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Autore: I m a witch    01/11/2013    3 recensioni
Dalla storia:
*Kryss sorrise, per la prima volta sincero, e la luce di quel sorriso si diffuse nei suoi occhi di quell'inquietante quanto affascinante viola intenso.
Era davvero bello come il sole. In quel momento, Amhal era certo solo di quel pensiero che continuava a scuoterlo nel profondo, facendolo inorridire e rabbrividire di calore al tempo stesso.
“So che, in fondo, noi due siamo molto simili” sussurrò Kryss. Di nuovo quel guizzo.
Si chinò su di lui, e, prima che Amhal se ne rendesse conto, posò le labbra sulle sue.*
[Questa storia partecipa al "The Wtf contest" indetto da Comet_Ashes]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Amhal, Kryss
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"What shall we use
To fill the empty spaces
Where we used to talk?"

 
 
 
Vuoto.
Era semplicemente questo, ciò che riusciva ad avvertire. Un enorme e incommensurabile senso di vuoto. Era una sensazione piuttosto frequente, in quel periodo, escludendo l’eccitazione che soleva pervaderlo ad ogni razzia o assassinio. La sua vita era ormai un’inarrestabile altalena fra quei due sentimenti contrastanti, sentimenti che riuscivano a convivere all’interno del suo animo martoriato: frenesia e vuoto.
Vuoto lasciato da Adhara -dannazione, la sua Adhara!-, dal suo sguardo dolce e deciso, dalla sua pelle. Dall'unica cosa importante che aveva trovato, amato; dall'ennesima che gli era stata crudelmente strappata dalle mani. Vuoto causato da un triste destino fatto di antiche profezie che, con una puntualità quasi commovente, si ostinavano ad abbattersi sulla loro disgraziata terra.
La loro era una storia fatta di corsi e ricorsi, una storia recidiva, che non imparava mai dai propri errori, imbrigliandoli in una crudele spirale che li avrebbe portati verso un'unica destinazione: l'autodistruzione. Sarebbe morto così, il Mondo Emerso: implodendo. Senza scalpore o magnificenza, silenziosamente; come se la sua esistenza fosse stata già di per sé fin troppo rumorosa, e Amhal non vedeva l'ora che ciò accadesse, liberandosi finalmente dalle sue catene.
Non erano passati nemmeno due giorni da quando Amhal aveva accettato –più per esasperazione che per altro- l’insistente invito degli elfi presso il palazzo del loro potente sire, Kryss. Avrebbe dovuto fermarsi per un semplice banchetto serale, una formalità della loro razza. Era curioso scoprire che quel popolo, apparentemente violento e istintivo, si soffermasse ancora su delle stupide consuetudini, usanze che, dopo migliaia di anni, avevano ancora l’incredibile potere di renderli prigionieri di un perbenismo ormai estraneo al Mondo Emerso.
Il banchetto si tenne in un'immensa sala arricchita d'oro e d'intarsi floreali che, avviluppandosi su imponenti colonne, formavano la volta sferica del soffitto, affollato da un centinaio di elfi dai capelli verdi intrecciati e dai maliziosi sguardi viola, a volte circospetti. Gli erano stati serviti prelibati cibi e bevande a lui sconosciuti, accompagnati da una soave musica in grado di ottenebrare persino i suoi sensi affinati.
Kryss sedeva su un imponente scranno di quercia, sul lato opposto della sala. Era bellissimo nelle sue vesti d'argento e blu cobalto. Il verde e il viola tipici della sua razza risaltavano ancora di più su di lui, tanto che, a confronto, quelli degli altri suoi simili apparivano semplicemente delle fotocopie dai colori sbiaditi. Era bello come un Sole, e altrettanto pericoloso; questo Amhal lo sapeva bene.
