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Autore: tortuga1    30/10/2013    0 recensioni
Gli uomini e le donne sono spesso lontani pur vivendo vicini, così tanto da avere difficoltà ad incontrarsi. Pensando a questo mi è venuta l'idea di SPLIT, una storia ambientata in un futuro possibile, nella quale uomini e donne sono stati separati per un esperimento che aveva il fine di salvare l'umanità dall'estinzione. Ma qualcosa non è andato per il verso giusto, e alla fine del viaggio uomini e donne non si sono più incontrati...
La storia comincia così, nella comunità di sole donne che ha colonizzato come previsto il pianeta Terra Due, e da secoli ormai ripete un rituale di clonazione.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VI.

 

Ti dico che stavolta sono sicuro!

Sei pazzo.

No! Ne ho le prove! – Sebastian e Steve sono seduti nell’abitacolo angusto di una navetta di salvataggio. Si muore di caldo e c’è cattivo odore.

E ancora più pazzo sono stato io a seguirti qui. Avrei dovuto prescriverti un tranquillante.

Non mi fare incazzare, Seb! Sono più normale io di tutti quanti voi messi insieme.

Tipico dei matti dire così, continua e ti troverai in cella d’isolamento.

Parla piano! Non mi fido di nessuno salvo te. Quella carogna sarebbe capace di spiarci anche qui.

Sarebbe un gran testa di cazzo se lo facesse, basto io a morire di caldo in questa cazzo di stiva. E dai, sputa fuori queste novità segrete. Mi sto rompendo.

L’ho scoperto una notte che ero da solo nel locale dei computer. C’ero andato con le scarpe di gomma e tenevo le luci spente per non farmi scoprire. Volevo riprogrammare la mia scheda k…

Quella che usi per farti le seghe.

Sì, proprio quella! Tu non la usi la realtà virtuale? Sei un fottuto santarellino, ti fanno schifo le seghe? Preferisci i culi dei maschi, di’?

Dacci un taglio, cazzo. Ho più di cinquant’anni ormai…

E allora? A me viene duro ancora, dottore, sono anormale?

E piantala di dire stronzate! Dimmi invece cos’avresti scoperto. Che si possono fare le seghe con la mano sinistra?

No. Ho decrittato una password per sbloccare la scheda, allora è comparso il messaggio.

Avevi le scarpe di gomma, dici.

Sì, perché?

Allora si spiega tutto. La puzza ti ha fatto venire le allucinazioni. Mi stai facendo svenire con le tue fottute scarpe di gomma.

Vaffanculo! Allora non mi prendi sul serio nemmeno questa volta!

È diventata una tua ossessione, dev’essere la vecchiaia. Prima Habel, lo avevi preso per un terrorista, te l’ho dovuto dire io che è ebreo e circonciso. E ora…

Habel non mi piace. Non mi sembra a posto, uno zio acquisito di mia madre era ebreo e…

E io dovrei continuare ad ascoltarti? Non ti vedi come sei patetico? Lo zio acquisito…

Seb! Non fare lo stronzo! Lo so benissimo come fanno gli ebrei, questo zio era gentile con noi, c’invitava a pranzo quando ce la passavamo male. Prima però pregava nella sua lingua, e mi è rimasto impresso, perché non vedevo l’ora che finisse la litania per mangiare tutte quelle cose buone. Habel alla mensa non prega mai.

E fa bene. Lascialo in pace, è un bravissimo ufficiale della sicurezza. Si tratta ancora di lui?

Lui non c’entra. La scheda k…

E dagli con la scheda del cazzo!

C’era un messaggio nascosto. Dice che uno di noi è un traditore e distruggerà l’intera missione.

Ma sei pazzo davvero! Com’è possibile che qualcuno si sia infiltrato nella missione più importante… – parla sempre meno velocemente, fino a scandire le parole – quella che dovrebbe… salvare… l’umanità.

