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Autore: quasiaffatto    02/11/2013    4 recensioni
Quando saremo due saremo veglia e sonno
affonderemo nella stessa polpa
come il dente di latte e il suo secondo,
saremo due come sono le acque, le dolci e le salate,
come i cieli, del giorno e della notte,
due come sono i piedi, gli occhi, i reni,
come i tempi del battito
i colpi del respiro.
Quando saremo due non avremo metà
saremo un due che non si può dividere con niente.
Quando saremo due, nessuno sarà uno,
uno sarà l'uguale di nessuno
e l'unità consisterà nel due.
Quando saremo due
cambierà nome pure l'universo
diventerà diverso.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Michael Cliffors, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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‘New York, cielo, aereo’
‘aereo, torre, gente che muore, torri che cadono’
‘gente che muore, aereo, torre che cade’
‘fumo, morte, fogli di carta’
‘aereo, torre, fuoco, gente che muore, gente che precipita, torre che cade’
‘sangue, taxi, ancora fuoco’
‘century 21, torri, vetro’
‘aeri contro le torri, torri che cadono, aerei contro le torri’
‘aerei, torri, torri che cadono, fumo, sangue, torri che cadono, torri che cadono’
‘aereo contro la torre,”qui stiamo tutti bene”, torre che cade’
‘aerei, torri che cadono….MORTE’
Queste le parole che come ogni singolo undici settembre fluttuano all’interno della sua mente, più che in ogni altro giorno, da ormai dodici anni. Aveva 5 anni compiuti da 8 ore e, adesso, nello stesso momento ma dodici anni, cinquantasette centimetri, 8 numeri di scarpe in più e 5580 km oltre oceano, lei riviveva nella sua mente ogni singolo secondo di quella giornata, di quell’incubo, del giorno in cui aveva perso tutto e per tutto si intendeva il padre. Erano dodici anni che Dorrit sognava le stesse cose ogni notte
‘aerei contro le torri, gente che si suicida, gente che muore, fogli, sangue, urla, torri che cadono, fumo, BUIO’
Dodici anni che le sue notti prendono le fattezze di signori in giacca e cravatta che si gettano dagli ultimi piani di quella gabbia per topi. Dodici anni che non pensa ad altro che a suo padre. Dodici anni vissuti nel peggiore degli incubi che tv, scuola e libri la costringono a rimembrare, ancora e ancora fino alla nausea o all’esaurimento nervoso. “il termine esaurimento nervoso sta ad indicare un insieme non ben definito di situazioni patologiche o semi patologiche psicologiche o neurologiche quali nevrastenia, depressione, disturbi del sonno, dell’attenzione e dell’umore, modificazioni emotivo-affettive come sentimenti di insicurezza, sfiducia, tensione ma anche definisce impropriamente un CROLLO PSICOTICO” ecco cosa usciva su Wikipedia se cercavi esaurimento nervoso. Una descrizione perfetta e dettagliatissima della sua vita di diciassettenne traumatizzata e psicopatica. Ecco il termine che aveva usato lo psicologo per definire la sua “situazione”. Odiava ogni singola cosa, prima di tutti Wikipedia che le sbatteva davanti la sua vita in termini schietti e privi di tatto, seconda cosa Londra, lontana, troppo lontana dal ricordo di suo padre che ogni giorno negli ultimi dodici anni era andato sempre più a sfumarsi, terza cosa la terapia, andava in terapia da quando era arrivata a Londra perché la madre credeva fosse un bene ‘cambiare aria’ e allontanarla dal suo mondo che iniziava e finiva a Dumbo, Brooklyn. Le cose che ama sono l’erba, sicuramente molto più efficace della terapia di merda assolutamente inutile che faceva da ben undici anni, i Dr. Marteans, bordeaux e neri, taglia 41, comodi e rovinati, l’incarnazione più perfetta della ragazza che era e , ultimi ma non meno importanti, i Queen, idoli da quando ne avesse contezza e grandi amori della sua vita. E quell’undici settembre londinese, l’undicesimo per essere pignole, lei stava seduta sul tower bridge cercando di scacciare il solito pensiero di sempre ‘aerei contro le torri, torri che cadono’. Non può nemmeno rifugiarsi su twitter, tutti parlano del terribile undici settembre non curandosi di quanto sia terribile per una che ha perso tutto dentro delle cazzo di scatole di vetro, leggere e ricordare. I professori che la guardano con sguardo compassionevole, i suoi compagni di classe chela guardano con sguardo compassionevole, il presidente Barack Obama che in diretta internazionale e molto probabilmente anche intergalattica guarda la telecamera con sguardo compassionevole. E lei pensa sempre le stesse cose ‘aerei contro le torri, torri che cadono’. Forse dovrebbe ascoltare lo strizzacervelli, forse dovrebbe fare la terapia di gruppo…ma come? Come aprirsi davanti a sconosciuti? Se lo domandava ogni singolo minuto da quando era uscita dalla stanzetta arancione del sig.Barms esattamente 117 ore e 29 minuti fa. Ascoltando Numb sul quel ponte si chiedeva se le cose sarebbero mai andate meglio. Se anche lei, come in Gost Whisperer (programma-ossessione della madre), sarebbe mai riuscita a passare oltre. Ne dubitava,ne dubitava fortemente. Stretta in un paio di leggins colorati , maglione e Dr. Martens nere, se lo domandava e mentre se lo domandava erano passati 43 minuti e 34-35-36-37-38-39 secondi, adesso 42. E in quei 43 minuti e 42 secondi che adesso erano diventati 44 minuti e 13 secondi, non era riuscita a darsi una risposta. O meglio, una risposta l’aveva trovata. In fondo alla sua