Per tutta la durata del banchetto, aveva avvertito distintamente lo sguardo del sovrano puntato su di lui, impegnato in un'attenta analisi di ogni suo movimento. Dopo appena un'ora, Amhal si rese conto di essere incapace anche solamente di sollevare le braccia, certo che qualcuno lo avesse drogato. Cominciava a pensare che l'invito degli elfi fosse stato solo una trappola, nemmeno molto astuta. Aveva sospettato fin dall'inizio che ci fosse qualcosa sotto, ma si era volontariamente finto troppo ingenuo da comprenderlo e ora che stava avendo conferma dei suoi dubbi, sorrideva sarcastico alla morte.
Vi prego, toglietemi di mezzo.
Sapeva che gli elfi avrebbero approfittato di quell'attimo di debolezza per eliminare uno dei due Marvash, in modo da aver già metà lavoro svolto non appena la guerra fosse finita e lui e San fossero diventati semplicemente degli elementi inutili e dannosi, al pari di una catasta di vecchie spade arrugginite in tempo di pace. Perché, in fin dei conti, erano solo questo: delle armi. Armi potenti, ma pur sempre armi con una scadenza ben precisa. Una volta spentosi anche l'ultimo fuoco bellico, non avrebbero più avuto alcuna utilità e, come ogni oggetto senza alcuna utilità, avrebbero dovuto essere eliminati.
Per un attimo, riuscì a intercettare lo sguardo malizioso del sovrano, rabbrividendo. Per un oscuro motivo non riusciva a distogliere lo sguardo da lui, avvertendo una calda morsa stringerlo nelle viscere; tuttavia, ben presto gli occhi divennero talmente pesanti da costringerlo a socchiuderli e interrompere quel contatto.
A fine serata, delle ancelle lo scortarono gentilmente verso i suoi alloggi, su diretto ordine del re. L'invito si era implicitamente esteso per la notte e, in seguito, meno implicitamente, anche per i due giorni a seguire.

La sera del suo secondo giorno di permanenza, Amhal osservava dalla terrazza dei suoi appartamenti il cielo notturno, illuminato solo dalla luce delle stelle: notte di luna nuova.
Perché gli elfi si ostinavano a volerlo con loro? Soprattutto, perché non riusciva a trovare la forza né la voglia per poter fuggire da quella gabbia dorata?
“Amhal?”
Una voce calda e forte, alle sue spalle. Si voltò di scatto, trovando Kryss a pochi passi da lui. Il sovrano lo fissava con un sorriso soddisfatto, consapevole del fatto che il guerriero aveva percepito la sua presenza solo in quel momento.
Da quanto tempo era lì? Come aveva fatto a muoversi così silenziosamente? I suoi sensi avrebbero dovuto avvertirlo di una presenza alle sue spalle. Amhal decise di non porsi più domande. Forse i suoi sensi erano ancora offuscati dal cibo elfico, o forse si era semplicemente perso fra i suoi pensieri.
“Sire, quale onore! Cosa vi porta qui?” chiese, con un falso sorriso di circostanza.
La domanda, però, era genuina: cosa aveva portato Kryss, il sovrano in persona, a fargli visita? Solitamente erano gli ospiti ad essere convocati presso la Sala del Trono o, al più, negli appartamenti del sovrano. Invece eccolo lì, ritto davanti a lui in tutta la sua solenne magnificenza. Guardò oltre le spalle del sovrano, all'interno dei suoi alloggi: nessuna traccia di guardie o scorte. Era solo. Che fosse venuto lì per poter compiere il lavoro sporco di persona?
Accomodati pure, sire, ma ti avverto: venderò cara la  pelle. Anche se desidero solo sparire da questo mondo, ho pur sempre la dignità di guerriero da dover difendere.
“Volevo semplicemente sapere se gli alloggi sono di tuo gradimento”
“Sono fin troppo lussuosi per uno come me che è abituato a dormire, se gli va bene,  in delle scomode brande”
In effetti quella era la pura verità. Non appena si era coricato tra i guanciali del morbido e imponente letto a baldacchino, Amhal si era subito sentito a disagio. Aveva tolto il copriletto stendendolo sul pavimento di marmo, per poi coricarsi lì, in quel sacco a pelo improvvisato.