Hai capito finalmente. Uno di loro. Ci hanno provato tante di quelle volte, con il veleno negli acquedotti, il gas nervino e la bomba atomica. Non gl’interessa più vincere, loro vogliono distruggerci e basta. Se riescono a sabotare la nostra missione hanno raggiunto lo scopo.

Non ci credo. È troppo assurdo. La tua scheda potrebbe essere un falso allarme.

Contiene troppi particolari riservati. I dati completi di tutti i membri dell’equipaggio, i nostri schemi genetici, tutte le procedure della missione, anche quelle di secondo e terzo livello.

Però manca proprio il nome del traditore.

Chi stava preparando il messaggio non lo aveva ancora scoperto. Ha dovuto interrompere il lavoro all’improvviso, e io credo di sapere perché. Il messaggio è incompleto, l’ho trovato per caso… ci pensi, avrei potuto cancellarlo senza accorgermene.

Dove hai trovato la scheda?

In biblioteca, in mezzo ad un centinaio di altre.

Devi farmela vedere.

Tieni. – gli porge un quadrato nero e una consolle portatile da videogiochi. – non è quello che sembra. Sembra una comune scheda ma è una potenza, contiene un mare di dati, e guarda meglio, non è di plastica, è fatta di titanio.

Vediamo. – la scheda entra docile nello slot e lo schermo della navetta s’illumina. Sebastian guarda stupito l’elenco sterminato di file, è impressionante, tutti i dati del computer centrale sono condensati lì dentro. – Non è possibile… guarda qui, queste directory le può leggere solo il capitano…

Le ho lette anch’io. Bah, stronzate dei militari, niente che non ti saresti aspettato da loro, hanno il cervello di una gallina.

Come fa a stare tutto quanto in così poco spazio…

Come vedi ci sta. Dev’essere un prototipo segreto, forse ce l’aveva una spia.

E il messaggio dov’è?

Qui. – si posiziona alla fine della lista di file e preme un tasto, subito parte uno spezzone audio, una voce concitata che s’interrompe bruscamente. Sebastian è impallidito e fissa lo schermo nero. Non sente più il caldo, una mano di ghiaccio gli stringe la gola.

Voglio… sentirlo di nuovo. Mi sembra di riconoscere la voce.

Ah sì? Pensaci un po’. – Steve fa ripartire il messaggio e aspetta che finisca, poi si gira a guardare la faccia desolata di Sebastian. – ma sì che l’hai riconosciuto. Era Bob.

Bob! Allora avevi ragione tu, non è stato un incidente…

Ne sono sicuro, che lo hanno ammazzato! Sono anni che te lo dico!

Il messaggio sembra… autentico. Se è vero quello che dice la missione è in pericolo mortale…

Finalmente! Ora mi credi…

Avrei voluto che non fosse così. Un traditore fra noi, un assassino…

Sì, un assassino. Ho pensato a quello che può fare. Le cellule staminali sono custodite nel nucleo centrale della nave, progettato per resistere ad un attacco atomico, e lui non può arrivarci da solo. È salito a bordo nudo come tutti noi e prima di farlo entrare lo hanno rigirato come un calzino. Così siamo sicuri che non ha una bomba atomica. La cosa più terribile che lui può costruire con le cose che ci sono a bordo è un ordigno chimico di media potenza. Ho fatto tutte le simulazioni.

Che significa media potenza, per te?

Capace di ucciderci tutti, ma non abbastanza potente da distruggere le cellule staminali.

Bene, è un buon inizio. Le donne potrebbero comunque prenderle e fare partire il ciclo da sole. Perderebbero solo una generazione, non sarebbe una cosa grave.

Dovrebbero cavarsela senza aiuto nella fase più delicata, quella dell’impianto. Le macchine pesanti le abbiamo noi, e anche gli operai addestrati per farle andare.

Poco male, ce la farebbero ugualmente e la missione riuscirebbe. Pensa ancora, Steve! Cosa può fare di altro?

Potrebbe… uccidere anche le donne. – Sebastian respira profondamente e si asciuga la fronte sudata.

Com’è possibile… le due sezioni della nave sono separate.

