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Autore: _Uneksia_    07/11/2013    0 recensioni
Ada passava in rassegna la sua stanza. Quando faceva le pulizie si divertiva a recuperare tutti gli oggetti che aveva conservato nel corso degli anni. Era bello vedere come i fogli ingialliti del tempo, le fotografie scolorite diventavano il segno tangibile di qualcosa che era trascorso e che mai più sarebbe ritornato.
***
Sussurri. Grida di lamento. Urla di terrore miste a qualcosa che Dafne non riusciva a distinguere alla perfezione. Sentiva solo una melodia dolce e leggera, che entrava nelle orecchie e diveniva un balsamo per la mente e per l’anima. Lasciandosi trasportare da questa musica, il rumore magicamente spariva.
Dafne si sentiva tranquilla.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Pictures, storie di vita vissuta.'
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Bones.




Sussurri. Grida di lamento. Urla di terrore miste a qualcosa che Dafne non riusciva a distinguere alla perfezione. Sentiva solo una melodia dolce e leggera, che entrava nelle orecchie e diveniva un balsamo per la mente e per l’anima. Lasciandosi trasportare da questa musica, il rumore magicamente spariva.
Dafne si sentiva tranquilla.


                                                                                                                                                 Milano – 8 ottobre 2013.
Ada passava in rassegna la sua stanza. Quando faceva le pulizie si divertiva a recuperare tutti gli oggetti che aveva conservato nel corso degli anni. Era bello vedere come i fogli ingialliti del tempo, le fotografie scolorite diventavano il segno tangibile di qualcosa che era trascorso e che mai più sarebbe ritornato.
Spostava vecchi soprammobili dal comò e passava sul ripiano in mogano un panno per eliminare quel sottile strato di polvere, quasi invisibile, che lì era andato a depositarsi: il coniglio d’argento comprato assieme alla madre in un pomeriggio di shopping, il portacenere che a lei sembrava più un’urna delle ceneri ma che non aveva mai avuto il coraggio di buttare; e molti altri oggetti, che venivano spolverati mentre Ada, per ognuno, ricordava la storia che questi avevano da raccontare.
Il regalo dell’ex marito, la bomboniera del battesimo di suo nipote, e tanti altri.

Dal ripiano si spostò ai cassetti. Un’operazione ancora più meticolosa e ancora più divertente, per Ada. Sua nonna le diceva sempre che i cassetti rivelassero la personalità di un essere umano.
“Vuoi conoscere qualcuno? Fruga nei suoi cassetti”.
E Ada non sapeva se crederle, anche perché di queste storie ne aveva sentite a migliaia, che per comprendere la personalità di qualcuno bastasse guardare nei cassetti della scrivania, così come le mani, le unghie, i capelli, la casa.

Aprendo l’ultimo, i suoi occhi brillarono e la sua bocca si aprì in un sorrisetto. Perché forse sì, alla fine sua nonna aveva ragione.
Prese la scatola in legno che aveva ritrovato. La scosse, beandosi del rumore sordo che fuoriusciva dall’interno. Soppesò per un attimo la possibilità di aprire la scatola in legno e guardare il suo contenuto.
Qualche secondo e la rimise al suo posto. No, non voleva che la verità nuda e cruda su lei stessa le piombasse addosso come un macigno. O una piuma, a seconda dei punti di vista.
Perché, dopotutto, Ada ancora non si era pentita.
                                                ***


Dafne spalancò gli occhi dal dolore perché un piede le si era abbattuto sullo stomaco. Si rannicchiò su se stessa per proteggersi, ma a nulla questo servì. Una mano la afferrò per i capelli, costringendola a sollevare il viso da terra.
“Allora, ti vuoi muovere? Caronte aspetta solo te”. La ragazza sollevò un poco il viso e vide di fronte a sé una figura barbuta e dagli occhi di brace, seduto all’estremo di una barca a remi; dietro di lui, forse un centinaio di persone.
Caronte? Dafne ricordava bene le lezioni, ai tempi del liceo, sull’Inferno Dantesco: egli era il traghettatore d’anime, colui che trasportava le anime dei defunti nel primo girone dell’inferno.

Defunti?
“Io non so di cosa lei stia parlando” sussurrò alla figura che la sovrastava, troppo alta per riuscire a vederla in viso.
“E’ inutile che tu finga di non capire, ragazza. Vedi lassù in alto, le senti queste voci melodiose? Sono gli angeli che annunziano Cristo. Questo è il giorno del Giudizio Universale, e tu sei stata assegnata all’inferno. Nessuna redenzione, per te.”
Alzando gli occhi vide una scena surreale. Al centro sopra di essa il Cristo e a fianco a lui La Vergine. Ai loro lati, santi e altri uomini. Sulla sinistra, qualcosa del colore della carne penzolava da sopra una nuvola, inanimato. A un’occhiata più dettagliata, Dafne rabbrividì. Scorgeva le fattezze di piedi, di gambe, di mani, tutto morto e flaccido come la vecchia pelle di un serpente appena uscito dalla muta.
Delle voci celestiali la fecero guardare ancora più in alto, e Dafne spalancò la bocca per la sorpresa. Ali, ali bianche che trovavano il loro fulcro in corpi nudi e eterei. Angeli. Che guardavano verso il Cristo e cantavano le loro canzoni di speranza.
Un insieme che Dafne aveva già visto, e solo quando la figura che la teneva per i capelli disse “Giudizio Universale” ricordò: Michelangelo, il Giudizio Universale dipinto nella Cappella Sistina. Purtroppo non si trovava dentro a un quadro, purtroppo lei era viva come tutte le altre creature attorno a lei. E comprese: la predizione del pittore era finalmente arrivata, il giorno del Giudizio stava per compiersi.