Kryss, a quella risposta, storse il naso, e Amhal si rese conto di essere stato indisponente nei confronti del sovrano, ma non se ne curò.
Dopotutto, vuoi solo uccidermi... lo sappiamo entrambi.
“Se lo avessi saputo prima, ti avrei fatto preparare una cella delle segrete” rispose, con un sorriso affabile.
A quelle parole, Amhal venne percorso da un brivido freddo lungo la schiena. Da lì, lo scatto repentino che la sua mano compì verso il fodero del pugnale alla sua destra fu un gesto automatico, dettato da anni di cruda esperienza sul campo di battaglia.
“Cosa ti preoccupa, Amhal? Ti ho dato forse l'impressione di volerti fare del male?” chiese, con aria falsamente afflitta.
“No, sire, anzi, siete stato molto gentile con me, e per questo vi ringrazio” rispose, senza però abbassare la guardia.
Kryss fece qualche passo verso di lui e Amhal avvertì i muscoli delle spalle tendersi sotto la tela della sua casacca. Il re lo oltrepassò, appoggiandosi mollemente alla balaustra del terrazzo, dandogli così le spalle.
“Mi chiedo solamente il perché di tanta gentilezza” continuò, rivolto più a se stesso che al suo reale interlocutore.
Kryss ridacchiò sommessamente, facendo sobbalzare le larghe spalle.
“Perché, chiedi? Perché mi andava... vedilo come un mio capriccio”
Amhal, a quelle parole, strinse i pugni.
“Non mi piace essere trattato alla stregua di un burattino, sire” sputò tra i denti quella parola, quasi fosse un insulto e non un titolo onorifico.
“Ma tu lo sei, Amhal, anche se contro la tua volontà” si girò verso di lui, osservandolo con sguardo grave “Siamo tutti burattini, persino io, il Sovrano degli Elfi. Tu hai l'aggravante di essere un Marvash, custode di un grande potere, destinato a compiere il volere della tua maledizione”
Amhal sentì la rabbia montare dentro di sé; era consapevole che quello che gli stava dicendo Kryss era vero. Era tutto fottutamente vero.
“Sai, in realtà ti ho invitato qui perché mi affascini... sei davvero una strana creatura” un guizzò passò negli occhi del sovrano, ma durò un solo istante, per un tempo così breve che Amhal finì col credere di esserselo immaginato.
“Allora è questo che vuoi, studiare la mia razza? Gli esseri umani?” chiese laconico.
“Gli umani, eh? Non dire stupidaggini, ora. Lo sai benissimo che non c'è nulla di più lontano di te da un essere umano”
Amhal rabbrividì. Lo aveva sempre saputo, ma sentirselo dire in un modo talmente crudo gli fece venire voglia di prendere una frusta e ricominciare a martoriarsi la schiena nuda, continuando per una notte intera e anche oltre.
“Allora vuoi studiare un Marvash?”
Kryss gli sorrise, indulgente.
“In parte è così. In realtà non ho mai compreso molte cose sul tuo essere, e non mi riferisco semplicemente alla tua razza di appartenenza; quello che voglio scoprire è ciò che si cela qui dentro” spiegò, annullando la distanza tra loro con una semplice falcata, toccando con l'indice della mano destra il petto di lui lasciato nudo dallo scollo a V della casacca, dritto sul cuore.
Amhal rise senza allegria, rabbrividendo involontariamente per quel contatto.
“Vuoi scoprire ciò che si cela nel mio cuore? Non ne ho uno, dovresti saperlo”
Kryss sorrise, senza interrompere il contatto coi suoi occhi. Viola contro verde, in uno scontro decisamente impari.
“Invece no, mio caro, tu  ce l'hai un cuore, anche se ti piace fingere di esserne sprovvisto” distolse lo sguardo dei suoi occhi solo per fissarlo su quella porzione di petto, cominciando ad accarezzarla con lenti movimenti circolari dell'indice.
