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Autore: Distopia    03/11/2013    1 recensioni
La Grande Legione governa un mondo grigio sottoposto alle sue leggi ferree e folli, la dittatura regna sovrana. Coloro che non obbediscono ad una delle leggi devono essere puniti. Coloro che distruggono più leggi devono essere dannati. Nell'Atlante, una prigione speciale che è paragonabile all'Inferno, una giovane donna si ritrova ad essere in lotta per proteggere la sua vita. Ma cosa vuol dire essere nell'Atlante? Cosa vuol dire essere una Triade? Ma soprattutto, cosa è un "Sognatore"?
Dal Prologo: "Una volta sognai di essere in un tribunale. [..] -Sei stata esaminata da questa corte, e sei stata ritenuta colpevole. [...]Poi mi svegliavo. E mi rendevo conto che non era stato un sogno."
Per come la vedeva lei, la vita era un fatto semplicissimo. Tu ti volevi divertire, loro te lo volevano impedire, e allora tu facevi del tuo meglio per infrangere le regole.
1984 _George Orwell
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era sveglia ma non voleva aprire gli occhi. Aveva paura di quello che avrebbe potuto vedere, quindi continuò a tenerli chiusi. Per quanto le importava avrebbe potuto anche continuare a rimanere lì sdraiata per il resto dei suoi giorni, fino a quando non sarebbe morta di fame o di sete. Sempre meglio che morire nell'Atlante.

Ma il dolore improvviso che provò al braccio destro le impose di aprire gli occhi. Le pupille verdi prato si dilatatarono quando la luce al neon la investì, ma lo ignorò e si mise seduta dritta. Subito si guardò il braccio destro, che era coperto da una manica di tessuto nero che non ricordava di aver mai avuto. Lei non aveva mai avuto una maglia nera. Arrotolò la manica e rimase sorpresa quando trovò sul suo polso un tatuaggio. Era un triangolo con una linea in mezzo. I tre lati erano larghi almeno due centimetri, inchiostro nero pece, la linea centrale era più sottile. Cosa significava? Perchè le era stato tatuato un simbolo simile, e per di più recentemente dato che la pelle intorno era ancora arrossata e dolorante. Sapeva ben poco dell'Atlante, solo voci, per cui non riusciva a trovare un motivo logico al tatuaggio.

Si guardò intorno. Si trovava in una stanza circolare, non più di sette metri quadri, nessuna finestra, solo un unica parete che la circondava. La luce andava e veniva da una lampada al neon sopra di lei.

Alla sua destra, per terra accanto a lei, c'era uno zaino nero. Lo prese e lo aprì, e subito la sua attenzione venne catturata dal tablet al suo interno. Se lo rigirò fra le mani qualche secondo, poi lo schermo si illuminò. Uno sfondo azzurro e una frase bianca: LEARA MUDDY, SEI STATA RITENUTA COLPEVOLE. Le parole scomparvero dallo schermo e vennero sostituite da altre. COME SANSISCE LA LEGGE DELLA GRANDE LEGIONE SEI STATA INTRODOTTA NELL'ATLANTE, CAUSA IL TUO ALTO LIVELLO DI PERICOLOSITA'. ALLA FINE DI QUESTO MESSAGGIO UNA PORTA SI APRIRA'. SE NON USCIRAI ENTRO QUINDICI SECONDI, LA PORTA SI CHIUDERA' NUOVAMENTE E LA STANZA DOVE TI TROVI VERRA' INONDATA DA GAS VENEFICO. MA LA GRANDE LEGIONE NON E' UN ASSASSINA, PER CUI TI DIAMO UNA SCELTA: ESCI E SOPRAVVIVI, RIMANI E MORIRAI. PER DIMOSTRARTI LA NOSTRA GENEROSITA', NELLO ZAINO TROVERAI TUTTO CIO' CHE TI SERVE PER NON MORIRE PER CAUSE NATURALI NEI PROSSIMI TRE GIORNI. SE INTENDI SOPRAVVIVERE PIU' DI TRE GIORNI, TROVA IL TUO CERCHIO. ORA IL TUO LIVELLO DI PERICOLOSITA' TI VERRA' MOSTRATO PER FARTI CAPIRE IL MOTIVO PER CUI SEI QUI.

E il numero apparve. Il fiato di Leara sembrò venire risucchiato via. Poi lo schermo del tablet si spense e una porta scorrevole che la ragazza non aveva notato si aprì lentamente. Una voce metallica iniziò un conto alla rovescia: 15, 14, 13, 12...

 

Non mi farò ammazzare da voi.”

 

Leara prese lo zaino, si alzò in piedi, e in un attimo fu fuori dalla stanza circolare, la porta si richiuse.

Era fuori.

Ma Leara non fece in tempo a guardarsi intorno perchè un suono simile ad un fischio tremulo vibrò nell'aria ad un tale volume che la giovane fu costretta a chiudere gli occhi e a tapparsi le orecchie. Quando finalmente il fischio scomparve, Leara riaprì gli occhi. Erba. Solo erba. Non c'era altro intorno a lei, solo un prato sconfinato che si estendeva per chilometri e chilometri. Leara non capì il motivo, ma si sentì improvvisamente esposta. Ma a cosa, poi?