Ho studiato i piani della nave, sono sei mesi che cerco un punto debole come di sicuro sta facendo lui. C’è, il punto debole.

Giulia non resiste più e si alza cercando di non fare rumore. Inutile, Anna non dormiva, accende la luce e la guarda preoccupata.

Che ti succede stanotte…

Niente, dormi, è ancora prestissimo.

Lo so che ora è. Senti. – Anna si alza rabbrividendo, cerca una maglia pesante e la indossa sulla camicia di flanella. – c’è qualcosa che ti tormenta. Dimmi cos’è. Mi preoccupa, questo non è mai… successo.

Cosa vuoi dire… ah, capisco – fa una smorfia di disappunto – è la maledetta storia che si ripete, vero? Tutti in attesa che la copia faccia, dica e pensi le stesse cose.

Non te la prendere. Fa rabbia, ma poi ci si abitua. Il nostro mondo è così in fondo, pensaci, Giulia, non ci può essere niente di diverso, niente di importante, solo cose marginali. Le stesse persone e la stessa identica situazione. Può essere rassicurante, sembra… la vita eterna. Una forma imperfetta, va bene, però…

Basta, non ti sopporto! Anche l’inferno in cui credevano gli antichi doveva essere qualcosa di simile! Una ripetizione senza fine e senza via d’uscita. E ora…

Ora? – Anna si gira bruscamente, lasciando cadere un pezzetto di legno che stava usando per accendere il fornello. – cos’è successo ora? Cos’è che non ti fa dormire?

È…

E dillo! Non capisci che è inutile nascondermi qualcosa? Lo so benissimo cosa fai nel letto quando trattieni il respiro!

Io… – Giulia è diventata rossa e distoglie gli occhi – non hai diritto di spiarmi, tu…

Io, tu… che stupidaggini dici, Giulia! Dici solo io, fai prima. Non c’è un tu. Solo io.

Scusami. Devo abituarmi, ecco tutto. E va bene, inutile tergiversare, eh?

Inutile. – Anna chiude il fornello che fuma un po’, e ci appoggia sopra il bollitore. Per fortuna il tè è attecchito benissimo, merito di quella stronza di Francesca che ha la mano fatata per le colture difficili, e così non mancherà più alla colonia.

Paula mi… ha fatto vedere una cosa.

Ah sì? E cosa? – il culo, le ha fatto vedere. Dannazione, è insopportabile.

Una… scheda. – il viso di Anna non lascia trasparire nessuna sorpresa, solo un fastidio profondo.

Ah. È risuccesso. Già, dimenticavo, Ester è morta di nuovo. Certe volte mi distraggo.

Lo… lo sapevi!

Certo che lo sapevo! Io so tutto, anche il giorno e l’ora che morirò! E qui non succede mai niente, niente di nuovo!

Ho… ho trovato il cavo.

Il cavo, già. Sai chi l’ha fatto? Anna. Ma non io, l’altra.

L’altra…

Sì, un bel po’ di anni fa. Per quella scheda del diavolo, che credi, l’ha costruito apposta facendo un mucchio di fatica. E poi, dopo aver visto il bello spettacolo, la missione degli uomini, Anna si è strofinata contro il cuscino. E anch’io l’ho fatto quando è venuto il mio turno. Contenta? Forse hai ragione tu, questo è l’inferno.

No, Anna!

Come, no?

Cos’hai fatto, poi?

Me ne sono dimenticata… ma sì, ci ho pensato ogni tanto. Mi piaceva, quella ragazza. Beh, che c’è di strano? Anche a te piace Paula, l’ho capito. Però non ci starà mai, con te. Lei è proprio refrattaria a queste cose, esattamente come Ester.

Non importa, non importa! Sei sicura che non hai fatto nient’altro, che non hai pensato nient’altro?

Calmati! – versa l’acqua bollente nella teiera e respira il vapore profumato. Che si agita a fare, come il topo in trappola. Sospira pensando che non ha mai visto un topo vivo, meno che mai in trappola. – non ti ho mai vista così.

