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Autore: Breathx    30/10/2013    3 recensioni
Un'adolescente con una vita difficile, il ricordo di qualcosa di oscuro e doloroso, le ferite di una battaglia già persa in precedenza.
Dal capitolo 1:
< Brava, l’hai fatto ancora, ci sei ricascata.
Ero lì. Inerme. Impotente. Mi sentivo dannatamente piccola. Perché per quanto tu possa sentirti grande, per quanto tu possa ripeterti di essere forte,continuerai a sbagliare, ad essere sbagliata.
E’ come scalare una montagna, cerchi di arrivare in cima con tutte le forze che hai, ma basta una piccola spinta per farti cadere giù, in quell’abisso scuro dal quale non sei mai davvero uscita. >
Due occhi verdi che cambieranno il modo di vedere ad una ragazza alla quale la vita ha dato solo delusioni e ferite.
Spero la storia vi piaccia visto che è la prima che scrivo.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Brava, l’hai fatto ancora, ci sei ricascata.
Ero lì. Inerme. Impotente. Mi sentivo dannatamente piccola.  Perché per quanto tu possa sentirti grande, per quanto tu possa ripeterti di essere forte,continuerai a sbagliare, ad essere sbagliata.
E’ come scalare una montagna, cerchi di arrivare in cima con tutte le forze che hai, ma basta una piccola spinta per farti cadere giù, in quell’abisso scuro dal quale non sei mai davvero uscita.


Ero accasciata a terra, in posizione fetale. Le piastrelle fredde del pavimento mi provocavano un piacevole formicolio. Sentii un brivido. 
Forse sto morendo, pensai.
No, era la finestra aperta che faceva entrare uno spiffero.
Mi alzai barcollando, mi venne un forte capogiro, le gambe mi tremavano. Non riuscivo neanche a stare in piedi. Mi avvicinai alla finestra e girai un giù la maniglia.
Mi avvicinai al lavandino e osservai la mia immagine riflessa nello specchio. Quanto odiavo gli specchi. Sono capaci di dirti come sei, sono il simbolo della società di oggi. Fanno un quadro preciso di quanto tu sia imperfetta, sbagliata.
Distolsi lo sguardo, aprii al massimo il rubinetto e prima di sciacquarmi guardai per l’ultima volta il mio braccio devastato.



Erano le sette, di solito a quest’ora tornava mia madre. Avevo ripulito tutto il bagno e stavo preparando qualcosa per la cena, non è che ci fosse poi chissà quanto nel frigo, una scatoletta di tonno in scatola, acqua, una busta di insalata pre-condita e una fetta di melone.
Magari la mamma avrebbe fatto la spesa. Non sono povera, ma tra il suo nuovo lavoro e la scuola non avevamo mai il tempo di rifornire il frigo.
Fissai il tavolo scuro sul quale avevo disposto un po’ a caso due forchette e due bicchieri d’acqua. Due. Percorsi con il dito il contorno del legno e rabbrividii un po’ per il freddo contatto.
La televisione stava trasmettendo un episodio speciale di Criminal Mind. 
C’era una penombra inquietante nella stanza, avevo voglia di dormire. Di accasciarmi a terra, lì, e dimenticare il passato. Volevo scappare via e lasciarmi alle spalle i pianti, gli specchi e le piastrelle del bagno.
Volevo avere finalmente la tranquillità che meritavo, volevo la tranquillità che le altre sedicenni avevano.
Mi sedetti a terra, con la schiena appoggiata a una gamba del tavolo, il braccio mi bruciava a morte. Fissai il soffitto bianco, odiavo il bianco. Bianco significa nulla e il nulla mi terrorizzava. Vivere nel nulla. La mente dei pazzi è bianca.
Non riuscivo a resistere davanti a un foglio bianco, forse è per questo che mi piace scrivere.
Sentii dei passi provenienti dalle scale, era la mamma.
Mi sollevai in fretta e il capogiro tornò, la sentii mentre inseriva la chiave nella toppa e lo scricchiolio della porta che si apriva.
-Oh Hope, hai preparato la cena?- Mi chiese con la voce tremolante e stanca che la caratterizzava, eppure quella voce mi infondeva tenerezza.
-Si.- Mi limitai a rispondere.
-Grazie, tesoro. Com’è andata a scuola?-
-Bene.- 
La mamma appoggiò la borsa su una sedia e si sedette a tavola, era visibilmente stanca. –Scusa, non sono riuscita a fare la spesa, ho avuto giusto il tempo di fermarmi a comprare il latte e il pane per domani, al negozio accanto l’ufficio.-
-Non fa niente, tutto ok a lavoro?- Le chiesi, ma il tono uscì poco interessato.
-Si, benissimo.-
Mi sedetti anch’io e iniziai a prendere qualche forchettata di insalata.
-Domattina andrò a fare la spesa, scusa ancora.- Mi disse dopo aver finito la sua porzione di insalata.
-Non preoccuparti, oggi non avevo tanta fame.- Le dissi.
Io e la mamma vivevamo sole da circa quattro anni. Non è che parlassimo molto, io odio parlare troppo, odio la gente rumorosa che chiacchiera, che dice cose insensate. Come quei programmi che trasmettono il venerdì sera, dove tutti quei tizi si parlano addosso e sono costretta a spegnere la TV perché mi scoppia la testa.
Ma riusciamo a comprenderci lo stesso, è da lei che ho ereditato la mia tranquillità, preferisco scrivere. Perché le cose dette a voce possono modificarsi e spariscono presto. Mentre quello che scrivi mi dà un’idea di concretezza, quello che scrivi non se ne andrà dal foglio.
-Sta sera trasmettono uno show carino, mi ha detto Joseph.- Disse lei portando i piatti sporchi in cucina.
Chi è Joseph? Joseph è un collega della mamma, che secondo me l’ha adocchiata appena ha messo piede in ufficio. Lei dice che è molto gentile, ma sicuramente ha un doppio fine, ma in fondo, chi a quarantacinque anni non lo ha?
E’ un tizio brizzolato con gli occhi verdi. Non è male.
-Mh- Le dissi annuendo.
-Inizia alle nove e un quarto.-
Salii in camera e controllai il cellulare, una chiamata persa da Sam.
Non la richiamai, l’avrei vista l’indomani a scuola quindi era inutile.
Quando scesi la mamma era sul divano con un plaid e un pacchetto di patatine.
Mi sedetti accanto a lei e guardammo lo show. La sera mi godevo di più il rapporto con mia madre, guardavamo la televisione senza parlare e lei rideva ad ogni battuta stupida che sparavano quei tizi. Per far ridere me come minimo dovevano sfracellarsi sul serio per le scale.
Quando trasmettevano le papere sulle cadute dalle scale riuscivano a spiccicarmi un’inclinazione del labbro superiore.
La mamma sbadigliò. –Io sono stanca, vado a letto, se vuoi puoi continuare a guardarlo.- Mi disse.
-No, vado anch’io.-
-Notte, tesoro.- Mi abbracciò.
-Buonanotte, mamma.-