Guardò dentro il suo zaino e vi trovò due bottiglie d'acqua da 250 millilitri e tre pezzi di pane chiusi in plastiva trasparente. Tre giorni di vita.

Cosa avrebbe dovuto fare ora? Cosa sapeva del luogo in cui si trovava? Cosa sapeva dell'Atlante?

 

Prigione.” fu la prima parola che le venne in mente “Prigione speciale, ma pur sempre prigione. Prigione per i più pericolosi. La pena di morte non esiste, quindi ti sbattono qui. Non voglio morire. Devo trovare un rifugio. Entro tre giorni devo trovare un rifugio che sia vicino all'acqua. Nel video del tablet c'era scritto di trovare il proprio cerchio, entro tre giorni devo capire cosa è il cerchio.”

 

Leara si stupì di quanto logica la sua mente potesse essere in quel momento. Era scossa, certo, eppure riusciva a mantenere abbastanza sangue freddo da pensare lucidamente anche se sapeva bene che, probabilmente, non avrebbe resistito più di una settimana.

Eppure mancava qualcosa. Sì, qualcosa nel suo ragionamento le sfuggiva e non le permetteva di concludere il quadro della situazione: cos'era quel tatuaggio? A cosa serviva? E... e niente. Non riusciva a capire quale potesse essere l'ultimo tassello mancante, l'ultima domanda che si sarebbe dovuta porre. Eppure non le veniva in mente. Leara emise un suono roco, simile ad un grugnito. Era irritata.

 

Non ora!” pensò “Devo trovare un rifugio.”

 

Rimase immobile qualche secondo, i piedi sembravano essere incollati sull'erba, poi una rapida folata di vento le scosse i lunghi capelli neri, e si mise a camminare. Dove non lo sapeva nemmeno lei, ma una cosa era certa: non le piaceva essere così esposta. Non sapeva a cosa sarebbe dovuta essere esposta, ma sapeva che non la tranquillizzava, quindi camminò. Non poteva esserci solo un prato, sicuramente ci sarebbe stata una foresta, o delle rocce abbastanza alte dove potersi nascondere. E lei le avrebbe trovate.

 

Camminò per tre ore, e ancora nulla. Era circondata da una pianura d'erba verde chiara. Il nervosismo si faceva sentire sempre di più, ma Leara era ben intenzionata ad ignorarlo.

Le venne improvvisamente sete, e aprì lo zaino, scostò i tre pezzi di pane, prese una bottiglia d'acqua e bevve pochi sorsi. L'acqua era importante, non poteva permettersi il lusso di essere completamente dissetata. Quando fece per rimettere la bottiglia nello zaino, vide qualcosa che la costrinse ad urlare e a mollare la presa.

Lo zaino cadde a terra e Leara si portò le mani alla bocca, coprendola e trattenendo le grida di stupore. Nel fondo dello zaino c'era una pistola.

Leara sospirò, mise la mano nello zaino e tirò fuori l'arma. Una Berretta M9, semiautomatica. Arretrò il carrello e, al suono che l'azione scaturì, capì che era già carica. Non sapeva quanti colpi avesse in canna, ma conosceva quella pistola molto bene. Una volta caricata come aveva fatto, bastava premere il grilletto per sparare tutti i colpi che erano in canna singolarmente. Leara sorrise. Aveva urlato non solo per la sorpresa nell'aver trovato una simile arma, ma per il sollievo. Si sentiva più sicura, molto più sicura, dato che sapeva come usarla.

Ma poi, il sollievo si trasformò in paura: perchè le avevano dato una pistola? Per cacciare animali? O per cacciare.... altro?

Senza soffermarsi troppo nei suoi pensieri, la ragazza mise la sicura all'arma e poi la nascose dentro lo stivale destro che indossava e che, di nuovo, non ricordava di aver mai comprato.

Chiuse lo zaino, se lo rimise in spalla, e ricominciò a camminare.

Il sole cominciò ad abbassarsi e un vento fresco si fece strada fra i ciuffi d'erba. Dovevano essere più o meno le sette di sera.

Fu esattamente un'ora dopo che la ragazza la vide. Davanti a sé si estendeva per miglia e miglia una città. Grandi palazzine di cemento grigio si alzavano verso il cielo, piccole abitazioni di pochi piani accanto ad esse. Leara cominciò a correre.

 






Angolo Autrice

Salve! Spero di avervi incuriosito almeno un pò con questo primo capitolo! Ancora non so esattamente dove mi porterà questo mio esperimento distopico, ma mi auguro di riuscire a creare una buona storia. Ho fatto molte ricerche riguardanti le armi, specialmente le pistole, quindi tento di essere il più corretta possibile. 

Che dire? Al prossimo capitolo, che dovrei postare o domani o dopodomani.

P.S: le recensioni sono ben accette, sia che critichino sia che lodino!

A presto.

Distopia

  
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