borsa vicino al cellulare una cosa chiamato ’ventone’ in gergo giovanile, detto per tutti i comuni mortali ‘pacchetto da venti sigarette’ anche se, doveva ammetterlo, ‘ventone’ aveva tutto un suo stile. E quella di fumarsi dieci sigarette era stata l’unica soluzione che era riuscita a trovare ai suoi problemi. E mentre era proprio nel mezzo dei suoi pensieri, della sua sigaretta e del Tower Bridge, la pioggia cominciò a scendere lenta per poi diventare acquazzone in pochi minuti. E lei, corpo inerme e capelli bagnati, camminava lentamente a testa bassa con i lunghi capelli neri che penzolavano in avanti verso casa sua. Brixton, un quartiere tutto particolare diventato molto più ‘fighetto’ negli ultimi tempi ma prima, quando dopo la sua traversata atlantica Dorrit era arrivata , era decisamente meno frequentato e molto molto molto molto meno caro. Strisciando la sua tessera annuale alla leggendaria ‘the tube’ cercava in vano di ricordare la metro di NY. Cercava di ricordare l’odore delle otto di sera e il casino delle otto di mattina che, ormai, vedeva solo nei film. Cercava di ricordarsi del barbone Franklin che cantava le canzoni gospel dei neri nei campi di lavoro che, con tutti gli spiccioli che racimolava, era quasi sicura si fosse comprato un attico a Manhattan. Tutto questo ormai era solo un ricordo, molto sbiadito, di una vita che non le apparteneva più, di un passato che era stato sepolto insieme alla bara vuota di suo padre. Non aveva mai capito a che cosa fosse servito seppellire una cassa di legno vuota. Non c’era nulla dentro. Suo padre fluttuava sopra le loro teste e dentro i loro polmoni o all’interno della casa di qualche riccone. All’ora era consapevole che in quella bara non ci fosse niente ma troppo piccola per trovarlo ipocrita.  Credeva che l’anima di suo padre fosse dentro quella bara, che Dio lo avrebbe accolto al più presto ma poi, aveva scoperto a suo malgrado che non esisteva alcun Dio che l’avrebbe accolto. E intanto che faceva quei discorsi filosofici il mostro di metallo correva dentro il corpo e l’anima di Londra che, sotto i grattacieli, sotto le chiese ei musei la faceva funzionare come una giostrina. Vagando da qualche parte tra il Tamigi e il suo quartiere, Dorrit, vide ancora una volta un uomo di colore che cantava cori gospel come quelli che riempivano l’aria del luogo da cui veniva, che, mischiati all’odore di mare, birra e qualche sparo lontano, le davo quel senso di casa che non sentiva più da undici anni. Quando la voce metallica della metro annunciò la sua fermata lei si ritrovò scaraventata fuori dal quel senso di casa che per un attimo l’aveva avvolta e che per un attimo solo le aveva fatto scordare che era ancora l’undici settembre e che era il suo compleanno e che suo padre era morto da 12 anni. Si era scordata della piovosa Londra e delle passeggiate a Brighton la domenica che erano l’unica cosa che le impediva di impazzire, Si dimenticò del ‘ventone’ e dei venti minuti che la separavano da casa, si dimenticò del blu dei suoi capelli e del verde dei suoi occhi, si dimenticò del grigio del cielo e del nero della morte, era da sola e con la testa vagava per NY  e senza alcuno sforzo riconosceva la sua casa dall’altro lato del ponte, e si rivedeva, appena bambina a guardare le luci della grande città con un vecchio film in bianco e nero di Charlie Chaplin, la sua grande passione, che andava e i suoi occhi verdi che scrutavano l’orizzone e che si perdevano tra le luci del Chrisler Building, che vagavano sulla quinta strada e che arrivavano alle due regine gemelle coperte di neve l’inverno che sembravano troppo belle per essere vere, alte e fiere in tutta la loro potenza. Ma, a quanto pare secondo alcuni, le due gemelle di neve avrebbero dovuto fare quello che la neve fa meglio, sarebbero dovute cadere, e a quanto pare è stato così. La neve era caduta e tutto era sembrato un perfetto colpo di sfortuna, ormai tutti pensano che il governo abbia fatto i soliti giochetti nessuno sa perché. Sperava solo che il colpevole, chiunque lui sia, abbia avuto o avrà la punizione che si merita. Entrando in casa si sentiva l’odore di rossetto, latte e cereali, di vecchi libri e di carta stampata. Era lo stesso odore, o in ogni caso molto simile, a quello che c’era nella sua casa di NY con la differenza che, la sua casa di NY profumava di suo padre, mentre in questa, di suo padre, non aveva niente. Cercò di ricordare cosa aveva provato prima sulla metro, la sensazione di casa. Era passata veloce come un treno ed, erano bastati due isolati e quattro  minuti e ventisette secondi per farla svanire. Prima di coricarsi si chiese quando ancora avrebbe sentito il senso di casa che aveva provato poco tempo prima, non sapeva, che quel giorno era vicino.


SPAZIO AUTRICE!!!
Allora questaè la mia prima storia complta. spero davvere che la troverete interessanti. ho letto molte fan fiction che avevano come 'background' le cose più svariate, fino ad adesso non ne ho letta nessuna che trattasse dell'undici settembre. spero davvero che piaccia a tutti voi!! vorrei che lasciasse qulache commento e se avete dei consiglio scrivete pure, io li leggerò tutti, promesso.
uno speciale ringraziamento va alla mia migliore amica Serena che ormai è praticamente il mio editore!! ti voglio bene!!
un bacio e al prossimo capitolo 
Alexandra
  
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