Amhal deglutì a fatica, osservando nuovamente quella scintilla apparire negli occhi del sovrano, soffermandosi un istante in più, abbastanza a lungo da confermare la sua reale esistenza, insufficiente per scoprirne la causa.
“Sai” continuò Kryss “sono sempre stato molto bravo ad interpretare i cuori di tutti coloro che mi si paravano davanti, indistintamente dalla loro razza. Ma il tuo, per un motivo che non riesco a comprendere, continua a restarmi oscuro”
Amhal avrebbe voluto indietreggiare, interrompere anche quel contatto fisico dell'indice di lui contro il suo petto; contatto apparentemente insignificante, ma che lo stava facendo letteralmente... impazzire.
Cosa mi succede? Che diavoleria è mai questa?
Si sentiva come se fosse nuovamente sotto l'effetto di una droga, nonostante avesse accuratamente evitato di toccare cibo nelle ultime otto ore, limitandosi a bere l'acqua di una fonte di montagna, ai confini del giardino reale.
“Cosa vuoi da me?” chiese, cercando di mantenere un timbro di voce sicuro. Nonostante ciò, quelle parole le pronunciò tremando, rivelando tutta la sua fragilità.
Kryss sorrise, per la prima volta sincero, e la luce di quel sorriso si diffuse nei suoi occhi di quell'inquietante quanto affascinante viola intenso.
Era davvero bello come il sole. In quel momento, Amhal era certo solo di quel pensiero che continuava a scuoterlo nel profondo, facendolo inorridire e rabbrividire di calore al tempo stesso.
“So che, in fondo, noi due siamo molto simili” sussurrò Kryss. Di nuovo quel guizzo.
Si chinò su di lui, e, prima che Amhal se ne rendesse conto, posò le labbra sulle sue. Labbra carnose, calde. Labbra che con, orrore e sorpresa, scoprì di aver sempre desiderato di poter sfiorare. Non interruppero mai il contatto visivo, intrecciando i loro sguardi sempre più torbidi, per poi coinvolgere anche le proprie lingue nella medesima danza estenuante. L'indice di Kryss intraprese una pericolosa discesa verso il bordo dei suoi pantaloni di cuoio, tracciando linee immaginarie sul suo ventre sodo.
Amhal si staccò leggermente da lui, giusto quel tanto da poter soffiare sulle sue labbra, con voce roca: “Credevo volessi uccidermi”
Kryss sorrise, passando la mano sinistra tra le ciocche dei suoi capelli castani.
“C'è differenza tra la morte e ciò che stiamo facendo?”
No, non c'era. Amhal continuava a ripetersi che tutto ciò era tremendamente sbagliato, che avrebbe dovuto pensare ad Adhara, ma non ci riusciva. In quel momento aveva compreso che la vera droga era Kryss, lo era sempre stato, e in quella frase non c'era nulla di sentimentale, solamente un feroce istinto primordiale. Quello stesso istinto che lo portò ad accoglierlo nel suo giaciglio quella note, possedendo e facendosi possedere a sua volta, in una nuova altalena che aveva ben poco a che vedere con quella dei suoi sentimenti. Morsi, baci, carezze, il tutto dato e ricevuto da una persona improbabile ma che sapeva già che non avrebbe mai smesso di desiderare con tutte le proprie forze.
Osservando la curva delle sue spalle nude, la linea del collo, i contorni dei muscoli che guizzavano sotto la pelle di lui nello sforzo di averlo, Amhal non poté non sentirsi bene, per la prima volta in vita sua. Il vuoto sembrava essere scomparso.
Si lasciarono andare, stanchi e stravolti, trovando sollievo solo a contatto del freddo marmo al di sotto del sottile strato di coperte sulle quali poggiavano.
“Sei riuscito a comprendere il mio cuore ora, sire?” chiese, la voce ancora affannata.