Dafne pianse quando divenne consapevole di ciò che la circondava. Pianse quando colui che la braccava le disse di essere destinata all’Inferno, in cui non vi era alcuna possibilità di redimersi. Niente di niente, solo lacrime, vuoto, disperazione.
Pianse ancora, quando si rese conto di essere morta. E ancora, quando si ricordò di come fosse morta. E ancora di più, quando fu cosciente del fatto che lei, la morte, non la meritava.
In silenzio e in preda alla disperazione, venne accompagnata verso la barca di Caronte.
                                             ***
Milano, 8 ottobre 2013.

Il campanello suonò insistentemente. Ada, controvoglia, andò ad aprire. La sorpresa, subito seguita dallo sgomento, la caricò come adrenalina pura. I poliziotti riuscirono a evitare che venisse loro chiusa la porta in faccia e si lanciarono subito all’interno dell’appartamento all’inseguimento della donna.
La bloccarono prima che potesse lanciarsi da una finestra lasciata aperta, in un disperato tentativo di fuga e di suicidio, perché nulla poteva fermare una caduta dal settimo piano.
Due poliziotti la tenevano bloccata mentre Ada cercava con tutte le sue forze di divincolarsi. Inutilmente.
“Ada Manfredi, lei è in arresto per l’omicidio di Dafne Gherardeschi. La prego di calmarsi e di seguirci in centrale”.
Ada rise, una risata isterica.
“Non avete alcuna prova per mettermi dietro le sbarre”.
“Fossi in lei, rifletterei al fresco dei suoi errori. Solo cercando di scappare, adesso, ha dimostrato la sua colpevolezza”.
“Tutti scapperebbero alla vista di poliziotti indesiderati. E in ogni caso, Dafne è ancora viva, verrà qui a momenti. Lei è l’amore della mia vita, come potete accusarmi di averla uccisa?”

“Capo, guardi cosa ho trovato qui. Il mandato di perquisizione si è rivelato veramente utile”. Il terzo poliziotto interruppe la conversazione tra il suo sovrintendente e la condannata. Teneva tra le mani la scatola di legno che poco prima Ada aveva tolto dal cassetto.
La donna cominciò a sbraitare e divincolarsi sempre più velocemente, dicendo di non aver dato loro il permesso per frugare tra i suoi effetti personali. La presa più salda di uno dei poliziotti che le teneva la costrinse a fermare la sua lotta. Ada si accasciò sconfitta, mentre il poliziotto apriva la scatola di legno.
Dentro, un pugnale insanguinato e un ciondolo a forma di cuore, aperto, a rivelare una fotografia al suo interno.
il poliziotto osservò la miniatura e sbarrò gli occhi: Dafne e Ada, strette in un abbraccio e impegnate in un bacio appassionato, entrambe perfettamente riconoscibili.
La foto e il pugnale parlavano da sé.

“Penso che dovrà raccontarci molte cose, signorina. Venga con noi”.
Ada, arresa, seguì gli uomini in uniforme.
Loro non si erano resi conto, ma Ada piangeva. In silenzio e cercando di non farsi scoprire.

Durante il viaggio verso la centrale, Ada guardò il poliziotto che sedeva a fianco a lei con occhi limpidi, velati dal pianto. Il poliziotto si voltò a fissarla e si spaventò quando la guardò nei suoi occhi azzurri, dalle pupille talmente dilatate che quasi nascondevano le iridi. Parlò con una vocina stridula, che gli uomini mai le avevano sentito. Guardava il suo vicino di sedile con un’espressione adorante. Perché, lui non lo sapeva, ma i suoi occhi avevano lo stesso colore di quelli della sua amata.
“Dafne, amore mio, sei proprio tu?”



N.d.A:
Salve a tutti!Eccomi qui con una nuova oneshot. Con questa do il via a una serie: Pictures, storie di vita vissuta, una racconta di OS che prenderanno spunto dall’arte, dalla musica e da fatti reali. La prima è il EL NACIMIENTO DE VENUS, la potete trovare nel mio profilo. 
Sperando che vi sia piaciuta e lo so, forse vi ha lasciato molto con l’amaro in bocca, vi saluto.
Grazie a chi leggerà e recensirà.
Frà. 
   
 
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