell’istante se non avesse… se non fosse stato un chirurgo e un uomo diverso niente gli avrebbe impedito di colpirlo ancora e ancora e di fracassargli il cranio con le sue mani.

Ma questo non l’avrebbe fatto stare meglio stavolta, gli avrebbe solo portato via quello che restava della sua vita, della sua anima, del futuro che si era così duramente costruito.

Suo padre poteva aver determinato il suo passato, ma di certo non si sarebbe preso anche il suo futuro. Non gliel’avrebbe permesso. Era finalmente morto per lui.


 

  
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