Finalmente! Finalmente è successo qualcosa di imprevisto! Bene Anna, stai allegra, ho una novità. Io non ho intenzione di dimenticarmi della scheda. Voglio guardare ancora quella scena perché sono sicura… spero di non sbagliarmi, sarebbe troppo dura.

Sicura di cosa?

Le mani. Le mani che fanno dei gesti. Mi hanno ricordato una cosa.

Cosa? A me non hanno ricordato niente… le mani, che sciocchezza. Quelle mani la toccavano dentro, senza vergogna, e lei mugolava di piacere… – versa il tè nelle tazze facendone traboccare un po’ sul tavolo lucido.

Allora finalmente è successa una cosa nuova. Tu non sei amica di Miko, vero?

Non molto. Non… la capisco.

Io Sarah la capisco. Si sentiva sola quest’estate, quando tutte erano al lago e lei a fare la guardia alla nave, ma noi non sapevamo che c’era una nave, solo che non si poteva passare di lì. Era con le gambe nude e i sandali di sughero, quelli che ha imparato a fare Judith. Hai mai guardato i suoi piedi?

No… e va bene, sì.

Sono bellissimi, non ti pare? Sembrano capaci di parlare. È strano, vero? I miei non li sopporto, e invece i suoi mi fanno impazzire.

Lo sapevo che non c’era niente di nuovo. – Anna beve troppo in fretta e si scotta la lingua. Prende con precauzione un altro sorso.

Invece sì. Ci siamo sedute insieme e lei ha lasciato quel ridicolo fucile scarico sul ciglio del viottolo. Tanto poteva in ogni caso afferrarmi e stendermi facilmente… ma a me non dispiace pensare che è più forte, mi lascerei andare e poi…

E piantala! Mi hai svegliata solo per raccontarmi le tue… fantasie?

No! Sarah sembra più piccola di quello che è, non si è accorta di come la guardavo e io non ho fatto niente. Abbiamo solo giocato.

Giocato!

Sì, a mandarci messaggi con… il linguaggio dei segni. Quello che conosciamo tutte.

Fottuti dalle procedure di sicurezza. Dannazione, che ingenuità!

Calmati, Steve! – la voce di Antonio è bassa e vibrante, incute rispetto come la sua statura gigantesca. Non ha mai bisogno di farla salire di tono. – nessuno ha colpa. È giusto che ciascuno sia intercambiabile, pensa a quello che potrebbe succedere in caso di un incidente.

Ma quel serpente traditore sa impiantare le cellule staminali! Sa come arrivarci!

Ha fatto il corso come tutti noi. Così l’intera colonia ha più probabilità di non estinguersi se capita qualcosa all’ufficiale medico. E poi lo sai bene che non ci si può arrivare da soli. Si accede almeno in tre, con password distinte.

Cazzo!

Piantala di gesticolare, Steve, o finisci fuori bordo e ci trascini con te. – Sebastian fa un mezzo passo indietro per mettersi al riparo dalle mani di Steve, sono tutti e tre all’esterno della nave con la scusa di un’ispezione, hanno spento le radio e hanno collegato i microfoni delle tute con un cavo volante.

Abbiamo poco tempo. Da dentro potrebbero insospettirsi per il silenzio radio. Tu che ne dici, Sebastian?

Che ora è chiaro perché ha aspettato trent’anni per agire. Lui vuole sicurezza. Se ci fa fuori tutti, le cellule staminali restano al sicuro. C’è un solo modo per arrivarci.

Quando faremo l’impianto!

E bravo, Steve, ci sei arrivato anche tu.

Stai zitto, senza di me quello vi faceva il culo e nemmeno ve ne accorgevate.

Basta, voi due. Pensate a quello che possiamo fare.

È come… una partita a scacchi. Usiamo la logica. Lui farà scoppiare la sua fottuta bomba, ma noi sappiamo quando lo farà. Fra meno di tre anni. Abbiamo un po’ di tempo.

Tre anni soltanto!

Potremmo… ritardare l’impianto per prendere altro tempo.