“Forse” sorrise Kryss, ricominciando ad accarezzare il suo petto.
Amhal si voltò, guardandolo negli occhi, lucidi per l'eccitazione dell'amplesso appena consumato. Era bello, bello da star male, ed era proprio dolore ciò che riusciva a provare in quel momento, ripensando a ciò che avevano appena fatto.
“Shh” sussurrò Kryss, salendo verso il suo viso per tracciare la linea delle sue labbra “Non è stato un errore” disse, come se gli avesse letto nel pensiero “So che lo volevi, che mi volevi. Sai una cosa? Continuerai a desiderarmi, così come farò anche io”
Amhal ricordò improvvisamente quella stretta di calore che lo aveva colto quando, durante il banchetto, aveva incrociato lo sguardo di Kryss.
Rise, scuotendo la testa. Ora tutto gli era chiaro.
“Mi hai invitato qui per questo, vero? Per soddisfare i tuoi desideri sul mio corpo?”
“I nostri desideri” specificò Kryss, tornando a baciarlo.
Col tempo Amhal si rese conto che non c'era nulla di più vero di quella frase, trovandone conferma ogni volta che il suo sguardo si soffermava sull'imponente figura del sovrano; quando, in piena notte, correva a cercarlo nei suoi alloggi o era disposto ad accoglierlo nei propri. Lo scoprì quando, una volta lontano da lui, avvertì quella distanza come un dolore fisico che lo costringeva sempre a tornare nella sua reggia, nonostante tutto, sentendosi vivo e vegeto solo nell'esatto istante in cui le sue labbra incontravano nuovamente quelle di lui, sempre così calde da rischiare di ustionarlo. Toccando il suo corpo, sentendo le carezze di Kryss sul suo, si illudeva di poter assumere una forma diversa da quella che gli era usuale, estraniandosi da tutto lo schifo che il mondo gli metteva quotidianamente davanti agli occhi.
I loro incontri erano destinati a terminare, più prima che poi, lasciandolo nuovamente con un pugno di mosche in mano e un cratere nel petto. Cercava di non pensarci, ma non poteva continuare ad alienarsi in eterno da quel pensiero.
Lo sapeva anche Kryss, ma nemmeno lui aveva mai avuto il coraggio di dichiarare apertamente quella realtà inconfutabile. Il loro destino non poteva essere modificato. Come giustamente detto da Kryss, erano solo delle stupide marionette, per di più in mano a dei bambini capricciosi piuttosto che a degli dei misericordiosi. Non c'era nulla di misericordioso nel loro mondo o nella loro relazione, se così poteva essere chiamata.
Era questo che si ritrovava a pensare quando, una volta raggiunto il piacere insieme, Kryss si addormentava accanto a lui, una mano sul suo ampio petto, e Amhal restava lì, ad osservare il soffitto della stanza che li aveva clementemente accolti per una notte ancora, la testa troppo piena di fantasmi per poter trovare pace nella serenità dei sogni.
Quello che sentiva era tutto una grande stronzata, un gioco del destino, lo sapeva; ma era reale ed era ciò che provava, nel profondo del cuore.
Per una volta soltanto, era riuscito a colmare gli spazi vuoti del suo animo.




NdA
Salve a tutti voi!
Come avrete notato, la coppia della mia ff non è esattamente "canonica".
La storia partecipa al "The wtf contest" di Comet_Ashes. Obiettivo del contest è creare una fic su una coppia crack pairing di uno dei pacchetti e a me sono capitati proprio loro, Amhal e Kryss. Ho davvero amato questa coppia e spero di essere riuscita a convincere anche voi su una loro validità e credibilità. Ho cercato di rispettare la personalità dei personaggi inserendo anche un loro ipotetico rapporto, sfida molto ardua che spero di essere riuscita a portare a termine.
Che dire, fatemi sapere! :)
Un abbraccio,
Witch ^-^
PS: Licia, perdonami!!
  
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