Un raggio di luce filtrò attraverso uno spiraglio tra le tende e mi finì proprio in faccia.
Mi strizzai gli occhi, il braccio mi bruciava tantissimo, il giorno dopo brucia sempre.
Quando scesi in cucina la mamma non c’era, sicuramente era a lavoro così presi un toast e uscii di casa.

In classe c’era il solito casino, ed io ero, come al solito, in ritardo.
-Signorina Crowell, alla buon ora!- Disse la professoressa di Biologia.
Non la degnai di uno sguardo e mi sedetti al mio posto.
La lezione finì subito, di solito non ascolto nessuna materia a parte la letteratura, la letteratura può essere pesante, ma mi piace sapere cosa succedeva nella testa dei poeti, perché dai testi si capisce la mentalità di chi li compone.
All’uscita incontrai Sam. –Perché non mi hai richiamata?- Mi chiese.
-Avevo da fare… Cosa dovevi chiedermi?-
-Oh, niente di chè. Stasera c’è una festa all’ Evereen, ci vieni?-
-Non lo so.-
-Ci viene anche Josh…- Aggiunse. Come se a me cambiasse qualcosa. Ok, forse un po’ mi cambiava.
Josh è un ragazzo di quarto, un anno in più a me, è dolcissimo e una volta mi ha fatto fare un giro sulla sua Spider. Potrei considerarlo il mio migliore amico.
La prima cosa che ho notato e che più mi ha colpito di lui sono stati gli occhi, di un color grigio sfumato, quasi bianco, con delle sfumature esterne color azzurro. Mi fanno pensare al cielo con le nuvole prima che venga a piovere, alcune volte rimango incantata a guardarli e deve schioccare due- tre volte le dita per farmi rinsavire.
Gli occhi sono la prima cosa che noto in tutti e forse sono l’unica cosa che mi rende normale. Ho gli occhi verdi con delle scaglie azzurre e con il contorno dell’iride verde chiarissimo, quasi giallo. Si, sono strani, come il resto di me d’altronde.
-Quindi?- Risposi con disinteresse.
-Vabè fammi sapere se ci sei ok?-
-Ok- Le sorrisi.
Sam è una ragazza simpatica e gentile, diciamo che siamo agli opposti. Io ho gli occhi verdi e i capelli neri, lei bionda occhi nocciola.
L’ho conosciuta a scuola, eravamo nello stesso corso di artistica ed eravamo finite in punizione insieme per aver scaraventato una tela addosso ad un tizio che la importunava, non è che io centrassi chissà quanto, ma mi ero trovata in mezzo e quindi mi ha coinvolta, non ho neanche provato a difendermi, odio le chiacchiere, quindi ho annuito e basta.
Anche lei ha una storia difficile, quindi ci comprendiamo, in poche parole suo padre picchiava sua madre e un giorno lei se n’è andata lasciando Sam e suo padre soli, mi ha detto che quando lui si arrabbia lei ha paura ed è scappata una decina di volte di casa, una volta suo padre l’è andata a riprendere con la macchina e l’ha incrociata per strada con ancora il borsone addosso.
Non l’ha mai picchiata davvero, qualche schiaffo ogni tanto si.
Sua madre telefona ma lei non vuole parlarci.
-Allora a sta sera, se ci sei- Mi salutò.
-A sta sera- Risposi.

Il cielo era puntellato di stelle, avevo freddo. Stavo aspettando che Sam venisse a prendermi.
Il rumore di un clacson mi fece sobbalzare, era lei.
-Heilà- Mi salutò.
-Andiamo?- Le chiesi sorridendo.
-Josh ci aspetta all’entrata.-
-Okay.-
Mi sorrise e girò la chiave nel quadro.


  Angolo dell’autrice:
Ciao c:
Sono nuova nel giro e questa è la mia prima Fan Fiction, spero non sia una schifezza D: Vi chiedo solo di non essere troppo duri, accetto qualsiasi critica, purché costruttiva, i commenti positivi sono ben voluti lol
Grazie a tutti coloro che leggeranno questo primo capitolo, vi sembrerà un po’ inutile, ma l’ho scritto per farvi un quadro generale dei primi personaggi. Il nostro Mr Mahone non è ancora comparso, ma spero che nel prossimo capitolo arriverà.
Un abbraccio,
Valentina c: 
  
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