No, Sebastian, lo faremmo insospettire. Deve credere che tutto gli sta andando liscio.

Allora va bene. Sentite, io l’idea ce l’ho. Ma c’è un prezzo da pagare.

Che vuoi dire, Sebastian?

Che per fare riuscire il piano dovremo fargli credere di aver vinto. Dobbiamo essere disposti a… morire tutti.

 
Paula si è alzata nel centro della notte e si è preparato un crostino con la marmellata. Lo sbocconcella lentamente accompagnandolo con un bicchiere di latte e pensa che se farà spesso così fatalmente ingrasserà. Ma no, è impossibile, Ester era magra come un chiodo. Pensa ancora a Sebastian, alla sua faccia espressiva che alternava sconforto, speranza e divertimento. Quando era sembrato divertito? Alla fine, apprendendo di essere in compagnia di un essere alieno e caldissimo che respira cianuro. Perché ha raccontato quella balla? Un po’ per salvare la situazione, ma in modo maldestro, sì, un po’ per farsi scoprire. Mostrare un pezzetto di sé, quella parte non ancora cresciuta, ancora desiderosa di giocare. Non ha mai avuto molto tempo per il gioco, con l’addestramento ferreo che le imponeva Ester, la consapevolezza che ogni minuto era importante, e in più quella pizza della direttiva che proibisce tutto quello che può essere anche potenzialmente pericoloso. Guai a correre rischi, e si capisce, se una va perduta, si perde anche la sua conoscenza, dato che è severamente vietato preparare uno schema di addestramento virtuale, chissà perché. Le cellule restano, però, e la comunità potrebbe allevare un’altra copia. Una copia non specializzata, adatta a lavori bassi. E così in futuro, man mano che qualcuna muore prima del tempo, magari perché malgrado tutte le precauzioni l’ha colpita in testa un meteorite, la sua linea scenderà di rango, sarà il personale di servizio del futuro. E se invece si facessero crescere più copie contemporaneamente, e si addestrassero in gruppo? Però sarebbe imbarazzante, far vivere contemporaneamente più copie, per questo la procedura prevede che una sia già vecchia quando quella nuova è ancora bambina. Che confusione, e potrà andare avanti così per migliaia di anni, senza mai cambiare…
Finisce il latte e si alza stancamente dalla panca per lavare il bicchiere. In quel momento bussano alla porta. Non è strano, lei è il medico e la chiamano anche di notte, se occorre. Con tante anziane il lavoro aumenterà e sarà poco allegro, perché si sa già come andrà a finire.

Arrivo! – apre la porta e fa posto a Giulia. Non è sola, è venuta anche Anna, infagottata nel mantello e tremante per il freddo.

Perché sei uscita! Bastava avvertirmi e venivo io a visitarti…

Non sto male. – la faccia di Anna contraddice le parole, è livida e si preme con forza il fianco. – lei vuole parlarti e io l’ho accompagnata.

Non potevi aspettare domani… ma che importa, ero sveglia. Ho appena preso un bicchiere di latte con pane e marmellata. Ne volete un po’?

No, abbiamo preso il tè. Diglielo, Giulia.

Senti, Paula, dov’è la scheda?

Qui. – apre la tuta e la mostra, appesa al collo come prima.

Ah! Per fortuna! Credevo che l’avresti buttata via!

No… per un po’ ci ho pensato, però era di Ester. Lei ci teneva troppo…

Sono contenta! Vestiti, andiamo a rivedere il filmato.

Che razza d’idea ti è venuta in testa…

Non discutere. – Anna si alza in piedi e si avvolge lentamente nel mantello. – Forse c’è davvero qualcosa in quella scheda. Qualcosa che non abbiamo notato mai, nessuna di noi.

Lo… sapevi anche tu.

Sì, io e Giulia prima di me e Anna ancora prima. È stata lei a costruire l’adattatore.

Vengo subito. – Paula apre un armadio a muro e tira fuori gli stivali di feltro e il mantello con il cappuccio. Li indossa rapidamente. – andiamo, non c’è tempo da perdere.

 

  
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